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Photogallery di ANIMA è quel ricordo che ci fa piangere, o sorridere di nuovo.

Anima è il progetto del cantautore romano Stefano Gentile: classe 1997, la sua musica si muove tra sonorità rap, pop, r&b. Il cantautore ha trovato la sua arma vincente: trasformare la tristezza in creatività; e così, in poco tempo conquista il pubblico e Spotify, che inserisce i suoi primi singoli nelle playlist Generazione Z, Novità Rap Italiano e Anima R&B.

Il punto forte del cantautore è sicuramente la scrittura, in particolare la capacità di riuscire a ricreare, attraverso questa, un immaginario intimo e personale, ma di facile identificazione da parte dell’ascoltatore. Anima non rinnega il passato, anzi talvolta lo rivisita, riscoprendo emozioni che trasforma in musica.

Gli scorci di Roma i tuoi fianchi che cingo

e se mi abbracci ora sento che ho vinto

mi dai la schiena fragole e amarena

quella voglia di te che mi avvelena”.

In occasione dell’uscita di Photogallery, Anima ci ha raccontato come i ricordi custoditi gelosamente nella gallery del suo telefono abbiano preso la forma di canzoni, raccolte poi nel disco d’esordio uscito il 4 marzo per ADA Music Italy.

Ciao Stefano! Hai sempre scritto canzoni o ti sei avvicinato alla scrittura in altre forme?

Raccontaci un po’…

Ciao! Ho iniziato a scrivere poesie a 16 anni per via di una forte necessità d’espressione. Volevo lasciare un segno di quello che avevo dentro. In seguito a 18 anni sono entrato per la prima volta in studio ed ho inciso il mio primo brano come regalo per la mia ragazza dell’epoca.

Sei stato apprezzato da Spotify che ha selezionato i tuoi singoli per playlist quali Generazione Z, Novità Rap Italiano e Anima R&B. Considerando il gran numero di uscite settimanali, non è banale essere inseriti in playlist editoriali. Per cosa ti sei distinto?

Grazie. Penso semplicemente di avere il mio stile. Indipendentemente dal genere che faccio, il tipo di scrittura e di immaginario che cerco di portare nella musica è differente da quello degli altri. Penso sinceramente che questo sia il mio punto forte, avere una mia identità nonostante non faccia un genere specifico.

Pi Greco è un noto producer. Com’è nata la vostra collaborazione?

Ho conosciuto Pi Greco direttamente sul campo lavorando al nostro primo brano insieme: Cento Baci. Penso che sia una delle persone fondamentali per l’album Photogallery, ma soprattutto per il progetto Anima. Pi Greco mi ha aiutato a trovare un’identità musicale ben precisa, gli devo molto.

Ti definisci più rapper o cantautore?

Ho iniziato con il rap nel 2016 circa, ma poi più andavo avanti e più mi rendevo conto che non era proprio il massimo essere relegato solo ed esclusivamente ad un tipo di metrica. Provando a cantare di più nei brani ho capito che riuscivo ad esprimermi decisamente meglio. Ad oggi alcuni miei brani sono rappati e altri cantati, ma se proprio devo scegliere preferisco definirmi cantautore.

Antiproiettile, A parte te, Re, Non Va, Non vediamoci più hanno riscosso grande successo. Il 4 marzo è uscito il tuo disco di debutto. Hai sentito un po’ l’urgenza di definire il progetto con l’album o è stato un percorso naturale? Raccontaci un po’ della lavorazione al disco.

L’album è nato dopo i brani, nel senso che l’idea di accorpare le canzoni in un progetto unico si è sviluppata una volta che avevo un bel po’ di materiale. Inizialmente volevo fare un ep di massimo 8 brani ma poi ne avevo così tanti che era un peccato far prendere loro polvere per chissà quanto tempo. Prima ero un po’ più geloso della mia musica mentre da quando sono indipendente voglio farne uscire il più possibile. L’album è nato e cresciuto in quarantena, non potendo andare in studio ho comprato microfono e scheda audio e ne ho creato uno in casa e questo ha aumentato di molto la mia produttività. Photogallery dal lato grafico si è sviluppato grazie alla mia amica Chiara Yan che si è occupata di tutta la fotografia dell’album.

Sonorità pop e un rap che tocca un sentimentalismo evidente. Le tue canzoni raccontano personali esperienze di vita o, in fondo, sai anche tu che una buona dose di tristezza fa bene all’ Anima di chi ascolta musica?

Sinceramente io sono la persona più nostalgica, malinconica e a volte triste che conosco. Quasi mi piace sguazzare nella tristezza. Scrivo sempre meglio quando sono triste. Nei miei brani racconto quello che vivo, letteralmente parlo di esperienze di vissuto o di mie idee e pensieri utilizzando uno stile di scrittura ricco di metafore come piace a me.

Però non devo sforzarmi di fare canzoni tristi, le faccio perché mi piace farle, poi ovvio che se altre persone ci si rispecchiano io sono solo che contento.

I tuoi testi mi hanno ricordato il mood malinconico e sentimentale di Mecna. Ho notato anche alcuni riferimenti, magari non voluti, ai suoi brani nelle tue canzoni (Lungomare Inverno, Danza della pioggia). Ti ispiri un po’ a lui? Ti piace, lo ascolti?

Hai fatto centro. Mecna è l’artista italiano che più preferisco ma da sempre! Ho imparato da lui l’utilizzo di una scrittura particolare rispetto ad altri. In danza della pioggia trovo che ci sia qualche similitudine nell’enfasi e nel modo di dire le cose, ma poi in quanto a scrittura io parlo sempre e comunque del mio mondo, ci sono riferimenti alla mia vita privata.

Lungomare Inverno forse ti riferisci al fatto che un suo album si chiama Lungomare Paranoia ma oltre a questo in questo brano non ci sono altre somiglianze. Il nome del brano proviene dal fatto che l’ho scritto sul lungomare in inverno banalmente.

