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Feelingenuo e il valore della stranezza

Feelingenuo è uno che dice pane al pane, vino al vino: nessun fronzolo, nessuna retorica nello sviamento di ogni cliché che – pur senza dimenticare l’eredità di una tradizione che spesso grava fin troppo sulle spalle delle nuove leve del cantautorato, costrette a paragoni ingiusti e demotivanti – il cantautore toscano mette in atto, puntualmente, ad ogni nuova pubblicazione.

Sull’onda lunga di un’estate lisergica, Niccolai torna a far sentire la sua voce con un singolo fresco, dal sapore di hit e dal perfetto tempismo per non sedersi sulla scorta di reggaeton che, come di consueto, i mesi più caldi dell’anno hanno saputo regalarci – indesideratamente – : “Che strano” è il brano degli addii mancati e rincorsi, giusta metafora di un 2020 che non sa mollare la presa dei nostri polpacci e che è destinato a lasciare segni che non andranno più via.

Feelingenuo racconta ancora d’amore, come già aveva fatto in “Colpa del Sudamerica” e in “Stringertings” (le sue precedenti pubblicazioni sempre per Revubs Dischi) ma lo fa in modo sempre diverso, e mai risolto: la mancanza, l’assenza, il ricordo e la distanza continuano a confermarsi temi centrali di una rincorsa generazionale ad un posto nella Storia che il tempo sembra aver precluso agli ultimi suoi figli, resi orfani di certezze e per questo in eterna ricerca di una dimensione che gli sia propria nel disastro della precarietà. Ecco perché parlare d’amore rimane l’unica cosa che si possa fare: nella frattura dei sentimenti sta tutto il disagio di chi non sente il cuore a regime, e tra i veli sottili della nostalgia si annida l’insoddisfazione tutt’altro che latente di chi è in cerca di qualcosa che non conosce, ma che paradossalmente ricorda.

L’Arcadia, i Paradisi Perduti e i Posti delle Fragole coincidono dopotutto con questo immaginario di cuori infranti e profeti dello smarrimento, e la colonna sonora non può che essere la giusta iniezione di pop – ben pensato, come in questo caso, e ben fatto – atto ad addolcire l’inevitabile siero della Verità, ovvero che – come direbbe uno di quei padri di cui la vetusta critica fa abuso per riuscire ad impallidire le nuove leve di cui sopra si parlava – “siamo tutti soli, ed è nostro destino/ tentare goffi voli di azioni o di parola/ volando come vola il tacchino”.

E allora bravo Feelingenuo, che le ali sembra averle robuste. Ora, però, aspettiamo il decollo di un disco.