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Comunicato stampa

“Nitida” è il singolo di debutto solista di Damon Arabsolgar

É in uscita venerdì 17 novembre 2023 in distribuzione Believe Digital il singolo di debutto del progetto solista di Damon Arabsolgar (attualmente, anche una delle metà dei MOMBAO) dal titolo “Nitida“. Una canzone d’amore scritta durante l’inizio di una separazione, un tentativo inconsapevole di imprimere un’istantanea, lasciare una traccia del sentimento per cui valeva la pena lottare per tenere tutto insieme. Damon si svela così, con questo anticipo di un disco di quella che sarà un’autobiografia musicale, indossando una veste sinora inedita che si compone di fragilità e vulnerabilità sussurrate, lontano dall’immagine impattante a cui ci avevano abituato i Mombao. 

Complice l’influenza e l’energia che si respira al Supermoon Studio di Giacomo Carlone (un luogo caro a Damon in cui aveva deciso di traslocare il suo pianoforte su cui aveva scritto tutte le canzoni del disco di prossima uscita) e la collaborazione del musicista e compositore di musica contemporanea Vincenzo Parisi, il primo singolo di Damon Arabsolgar condensa suggestioni che derivano dalle sue esperienze musicali e non, attraversando mondi che sono apparentemente ossimorici come la musica contemporanea, il rock, l’elettronica e il cantautorato folk.
 

SCOPRI IL BRANO: 
https://bfan.link/nitida-damonarabsolgar



artwork di Ginevra Battaglia

Testo e musica: Damon Arabsolgar
Arrangiamento degli archi: Vincenzo Parisi
Supervisione dell’arrangiamento: Damon Arabsolgar
Registrazione: Giacomo Carlone

Mix: Giacomo Carlone e Damon Arabsolgar
Prodotto da Giacomo Carlone e Damon Arabsolgar
Pianoforte e voce: Damon Arabsolgar
Primo violino: Alessio Cavalazzi
Secondo violino: Elisa Cavalazzi
Violoncello: Andrea Cavalazzi
Pianoforte registrato nel laboratorio Sciurti di Milano, Maggio 2022
Voci registrate fra il laboratorio Sciurti e il Supermoon Studio di Giacomo Carlone
Archi registrati da Simone Coen al Riverside Studio, Marzo 2023
Masterizzata da Giovanni Versari
 

Tra le influenze di “Nitida” troviamo anche SakamotoRadioheadWarren Ellis e Nick Cave e Daniel Blumberg mentre l’arrangiamento degli archi di Vincenzo Parisi, un incontro fra Fausto Romitelli e Morton Feldman, è un viaggio fatto di soffi, grattati, glissati e indicazioni su come suonare gli archi in una maniera inaspettata e ci accompagna lungo cascate, scivoli, sentieri di cristallo su cui camminare in punta di piedi e squarci di tessuti. La ricerca artistica di Damon, nell’incontro con Parisi, unisce tempi storici diversissimi, fra un certo approccio improvvisativo derivativo del jazz, la musica classica e il linguaggio della contemporanea, una dimensione finora poco esplorata insieme al cantautorato in lingua italiana. L’esecuzione è stata affidata al Trio Cavalazzi, ensemble di musica contemporanea.

La musica di Damon Arabsolgar si dimostra esser fatta per essere ascoltata al buio, con gli occhi chiusi, e conduce altrove, portandoci dal più microscopico dettaglio ad un volo oltre la stratosfera, laddove l’orizzonte si curva e le cose quotidiane perdono di senso. Le strutture sono sempre imprevedibili eppure non lasciano mai disorientati, accompagnando per mano l’ascoltatore in un vero e proprio viaggio da cui ci si risveglia diversi, come dopo un lungo sogno rivelatore.

foto di Ginevra Battaglia
 

Nitida” nasce, come molte mie canzoni, dall’incontro di due poesie.
La prima associa l’invecchiamento di mio padre al lutto che stavo provando nel perdere i possibili futuri che avevamo immaginato insieme, la seconda invece è un’istantanea di una domenica mattina di primavera, passata ad osservarla mentre dorme, per cogliere il preciso istante in cui avrebbe aperto gli occhi e la luce che entrava dalla finestra le avrebbe attraversato le iridi, rendendole trasparenti.

Il giorno in cui abbiamo registrato gli archi è stato un giorno speciale e durante la loro prima e definitiva esecuzione, tremavo. Quello che avevo vissuto in quei quattro anni, racchiusi in quella canzone, trovava finalmente un corpo e mi lasciava per sempre.

In quel momento mi sono sentito libero e felice, circondato da amici e fratelli, amanti, compagni di una vita che vale la pena di essere vissuta intensamente in ogni sua sfumatura, dalla depressione più inestricabile alla gioia più estatica.

