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Indie

Il combustibile degli Arancioni Meccanici

Gli Arancioni Meccanici ci hanno fatto un regalo prima di andare in vacanza. Un nuovo singolo, “Combustibile”, un nuovo video e una porticina aperta sul futuro che fa intravedere l’uscita di un nuovo album. Tornati dalle ferie abbiamo deciso di incontrarli per fare con loro il punto della situazione. Ecco a voi che cosa ci hanno raccontato.

Ciao Arancioni Meccanici, partiamo dalla vostra ultima uscita. Qual è il vostro combustibile?

Il combustibile che abbiamo immaginato per l’omonimo singolo è sicuramente una qualsiasi materia capace di sprigionare grandi energie, senza che ci si preoccupi troppo delle eventuali conseguenze. Per quanto riguarda noi, il combustibile più efficace sono le serate che iniziano all’aperitivo.

Nel singolo precedente, “Italo Disco”, a un certo punto compaiono diversi frammenti audio, pezzetti di frasi, telecronache, interviste, che ci riportano tridimensionalmente agli anni Ottanta e Novanta già evocati più in generale dalle atmosfere del brano. Ce li raccontate?

L’idea è venuta abbastanza naturalmente durante la scrittura del pezzo. Quella parte centrale, ipnotica e narcotizzata, serve a evocare alcune memorie del passato e a proiettarle nel futuro. Inoltre rappresentano anche un piccolo tributo a quella che per tanti versi è un’età aurea e decadente al tempo stesso, di cui siamo indubbiamente estimatori e nella quale artisticamente ci ritroviamo. Ci siamo divertiti a individuare, ripescare (e a ridare voce in quei frammenti audio) alcuni personaggi pubblici e iconici del periodo.

Per “Italo Disco” e “Disco d’argento” sono usciti due interessantissimi rework. Ne è previsto uno anche per “Combustibile”?

Ne abbiamo parlato e ci piacerebbe molto, così come per le tracce precedenti. L’idea di avere un remix per ogni traccia ci intriga. Anzi, se qualcuno leggendo volesse proporsi, noi siamo apertissimi.

Il vostro progetto è nato nel 2005. Al di là dell’evidente ruolo dei social e di Internet in generale, quali sono le differenze che avete riscontrato tra la scena musicale indipendente di oggi e quella dei primi anni Duemila?

La prima fondamentale differenza è che allora era una cosa normale comprare un disco, il che rappresentava una fonte di guadagno molto importante, che permetteva anche a una piccola realtà di stare in piedi economicamente. Oggi fare musica, fuori da un business plan ben definito, assomiglia molto a fare del volontariato per quel poco pubblico a cui può ancora interessare qualcosa d’imprevisto e non allineato.

Se aveste una macchina del tempo, dove andreste?

Per quanto scontata possa essere la risposta, probabilmente a Hill Valley nel 1955 (Ritorno Al Futuro ndr). Oppure anche a una puntata di Festivalbar, tipo nel 1984, suonando come concorrenti in gara.

C’è uno strumento musicale che non avete mai usato e che vi piacerebbe utilizzare per qualche vostra produzione futura?

In realtà non riusciamo a pensare a nulla in particolare. Nelle ultime tracce specialmente, non abbiamo lesinato incursioni in altri territori utilizzando più strumenti. Forse, come da poco fatto in “Combustibile”, introdurre ancora delle voci femminili potrebbe essere una buona idea.

Salutate i lettori di Perindiepoi consigliando cinque dischi per i loro viaggi.

  • Surfing “Deep Fantasy”
  • St Vincent “Daddy’s Home”
  • Franco Califano “L’evidenza dell’autunno”
  • Franco Battiato “La voce del padrone”
  • Neil Young “On the beach”
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Indie

Rugo e l’arte dell’affondo

“Affondo” è il titolo del nuovo album di Rugo, che torna sulle scene a cinque anni dal precedente “Panta Rei”. Questo nuovo disco può essere visto, per certi versi, come una sorta di concept album intorno al concetto di “abbandono”, da intendersi in tutte le sue accezioni possibili. Non è infatti solo un abbandono “sentimentale” quello di cui Rugo parla in questi nove brani, ma più in generale di un abbandono “esistenziale”.

Desiderosi di saperne di più l’abbiamo incontrato per fargli qualche domanda.

Ciao Rugo, “Affondo” è un titolo che si presta a una doppia interpretazione. Da un lato l’idea dell’affondare fa pensare a una situazione che si subisce senza riuscire a reagire, dall’altro viene invece spontaneo cogliere il riferimento all’attacco dello schermitore che con l’affondo mette l’avversario spalle al muro. In quale delle due definizioni riconosci maggiormente te e il tuo album?