 Fammi tre nomi di artisti internazionali e tre italiani che ascolti.

In realtà da qualche anno ascolto molto meno la musica, ma posso comunque dirti artisti che mi piacciono. Internazionali: Post Malone, Justin Bibier, Travis Scott. Italiani: Marracash, Mecna, Cesare Cremonini. Sono i primi che mi sono venuti in mente, ma il mondo è pieno di artisti fenomenali.

Photogallery ospita artisti interessanti. Perché hai pensato a loro per alcuni brani del tuo album d’esordio?

Esordisco dicendo che io adoro collaborare con altri artisti perché penso che unire stili e modi di versi di intendere la musica sia stimolante e produttivo. Tutti gli artisti presenti all’interno dell’album sono ragazzi che stimavo come artisti e di cui conoscevo alcuni brani. Ho chiamato per ogni brano l’artista che più era adatto a completare l’immaginario di quel brano portando il proprio mondo nel mio. Un esempio che posso fare è proprio danza della pioggia dove il brano era composto dalle mie due strofe ma sentivo che nel ritornello ci voleva un qualcosa di diverso e il tocco di Kevin Payne è stato incredibile, quando mi è arrivato sono saltato in aria. Tutti gli artisti coinvolti in Photogallery hanno spaccato, davvero.

Sono d’accordo con te sul fatto che i nostri telefoni racchiudano tutto il nostro mondo e i nostri ricordi. Considerando il titolo del tuo disco, rientri tra quelli che leggono vecchie chat o riguardano la gallery, o preferisci archiviare?

Le vecchie chat mai, specialmente di relazioni finite altrimenti mi prende male e rievoco dolori passati. Però molto spesso se sono in fila da qualche parte o se non ho nulla da fare guardo tutta la gallery del telefono dal 2015 ad oggi e, attraverso video e foto, rivivo quelle emozioni e sensazioni che magari avevo anche dimenticato o comunque riposto in una parte della memoria difficilmente accessibile.

Live in programma per la presentazione del disco?

Al momento non abbiamo live in programma, ma con la stagione estiva sicuramente ci sarà occasione ed io non vedo l’ora di incontrare dal vivo tutte le persone che in questo ultimo anno mi hanno supportato infinitamente.

di Alessia Pardo

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Internazionale

Cosa c’è nelle camere di Clio and Maurice

Dopo l’anteprima sul sito di Sky TG24, esce finalmente il video per “Faithfully” del duo Clio and Maurice, brano contenuto nel loro disco d’esordio dal titolo “Fragile” pubblicato nel 2020. Loro sono un duo impossibile formato solo da voce e violino, rispettivamente Clio Colombo e Martin Nicastro (dei Pashmak). La loro musica è frutto dell’unione di diverse influenze, fuse nel minimalismo della loro formazione atipica: dal soul di Nina Simone, fino al pop sperimentale degli ultimi lavoro di ArcaBjörk e James Blake. Qui gli archi vengono orchestrati e manipolati grazie all’utilizzo di effetti e pedali, formando i paesaggi sonori dove la voce è protagonista.

Divisi tra Milano e Berlino, abbiamo chiesto loro di farci fare un giro delle loro rispettive camere, ed ecco cosa ci hanno mostrato.

(Piante trattate dello shooting di Lost)

Martin: Queste piante si trovano sulla mia scrivania di Milano: ci sono molto legato perché vengono direttamente dal set dello shooting fotografico che ha accompagnato l’uscita del nostro primo brano. Ad un certo punto hanno cercato di uccidere Clio, forse perché erano troppo piene di polvere: sicuramente devo stare attento che non le mangi il gatto (Cosino), lui sì che ci schiatterebbe davvero.

(Pedale rosso scassato)

Martin: Questo VE-20 era tutto quello che usavamo all’inizio oltre al violino e due microfoni, perché in effetti fa tutto: loop machine, ambienti e octaver. Che fatica e che stress utilizzarlo, ma senza di lui non avremmo mai incominciato: adesso se ne sta scassato su uno scaffale in camera mia a Milano. Funziona ancora e ho cercato di venderlo, senza troppa convinzione perché tutto sommato ci sono affezionato.

(tazza azzurra e moka)

Clio: Sono a Berlino per qualche mese e per quanto sia bello essere circondata da persone e oggetti nuovi ho capito che un piccolo ricordo di casa serve sempre. Tengo sulla scrivania una moka che mi hanno regalato i miei genitori, ma anche una tazza azzurra che ho comprato qui ma che mi ricorda moltissimo la mia tazza gigante a Milano. Certo, questa non ha scritto “COLAZIONE – CEREALI” in un violentissimo caps lock come l’originale, ma posso considerarla la sua modesta sostituta berlinese.

(cappotto della nonna)

Clio: Qualche anno fa ho ereditato questo cappotto di cammello della mia nonna, che quando mi sono trasferita ero indecisa se portare con me perché, sebbene sia un ottimo alleato del freddo milanese, sicuramente non sarebbe bastato per il clima gelido di gennaio e febbraio a Berlino. Ho così optato per un piumino, sempre della nonna, funzionale ma non proprio elegante su di me. Tuttavia, durante il mio breve ritorno a casa a metà febbraio ho deciso di fare uno scambio e riprendere il mio adorato cappotto cammello, forse l’unico capo che mi fa sentire ben vestita e che mi ricorda Milano e la mia stilosissima nonna.

cof
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Le 5 cose preferite delle Cleopatras

Quelle ganze delle Cleopatras hanno recentemente pubblicato il nuovo singolo “Kiss kiss kiss”, con il quale si cimentano nel coverizzare un brano di Yoko Ono. Impresa coraggiosa e riuscitissima, attraverso la quale le quattro toscane lanciano un appello all’amore e alla pace. Per conoscerle meglio, ci siamo fatti raccontare quali sono le loro 5 cose preferite.