Per questa esperienza devo ringraziare innanzitutto Giacomo Carlone, mio produttore e amico, un’anima sensibile e paziente, senza la cui competenza e coraggio non avrei mai finito questo lavoro e Vincenzo Parisi, per aver scritto un arrangiamento di archi che è un piccolo miracolo e per il supporto dei rispettivi percorsi artistici in cui abbiamo creduto anche nei momenti più bui, ben prima che riuscissimo a rendere i nostri sogni reali.

 Un ultimo ringraziamento va a Simone Coen, Ginevra Battaglia, Alessio, Andrea ed Elisa Cavalazzi, Francesco Sciurti.

(Damon Arabsolgar)



foto di Ginevra Battaglia
 

BIO:

Damon Arabsolgar è poeta, compositore, autore, produttore e performer.

Da piccolo, ha cominciato a scrivere e registrare canzoni su cassette magnetiche e non ha mai smesso, spinto dalla necessità di rimanere da solo con il suo pianoforte per dar voce, in maniera puramente istintiva, alla sua parte più vulnerabile e sincera. Parallelamente alla sua intensa attività live con il duo MOMBAO, negli ultimi sei anni ha segretamente lavorato alla scrittura del suo progetto solista, in cui Damon torna alla sua natura più intima e cantautorale. Decide di usare per la prima volta il suo nome di battesimo solamente ora, per pubblicare del materiale profondamente personale realizzato con un senso di urgenza e bisogno di catarsi.

Le sue canzoni sono oceaniche e siderali, parlano di amore e separazione e nascono come gesti quasi involontari, un’emersione inconsapevole di immagini, come poesie veggenti in grado di dar voce a parti sommerse di sé, prevedere il futuro. Il materiale era basato inizialmente su voce e pianoforte e solo successivamente è stato ampliato insieme al suo produttore, Giacomo Carlone (AbeAngelicaDadasutraChecco CurciEgokid) introducendo sintetizzatori modulari, prese dirette, batterie, chitarre e arrangiamenti per archi di musica contemporanea, scritti dal compositore Vincenzo Parisi (1° Premio al Concorso di Composizione del Conservatorio Verdi di Milano, il 1° Premio al Concorso Internazionale di Composizione Jorge Peixinho in Portogallo, vincitore della Call For Scores 2021 indetta dalla Collana Discografica 19’40” fondata da Enrico Gabrielli) e suonati dal Trio Cavalazzi (Elisa Toffoli, Dardust)

Le sue influenze spaziano da Patrick Watson a Luigi Tenco, da Andrea Laszlo de Simone ai Radiohead, da Arvo Pärt ai Big Thief, passando per Nils FrahmNick CaveEmma Ruth RundleDaniel BlumbergTaminoSparklehorse e i The Microphones. In combinazione con la sua voce, il pianoforte di Damon crea una sorta di intimità, come se fossimo seduti accanto a lui la notte, mentre ci sussurra ballate malinconiche ed esperienze spirituali, catturando l’imperfezione e la vulnerabilità dell’umanità. 

Da sempre artista multidisciplinare e poliedrico, nel corso degli ultimi quindici anni, con i suoi progetti paralleli (MOMBAO), ha rilasciato tre LP e quattro EP, suonando in tutta Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Marocco e Russia e calcando alcuni dei più importanti palchi nazionali (Carroponte, BASE, Magnolia, Jazzmi, TPO, Arcellabella) e internazionali (Kino Siska, MENT Festival). Con i MOMBAO ha inoltre anche partecipato all’edizione di X-Factor 2021.

Produce colonne sonore sotto il nome CAVALLIPAZZI insieme a Giacomo Carlone, ed è attualmente artista associato di BASE Milano con cui collabora per progettualità triennali e curatela di una parte di FAROUT, festival di arti performative.

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Elettronica Internazionale Intervista

Iron Soft, Berlino e “Solo noi due”: intervista

 La cantautrice e dj-producer Iron Soft pubblica il nuovo singolo “Solo noi due”, prodotto da Francesco Megha e fuori per l’etichetta Cobalto Dischi. “Solo noi due” è un brano che racconta l’alba: il ritorno alla consapevolezza delle difficoltà dell’essere se stessi dopo una serata attraversata da una spensieratezza surreale.

Noi l’abbiamo intervistata, ecco che cosa ci siamo detti!

Ciao Irina! Partiamo con la tua formazione musicale per conoscerti meglio: durante il tuo percorso artistico hai avuto modo stare a contatto in un primo mento con numerosi artisti della scena hip hop e poi di spostarti all’estero esibendoti in diversi club berlinesi; quanto ti ha aiutato il rap per poi fare techno?

Ciao!

La scena Hip Hop direi che è quella che ha più influenzato inizialmente la mia produzione. Per quanto riguarda il dj set, è qualcosa che ho vissuto abbastanza separatamente e le influenze sono state molteplici, prima tra tutte la bass music inglese in tutte le sue declinazioni. Quando mi sono spostata a Berlino per studiare, è stata inevitabile la contaminazione con la techno tedesca.