Mi piace spesso utilizzare parole o frasi che presentano una doppia interpretazione ma penso che per farlo debba comunque esserci un motivo, queste parole vanno usate con cognizione di causa. Per questo, all’interno dell’album, il doppio significato del titolo si riflette nella doppia valenza che assume il tema principale, l’abbandono, quindi l’abbandonare e l’essere abbandonati. Io a fasi alterne mi riconosco in entrambe le definizioni, forse una condizione comune a tutti. Non si può vincere sempre, ma di questo ne parlerò forse più avanti.

Che cos’è la “Muzic Italien” che hai nominato in diverse occasioni?

La Muzic Italien è nata come risposta ad una volontà altrui di catalogare sempre tutto. Una parola – il cui suono riporta alla lingua tedesca – si unisce ad un’altra che “suona” francese, per poi poter essere tradotte in “Musica Italiana”. Muzic Italien è una risposta alla domanda: “Ma tu dove ti inserisci a livello musicale?” che viene spesso fatta da tutte quelle persone a cui non interessa inquadrare il genere, ma il raggiungimento di un risultato. Diventa quindi sì una classificazione per sfuggire alla classificazione, ma lo fa in un modo non definito da un genere musicale. Questo è quello che possiamo dire della Muzic Italien e se la risposta non è stata esauriente, bene così.
W la Muzic Italien.

I due video che sono usciti, quello di “Don Bosco” e quello di “Formiche”, raccontano la stessa storia, tant’è che nel titolo sono dichiaratamente suddivisi in Capitolo 1 e Capitolo 2. Ci racconti meglio l’idea che sta alla base di questa scelta?

In Don Bosco e Formiche abbiamo voluto raccontare una storia parallela. Non è didascalica nei confronti delle canzoni ma racconta anche questa, in un modo diverso, l’abbandono. Due personaggi crescono ed affrontano gli incontri che si fanno normalmente nel corso della vita. Succede poi che alcuni incontri ci segnano e ci indirizzano nelle nostre scelte e nelle nostre rinunce. Le maschere rappresentano per i due personaggi il loro punto di incontro, tant’è che sembrano non essere viste dalle altre persone. Le spade, o meglio le sciabole, portano tutto in un mondo parallelo, irrazionale, ma forse solo per la modalità di esecuzione. “Non è una scazzotata”.
Devo ringraziare chi ha permesso tutto questo: le produzioni di The Blink Fish ed Eclettica Video, la regia di Paolo Lobbia ed Elia Tombacco, Marta Lorenzi direttrice di produzione, Elisa Fioritto D.O.P.. Loro, insieme a tutti i ragazzi della troupe, sono riusciti a creare qualcosa nella quale mi rivedo a pieno. Un valore aggiunto. Un bel vestito.

Alla produzione dell’album ha partecipato, insieme ad Andrea Pachetti, anche il tuo illustre “collega” Ciulla. Come è nata questa collaborazione?

Con Ciulla ci siamo letteralmente scontrati su un palco. Ci chiamarono insieme sbagliandosi e da quel momento ci siamo ascoltati. Io stavo iniziando a lavorare alle pre-produzioni del disco, e proprio grazie alla sintonia da subito presente abbiamo iniziato questa collaborazione. Abbiamo passato un anno insieme durante il quale ci siamo conosciuti direi abbastanza Af-fondo e sono molto felice di questo perché la musica ha questo potere, se ti lega ti lega stretto.
Anche con Andrea (Pachetti) è successo questo. In lui ho trovato non solo quello per cui ero entrato in studio ma una sorta di confidente che è riuscito a tradurre, indirizzare e ripulire i miei pensieri.
E poi la musica gli ha fatto dimenticare che sono un pisano.

In tempi di singoli e instant songs, Rugo esce con gli album. In futuro cambierai qualcosa da questo punto di vista o continui a pensare che il formato “lungo” rimanga quello migliore per ciò che hai da dire?

Ogni cosa ha la sua modalità di presentarsi. Purtroppo è vero non siamo più abituati ad ascoltare gli album, vogliamo tutto e subito e adesso non abbiamo nemmeno tempo di ascoltare i vocali su whatsapp, abbiamo sentito la necessità di velocizzarli a 2x (odio questa cosa). Affondo è un album che si è mostrato da solo come tale, non avevo alcuna idea che le canzoni scritte in questi anni avessero cosi tanto in comune. Quindi ho preferito seguire il concetto non pensando a quello che invece funziona e va di questi tempi. Al contempo non nego l’uscita futura di alcuni singoli o meglio canzoni solitarie.