Il girl power

Ebbene si, tifiamo per l’empowerment femminile, la fine degli stereotipi e la sovversione del patriarcato! Alcune tematiche legate alla questione femminile stanno diventando sempre più centrali sia nella nostra attitudine che nelle nostre canzoni; nel nostro nuovo disco, di prossima uscita, ne affrontiamo alcune, e anche il nostro ultimo singolo “Kiss Kiss Kiss” non è scelto a caso: abbiamo voluto scardinare uno degli stereotipi più vecchi della storia del rock’n’roll, ossia che non sia una cosa da donne, che anzi addirittura ne sono spesso la rovina. Beh vogliamo provare che non è affatto vero.

I prodotti tipici

Si potrebbe pensare che il movente principale che ci spinge a fare estenuanti tirate in macchina per concerti in ogni dove sia la passione per il rock’n’roll, ma in realtà c’è molto di più. Lo facciamo per assaggiare i prodotti tipici dei posti dove andiamo a suonare! (incidentalmente, ci divertiamo anche un sacco a girare l’Italia e il mondo tra sorelle, ma questo è un altro aspetto).

Questo è un messaggio (poco) subliminale per i gestori dei locali e dei festival che ci ospiteranno: è scientificamente provato che un musicista appagato performa meglio, dunque vi suggeriamo di sostituire pizza  e pasta con qualche leccornia locale!

I vestiti di scena (dette anche “le mute”)

È un argomento che arriva a monopolizzare la nostra chat per decine e decine di messaggi: come ci vestiamo per il concerto di domani? Abbiamo infatti una quantità di divise, note tra noi come “mute”, che Malibù Stacey scansati proprio, e le scegliamo in base all’occasione (noblesse oblige). Parte della nostra identità di band è quella di dare un’immagine univoca di noi; questo ci rispecchia perché siamo un gruppo molto paritario, in cui ognuna ha il suo ruolo e nessuna predomina. Inoltre a livello di look e stile crediamo che abbia un impatto molto particolare.

Le medicine

Attenzione, ovviamente vorremmo non prenderne mai, ma non partiamo mai sguarnite…non si sa mai! Le nostre 4 borse assieme hanno tutto il kit di pronto intervento di base per qualsiasi patologia, e per le più comuni non è raro che possiamo scegliere anche tra più formulazioni e principi attivi. Questo armamentario è noto come la farmacia ambulante delle Cleopatras, tanto che ci abbiamo anche scritto su una canzone. Per il beneficio del pubblico e del nostro entourage, siamo sempre disponibili per consulti e per qualche blister sottobanco.

Mick jagger

Mick è il nostro Guru soprattutto per quanto riguarda la preparazione atletica pre-tour e la capacità di cambiare innumerevoli mute durante uno stesso concerto. Possiamo dire che per questi aspetti ci ispiriamo a lui, e il nostro grande sogno è raggiungere i suoi livelli di forma fisica anche dal divano dove invece, spesso, ci limitiamo a guardare i suoi video di allenamento sui social. E proprio a Mick Jagger abbiamo dedicato un brano che farà parte del nostro nuovo album.

Mick Jagger, of the Rolling Stones, performs during the band’s “No Filter” tour on Monday, Nov. 15, 2021, at Ford Field in Detroit. (Photo by Rob Grabowski/Invision/AP)

I Ramones

Il sound delle Cleopatras deriva delle influenze musicali di noi 4, che sono abbastanza diverse tra loro (Camilla, unico membro fondatore della band oggi rimasto, ha un’impronta più garage punk, Marla viene dal punk 77, Alice dal post-rock e Vanessa milita anche in una band shoegaze), ma il nome dei Ramones ci accomuna. Le loro canzoni essenziali, scarne, brevi e veloci, la loro attitudine un po’ strafottente e quel nome che sembra identificare 4 fratelli piuttosto che una band, rispecchia a pieno la nostra attitudine e il nostro modo di intendere il punk e il rock’n’roll.

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Elettronica Internazionale

Gli Shkodra Elektronike ci convincono ad ascoltare musica di cui non capiamo neanche una parola

Quello degli Shkodra Elektronike è un tunnel elettronico dal quale non avrete speranza di uscirne vivi, perchè nel loro disco di debutto convivono ossessioni, tumulti, danze di popoli lontani e canti di cui non capiamo neanche una parola. Come si può rimanere ipnotizzati da un disco cantato interamente in albanese è un gran mistero che spero che qualche altro ascoltatore solitario mi aiuterà a risolvere. Quattro tracce che suonano come la più folle e malinconica delle feste a cui siete stati. Anzi, come il ritorno in autobus da una delle feste più folli e malinconiche a cui siete stati. Una di quelle feste dove ci si innamora perdutamente, parlando una lingua che non è la nostra, con persone che non rivedremo mai più.

Shkodra Elektronike sono Kole Laca (già tastierista de Il Teatro degli Orrori) e Beatriçe Gjergji: entrambi nati a Scutari, in Albania, ed emigrati in Italia nei primi anni ’90. La loro musica traghetta nel presente la tradizione popolare scutarina (Scutari, città del nord dell’Albania), vestendola di un sound elettronico che spazia senza distinzioni dalla trap alla dance. Sono i primi a compiere una rilettura in chiave contemporanea di un repertorio popolare tanto riconosciuto e importante in patria quanto ancora poco noto al resto del mondo. Loro definiscono questo genere come immigrant pop.

Live @ Uzina è un disco di debutto registrato interamente dal vivo, che conquista sin dal primo ascolto, che scuote e che tormenta, e che rimane inspiegabile. L’albanese, lingua a noi del tutto estranea, arriva come un mantra e ci assorbe, perchè per una volta, per tutti noi musicofili abituati all’it-pop e agli Arctic Monkeys, un brano può voler dire qualsiasi cosa, anche quello che decidiamo noi sul momento.