Come avviene il passaggio dai dj set al cantautorato?

Non c’è mai stato un vero passaggio e forse neanche un vero dialogo tra questi due aspetti. La mia ricerca di musicale è un percorso che sfocia nelle due cose in due modalità differenti. Si può parlare di passaggio se si intende quando ho iniziato a cantare sulle mie basi, quello è stato improvviso e abbastanza inaspettato!

Parliamo del nuovo singolo “Solo noi due”: chi sono i protagonisti di questo brano?

Il testo l’ho scritto un paio d’anni fa, l’ambientazione è sicuramente Berlino e senza dubbio ruba spunto da una mia relazione amorosa. Tuttavia, credo siano immagini in cui si potrebbe facilmente riflettere chiunque.

Questo brano parla sia della sensazione di invincibilità della vita notturna che del ritorno alla

consapevolezza di sé; quale “fase” ispira maggiormente la tua scrittura? Quella di spensieratezza o quella realista?

Bella domanda… sicuramente alcune cose sono state scritte o pensate anche in quella bolla di invincibilità notturna o di spensieratezza, ma è sempre necessario poi un confronto con la realtà, anche quando si tratta di scrittura.

Quali sono gli elementi in comune e le differenze tra “Solo noi due” e il tuo precedente EP “Piove dentro casa”?

Il periodo di scrittura è stato lo stesso, “Solo noi due” è rimasta indietro perché la percepivo incompleta e anche forse volevo lasciare che il primo EP avesse un mood prettamente malinconico. L’ho prodotto sempre con Megha, c’è sicuramente continuità. La differenza che per me è più evidente è che questo singolo è stato registrato con molta più rilassatezza e più a mio agio con la mia voce.

Hai altri progetti in programma?

Sì, certo. Sto lavorando a dei pezzi ancora più elettronici, forse è arrivato per me il momento di integrare le due identità di cui abbiamo parlato.

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Post-Punk

Le 5 cose preferite Moonlabyte

R.E.C è il nuovo singolo dei Moonlabyte, formazione romana che propone un modern metal fresco ed internazionale. Tra riferimenti ai Linkin Park ed immagini generate dalla AI, noi abbiamo chiesto ai ragazzi di descriverci le loro 5 cose preferite.

America

Per Moonlabyte è stata sicuramente la fonte principale delle ispirazioni musicali. Da sempre siamo stati investiti dalla musica Nu-Metal, Alternative e Metalcore proveniente da oltreoceano e questo ha fatto si che la nostra comunicazione e la nostra scrittura venisse fortemente plasmata dai canoni del sound made in USA. Ad oggi è per noi gratificante ricevere feedback positivi da quel lato del mondo o sentire chi ci ascolta paragonarci a band che ammiriamo, come Linkin Park o Deftones, anche solo con frasi come “Sembrate davvero un gruppo americano”.

Intelligenza Artificiale

Il nostro marchio di fabbrica e forse il nostro lato più controverso. Sin dagli albori abbiamo sfruttato le nuove tecnologie nel mondo dell’IA, legata alla generazione di immagini, per rendere l’esperienza Moonlabyte un qualcosa di unico e sempre rinnovabile. Le avventure che raccontiamo vengono rese possibili anche grazie all’IA che ci permette di indirizzare il racconto nella direzione che più preferiamo. Senza alcun limite, fatta eccezione per la nostra immaginazione, siamo in grado di rendere immagini, musica e video una storia fruibile in più formati. Anche se qualcuno ancora storce il naso.

Distorsioni

Il suono più melodioso e perfetto che esista è distorto. Che provenga da una chitarra, un synth o dalla voce stessa, è sicuramente il momento che ci fa più emozionare di una canzone. 

Ma il Centro di Comando Moonlabyte non la pensa proprio come la sua band, quindi stiamo imparando a dosarle nel modo giusto.

Live

Il momento più importante, dove tutti i nostri lavori prendono vita. Ogni momento del processo creativo Moonlabyte è pensato in funzione della performance dal vivo, se saremo o meno in grado di presentare sul palco l’idea che abbiamo in mente e quale può essere la formula ottimale per far sì che il nostro pubblico venga rapito totalmente dall’esibizione. Rappresenta il momento più emozionante, quello che aspettiamo con più trepidazione così da poterci ricaricare dell’energia del pubblico o meglio dei passeggeri dei nostri viaggi, ma anche una prova del nove importante per capire come migliorare ed arricchire il nostro show.

Lo Spazio

L’ambiente naturale per Moonlabyte, ciò che evoca e che rappresenta, nella sua grandezza e mistero, fa da sfondo ai nostri racconti e qui la nostra band intrattiene i passeggeri dei nostri viaggi intergalattici. Senza limiti ed ancora quasi totalmente sconosciuto è una perfetta allegoria al nostro rapporto con la scrittura: in costante evoluzione e alla ricerca di nuovi suoni ed ispirazioni per arricchire le nostre nuove produzioni.