Saluta i lettori di Perindiepoi con cinque cose che proprio ti fanno affondare.

Ciao a tutti o lettori!
Le cose che mi fanno affondare (sta a voi capire quando assume significato di attacco o meno) sono: il mare pieno di gente, le mele a fine pasto, scrivere, il contatto con le persone e PERINDIEPOI.

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Intervista Pop

TURCHESE: L’ULTIMO METRÒ

L’ultimo metrò”, è il singolo che dà inizio all’avventura da solista di Sandro Cisolla, in arte Turchese.

Si tratta della prima tappa di un viaggio colorato di un’unica tinta dalle mille sfumature. Il brano, caratterizzato da sonorità pop lievemente anni ’70 e dalle atmosfere che sembrano rimandare ai vecchi fotoromanzi, vede alla produzione la sapiente mano di Ivan Antonio Rossi, recentemente dietro al mixer di artisti quali Levante, Fast Animals and Slow Kids, I Ministri e Francesco Gabbani.

L’ultimo metrò racconta la relazione di un’attrice sulla cresta dell’onda e un musicista innamorato. L’aspirazione al successo e il vuoto lasciato dal giudicare solo in base all’apparenza della prima, costringerà il secondo a capire di non poter basare il rapporto su sentimenti autentici. Un racconto fermo nel tempo, come un quadro che Turchese dipinge con leggerezza grazie all’abile arma dell’ironia, ma che al contempo getta un’ombra su molte dinamiche che regolano le relazioni ai giorni nostri. 

Turchese ha risposto alle nostre domande in questa intervista:

Turchese, cosa rappresenta per te questo colore?

“Il turchese è un colore che amo sin da piccolo, non ho mai capito il perché. Mi ha sempre attratto in un modo inspiegabile, come se il nostro legame fosse già scritto. Dovessi riassumerlo in una parola direi “unicità”. Il fatto che sia riuscito in qualche modo a renderlo “mio” mi rende molto felice”.

Dopo anni con una band ecco un progetto solista, cosa ti ha spinto in questa direzione?

Nella vita si cambia, si cresce. A un certo punto, dopo lo scioglimento degli Airway, ho compreso che la musica aveva ancora un ruolo centrale nella mia vita è che era giunto il momento di camminare con le mie gambe. Un musicista innamorato e un’attrice sulla cresta dell’onda. Personaggi quasi fiabeschi in una società tutt’altro che idilliaca, motivo per cui la loro storia finisce male. Una riflessione ad hoc Credo che gran parte dei problemi che il nostro mondo sta affrontando derivino da un’interpretazione tutt’altro che profonda dei rapporti interpersonali, specialmente quelli affettivi. Ecco perché la “storia” de L’Ultimo Metrò mi sembrava un modo “intimo” per interpretare questa dinamica“.

Cantato che rimanda ad Alan Sorrenti e quelle atmosfere da figli delle stelle, non si esce vivi dagli anni 70 che non hai comunque vissuto?

“Li ho vissuti indirettamente ascoltandoli dai miei genitori. Mio padre era un appassionato collezionista di vinili e mi ha tramandato questa sua passione. In realtà Alan Sorrenti non l’ho mai ascoltato, eccezion fatta per il disco d’esordio Aria del 1972. In qualche modo, che mi è misterioso, tuttavia, L’Ultimo Metrò è finito a pescare dal mondo di Figli delle Stelle… è andata così, e ben venga“.

Io ci sento più Battisti, onestamente. Un arrangiamento davvero ricco, dagli archi ai fiati. Ci racconti di più?

Tutto merito del bravissimo produttore Ivan Antonio Rossi e del suo arrangiatore Lorenzo Di Blasi. Ivan è riuscito a leggere l’anima del pezzo alla perfezione e a vestirlo, secondo me, con grande sapienza e sensibilità musicale. No drammi si piccole storie è il tuo motto“.

C’è più immedesimazione in vicende quotidiane o in tragedie personali e collettive?

“Credo una sia legata all’altra. Il mondo dell’intimità quotidiana può rivelare molto sulle grandi dinamiche che muovono il Mondo e, perché no, anche il Cosmo“.

Dopo questa prima tappa di un viaggio colorato cosa dobbiamo aspettarci da Turchese?

“Tanta varietà! Una tinta dalle mille sfumature. Ascolterete i prossimi pezzi: ci sarà da divertirsi e da “raccontare”.