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Internazionale

Tommaso Paradiso ci mostra disagio e romanticismo in Space Cowboy: la recensione

Lo aveva annunciato quasi due anni fa e doveva intitolarsi Sulle Nuvole, ma a causa della pandemia, oltre a slittare, quest’album ha anche cambiato nome. Parliamo di Tommaso Paradiso, che pubblica il suo primo album da solista, dopo essersi separato dai Thegiornalisti nel 2019. Space Cowboy èuscito a mezzanotte il 4 marzo per Islands Records e Universal Music Italia, contiene 11 brani, di cui 7 inediti. Dopo essersi guadagnato un posto importante nella scena indie italiana, con questo lavoro è deciso ad affermarsi nella musica pop: tante le nuove sonorità, a volte tendenti al rock e alla musica anni Ottanta. In questi brani c’è un po’ di tutto, non manca la quotidianità, da cui il cantautore romano prende sempre ispirazione, troviamo un po’ di registi, attori, scrittori e così via. Come lo stesso Tommy ha affermato più volte, il citazionismo fa parte dell’arte, ma lui non si limita al copiare, per lui è fonte di creatività e di rinnovamento. Per l’uso del basso, per esempio, si è ispirato a John Lennon. Il filo conduttore è in primis il disagio, soprattutto quelloche prova nel vivere in questo mondo, fatto di ipocrisia, egoismo e violenza. L’altro tema fondamentale che non può mai mancare nei suoi brani è l’amore, per la vita, per gli amici e per la sua Carolina, musa ispiratrice. La penna ormai riconoscibile di Tommaso è caratterizzata da nostalgia, difficoltà quotidiane, malinconia, sensibilità, delicatezza, romanticismo e desiderio. Con parole semplici e mai banali ci racconta con naturalezza la normalitàche spesso non consideriamo, ma una volta ascoltata prendiamo consapevolezza che questa è parte di noi, e deve essere vissuta così com’è.

Ma perché il titolo è proprio Space Cowboy? Tommaso ama i film di Sergio Leone e non solo, tutti i western e quelli dell’immaginario dei cowboy americani. Il “cowboy dello spazio” è una proiezione di sé stesso, a volte malinconico, agitato dal continuo disagio ma pur sempre romantico e sognatore.

 La pubblicazione di Space Cowboy è stata anticipata dall’uscita di Tutte le notti, prodotta da Dorado Inc. e dai singoli Magari No (disco d’oro), La Stagione del Cancro e del Leone e Lupin, che sono contenute nell’album. Quindi, gli altri brani, quali, Ricordami, certificatodisco di platino, Ma Lo Vuoi Capire, disco d’oro, I nostri anni, anch’essodisco d’oro, e Non avere paura, entrato nella Top Ten di tutte le classifiche (FIMI/Gfk, Spotify, Airplay EarOne, iTunes e Apple Music) e certificato triplo disco di platino, non fanno parte di Space Cowboy.

Tutti i brani vedono la produzione di Enrico Nardelli già al fianco di Gazzelle, Ligabue e Colapesce-Dimartino. L’album è stato registrato in Costiera Amalfitana, davanti al mare, che per Tommy è sempre un elemento d’ispirazione; a volte si sentono suoni di cicale che ha voluto tenere così, senza modificarli o eliminarli.

L’album si apre con Guardarti Andare Via. Il brano parte lento, dolce, ed esprime alcuni semplici desideri del cantautore, la sua pura quotidianità: la ragazza che esce, lui non sa cosa fare se non continuare a guardare film sulla Rai, aspettando che torni. Lui non può cambiare questa elementare consuetudine, se non guardarla andare via e cercare emozioni nel cielo. “Non sarà così impossibile/ Sorvolare l’oceano/ Rispetto al male che mi fa/ Guardarti andare via

Proseguendo l’ascolto parte Amico Vero feat. Franco126, unico featuring dell’album. Non a caso il brano vede la presenza dell’amico Franchino, amico di vecchia data e autore del precedente successo Stanza Singola. Ritornano i soliti disagi in veste diversa: Tommaso ama l’estate, il mare, il caldo, ma odia il traffico e le lunghe code. Qui parla di due ragazzi che ad agosto sono ancora a Roma, fa un caldo torrido, la città è deserta, si sentono al telefono e si mettono a girare l’Italia, ovunque la macchina li porti. Dice all’amico di sbrigarsi per andare al mare, perché ci sarà la coda e che magari trovano qualche “ragazza che ci sta”, ma se va tutto storto non c’è di cui preoccuparsi perché in fin dei conti nulla è più importante dell’amicizia. Basta infatti la compagnia di un “amico vero” e magari una bottiglia da bere in due, per stare bene. “Mentre andiamo senza meta / Ma con il serbatoio pieno / Io sto bene anche così / Con un amico vero”.

Magari no è un brano di nostra vecchia conoscenza, pubblicato il 15 novembre 2021. Qui si possono sentire le tastiere, l’elettronica e un ritmo forte. Ci sono poi i cori sullo sfondo, le doppie voci e un ritornello che entra subito in testa. Il tema è la malinconia e il cantautore ricorda questa storia d’amore, che sembra avere una crisi, con nostalgia. “E non dirmi davvero che ti risveglierai lunedì/ Senza un casino nel petto, un casino nel letto / L’ultimo pacchetto e poi magari smetto / O magari no”. A volte nella più comune quotidianità si finisce per non essere più capaci di trovarsi e capirsi. I momenti della vita in questo brano sono descritti con concretezza. Paradiso non riesce a dormire, va in giro e ripensa ai momenti vissuti assieme, mentre beve una Coca-Cola in autogrill con la musica a palla per restare sveglio. Ciò che resta, alla fine, è la certezza che “tanto domani il sole arriverà”. È una certezza che si manifesta solo sul finale, forse per consolare l’ascoltatore, perché magari l’amore non è ancora finito, avrà ancora una chance per rinascere. O magari no.

