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Un altro posto: Emme racconta il nuovo singolo

“In un altro posto” è il nuovo singolo di “EMME“, che arriva dopo la pubblicazione di “I nostri corpi”. Il brano parla di scelte, di coraggio e di quanto sia faticoso uscire dalla staticità e dall’immobilismo. “EMME“, girà intorno al concetto di “felicità”, e della continua ricerca sul significato di -questo stato d’animo e su cosa siamo disposti a fare per per raggiungerlo.

EMME ha risposto alle nostre domande:

Per iniziare, ci racconti chi è EMME?

Nella vita di tutti i giorni sono Matteo Mancini, una persona che ha un figlio, un lavoro, che fa la spesa e paga le bollette. EMME è la parte irrazionale, anche infantile se vogliamo. Una dimensione in cui mi distacco dalle cose materiali e mi concentro sulle emozioni, una fuga -se vogliamo- dalla vita di tutti i giorni che a parte gli affetti, per il resto è un costante imbattersi nella meschinità dell’essere umano. Ovviamente sto esagerando ma neanche troppo.

Quando, come e perchè hai iniziato a fare musica?

Ho avuto la fortuna di avere due fratelli più grandi che mi hanno introdotto alla musica quando avevo 5 o 6 anni. Avere Kurt Cobain come idolo quando frequentavo la scuola primaria è stato un grande privilegio, un imprinting di tutto rispetto 😉

Ho studiato chitarra, canto per molti anni ma la mia vocazione è sempre stata quella di scrivere. Ho iniziato a 14 anni con delle cose ovviamente oscene ma non ho più smesso e non credo che smetterò mai.

Quali sono i messaggi, le sensazioni, le emozioni, che vuoi trasmettere con i tuoi pezzi?

Io scrivo molto per me stesso, è un modo che uso per rielaborare i miei vissuti. Molto spesso trovo delle cose nei miei testi che non sare mai riuscito ad esprimere con un discorso.

Ecco, quello che vorrei trasmettere è l’importanza di trovare un proprio linguaggio, anche solo per parlare a se stessi. Mi piacerebbe che questa mia attività fosse uno stimolo per qualcuno

IN UN ALTRO POSTO è il brano con cui ti abbiamo conosciuto all’interno del nostro portale. Ti va di parlarci di quello che significa per te questo pezzo?

Banalmente questo progetto nasce anche per superare un momento difficile. Attraverso la scrittura io rielaboro i miei vissuti e mi faccio forza. In pratica è una sorta di auto terapia, in questo senso “In un altro posto” parla proprio di lasciare qualcosa di importante, di affrontare il dolore, di una scelta difficile, dolorosa e faticosa però necessaria per uno scopo più gande che è la felicità.

5. Guardando indietro, quale tappa del tuo percorso, fino ad adesso, reputi essere la più importante e significativa?

Una tappa precisa non c’è. Ogni volta che chiudo una canzone avverto una  sensazione di benessere che è anche difficile da spiegare. E’ quasi una droga e ogni volta che accade mi ripeto che non dovrà essere l’ultima. Fatto sta che belle o brutte, scrivo canzoni da 20 anni.

Cosa stai preparando, invece, per il futuro?

Altre canzoni ma soprattutto mi sto preparando per iniziare l’attività live

Giocando con la fantasia, con quale artista sogni di collaborare, un giorno? Mi piacerebbe molto collaborare con Dardust, sarebbe un grande salto di qualità nelle mie produzioni

Qual è il punto di arrivo che ti sei prefissato?

Per ora, dopo qualche anno di attività, potermi sentire di nuovo un artista, detto con la massima umiltà, è un grande punto di arrivo. Non importa quello che accadrà, ho 34 anni e un approccio diverso, non voglio conquistare il mondo, voglio continuare a risparmiare sullo psicologo grazie alla musica.

Dove ti vedi tra 5 anni?

Dove sono adesso, speriamo con la compagnia di EMME

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Il matto è il nuovo singolo di Eman

Il matto è nuovo singolo di Eman, un brano che fotografa una società in balia del consumismo e che non riesce a dare più il giusto valore alle piccole cose. Simone, un uomo che continua a guardare con disincanto il mondo che lo circonda, con gli occhi colmi di stupore di un bambino, che viene deriso dagli altri per il suo stile di vita e il suo modo di fare e che preferisce dedicare il suo tempo a godersi quanto di bello il quotidiano possa offrirli piuttosto che diventare schiavo di scadenze, file e impegni. 

Noi di Perindiepoi abbiamo fatto qualche domanda ad EMAN

Ciao e benvenuto. Se vai troppo di fretta poi vivi a metà canti in Il Matto. Quanto è difficile secondo te prendersi del tempo per se stessi in questa società della continua corsa?