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Pop

Le 5 cose preferite di marasmo

Esce giovedì 14 ottobre 2021 per iSugo Records fuorisede, l’EP di debutto di marasmo che segue i precedenti singoli fuoriscumm e mrs2l. Un disco che sa di casa, quella divisa con altre mille persone, quella fredda e con la dispensa vuota, un disco che sa di frenesia cittadina, che scava nell’underground di Milano e ne offre una visione del tutto nuova. marasmo (rigorosoamente tutto minuscolo) si impone così nella scena urban, con un marchio da fuorisede.

Questo è disco è la raccolta delle esperienze di uno studente lontano da casa che si ritrova a dover fare i conti con i nuovi incontri, con i legami passati e con quelli che si creeranno. Ogni brano è una vicenda, ed ogni vicenda è legata a quella del brano successivo, in una sorta di loop continuo delle fasi che ognuno, nella condizione di fuorisede, si ritrova a vivere. L’arrivo, il sentirsi fuori posto, l’ultima notte prima di partire. Il tutto è la metafora per parlare delle relazioni: il conoscersi, il capire che qualcosa non va, l’addio. Per poi cambiare città e ricominciare da capo.

Non abbiamo saputo resistere, e gli abbiamo chiesto le sue cinque cose preferite!

  • Il tempo

Ho una fissa per tutto ciò che è collegato al tempo: aforismi, teorie, film, libri, tutto.

  • La gentilezza

Penso che l’essere gentile possa cambiare effettivamente le cose, specialmente nei rapporti umani. Cerco sempre di essere gentile con le persone, in particolare con quelle che non conosco, e se non ci riesco tendo a scusarmi con loro

  • Le nuove cose

Mi entusiasma davvero tanto tutto ciò che è nuovo rispetto a quello che conosco. Tendo ad andare in fissa con le cose appena scoperte.

  • Le rom-com

Trovo i film romantici di tipo adolescenziale d’ispirazione: mi ricordano sempre le prime fasi di interesse fra due persone, il prendersi una cotta, il primo bacio, la prima notte insieme. Ne ho viste davvero tante!

  • La sfida

Non riesco a non mettermi in competizione per ogni cosa: mi metto sempre in gioco ed ho sempre voglia di migliorare, di imparare nuove cose o nuovi modi di fare le solite cose. L’unico problema è che delle volte sono “troppo” competitivo, anche quando non è necessario

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Pop

Le cinque cose preferite dei La Belle Epoque

Esce giovedì 14 ottobre 2021 Ad un passo dalla luna, il nuovo singolo de La Belle Epoque. In questo brano, alcune cose accadono semplicemente perché devono accadere. Giuste o sbagliate, buone o cattive. E noi in un impegno costante nell’affrontarle, per sentirci adatti ad ogni contesto. Ma se fuori fa paura non andartene, c’è sempre una soluzione. C’è tutto il tempo.

Dopo “Tutto quello che saremo” un secondo nuovo singolo ad anticipare l’album di prossima uscita per La Belle Epoque. Un brano intenso in cui un’arrogante sezione ritmica si scontra con le suadenti e malinconiche melodie di chitarre e tastiere. Serve lasciarsi trasportare e perdersi completamente in questo piccolo allunaggio moderno.

Abbiamo chiesto loro, quali sono le loro cinque cose preferite. Ecco com’è andata!

I NOSTRI STRUMENTI – La Belle Epoque

Da sempre abbiamo una passione sfrenata e maniacale per gli strumenti musicali. Chitarre, bassi, sintetizzatori, tastiere, amplificatori, percussioni, siamo costantemente alla ricerca del dettaglio. Tra vintage e moderno, dal feticcio che necessariamente bisogna avere in sala prove al punto fermo da portare sempre con se durante le serate. Ci piace vagare per i mercatini e le fiere in cerca di rarità, recuperare e riparare quello che altri hanno già destinato a morte certa. 

Link un interessantissimo sito dedicato al vintage italiano: www.fetishguitars.com

CUCINARE – Luca

Il cibo è un piacere fondamentale, un risveglio sensoriale. Cucinare per me è divertimento, dalla ricerca attenta degli ingredienti alla messa in opera delle svariate tecniche, sino all’assaggio finale. Mi piace cogliere tutti i particolari di una preparazione e rubare informazioni qua e la, dalle riviste, in rete o di persona quando possibile. Viviamo ormai in un epoca in cui tutto scorre velocissimo, quasi senza lasciare il tempo di rendersene conto, per me la cucina – esattamente come la musica – sono un momento di assoluta evasione.