Lupin è di nuovo scappato” canta nel singolo Lupin lanciato lo scorso gennaio. Parla anche qui di cose comuni che potremmo vivere o che abbiamo vissuto: un normale giorno qualunque… “Ma che splendida normalità“! La normalità che in questi due anni di pandemia è cambiata, anche le piccole cose ora dovremmo apprezzarle di più: rivedere un amico, prendere aria fresca, guardare la pubblicità con spensieratezza, bere una bibita insieme o stare da soli, perché in fin dei conti bisogna bastarsi anche da soli. Nella solitudine però c’è sempre qualcosa con noi, con Tommaso c’è sempre il suo pianoforte. Lupin è un po’ lui mentre, in qualche modo, si divincola dalla realtà e fugge verso l’immagine serena di normalità.

La Stagione Del Cancro e Del Leone è quella tipica hit estiva che vede la sua firma, la sentiremo sicuramente in spiaggia la prossima estate.  Il singolo però è stato pubblicato a dicembre proprio per incentivare il sentimento di malinconia. Tommaso ha detto che “questa canzone non è stata scritta per l’estate, ma per l’estate che abbiamo dentro anche d’inverno”. La malinconia dell’estate, del caldo, dell’aria fresca: tutto finisce, la messa, la scuola, iniziano le vacanze e i mesi estivi, inizia la stagione del cancro e del leone! “E non posso stare male / quando gli amici stanno bene / e quando tutti vanno al mare / con le facce rilassate”.

Space Cowboy è la title track dalle sonorità dolci e sembra uscire da un jukebox. Tommaso ci dice che piange sempre per gli stessi film, cita il mito americano ma ci dice che l’America è bella vista da lontano, infatti ha sempre Vasco nel cuore. Come al solito, odia l’inverno tanto che anche la neve vuole vederla da lontano, se fosse per lui vivrebbe in estate, con il sole che splende in cielo e il vento caldo della sera. La vita è così bella nella semplicità, ammirare con i propri occhi la luna non da dietro un cellulare. “Sono solo un vaccaro che ama guardare il cielo / Sono solo / Uno Space Cowboy”.

È solo domenica è un brano lento e nostalgico, ispirato alla perdita di un amico, è difficile paragonare quel senso di vuoto domenicale con una scomparsa. Tommaso ha difficoltà con il lunedì e lo sappiamo bene, quando cantava “Il lunedì mi fa male / dalla scuola elementare”. Questo giorno gli ricorda la scuola e le interrogazioni, che gli provocavano ansia già la domenica. Pur essendo cresciuto, però, collega l’ultimo giorno della settimana alla fine di qualcosa e questo provoca in lui agitazione e smarrimento. “Che quando il giorno dopo mi sveglio / oh-oh / Sono pronto a pagare il prezzo / Tanto è solo domenica”.

Segue Silvia, un brano che ti entra subito in testa, dal sound rock. Silvia è la metafora della spensieratezza, della vita che passa: la scuola finisce, inizia l’estate e ci si alterna tra uscite con gli amici, giornate al mare a bere, ballare e divertirsi, trovare un amore o fare baldoria. “Per capire che la vita dura solo un’estate”. Bisogna vivere i momenti anche quelli in cui, noi come Silvia, ci sentiamo soli. Come dice Tommaso, “l’unica arma che ha l’uomo che vive una tragedia è fare una commedia della propria vita. L’alternativa è la rassegnazione”.

Arriva la volta di Tutte le notti, una sincera lettera d’amore scritta per la persona che è nei suoi pensieri, cosa sarebbe la vita senza di lei? La sogna ogni notte e sogna di vedere con lei tutti i film di Fellini e andare a cavallo insieme come i veri cowboy. Un altro desiderio è allontanarla da questo mondo violento, quale il conflitto che stiamo vivendo o le crudeltà della vita come le malattie. “Vorrei vederti ballare in una discoteca / A piedi nudi sulla macchina fino a dentro casa / Separarti da questo mondo violento / Che non è il mio, non è il nostro, ne sono certo”.

Vita è il racconto della vita di Tommaso. Ha un gruppo su WhatsApp che si chiama proprio Vita, dove ci sono tutti i suoi migliori amici. Si incontrano tutti allo stesso bar per discutere se qualcuno di loro ha un problema. “Tanto questo bar non chiude mai / Ci sono gli amici tuoi / Questo bar pieno di guai / Di vita e non di eroi”.

A chiudere il disco è Sulle Nuvole, brano che doveva essere la title track del disco ma che è diventato la colonna sonora del film che uscirà a fine aprile in tutte le sale cinematografiche italiane per Warner Bros e che si intitolerà proprio Sulle Nuvole. È un brano classico e cantautoriale, si parla di quotidianità, quella che ci racconterà anche nel lungometraggio.

Buon ascolto!

Intervista di Veronica Piri

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Cosa c’è nella camera di Dada Sutra

Esce venerdì 25 febbraio 2022 in distribuzione Artist First “big boy“, il singolo di debutto del progetto dada sutra (ex Sandra Vesely). Un brano ossessivo e disturbante che suona come uno schiaffo in faccia, ispirandosi a personalità del calibro di Nick Cave e PJ Harvey. L’immagine della violenza sessuale in qualche forma è stata presente, da subito, anche nella parte strettamente musicale della canzone, che è nata da un’improvvisazione insieme al pianista e compositore Vincenzo Parisi: il titolo provvisorio quando ancora non aveva un testo era “Buonanotte, Miss Greenlee”, in riferimento a una famosa necrofila.

Noi per l’occasione siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato!