Io non credo che sia complicato, immagina di dedicarti metà del tempo passato ogni giorno sullo smartphone… Siamo già a buon punto.

Un altro elemento oggetto di riflessione ne Il Matto è il consumismo. Siamo diventati schiavi degli oggetti tecnologici che usufruiamo quotidianamente. Come pensi che possiamo riappropriarci della nostra indipendenza?

Non mi riferisco solamente alla tecnologia, il concetto è veramente ampio e meriterebbe molto spazio ma cercherò di essere breve e chiaro: siamo quello che possediamo/ostentiamo; abbiamo delegato a degli oggetti l’onere di definirci, convinti che ne avessero la capacità e la profondità… e ora mi sembra che siano “le cose a possedere le persone”. Sappiamo tutti cosa c’è dietro la possibilità di avere un Iphone ogni 6 mesi: uno sfruttamento maggiore per qualcuno, un profitto esagerato per qualcun’altro, e il disagio di essere “indietro??” per moltissimi

Hai deciso di non pubblicare un video vero e proprio ma un visual dove stai in una barca. Dove è stato girato e come mai questa scelta?

E stato girato sul Lago di Endine e volevamo qualcosa che desse spazio ad altro… Il visual ti permette un approccio che con il videoclip risulterebbe più complicato: visioni artistiche senza l’obbligo della narrativa.

Quali obiettivi a breve e lungo termine ti dai dopo questo tuo ritorno e dopo essere approdato in una delle principali etichette indipendenti italiane che è la Mescal?

Abbiamo deciso di valorizzare le diverse anime e sfaccettature presenti nella mia musica dividendo il progetto in più capitoli; l’idea mi piace molto, mi dà la possibilità di non sentirmi limitato da una linea comune che i brani dovrebbero avere in un album. Ho scritto tante cose, alcune che possono sembrare diverse tra loro, ma fanno parte di me… È sempre stato così: alla domanda su quale fosse il mio genere non ho mai risposto.

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Pop

Dammi tre parole #4 – Maggio

Parole, parole, parole: parole che rimbalzano contro i finestrini di macchine lanciate a tutta velocità verso il fraintendimento, mentre accanto a noi sfilano cortei di significati e di interpretazioni che si azzuffano per farsi strada nella Storia, provando a lasciare un segno. Parole giuste, parole sbagliate; parole che diventano mattoni per costruire case, ma anche per tirare su muri; parole che sono bombe, pronte a fare la guerra o a ritornare al mittente dopo essere state lanciate con troppa superficialità: parole intelligenti, parole che sembrano tali solo a chi le pronuncia, mentre chi le ascolta cerca le parole giuste per risanare lo squarcio. Parole che demoliscono, parole che riparano. Spesso, parole che sembrano altre parole, che pesano una tonnellata per alcuni mentre per altri diventano palloncini a cui aggrapparsi per scomparire da qui. Parole che sono briciole seminate lungo il percorso da bocche sempre pronte a parlare, ma poche volte capaci di mordersi la lingua: se provi a raccoglierle, come un Pollicino curioso, forse potresti addirittura risalire all’origine della Voce, e scoprire che tutto è suono, e che le parole altro non sono che corpi risonanti nell’oscurità del senso.

Parola, voce, musica: matrioske che si appartengono, e che restituiscono corpo a ciò che sembra essere solo suono.

Ogni mese, tre parole diverse per dare voce e corpo alla scena che conta, raccogliendo le migliori uscite del mese in una tavola rotonda ad alto quoziente di qualità: flussi di coscienza che diventano occasioni di scoperta, e strumenti utili a restituire un senso a corpi lessicali che, oggi più che mai, paiono scatole vuote

AIGI’

PERINDIEPOI (bollettino che raccoglie le migliori uscite del mese, in uscita a fine mese)

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “informazione, consapevolezza, potere”. 

Con “informazione” mi viene in mente una gran confusione; “consapevolezza” mi ricorda il mio ultimo periodo, che è stato molto prolifico da questo punto di vista; con “potere” mi viene in mente la causa di tanti problemi che affliggono gli uomini da sempre.

BEATRICE PUCCI

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “Potere, informazione, consapevolezza”.

Mi viene in mente che le informazioni sono porte che possono portarci ovunque, e che alla base del proprio potere personale ci sono giorni e anni trascorsi a leggere e ricercare, seguendo i propri gusti e le proprie ispirazioni e soprattutto rimanendo fedeli a noi stessi scopriamo la consapevolezza di essere collegati gli uni con gli altri.

SCICCHI

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “Potere, informazione, consapevolezza”.

Mi viene in mente che chi è molto seguito, per qualunque cosa faccia ha la responsabilità di informare (se vuole) oltre che influenzare il proprio pubblico su quello che succede fuori dai social. Molte persone non hanno la voglia di informarsi tramite i soliti mezzi, o semplicemente tendono a non volersi far affogare dal mare di melma che c’è lì fuori. Bisogna essere consapevoli di ciò che si sta facendo e di ciò che si sta dicendo, i social possono essere un potere, come l’ennesima conferma che la consapevolezza di ciò che si dice o si fa non è così scontata.

