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Protto, Cinismo E Sentimento

Abbiamo fatto due chiacchiere con PROTTO, cantautorato audace per cuori sfrontati: dopo l’esordio con il suo primo EP, l’artista torinese torna l’8 settembre con “Fossi ricco”. Noi, intanto, ne abbiamo approfittato per fare il punto di un percorso fatto di gavetta, sperimentazione e tanta caustica ironia.

Ciao PROTTO! Parlaci del tuo progetto. Come nasce, come si evolve e dove vuoi arrivare.

E’ un progetto di musica indipendente, nel senso della Svizzera, che va per i fatti suoi. Il tutto è iniziato nel 2016 a Torino, quando ancora lavoravo come consulente finanziario. Ho sentito il bisogno di esorcizzare con l’ironia e la risata amara alcune tematiche di costume e di società, dal lavoro alla frenesia di vita, dalla saccenza all’indolenza. Dentro il mio primo EP (“Di cattivo busto”, 2018, prodotto da Giuvazza, Torino) c’era già tutto il conflitto interiore tra lavoro e musica che mi ha portato quest’anno a lasciare il primo per abbracciare la seconda (con un tempismo ideale, vista la pandemia). Il progetto evolve insieme a me, ai miei gusti e ai miei ascolti, che da pianista classico di un tempo mi hanno portato ai giorni nostri, all’RnB, all’HipHop, al new soul, alla musica elettronica e all’indie rock. Sto esplorando aspetti più intimi ed emozionali, senza però mai abbandonare il mio cinismo a 34 denti e la soda caustica con cui accompagno ogni pasto.

Il tuo prossimo singolo è alle porte, cosa possiamo aspettarci?

Un po’ di cafonaggine politicamente scorretta, oltre ad un distorsore per chitarra buono per un’impresa di demolizione edile. Fossi ricco parla di quella ricchezza esteriore meschina e truce che rende l’uomo povero dentro, nel costante tentativo di ottenerla. E’ una critica verso un’inversione di valori sempre più diffusa, in cui la forma prevarica sulla sostanza, e dove ciò che si è e ciò che si ha coincidono in un medesimo significato.

Anticiperà un nuovo album? 

Sì, uscirà un EP di tre brani a dicembre, frutto della collaborazione con Fabrizio Cit Chiapello del Transeuropa Recording Studio (Torino), realizzato durante il corso del 2019. Un piccolo lavoro che racchiude la metamorfosi che sto vivendo, in termini di vita, di scrittura e di sonorità, evoluzione che spero mi possa traghettare verso una nuova fase e un PROTTO diverso.

Cosa ne pensi dell’attuale panorama italiano? C’è ancora spazio per la musica d’autore?

Ho sempre ascoltato poca musica italiana, preferendo semmai la scena britannica tedesca e americana, e in questo momento la confusione stilistica e l’appiattimento compositivo dilaganti non mi portano certo ad incuriosirmi. Faccio fatica a trovare un genere in cui rispecchiarmi, o che mi tocchi delle corde profonde, ma capisco che si tratta di una mia mancanza: il rischio che corro è quello di fare la fine di un Balto del panorama musicale, che sa solamente quello che non è.

Hai abbandonato tutto per la musica. Cosa vorresti consigliare a qualche giovane “musicista/contabile”?

Non potrei che consigliargli di lanciarsi senza riserve, per non avere rimpianti e frustrazioni in futuro, ma questo solo perché di natura sono un sognatore e spesso un po’ incauto. Personalmente ho preso la decisione mentre tornavo in autostrada da un concerto fuori Torino. L’indomani sarei dovuto entrare alle 8 in ufficio e mentre guidavo sono stato colto da un colpo di sonno. Mi hanno svegliato le bande rumorose. A quel punto ho capito che dovevo scegliere: o la musica o il lavoro. Ma se mi sono riuscito immaginare senza uno stipendio fisso a fine mese non sono riuscito ad immaginarmi senza musica. 

Quali saranno i tuoi prossimi progetti?

Lanciarmi a capofitto nella scrittura e arrangiamento di nuovi brani, continuare con i live in giro per l’Italia (appena l’emergenza ci farà la cortesia di rientrare) e far ascoltare la mia musica ad un pubblico sempre più ampio e a nuovi “addetti ai lavori”. Insomma, non demordere che la strada è ancora lunga!