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rock

Le 5 cose preferite de LA SANTERIA

“Via con me” è il nuovo singolo della punk rock band veneta La Santeria e cover del celebre brano di Paolo Conte.

Noi gli abbiamo chiesto di raccontarsi attraverso le loro 5 cose preferite!

La produzione musicale di Terenzio Zardini

Il primo posto va certamente alla produzione artistica di Terenzio Zardini. È un compositore non molto conosciuto ma di altissima qualità. Pensate che spazia dalla musica sacra – pre e post conciliare – a quella folkloristica veronese, mantovana e sarda. E insomma, abbiamo molti bei ricordi legati ai suoi brani, sia personali che proprio di gruppo. Ad esempio, ricordo che nell’estate 2022 abbiamo suonato ad una festa in piscina e a seguire ci siamo occupati anche del dj-set buttando su solo opere di Zardini. È stato un fottuto successo.

Francoforte sul Meno

Al secondo posto, be’, ovviamente Francoforte. Nessuno se la caga mai, ma invece è una città piena di vita e di contraddizioni. Da quando la Kaiserstraße è stata pedonalizzata è una figata girare per il centro e fermarsi nei pub a bere birra. È comunque difficile da descrivere l’atmosfera che si respira in città. Bisogna andarci.

Lo snooker

Be’ niente, quando gioca O’Sullivan ci troviamo a casa di qualcuno con panini alla porchetta e birra a guardare le sue magie. Non c’è niente di più esaltante. Cioè dico l’avete mai visto? Con quella sua faccia da cazzo non gli daresti due lire e invece è capace di fare il 147 più veloce della storia. È pazzesca la sua calma e la sua precisione.

Il Football americano

Il Football Americano è un po’ come il punk. È spettacolare e violento. In Italia non lo guarda nessuno, ma è una figata.

Joe Burrow, Nick Brossette, Zeke Walker, SELU vs LSU at Tiger Stadium, September 8th 2018, Tammy Anthony Baker, Photographer

David Foster Wallace

Sta al quinto posto ma dovrebbe stare al posto zero. Tipo fuori gara, una cosa così. Perché non poteva mancare l’autore che, in un certo senso, ha forgiato la nostra poetica. E non solo quella. Anche il modo di pensare e di considerare le cose. Non c’è molto da dire, andatevi a leggere qualche suo libro e capirete.

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Intervista Pop

Le 5 cose preferite di Giulio

Pace“, il nuovo singolo del giovanissimo talento del cantautorato italiano Giulio. Ogni sua canzone racchiude l’eleganza e la profondità di una scrittura raffinata ed allo stesso tempo maestosa che non può passare inosservata. La produzione è curata nei minimi dettagli e mai nulla è lasciato al caso. Il brano è stato pubblicato lo scorso 27 settembre.

Noi gli abbiamo chiesto di raccontarsi attraverso le sue 5 cose preferite!

“Tiny piano”

Questo è il pianoforte che ho in camera mia, la più recente delle mie cose preferite in realtà. L’ho recuperato salvandolo da una fine in discarica. Ora è lo strumento con cui compongo la maggior parte dei miei pezzi anche se è un po’ piccolo perché ha qualche tasto in meno e non mi ci entrano le gambe sotto.

Ursa Major, lo studio di registrazione

Questo è il posto dove è iniziato tutto e dove quotidianamente trascorro la maggior parte del tempo con il mio team. Un posto completamente immerso nella natura con la vista sul Lago D’Orta. Se non siamo dentro a registrare, siamo fuori a fumare una sigaretta o a rincorrere galline che girano nel prato.

Il palco

Da quando ho iniziato a fare live, il palco mi è sempre sembrato il modo migliore per rendere “vivo” ciò che creo in studio. Per me è come un posto sicuro dove riesco a provare in poco tempo tutte le emozioni che mi servono per continuare a creare.

Venezia

Ci sono andato per la prima volta, durante un “blocco dello scrittore” e mi ha aiutato ad uscirne. Forse è la mia immaginazione, ma identifico la città come un posto dedicato a questo proposito, un luogo pieno di cose che mi servono per ispirarmi. A parte i piccioni.

Il mio “pottery studio”

Proprio sotto casa, ho questo piccolo, minuscolo, laboratorio di ceramica dove lavoro e che uso come valvola di sfogo quando la mia testa non ne può più. Imparare quest’arte mi ha insegnato tanto, la pazienza e la riflessione nella propria solitudine sono due requisiti necessari.

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Indie Pop

Cosa c’è nella camera di Clemente Guidi

In occasione dell’uscita del nuovo EP di Clemente Guidi, “Sfumature”, per Panico Dischi, gli abbiamo chiesto di farci entrare nella sua cameretta che poi è anche la sua home studio, dove nascono i brani, tra cui quelli che compongono il suo ultimo disco.