LA PREGHIERA DI JONAH

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “informazione, consapevolezza, potere”. 

Stiamo parlando di “E così sia” un disco con carattere, forte, che vuole raccontare la verità con una consapevolezza di chi sà che ogni traguardo è solo un punto di partenza.

CARLA GRIMALDI

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “informazione, consapevolezza, potere”.

(mi state provocando!)

Sono tre parole molto importanti, dai significati e dagli effetti più svariati. Direi che “Informazione” è la parola chiave della nostra epoca storica; la comunicazione è praticamente tutto, il perno principale attorno al quale ruotano gli ingranaggi principali della società attuale. Tanto per fare una citazione “Ventiquattromila pensieri al secondo fluiscono inarrestabili alimentando voglie e necessità… comodo ma come dire poca soddisfazione”; per me è precisamente quello che succede quando ci esponiamo, volontariamente o no, al fuoco dell’informazione che, però, resta indispensabile per una seconda parola chiave “consapevolezza”. Per me è l’unica strada possibile, l’unico percorso e l’unica meta; riuscire a “sentire” il proprio tempo, comprenderlo in profondità, conservando uno sguardo dall’alto, una visione ampia. Questo a ben vedere dovrebbe essere, a parer mio, l’obiettivo dell’artista, del cittadino, della persona che, filtrata l’informazione, acquisita consapevolezza, raggiunge il “potere”. Una parola bellissima, che parla di futuro, di facoltà di espletare un effetto e quindi di modificare il presente, di cambiarlo.

Queste tre parole sono in definitiva fondamentali se proiettate nella volontà di un mondo migliore, nel salvataggio del nostro pianeta, nella ricerca del bello, ma, come detto, sono tre ottimi strumenti, che ci rivelano ogni istante la loro natura cangiante.

MONTEGRO

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “Potere, informazione, consapevolezza”.

Credo che le tre parole siano strettamente legate tra di loro e portano ad una fotografia attuale di tutto quello che viviamo nel mondo oggi, la “buona” informazione è uno degli strumenti più grandi che abbiamo per avere consapevolezza.

FRAMBO

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “potere, consapevolezza, informazione”.

Mi viene in mente Internet. L’informazione è il potere più grande che una persona possa avere, e oggi con internet possiamo informarci su qualsiasi cosa vogliamo. Ci vuole consapevolezza però, non possiamo definirci dei geni su un argomento solamente perché abbiamo letto un articolo al riguardo.

LOURDES

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “Informazione, potere, consapevolezza”.

Sono 3 belle parole che se unite fanno paura, anche perché ormai siamo tutti più o meno consapevoli che l’informazione è gestita dal potere. Ma tralasciando questo voglio pensare all’accezione positiva del termine e cioè del potere che la musica esercita su tantissime persone, compreso me. Quante volte sentire una bella canzone ti svolta una giornata? A me capita sempre spessissimo soprattutto con i pezzi più oldies che magari  non ascolto da tanto tempo.

DAVIDOF

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “Informazione, potere, consapevolezza”.

L’informazione è cultura ti dà potere e consapevolezza.

MALPELO

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “Potere, informazione, consapevolezza”. 

Vorrei trattare dei tre termini sottoposti come se fossero l’uno contenuto nell’altro come all’interno di una matrioska. 

Ritengo che il termine “consapevolezza”, per ciò che io vi associo al primo pensiero, sia il risultato dei primi due. 

Essere consapevoli o avere consapevolezza, per esempio, di se stessi, significa essere ben informati su quali sono le nostre potenzialità; le nostre possibilità di poter fare qualcosa, qualunque cosa. 

Il secondo termine “informazione” è strettamente legato agli altri due; come ho detto essere ben informati ci dà la possibilità di capire ciò che è giusto e cosa è sbagliato e ci mette in una condizione di vantaggio (quindi più potenti )rispetto a chi non sa dove sta andando. 

“Potere” infine per me è sinonimo di “libertà”: poter fare tutto ciò che vogliamo, tutto ciò che possiamo, senza precluderci nulla, consapevoli, appunto, di noi stessi e ben informati su quali siano i nostri limiti e le nostre potenzialità. 

Non voglio associare il termine “potere” a quello per esempio espresso da re e regine nei romanzi cavallereschi. Quello sarebbe sinonimo di “dominio” sugli altri.
Io voglio associarlo al concetto di libertà di tutti, poter fare tutto ciò che si può, possibilità di cui negli ultimi due anni e mezzo siamo stati privati. 

BIAGIO

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “potere, informazione, consapevolezza”.