L’ISLANDA – Daniele

Adoro i contrasti e le terre di confine. Sono le mete preferite dei miei viaggi vicini e lontani. L’Islanda è stato un desiderio, un sogno inseguito per tanto tempo. Una volta arrivato è facile perdersi in quei paesaggi sempre diversi, sferzati dal vento e segnati dai ghiacciai in una calma apparente che nasconde tutto il potenziale dei vulcani attivi. La vita scorre lenta lontano dalla capitale, la gente è rude e amabile mentre affronta ogni giorno con la consapevolezza che tutto si aggiusta. C’è tutto il tempo.

MIO COGNATO (IL FILM!) – Dario

Un film che torno spesso a riguardare con piacere (sarà perché è stato girato a Bari, la mia città natale). Il regista è Alessandro Piva, lo stesso di quel capolavoro underground di ‘La Capa Gira’. La trama gira attorno ai due protagonisti diametralmente opposti Vito e Tony che a causa di un furto si addentrano nelle viscere di questa città misteriosa. I gesti, gli sguardi, i dialetti fanno tutti parte di un codice da interpretare per capirla appieno. 

LA STREET ART – Aronne

Tutto è iniziato con le opere di Keith Haring. Una sensazione di rapimento, la difficoltà a distogliere lo sguardo da qualcosa di semplice, immediato e potente. Questa sensazione la ritrovo in continuazione ogni volta che per strada, girato un angolo, mi ritrovo davanti ad un murale che occupa un piccolo muro o l’intera facciata di un edificio (o dinnanzi a stencil, sculture, etc..). Amo la Street Art, trovo che sia una delle forme d’arte più originali,  a portata di tutti, provocatoria e che difficilmente lascia indifferenti. Se passate da Bergamo vi consiglio questo interessante tour a tema Street Art,  https://storymaps.arcgis.com/stories/96b2e17ca13f4218b78ab64b682665a8, Bergamo è molto vivace da questo punto di vista.

Link la street art: https://youtu.be/FltRKyi6vKs

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Pop

Le 5 cose preferite di Kram

Da venerdì 1 ottobre sarà disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme digitali BUONGIORNO A TUTTI” (Metro Records), il nuovo singolo di KRAM.

Buongiorno a tutti” è un brano che vuole essere una denuncia con un messaggio a metà tra l’ironia e la critica, ma anche uno stimolo, un modo per dire alla gente e a se stessi di svegliarsi, per ricordare a qualcuno lassù che esistiamo. La ritmica incalzante e la ripetizione della parola contribuiscono a questo messaggio a tratti irriverente, a tratti feroce. È un brano che dice no a tutti quelli che non sognano, che non rischiano, che non vivono, che rimandano, che non credono… Quindi, buongiorno a tutti!

Spiega l’artista a proposito del brano: «La canzone è per gran parte autobiografica e vuole essere una botta di adrenalina, un richiamo a tutti per dire: “Buongiorno, esisto!”. Con un mix di rabbia e ironia ho voluto ricordare a tutti di attivarsi, non tralasciare, non rimandare. È una canzone contro la passività e la pigrizia ma anche un modo per rivendicare la mia arte e farla risuonare bene nelle orecchie del pubblico, mantenendo sempre un certo sarcasmo pungente che porti a una riflessione profonda».

Non abbiamo saputo resistere, e gli abbiamo chiesto quali sono le sue 5 cose preferite.

Le caramelle gommose

Pur essendo molto attento alla sana alimentazione e non un particolare amante del “cibo spazzatura”, c’è una cosa alla quale non so resistere: le caramelle gommose in tutti i modi. Ho sempre dei pacchi sparsi per la casa con me.

Il pianoforte

È da sempre la mia connessione con me stesso e con il mondo. Tutta la mia musica è partita da lì, da quei tasti bianchi e neri…

I cani

Amo in generale la natura e gli animali ma i cani riescono sempre a mettermi di buon umore. Riescono a farmi un senso di libertà incredibile.

La Juventus

Una delle mie più grandi passioni è il calcio. Non sono un giocatore particolarmente forte ma ho sempre seguito con fervore la Juventus. Quest’anno vinceremo la Champions…mmmm…

Matrix

È un film che avrò visto almeno 30 volte. Mi piace da morire e adoro l’attore protagonista. Pillola blu o pillola rossa?

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Intervista Pop

Intervista agli OTTO X OTTO

Il duo Veronese degli otto x otto, torna con il nuovo singolo “YANG” disponibile dal 01 ottobre sulle piattaforme streaming e digitali.

YANG è un brano personale che parla di quel tipo di complementarietà che fa stare bene. Parla di quella diversità radicale che finisce per essere più un’uguaglianza. Lo Yin e lo Yang contengono entrambi, al loro interno, una parte del loro opposto, quindi alla fine diventano quasi la stessa entità.