Ecco come la descrive:

Camera mia, il mio piccolo home studio, tra un letto e le sembianze di una piccola bottega. Per me la camera è sempre stato un luogo “laborioso”. Sarà perché è lo spazio in assoluto più intimo e personale che puoi avere in una casa?! Non so, ma c’è una magia che a me succede solo lì, tanto che ormai camera non è un posto fisso, ma uno spazio fisico e mentale che mi porto dietro ogni volta che muovo i miei progetti.

La tastiera MIDI

Non ho grandi strumenti, ma quel che mi interessa è saper trasformare le mie idee con immediatezza e naturalezza. Un pezzo alla volta per trovare la mia dimensione.
La mia cameretta nasce a casa da un microfono e una chitarra. In Danimarca scopro cos’è una tastiera MIDI, poi ritorno a casa e inizio a darmi ancora più da fare. Di nuovo impacchetto e ora tutto è qui con me a Milano, dove una volta ancora ho ricreato il mio angolo preferito.

La scrivania
Partendo dalla struttura, ecco il primo: il mio tavolo di lavoro. È una vecchia scrivania che fece mio padre a mano e rimase per tempo un po’ nascosta in casa. Era utilizzata ma un po’ di passaggio, non era curata granché da nessuno. L’ho caricata in macchina ed eccola con me a Milano. Io sono innamorato di questo legno, mi ricorda l’artigianalità delle cose e l’arte del fare.

La lampada

La seconda cosa è la lampada. Creare uno spazio caldo mi tranquillizza e mi fa sentire tutta l’atmosfera che ricerco quando spazio tra suoni e parole. La posso alzare e spostare e creare la luce che mi va.

Una pianta

Immancabile pianta. Una monstera che è una tra le verdi che più mi incanta e mi rimanda sempre a Lanzarote e alle pareti di questa pianta che cresce selvaggia tra l’acqua e le grotte dell’isola. Sa di verde casa e di speranza.

Carta e penna

Scritte, bozze, disegni, linee o forme che mi passano per la testa. Avere carta e penna è l’inizio di ogni progetto. È un gesto fisico così lieve che deve essere un must creativo. Porti quel che porti!

Lele l’ukulele

Passo e chiudo con Lele l’ukulele. Queste quattro corde sono sempre pronte, non sai mai suonarlo abbastanza bene ma è sempre un grande tentatore. Lo puoi prendere come per giocare, non ti impegna. E poi magari ti ritrovi che hai un motivetto nella testa e devi correre a rinchiuderti un intero pomeriggio perché non deve sfuggirti quella fischiettata che ti rimbalza a destra e sinistra nella testa.

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Indie Pop

Cosa c’è nella home studio di PIER

Questi sono 5 angoli del vecchio appartamento di famiglia che Pier nel corso degli anni sta trasformando sempre più in uno studio di registrazione.

“È una cosa molto folle e nerd che si è cominciata a realizzare durante la quarantena quando, con tutto il tempo libero a disposizione, ho potuto fare oltre 1000 saldature e costruire una cinquantina di pannelli per il trattamento acustico. In pratica ho creato un sistema per collegare tutte le stanze alla regia (che si trova in cucina) e si può registrare musica da qualunque punto della casa (manca solo il bagno…hehe). Mi è sempre piaciuta l’idea di produrre musica in un ambiente domestico che mettesse a proprio agio le persone, senza la “soggezione” di stare in studio…c’era a disposizione a costo zero questo posto fantastico a 100 metri dal mare e a 30 minuti dalle montagne, e così non ho potuto resistere e ho costruito questo piccolo sogno a cui ogni giorno sto aggiungendo un piccolo tassello! Vi porto dentro.” (Pier)

IL DESK

Questa è la mia scrivania. Ho portato un mio progetto a un falegname di fiducia e lui l’ha realizzata esattamente come volevo! Poi ho installato i rack negli spazi appositi di fianco allo schermo: per accenderli, prima ero costretto a scendere ogni volta sotto la scrivania e fare un processo scomodissimo per attaccare e staccare le spine alla corrente una ad una, poiché nessuno di questi aggeggi è dotato di interruttore. Per rendere rapido questo processo, li ho attaccati a delle ciabatte di corrente smart e dato loro i nomi dei 4 Saiyan di Dragon Ball Z, ora per accenderli mi basta dire “ok google! Accendi Goku, Vegeta, Nappa e Radish” ed è fatta. In fondo un compressore chiamato Goku è una figata atomica. Ci sono anche anche altri dispositivi tra cui un onorevole menzione va al reamp box che ho chiamato Tensing…purtroppo sarebbe impossibile ora fare tutto l’elenco, ma immagina il mio orgoglio nerd che esplode ogni volta.