Tanpura elettronica, comprata dopo un corso a Madrid con la cantante Fátima Miranda. Ha un suono orrendo e un’estetica abbastanza trash e mi piace anche per questo. La uso per una pratica vocale indiana di cui non ricordo assolutamente il nome ma che è utile per esercitare il respiro, l’ascolto, sviluppare gli armonici.

Merchandise di Nick Cave. Molto divertente. Ho anche un plettro con su stampata la faccia di Warren Ellis, da vera fanatica.

Beh, questo è un dildo d’acciaio. A parte l’utilizzo pratico, che eventualmente posso dettagliare in privato, lo trovo un oggetto particolarmente bello.

Questo è in casa mia solo temporaneamente. È un prestito di Andrea Lombardini, che è una delle autorità massime sugli effetti per basso, e comunque su qualsiasi cosa riguardi il basso elettrico. È un boost analogico al germanio, fichissimo.

Bonus gatto. Probabilmente non conta come oggetto ma è molto fotogenica. Si chiama Milli Vanilli, cerca di mangiarsi qualsiasi genere alimentare trovi in casa e ha una specie di tic masturbatorio per cui appena le dimostri un po’ di affetto comincia ad auto-succhiarsi un capezzolo.

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La folle festa dei Little Pony è ciò di cui avete davvero bisogno

I Little Pony sono una folle realtà, che il fatto che non siano famosissimi li rende già indegni per il suolo italico e in questo periodo di sospensioni e rinascite, hanno pubblicato da poco un nuovo album dal titolo “Voodoo we do“: un rito pagano, una festa sfrenata, la perdita completa di inibizioni dopo due anni di reclusione, l’ultimo rave a cui non siete andati per pigrizia, prima che scoppiasse il Covid, quello che avete sempre rimpianto, dannatovi l’anima dopo l’ennesimo “andrà tutto bene“. Che sia andato tutto bene, almeno per me, egoisticamente, è stato vero, ma allo stesso tempo mi è sembrato di invecchiare almeno 10 anni in questo periodo. Mi sono dimenticato le feste in casa, mi sono dimenticato le corse in macchina per andare ai concerti, mi sono dimenticato le nottate in stazione e tutte le relative conseguenze. E non solo mi sono dimenticato di tutti quei prima, mi sono reso conto che forse non me ne importava neanche più molto, forse ero grande ormai.

Ed eccomi qui, in macchina perchè devo portare una cassettiera trovata ad un mercatino dell’usato ad un amico che è appena andato a convivere, un regalo da trentenni per una vita da trentenni. Dannati noi millenials che il Covid ci ha trovato giovani e ci ha ritrovati sull’orlo dell’avere una famiglia nostra. Ed ecco che inizia la prima traccia CPC che mi colpisce come un pugno in faccia e mi torna tutto dentro: la voglia di fare letteralmente schifo, l’alcol, le biciclettate, la casa incasinata, Giacomo sul divano, Anna che mi perdona e che non mi lascia perchè sono noioso. Voodoo we do si rivela essere un rito doloroso che ti fa tornare ai momenti migliori della tua vita, quelli per cui pensavi di non essere più tagliato.

Canzoni scritte in viaggio, riflessioni sulle ossessioni della modernità e le stregonerie da social… Un rito magico, potente come solo i bambini possono immaginare, per scacciare via il superfluo, il compulsivo, l’ostinata arroganza dell’omologazione coatta delle interazioni nelle piccole e grandi cose del quotidiano. I Little Pony non fanno jazz, non fanno rock, non fanno hip hop nè punk o spoken words su basi funk disco rap; i Little Pony sono fuori moda e fuori dal tempo. Il disagio ha un suono ironico, cupo e rabbioso mentre balla: i Little Pony fanno Voodoo.

Con questo mix unico di ansie e sospiri, di rock e jazz, di punk e tratti rap, Voodoo we do è per tutti noi che c’eravamo dimenticati com’era divertirci, che non ci facciamo una canna da mesi e che forse vogliamo tornare ad essere cool prima di essere boomer. Questo disco fa tornare la voglia di vivere.

CM

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Marchettini: nelle sue canzoni kg di incertezze, Milano inferno e messaggi vocali

Marchettini è uno di quegli artisti la cui cifra stilistica e distintiva si può racchiudere dietro alla sua città: come dichiara in Milano Inferno, servendosi di una poetica urbana, la sua dimensione è costituita da mari di strade, rumori di ambulanze, e un senso di dispersione e impotenza, causato da una metropoli che ti guarda dall’alto e ti inghiotte. Il brano, uscito nel 2021 come singolo, e poi confluito nel suo primo album – Odiarsi Male, può essere considerato il biglietto da visita del cantautore di Varese, classe 1995, la cui scrittura si caratterizza per essere un’istantanea di ricordi e momenti cristallizzati nel tempo: ritratti di una quotidianità raccontata in un modo talmente trasparente da diventare universale.

La penna di Marchettini si contraddistingue per essere il risultato di un mix tra cantautorato old-school e nuova musica italiana, in cui suoni hip hop, elettronici e rimandi lo-fi si mischiano a creare uno stile poliedrico e personalissimo.

L’originalità che lo caratterizza emerge anche in occasione della sua partecipazione a #curiamocidimusica, progetto a cui aderisce nel 2020, e che gli permette di entrare nelle fila di Believe Music partecipando al programma Signed By, offerto da TuneCore Italia. Questo servizio offre agli artisti emergenti un team specializzato nel settore musicale, che li supporti in ogni fase della propria carriera; inoltre, grazie a questo progetto, gli artisti hanno la possibilità, nel futuro, di firmare un contratto proprio con Believe Music.