“Per scrivere questo pezzo ci siamo guardati dentro e abbiamo analizzato cosa rappresenta uno per l’altro e abbiamo deciso di spiegare, con una canzone, come ci sentiamo: diametralmente opposti ma in fondo un po’ simili”. Avevamo inviato a Simone Sproccati delle demo semplici piano e voce e lui ci ha restituito una pre produzione totalmente inaspettata, un mood azzeccato, delle sonorità indie pop che ci appartenevano a pieno. Con SOLI avevamo detto che non ci eravamo fan delle canzoni d’amore, che era stato un caso il fatto di aver scritto una canzone così…..quasi un anno dopo ci siamo ricascati!“.

Il brano prodotto con Simone Sproccati, arriva dopo i buoni riscontri del singolo “SOLl ” inserito anche nelle playlist editoriali di Amazon Music e trasmesso in rotazione su Rai Radio 2 Indie.

Gli otto x otto hanno risposte alle nostre domande in questa intervista:

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Pop

La camera di Jamila

Esce venerdì 1 ottobre 2021 per Ferramenta Dischi e in distribuzione Believe il brano Storia, il quarto e ultimo singolo estratto dall’album di esordio della giovane cantautrice toscana Jamila. Il quarto singolo di Jamila suona come un flusso di coscienza musicale, una prima parola che si porta dietro tutte le altre, un lasciarsi andare all’introspezione, consapevoli di avere infinite possibilità e nessun controllo.
 
Dopo La dottrine delle piccole coseGesù e Giovani che scalpitano a letto, continua la collaborazione con il produttore artistico Zibba, in attesa del disco d’esordio “Frammenti” in uscita venerdì 12 novembre.

Le abbiamo chiesto di entrare in camera sua e di mostrarci gli oggetti che le sono più cari.

IL TESCHIO MESSICANO

Questo simpatico teschietto colorato è un simbolo che appartiene alla cultura messicana. Fin da piccola l’immagine di questo simbolo mi ha sempre affascinata, attratta per qualche verso. Qualche anno fa mi hanno portato questo teschietto direttamente dal Messico e per un po’ di tempo non sono riuscita a trovargli un posto preciso. Nel frattempo mi è capitato, tramite un libro che ho letto, di entrare in contatto con le tradizioni sciamaniche e narrative del sud america e li ho scoperto che la simbologia esoterica, le figure emblematiche nelle storie, di culture anche lontane, potevano in qualche modo appartenermi. Forse prima non rispettavo l’attrazione che questo oggetto poteva avere su di me perché non mi sentivo legittimata ad appropriarmi di un simbolo di una cultura che conoscevo così poco. Il teschio messicano ha a che fare con la mitologia del regno dei morti, i quali una volta all’anno tornano su per salute e questi teschi da quanto ho capito sono un contatto fra i vivi e i morti. Così essendo cavo al suo interno ho deciso di riporvi dentro oggetti che in passato erano stati per me ricchi di energia, ma che con il tempo sono, in un certo senso, morti. Quindi lui sta li, diverso dal resto che lo circonda, che quasi sorride e sembra sempre volermi ricordare che a volte anche le cose più pesanti possono sembrare ridicole se le metti in paragone con la morte e la tua impotenza davanti ad essa.

LA PEZZA ROSA

Questo pezzo di stoffa rosa, risale ad un’importante manifestazione che feci un paio di anni fa a Verona. Si tratta del corteo che è stato fatto in opposizione al congresso delle famiglie, al quale l’Italia ha permesso di partecipare a “ospiti” esteri di discutibile reputazione. Eravamo marea, eravamo mossi dalla rabbia per l’ingiustizia che ancora fosse permesso a persone con ideologie discriminatorie, retrograde e sessiste di riunirsi, protette da schiere di poliziotti, di riunirsi senza dire pio. Ora sia chiaro, la mia idea non è quella di negare loro una protezione, ma la capirei di più se all’interno non ci fossero personaggi che per l’etica dello stato italiano almeno, dovrebbero essere sospesi dal loro incarico se non arrestati per reati contro la persona, anche se in realtà in Italia di leggi che tutelano la persona ne abbiamo ben poche e anche quella sul fascismo sembra essere ignorata. Insomma, il fazzoletto rosa mi è stato dato da una militante di Non Una di Meno, a me come a molte altre persone, e mi ricorda tutto il viaggio in bus, l’arrivo in una piazza ghermita di persone, la marcia per una città fin troppo fascista, la stanchezza delle gambe una volta finita, e il sonno pieno e pacato dopo una giornata ad un corteo come quello. Manca tutto questo e quel fazzoletto è li che me lo ricorda.