IL PIANO

Questo è di sicuro l’angolo più emotivo. Quello che vedete è il piano su cui ho imparato a suonare ed è con me fin da quando ero solo un cinquenne. Cioè avevo 5 anni, si può dire cinquenne? Boh. Comunque, sopra al piano potete invece ammirare il Modular Dio, un Synth che ho assemblato pezzo pezzo nell’arco degli anni e con cui si possono ottenere suoni Super Sayian, sempre per citare il manga con cui sono cresciuto. E per non perdere neanche un istante di ispirazione ho insegnato a Google che se dico “sono ispirato!” lui deve accendere tutte le luci attorno al piano con determinati colori e a bassa intensità, in modo che io possa suonare in quest’ambiente soffuso. È bello avere uno schiavo e non sentirsi neanche in colpa visto che questo è digitale e non potrebbe neanche accorgersi di esserlo…hehe

LABBAITA

Questa è la baita ma va scritto tutto attaccato perché il mio soprannome storico è Labbè (la bestia) e quindi se la bè è labbè, la baita è labbaita. È un pezzo di muro che non c’era in questa stanza e che ho costruito assieme a mio padre. Il progetto in corso è appenderci delle lettere di legno e scrivere proprio “LABBAITA”, come se fosse un insegna, e in più voglio metterci un bel po’ di piante. Il legno mi mette tranquillità da sempre e quindi ne ho voluto un po’ nella stanza dove sto dormendo, poi ci ho appeso la tv creando un bell’angolo da gaming. Questo perché nella mia “visione” sfidarsi a FIFA a fine lavoro prima di dormire è un processo importante al pari di registrare le voci. Non si può prescindere. Solo giocando a FIFA conosci davvero la persona per cui stai producendo. O al massimo Tekken.

LA SALA

Questa è una parte che ha richiesto tanto lavoro di trattamento acustico (e c’è ancora un bel po’ da fare) e veramente tante saldature per fare un collegamento adeguato alla cucina/regia. Appendere i pannelli al soffitto è stato super stancante, però…è valsa la pena! Non so quanti brani sono stati prodotti qui dentro, quante vite ho toccato e mi hanno toccato attraverso la musica, quanti amori sono passati di qua. È bello vivere in prima persona la crescita dai primi lavori ad oggi, con una serie di piccole soddisfazioni che sono sempre più frequenti tra inserimenti in playlist editoriali di Spotify, Amazon e Apple, vittorie di concorsi, collaborazioni importanti.

LA CUCINA

Questa infine è la cucina. Il mio si chiama BAR44 Home Studio perché il primo “studiolo” domestico l’avevo creato nella mia stanza in Via Baretti 44 quando vivevo a Torino, e dato che il primo seme era stato piantato lì ho voluto portarlo con me e farlo crescere a Pescara dove vivo ora. Visto che c’era questo “bar” in mezzo al nome, ho aggiunto in cucina questa penisola con degli sgabelli alti ed è stato un vero tocco di classe per la regia. Mentre si produce, c’è chi cucina, chi mangia, chi prende il caffè, e per questo si crea la magia di “sentirsi a casa”. Spero tanto che questa mia piccola oasi venga sempre più conosciuta perché ogni brano qui è un’esperienza unica sia per me e che per chi viene!

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Indie

Cosa c’è nella camera di Adriano

Si intitola “Panico Mentale” ed è il nuovo EP di Adriano, uscito lo scorso 29 settembre. Prodotto da Andrea Normanno (Cratere Centrale, Ketama 126), il nuovo lavoro di Adriano tocca i colori tenui dell’autunno pur restando legato alla spensieratezza estiva. Sfumature funky si mischiano all’attenzione per la poetica cantautorale.

Noi siamo entrati nella sua camera per farci mostrare cinque dei suoi oggetti più iconici e che meglio lo rappresentano.

Il primo oggetto che vi mostro è il mio sketchbook. In realtà ne ho tantissimi ormai, sparsi in tutta la stanza, e sono quanto di più intimo credo di possedere. Oltre a disegnarci su, sono una raccolta dei mie pensieri, idee, canzoni, sogni, dubbi e appunti. Spesso li rileggo e rielaboro testi che avevo scritto.

Il secondo oggetto è “Storie di ordinaria follia” di Bukowski. Non sono solo i racconti che contiene che per me hanno significato, ma anche cosa rappresenta questo libro per me. Non ero un grande lettore prima che me lo regalassero, è stato il primo che ho letto dall’inizio alla fine, e da lì la mia passione per la lettura è cresciuta sempre di più. Inoltre mi ricorda di finire le cose e di non lasciarle a metà.


Il terzo oggetto è questo bellissimo regalo. È una stampa d’autore che rappresenta lo spettro sonoro di “Vieniconme”, il primo brano che ho pubblicato. Mi è stata regalata da amici a me cari (che poi sono diventati anche i miei produttori) con cui è nata un’importante collaborazione che ha dato il via al mio progetto musicale. È come se fosse il punto zero di questo percorso.