Da questo momento la sua storia con la musica diventa una cosa più seria: una prospettiva di futuro che dai sogni sembra spostarsi al piano della realtà. Grazie a Signed By si circonda di un team di lavoratori specializzati nel settore, e inizia ad elaborare, con loro, un progetto artistico articolato con strategie pensate ad hoc. A parlarci di questo cambiamento, nella sua musica, è Marchettini stesso, che afferma di essere passato, così, dall’essere un artista emergente alle prese con tutti gli aspetti della sua musica, al sentirsi un vero professionista circondato da un team.

“Il mio consiglio agli artisti emergenti è di essere sempre rispettosi, gentili e generosi con i collaboratori che vi sostengono. Ho davvero dovuto riporre la mia fiducia nel team di Believe per finire il lavoro in tempo. Ma, allo stesso tempo, siate sempre onesti innanzitutto con voi stessi e abbiate fiducia in quello che fate, perché il lavoro duro dell’artista dà sempre i suoi frutti”.

Il cantautore viene notato anche da Spotify nella pubblicazione dei suoi singoli; e così, si ritrova in più occasioni ad essere inserito in playlist importanti, come Indie Triste e Scuola Indie, per la quale gli viene dedicata la copertina in occasione dell’uscita di Luna, il singolo che conta più di 1 milione di ascolti. Dopo questi traguardi, Marchettini si classifica, nel 2021, tra i semifinalisti del Premio Fabrizio De André XIX – sezione Musica.

Nel brano Luna, che prende la veste di una lettera di scuse, Marchettini si ritrova a scrivere, nel giro di pochi versi, una confessione universale, che potremmo ritrovarci a fare tutti, verso la persona che ci vive accanto, costretta il più delle volte a vivere la parte peggiore di noi. Proprio contro i mostri interiori, l’artista si trova in una costante lotta, dalla quale la parte peggiore di sé emerge periodicamente dallo specchio, a ricordare contro chi, e perché, si combatte:

Sarebbe bello smettere per un secondo / Di perdersi nel centro e guardare il contorno / Che fanno un po’ più male i tagli sulle dita / Quando ti piove dentro tutta la fatica / Sarebbe meglio, me ne rendo conto / Riuscire a fare pace quando hai tutto contro / Invece di combattere una guerra persa / E fare a pugni sì, ma con l’immagine riflessa / E lo so che non è la versione migliore di me / Quella che vedi tu / E lo so che la parte peggiore non fa più per te / Per te che vivi sulla Luna.

I versi di Luna dimostrano come l’artista riesca a incidere, nei suoi brani, significati quasi metafisici e carichi di emotività: la sensazione di non essere abbastanza contraddistingue i giovani della sua età, in una costante lotta contro il tempo alla quale li costringe la società in cui viviamo. In questo modo, Marchettini diventa di diritto il cantautore hip-hop dei mostri interiori della sua generazione. Ed è forse proprio questo il motivo per cui ci piace tanto.

di Chiara Grauso

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Elettrogruppogeno: Come si crea un videogioco a partire da una canzone

La mia ragazza è una nerd è la canzone perfetta per introdurre il pubblico al mondo dell’Elettrogruppogeno. Non è un caso quindi che la prima canzone che abbiamo deciso di registrare in studio sia proprio questa. 

Avevamo portato una demo chitarra, batteria e voce, ma grazie agli arrangiamenti di Samuele Cangi e Tommaso Giuliani (BlueMoon Rec Studio) il pezzo si è arricchito di un sound modern-retrò che si sposava perfettamente col contenuto della canzone. Una volta ascoltato il risultato finale, abbiamo avuto la folgorazione: con quel sound, quei riferimenti e quella tematica, dovevamo farne un videogioco. Nella scelta ha aiutato il fatto che Andrefuoco, quando non indossa la sua tutina, è un ingegnere informatico col sogno nel cassetto destro di fare il creatore di videogiochi. Per fortuna poi nella vita ha scelto di perseguire il sogno nel cassetto sinistro… 

Purtroppo però dalla programmazione semplice a quella specifica di videogiochi c’è un bel salto. Abbiamo quindi capito che senza dei collaboratori non saremmo andati da nessuna parte. Nello specifico dovevamo trovare degli addetti sia per la parte grafica che per lo sviluppo vero e proprio: dopo una lunga ricerca abbiamo deciso di collaborare con Veruska Ceruolo (illustrazione) e Simone Bastiani (ZilpioGaming). Andrea (l’alterego di Andrefuoco) invece ha fatto da coordinatore e direttore dei lavori, stilando le specifiche del progetto e cimentandosi quando possibile con la pixel-art. 

A quel punto abbiamo discusso l’idea iniziale: vista la quantità di citazioni esplicite e implicite nella canzone, sarebbe stato bello realizzare una sorta di platformer nella quale il protagonista avrebbe dovuto saltare a tempo di musica mentre tutto intorno a lui “succede quello che dice la canzone”. Per fortuna esistono le femmine, e Veruska (che è in effetti una femmina) ci ha fatto notare che sarebbe stato molto più efficace realizzare il videogioco dal punto di vista della ragazza, scelta che avrebbe rispecchiato meglio lo spirito della canzone (che comunque descrive una ragazza molto emancipata) e ci avrebbe fatto evitare il cliché del cavalierechesalvaladonzellainpericolo.

Dal lato grafico la difficoltà principale è stata la mole di lavoro: abbiamo infatti deciso di creare il mondo del videogioco da zero, quando generalmente la “scelta facile” è quella di utilizzare gli asset (i.e. le immagini singole) royalty-free che si possono trovare su internet. Invece no, abbiamo mantenuto la linea dura e ora possiamo dire che ci sono più pixel posizionati a mano in questo videogioco che granelli di sabbia a Livorno!