LA FOTO

La foto stampata e incorniciata è appesa nella mia camera da parecchi anni, direi 4 ormai, se non conto male. E’ stato il primo regalo di compleanno di colei che oggi è la mia compagna di vita, la persona che mi fa sentire adatta nei posti dove non mi ci sento, la giovane donna che con gli occhi mi guarda e mi legge. Ci conoscevamo poco e da pochi mesi, ma quando vidi questo regalo capii che quello era solo l’inizio di tanti doni d’amore e comprensione che ci saremmo fatte a vicenda. Da 4 anni quella foto è li, la guardo quando non vedo questa ragazza da un po’, e capita spesso che non ci si veda per molto tempo, ma ormai, dopo 4 anni di scoperta reciproca, ci basta guardare ciò che dell’altra abbiamo vicino, che è come essere insieme sempre. Lei legge le lettere che le lascio, io osservo le foto che mi dona.

jami

FOTO CON LA CHITARRA

Questa foto non è una foto e basta, ma un’opera collettiva. Quando l’ho fatta ero un po’ più piccola di ora e non ero sola. Giulia, la compagna di vita che mi fa sentire adatta nei posti in cui non mi ci sento, ha scattato varie foto nei suoi viaggi. Con alcune di queste a sua scelta abbiamo deciso di fare una mostra collettiva, nella quale io avrei scritto delle poesie sugli scatti da lei realizzati, senza saperne la storia, il luogo, gli odori, ma solo i colori e le figure. E così è uscita questa, che giace nel mio muro di chitarre dal giorno in cui la mostra si è conclusa e trovo che nessun posto sarebbe migliore di quello la.

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Indie Intervista Pop

La salvifica irriverenza di Biagio

Quanto c’fa parià il buon Biagio, che spero perdonerà il mio osceno tentativo di napoletanizzare la mia fredda “nordicità” – ognuno ha i suoi sogni nel cassetto, il mio è quello di nascere lontano dalla fredda e astiosa Milano, con un piede (se non due) tra Napoli e l’Equatore.

Dicevo, quanto ci fa divertire Biagio, cantautore partenopeo che qualche giorno fa è tornato alla ribalta con un nuovo singolo dopo l’esordio (che ci siamo colpevolmente persi) con “Geeno”: “celovuoi” è il nuovo concentrato di umorismo, ironia e finefinissimafinississima acidità scagliato contro chi nella vita non sa prendere una posizione netta su certe spinose tematiche (che il testo, ad ogni modo, chiarisce) trincerandosi dietro il leonismo da tastiera.

Insomma, la lettura del mondo offerta da Biagio è quella che passa attraverso le valvole del rock demenziale e si scalda con le sonorità d’oltremanica abilmente impiantate sul progetto da Stefanelli, uno che da queste parti è già passato più volte e che Perindiepoi apprezza da tempo.

Gli ingredienti c’erano tutti, quindi, per non lasciarci sfuggire l’occasione di fare due chiacchiere con Biagio, che si è prestato amabilmente al nostro simposio virtuale.

Ciao Biagio, a quanto pare non ami molto i social o perlomeno sembri un po’ scettico sull’utilizzo che talvolta se ne fa; fortunatamente però non siamo dovuti venire fino a Napoli per chiederti un po’ di cose su di te e sul tuo brano (benedetta/maledetta tecnologia, che accorcia/aumenta le distanze!). Anzitutto, come e dove “muore” Biagio Vicidomini e nasce Biagio, l’ironico e blasfemo cantante.

Biagio nasce dalla più classica delle delusioni amorose. Suonavo già il pianoforte, ho incominciato a suonare la chitarra e a scrivere canzoni depresse per l’amore appena perduto. Successivamente mi sono ripreso e ho approcciato ad un modo nuovo di scrivere basato su quello che realmente mi accade. La mia vita è molto movimentata e gli eventi di conseguenza ironici, da qui la vena ironica della mia scrittura.

Prima di arrivare al fulcro concettuale del pezzo, forse già un po’ spoilerato prima, sarebbe bello se ci raccontassi un po’ la tua musica tra influenze intuizioni e produzione (tra parentesi originale ed avvolgente)

La mia musica nasce piano/synth o chitarra e voce. Ascoltando tantissima musica ogni giorno ho infinite influenze che si riassumono nelle melodie create ad hoc dal buon Stefanelli, produttore amico e mentore. 

“Celovuoi”, titolo ironico e scanzonato ma che a livello tematico solleva inevitabilmente il polverone del dibatto sull’utilizzo dei social network e sui conseguenti misunderstandig che si vengono molto spesso a creare a causa della lontananza fisica e talvolta emotiva: Dicci la tua, nel video – con il tuo modo scanzonato di fare – citi numerose piattaforme, e non senza una certa ironia dissacrante!