Il quarto oggetto è quello più divertente, forse. Mi è stato regalato per i miei 23 o 24 anni da un mio grande amico. Sono un fan, non troppo sfegatato, di “Star Wars” e questa action figure di Darth Vader, nonostante il suo aspetto cattivo, mi rassicura: mi dà l’impressione di essere un protettore: sorveglia la stanza e porta delle good vibes.


Ed eccoci alla fine, il mio quinto oggetto è questo pothos che porto sempre con me in qualsiasi casa in cui mi trasferisco. Mi fa stare bene avere un po’ di natura accanto mentre lavoro o compongo nuova musica. Inoltre arreda la stanza e ha una bella posa.

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rock

Le 5 cose preferite di Hyndaco

“Dandelion Dreams” è il nuovo singolo della rock band Hyndaco, già disponibile in digitale e in streaming. 

Il brano, dalle sonorità grunge della Seattle più piovosa mischiate al più schietto punk e al disorientante noise, è iperattività mentale e noia, vite che scorrono nella paura di cadere e nell’impossibilità di agire. Suggestioni radicali, dalla letteratura cannibale di Aldo Nove alle contraddizioni di Bret Easton Ellis, rendono possibile riconoscere in Mia Wallace, di Pulp Fiction, un esempio lampante del significato del brano: una fatale frantumazione dell’io schiacciata dall’impulsività irreversibile che la ricerca di emozioni forti inevitabilmente porta

Abbiamo chiesto ai ragazzi quali sono le loro 5 cose preferite, per conoscerli meglio.

Wellness Valley

Non è solo un luogo ma una filosofia di vita e noi la odiamo. Con essa il tempo scorre felice e leggiadro nel mostrare agli altri quanto fanno schifo a non essere degli eletti. Proveniamo da Cesena che oltre ad essere il baricentro di tutto ciò è anche una bella città, soprattutto nell’essere caratterizzata dal silenzio. Il comitato “anti-rumore” infatti padroneggia sulla proposta culturale impedendo eventi che vadano sopra la soglia acustica del parlato. Perciò la gente ripiega su small talk e serate a base di drink “arzigogolati” che appesantiscono il cuore mentre scippano il portafoglio. Vogliamo emozioni forti e discussioni accese. Vogliamo il Braulio – il nostro Dandelion Dreams.

Diavola con la bufala

Pizza 24/7, un altro Dandelion Dreams che nella Wellness Valley non possiamo permetterci – in tutti i sensi. Però talvolta ce ne freghiamo, suoniamo come matti e poi mangiamo come dei robbosi sul cofano delle nostre auto alle due di notte. Poi ci ricordiamo che viviamo nella città del silenzio e dopo mezzanotte scatta il coprifuoco, quindi o non lo facciamo o andiamo al Mc.

Pulp Fiction

Ci fa sentire infinitamente piccoli perché è devastante e nessuno ci toglierà mai dalla testa la libera associazione di parole Pulp Fiction/GTA San Andreas, non ci interessa se è scontato dirlo: “Grove street, home”. Un tripudio di input visivi e uditivi, una scarica di adrenalina come quella che Mia Wallace riceve nello sterno e che diventa per noi un leitmotiv da inseguire per esprimere il Dandelion Dreams, ovverola nostra ricerca di emozioni forti in opposizione alla Wellness Valley.

Tappi per le orecchie

Quelli forati, con il filtro in ceramica, che se no non si capisce nulla con quelli chiusi. La percezione non sarà la stessa, ma ci permette di non compromettere ulteriormente le orecchie già danneggiate dalla movida della Wellness Valley in un goffissimo tentativo adolescenziale di omologazione. Le emozioni forti spesso saturano e clippano tutto lo spettro audio e Danedelion Dreams ha quella specifica intenzione.

Songs for the Deaf

Ogni volta che saliamo in macchina mettiamo su il nostro album preferito dei Queens of the Stone Age e aspettiamo la rullata di Song for the dead per poi sgommare e scalare dalla prima alla quinta in otto secondi. Poi torniamo a guidare ai trenta all’ora perché nel bagagliaio ci sono sei chitarre e una cassa di valvole. Non è l’unico album al quale ci ispiriamo, ma forse può rappresentare al meglio il nostro Dandelion Dreams: distorsione e groove che talvolta sfociano in ondate di riverberi col decay che oscilla dai cinque ai tredici secondi e, se il caos vuole, in maledetti feedback.