Per lo sviluppo invece la sfida più interessante che abbiamo dovuto affrontare è stata quella di far rimanere il giocatore sempre in sincronia con la canzone, infatti ci siamo accorti presto che far mantenere velocità costante al main character era impossibile se volevamo mettere un minimo di variabilità nel livello (ostacoli, terreni diagonali…). Con l’aiuto di Simone abbiamo realizzato un escamotage degno delle migliori serie TV degli anni ‘90: invece della ragazza, a muoversi in sincronia con la canzone è un punto che scorre a velocità costante chiamato PIVOT. La ragazza cerca sempre di minimizzare la distanza da questo punto, quindi aumenterà o diminuirà la velocità per tornare in sincronia con la canzone!

Vedere il gioco realizzato dopo che lo avevamo ideato quasi per scherzo anni fa è stata una grande emozione di cui siamo tutti molto soddisfatti.

Il videogioco è disponibile sul Play Store oppure online direttamente a questo link: https://zilpio-gaming.itch.io/la-mia-ragazza-una-nerd 

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Internazionale

Quanto lontano possono portare una chitarra e la pura curiosità? Ce lo racconta Francesco Morrone

La sensazione che affiora sentendo per la prima volta Le Mani, il nuovo pezzo di Francesco Morrone, è quasi quella di star ascoltando un cantastorie di altri tempi, dedito a raccontare avventure ed emozioni di persone conosciute in ogni dove. Come se fosse musica popolare, ma che non appartiene a nessun popolo. 
La canzone è composta solo da voce e chitarre, ma in sottofondo si riesce quasi ad immaginare il rumore delle onde, o il fruscio delle foglie, protagonisti del viaggio che Francesco ha iniziato quasi tre anni fa, con l’uscita del suo primo progetto, Ripartendo Adesso, e che, quasi per caso, non è mai davvero finito. 
La musica che ci regala è figlia delle esperienze crude e viscerali di un uomo che si sente a casa ovunque vada, e che trova in un foglio ed una chitarra l’unico modo giusto per raccontarne le peculiarità. 
Abbiamo avuto l’occasione di farci raccontare qualcosa di più sulla sua vita e la sua arte, e non ce la siamo fatta scappare.

Come hai deciso che la scelta giusta per te sarebbe stata quella di trascorrere un periodo della tua vita senza riferimenti geografici precisi?

In assenza di scelte ho preferito partire senza avere una meta precisa, lo spirito nomade è una parte prevalente del mio carattere, ricordo da bambino viaggi esplorativi brevi. Non credo sia solo un periodo ma una costante, ho la mia casa natale ma non mi sento veramente a casa, vagheggio, non posso controllarlo. Riconosco il mio perché di questo tanto vagare, per me è più che sufficiente.

Che rapporto hai con le terre che calpesti nei tuoi percorsi? Che sensazioni ti trasmettono?

La curiosità ha la meglio sul mio lato razionale quindi cerco in tutti i modi di scoprire la storia di un luogo, conoscere i personaggi “storici” di un paese, trovo piacere ad avere conversazioni lunghe con gli anziani, sono libri di storia viventi. Cito il lato razionale perché delle volte la mia curiosità mi mette nei guai.

Da quando hai deciso di intraprendere questo stile di vita il tuo approccio alla musica, il tuo modo di scrivere è cambiato?

È radicalmente cambiato, in origine avevo un approccio prettamente estetico, ho cambiato il mio modo di scrivere, di raccontare, di vivere la stesura di un testo. Ad oggi è strettamente legato ai viaggi, alle esperienze viscerali con anime così pure da potergli leggere la vita dagli occhi.

Il brano appena uscito, Le Mani, ha una durata importante per la media delle canzoni che siamo abituati ad ascoltare. È stata una scelta voluta?

“Abitudine” una parola che mi incuriosisce molto, è così equilibrata, bene ho cercato di rompere questo equilibrio, ho intrapreso questo viaggio con artisti che stimo e che a loro volta stimano la mia dimensione. È stata una decisione che ha seguito un flusso, avevo la canzone chitarra e voce il vestito è stato cucito dalle emozioni da uno spirito figlio di anni di viaggi, non abbiamo badato alla durata ma alla completezza del viaggio.

Nel pezzo la strumentale ha un ruolo preponderante. Nonostante la delicatezza delle chitarre, la loro presenza è imponente e abbracciano le tue parole in modo impeccabile. Come sviluppi un brano solitamente? Hai un processo definito?

Lasciatemi citare i compositori di quest’opera, che sono L’ennesimo e Andrea Principato. Le chitarre sono l’anima di questo disco e se non ci fosse stata la presenza di Andrea l’anima sarebbe stata un’anima a metà. Nella fase embrionale la canzone si sviluppa semplicemente chitarra e voce, solitamente sono immerso in luoghi isolati dove mi è più semplice essere me stesso, nudo. Sono flussi di coscienza, le canzoni, i testi esistono già dentro di me devono solo prendere forma.

Riusciresti a definirmi la tua “guerra da sfamare”?

Non mi è possibile definirla, la riconosco quando si presenta, mi soffoca. Devo continuamente alimentarla per riuscire a placarla.

Ogni artista decide di fare musica per una motivazione diversa ed estremamente personale. Qual è la tua?

Il mio perché è il viaggio, che a suo modo si manifesta in diverse forme. Un viaggio può essere un tramonto, un bicchiere di vino con uno sconosciuto che ti racconta la sua vita dal fondo del bicchiere, può essere il silenzio che ti trasporta in dimensioni inesplorate della mente.

Potrebbe risultare una domanda banale, ma nel tuo caso forse lo è meno. Dove ti vedi tra cinque anni? Pensi che questa fase della tua vita sia legata ad un momento che potrebbe terminare nel prossimo futuro?

L’unica certezza del futuro è l’incertezza, e va bene così.

Grazie di averci dedicato il tuo tempo ed in bocca al lupo!

Grazie a voi ragazze, siete una realtà che ha un’anima, non vi perdete nelle logiche di un mercato illogico.

 Intervista di Ilaria de Guidobaldi

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