Partendo dal presupposto che sto per fare un discorso un po’ da boomer, ma rimpiango i tempi in cui ci si conosceva per strada e ci si avvicinava ad una ragazza incuriositi da uno sguardo o da un sorriso fugace. Aggiungere le persone sui social e scorrerle come le pietanze di un menù di un fast food mi perplime e non poco. Sono vecchio? Forse sì, ma preferisco un bel palo ben assestato dal vivo piuttosto che un visualizzato con la doppia spunta blu.

Visto che qui abbiamo i nostri agganci, siamo riusciti a vedere in anteprima il videoclip della tua canzone – ora disponibile su tutte le piattaforme – con una regia d’eccezione e un cast stellare (sognavamo da tempo di scrivere una cosa del genere!). Quello che ci interessa però è parlare un po’ della vena blasfema, se così si può definire, che lo caratterizza e come questo in un paese, in fissa totale con il politica correct, come l’Italia potrebbe essere percepito.

I miei testi sono palesemente dissacranti, quale miglior occasione per rappresentare in maniera spregiudicata e demitizzante il concetto se non provarci con una suora di bella presenza? Sono cresciuto in una famiglia cattolica praticante, ma non ho badato molto alla piega blasfema che ha inevitabilmente preso il video. Ho pensato per lo più ad agire per immagini forti per descrivere i miei testi ed il mio progetto.
In tema ecclesiastico ti faccio però una confessione, mia madre si è rifiutata di vedere il video, per fortuna mi rivolgo ad un pubblico più giovane.

Biagio, si è detto fin troppo. Ora salutaci, e mandaci a quel paese nel modo più carino che hai a disposizione.

Grazie a tutti, è stato un piacere, tutto vostro, vi auguro una buona vita, fate buone cose!

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Pop

Intervista a Cranìa: ricominciare da una magica live session

Dopo la pubblicazione dei singoli Stomachion e A fondo, la cantautrice bresciana (ma trapiantata a Milano) si svela in una nuova e intima live session, più disturbante e sincera che mai, e ci regala anche l’inedito Cosa è cambiato?. QuiCranìa (con lei sul palco Sidi e Vito Gatto), fragile come le lampadine che la sovrastano, ci porta direttamente nel più freddo degli inverni e si conferma essere una delle voci più interessanti della scena underground che seguono quest’estate atipica. 

Cranìa nasce in Val Camonica, tra le montagne della provincia di Brescia, e si trasferisce nell’hinterland milanese, dopo la laurea in musicologia del 2017. In seguito all’esperienza ad “Attico Monina” a Sanremo, ad ottobre 2020 esce il primo singolo, Stomachion, apripista di un progetto cantautorale dark a tinte alternative, ambient ed elettroniche. È reduce delle audizioni live di Musicultura 2021, dove ha presentato altri inediti.

Ecco cosa ci ha raccontato!

Perché questa nuova live session che hai realizzato con Sidi e Vito Gatto è il modo migliore per conoscerti? 

ASC, il nome della live, mostra la mia dimensione più intima perché mette in gioco non solo l’udito, ma anche la vista. È, quindi, un’esperienza sensoriale più completa: una chiave per entrare nel mio mondo. 

Che importanza ha per te la musica live per un progetto musicale? 

Penso che i concerti siano la parte più nuda e senza filtri di un progetto musicale. Qui mi mostro nel modo più libero possibile, grazie anche alla presenza di Sidi e Vito, che non sono semplici musicisti, ma ne sono parte integrante. 

In che modo questa live session è un nuovo inizio per te? 

Rispetto a “Stomachion” ed “A fondo”, così come lì ascoltate, ASC è uno step avanzato di sperimentazione: dodici minuti circa di tre brani suonati in un unico respiro, con code ed intro che si mescolano le une con le altre. La versione di “Cosa è cambiato?”, brano presentato alle audizioni live di Musicultura 2021, è un inedito. Un regalo 🙂 

Com’è stata la tua estate? Quali sono i luoghi che ti hanno fatto compagnia in questo periodo? 

È stata un’estate di lavoro, di presa coscienza ulteriore di me stessa e della mia direzione. Ho viaggiato tra le montagne della mia Val Camonica, Milano ed il mare dell’Abruzzo. Con un po’ di sadness, mi auguro di raccogliere il tutto per affrontare al meglio ciò che arriverà. 

Quali sono i prossimi step a cui stai pensando? 

Voglio portare in ogni dove ASC e poi…