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Feltrinelli || Ripartono a Milano i live al Babitonga Caffè

A partire dal prossimo 22 settembre riprenderanno I Venerdì del Babitonga, che vedranno protagonisti artisti musicali della scena nazionale e internazionale: tutti i venerdì spazio a un mini-live, allestito in mezzo ai libri. Cantautori e gruppi provenienti dal panorama indipendente, milanese ma non solo: dall’acustico all’elettronica, gli eventi live del Babitonga sono all’insegna del sound autentico e della varietà. In sala, o meglio, in libreria, la musica è protagonista di una serata che trascorre gustando un drink o sfogliando un buon libro. 
 

Babitonga Café
Tutti i venerdì alle 19.00
Libreria Feltrinelli, viale Pasubio 5, Milano
Ingresso gratuito


La cantautrice La Mandirola, live per I Venerdì del Babitonga il 22 settembre

22 settembre – La Mandirola, inizio ore 19.00

Cantautrice emergente dell’Oltrepò Pavese, classe 1992, si avvicina al mondo artistico fin dall’infanzia, formandosi nel teatro e nella musica, approcciandosi allo studio del pianoforte e del canto dall’età di quattro anni. Scrive dal 2008 ma solo nel 2020 costituisce ufficialmente il progetto solista come cantautrice sotto lo pseudonimo “La Mandirola” prodotto da Giorgio Depetri e Luca Sparagino (Hifunk). Dal 2021 viene supportata e sostenuta anche dal progetto “Cantautrici” creato da Rossana Casale, Grazie di Michele e Mariella Nava. A Ottobre 2021 viene invitata nella trasmissione “Il circo volante del barone rosso” di Red Ronnie, insieme a Grazia di Michele e a Settembre 2022 è ospite della serata conclusiva del Sele D’oro ( Oliveto Citra) insieme a Lucariello e Raphael Gualazzi. A Luglio 2023 si è esibita a Roma come semifinalista del Premio Lunezia”. 

Un set minimal per la presentazione del disco “Fai cose belle”: le canzoni scritte da Elisa Mandirola, in arte La Mandirola, e prodotte da Hifunk nelle figure di Giorgio De Petri e Luca Sparagino in collaborazione con Matteo Piazzi. Un disco che racconta la tragicomica esistenza di una Millennial che attraversa i suoi vent’anni per approdare ai trenta. Un percorso a ostacoli tra vita, morte, crisi finanziarie, amore e tanta speranza in un futuro migliore che possiamo costruire solo noi stessi con volontà e incrollabile autoironia”.
 

 29 settembre – Daniele De Gregori, inizio ore 19.00

Cantautore e chitarrista romano, pluripremiato nei maggiori Festival italiani (Premio dei Premi ’22, Premio Bertoli ’21, Musica contro le mafie ’20, L’artista che non c’era ’20, Lunezia ’19) e con una lunga esperienza Live. Ha collaborato con grandi musicisti tra i quali Nathalie, Lucio Bardi, Paolo Giovenchi, Alberto Laurenti ed è stato invitato ad aprire i concerti di Enrico Ruggeri, Simona Molinari, Paolo Jannacci ecc. È apprezzato per il suo impegno sociale, in particolare sui temi dell’ecologia e della disabilità, per i quali è stato premiato al Green Music Fest ’21 ed è spesso ospite del programma “O anche no” su Raidue.

“Cura” è il nuovo album di inediti del cantautore romano Daniele De Gregori, in uscita giovedì 13 aprile 2023 per l’etichetta Goodfellas, con il Contributo di NUOVOIMAIE Tutti cercano una cura, per il male di vivere, per la malattia, per il dolore, per l’amore. Questa ricerca può essere salvifica oppure una terribile distrazione che allontana da sé stessi. L’album è figlio di un periodo antropologicamente unico in cui alcune consapevolezze hanno subito un’accelerazione repentina. Mentre il mondo globalizzato cercava una cura, si scopriva giorno dopo giorno che non poteva esistere senza collettività, così uscire fuori da sé stessi, combattere i propri pregiudizi, cercare il vaccino per il proprio ego era l’unica via d’uscita. “Cura” è un disco che racconta di un abbandono attraverso 8 passaggi sviluppati in 3 atti (anni). L’abbandono faticoso di una parte di sé, quella più egoriferita, mai autocritica, pugnace, (auto)conservatrice e spietata (Sempre la stessa canzone/ Le case mangiate dal sale). In seguito, l’abbandono doloroso e necessario di un affetto, l’accettazione dell’inaccettabile, l’imparare a ridere diversamente (Qualcosa di me/Nebraska). Infine, il dolce abbandono all’altro, la consegna della propria vita in mani diverse per poi vederla tornare migliore (Luglio e Milano/ Eleonora/ Cruise Control). In mezzo vive “Il re del mondo”, capolavoro di Franco Battiato (che non a caso cantò “La cura”), legame superiore che tiene insieme le vicende materiali, a riportare la riflessione verso termini assoluti. Una voce intangibile che soffia il ricordo di qualcosa di più alto. C’è dell’altro, noi siamo altro.