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Il mondo oscuro di Tigri, a tinte pastello

Sono giorni difficili dove non faccio altro che passare da un disco all’altro alla ricerca di qualcosa che mi colpisca davvero. Ho la casa che è un casino, e non faccio altro che finire su dischi indie dell’est Europa, sperimentazioni incredibili, mondi inascoltabili, sono in un periodo di crisi mistica dove nulla sembra appassionarmi e, ve lo dico sinceramente, son finito a cercare l’assurdo, l’ambient rumena e i canti popolari marocchini reinterpretati in chiave elettronica, il gruppo indie degli amici dell’Erasmus e i consigli assurdi del sito più infognato dell’internet. Niente, ero solo nel mio monolocale come non lo sono mai stato. George Orwell diceva che i libri che più ci piacciono in realtà sono quelli che parlano di qualcosa che già conosciamo, quelli che parlano di noi, forse è così anche per i dischi, ed è per questo che Serenata Indiana di Tigri mi ha conquistato come nessun altro in questo periodo di sovrabbondanza.

Un nuovo capitolo definitivo per il progetto indie-pop da Milano che vuole indagare sulle varie declinazioni dell’amore. Il titolo dell’album è rubato da una poesia di Eugenio Montale che parla della corrosione dei rapporti umani quando vengono insidiati da ciò che non ci conosce. analizza la relazione uomo-donna e la spersonalizzazione delle identità che sorge nei rapporti. 8 brani (+1 interludio strumentale) che ruotano attorno al tema dell’amore nelle sue svariate declinazioni: sacrale, casuale, illusorio, salvifico, distruttivo, totale. È il tentativo di emergere dal chiaroscuro che l’amore evoca e al tempo stesso il desiderio di abbracciarlo.

Quello di Tigri è un mondo patinato che nasconde la tristezza più profonda del mondo, un mondo sospeso dalla pandemia dove una voce rauca ci conduce all’interno di ciò che non vorremmo mai vedere, i patetici individui che siamo tristemente diventati: l’amore che potrebbe salvarci è un sentimento complesso e troppo vario da poter accogliere, e Tigri non fa che raccontarcelo nelle sue 9 personalissime tracce che lui stesso descrive come un riassunto delle cose che non potevo dimenticare. E Serenata Indiana diventa quindi un manifesto generazione per tutti noi poveri stronzi, che siamo in stasi, ad aspettare.

Passerà un po’ prima che riesca a liberarmi da questa serenata indiana.

CM