Mi piacerebbe intavolare una filippica su – i poteri forti che ci manipolano controllando l’informazione ma noi non facciamo nulla nonostante ne abbiamo consapevolezza – ma non ho né la voglia né le competenze adatte. 

Quindi useró, tra le tre, la parola che più mi fa pensare al mio album in uscita, cioè consapevolezza.

“Come farsi appendere con sette semplici canzoni” è una raccolta di episodi messi in musica vissuti a cavallo dei miei trent’anni. Le sette semplici canzoni descrivono persone, cani, luoghi, eventi ed oggetti che mi hanno accompagnato attraverso la tragicomica transizione da -enti ad -enta, e mi hanno portato esattamente dove sono adesso donandomi consapevolezza di me stesso e di ciò che mi circonda.

NUELLE

Tutto quello che ti viene in mente se ti diciamo “potere, informazione, consapevolezza”.

Capisco la motivazione per cui è stata scelta questa parola e le parole a seguire, ma mi limiterò e non farò politica, mi limiterò a dire, per me, la funzione che svolgono queste parole nella mia vita.

Potere“: parola molto generica, esistono tanti poteri diversi e tutti sono la causa di problemi con cui dobbiamo

coesistere. Nella mia vita vorrei tanto potere, un potere che anche adesso ho, ma sfortunatamente è molto ridotto per il momento. Il potere che io voglio è quello di poter comunicare a tante persone “il bello”, generare passione e amore per se stessi, il mondo e tutte le cose tangibili e non. Il potere di far ballare le persone, di farle incontrare o di essere indirettamente una spalla su cui piangere.

Informazione

Sono una persona abbastanza strana…mi piace più informarmi e informare su cose astratte che sulle cose concrete. Mi informo ed informo su cose che mi affascinano, che mi fanno riflettere, spesso provo una sensazione di colpa per non prendere parte alle battaglie sociali, proteste etc… oggi per la guerra, domani per la pace, domani perche tizio è meglio di tizio. Credo che semplicemente ho altre battaglie da combattere e la prima è con me stesso.

Consapevolezza

La prima cosa che vorrei per me stesso e gli altri è la consapevolezza di se stessi, dei proprio obbiettivi, dolori, traumi, amori, debolezze e soprattuto di che cosa significhi vivere la vita. Il giorno in cui un individuo si trova a far fronte alla vita, da solo, sarà il giorno in cui si risveglieranno e usciranno fuori tutti i sentimenti più dolci e spaventosi che per anni hanno trovato riposo nell’inettitudine. La cosa più bella è che magicamente ci sarà tendenzialmente una considerazione sull’importanza dell’amore e dell’empatia.

NUBE

Quello che ti viene in mente se ti diciamo “Informazione, potere, consapevolezza”. 

Devo ammettere che la domanda mi ha colto di sorpresa, non è di certo una di quelle per cui hai la risposta pronta. Tutte e tre sono parole di estrema attualità, sia nel campo della musica che del periodo socialmente instabile in cui stiamo vivendo da qualche anno, in questo caso però parlerò di musica. Per quanto riguarda la parola “informazione” mi viene in mente la poca informazione che c’è riguardo tanti aspetti dell’industria musicale e dell’essere un musicista in generale.

“Il potere di tanti in mano di pochi” è una frase che può essere applicata anche al mondo musicale. La corsa alla playlist è la nuova corsa all’oro, un meccanismo dal quale non è semplice staccarsi ma che è doveroso farlo.

Ed infine “consapevolezza”, penso sia fondamentale in un campo come l’arte sapere quanto si vale per raggiungere i propri obbiettivi e non farsi abbattere da fattori esterni.

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JENNIFER: “Resilienza e passione” nel nuovo brano di Samuele Cara

JENNIFER è il nuovo brano del cantautore romano SAMUELE CARA uscito venerdì 29 aprile, una canzone che racconta di una ragazza cresciuta troppo in fetta, di voglia di felicità in tutte le sue forme. Jennifer che malgrado tutte le incertezze e i momenti cupi affronta la vita fregandosene del giudizio altrui, e alla fine vince. Un sound a metà tra cantautorato ed indie pop che omaggia la trazione dello stornello romano e i grandi autori italiani degli anni 70 (Rino Gaetano, Venditti, De Gregori). Una ballata intensa che racconta la voglia di andare avanti senza rimpiangere quello che ti sei lasciato dietro.

Abbiamo chiesto a Samuele Cara di rispondere alle nostre domande:

Per iniziare, ci racconti chi è Samuele Cara?

Samuele Cara nasce a Palestina, in provincia di Roma, scrivo le mie canzoni e ho iniziato a fare musica grazie a Rino Gaetano e a gli Oasis

Come hai iniziato a fare musica?

Per pure esigenza personale, ho iniziato a suonare su per giù all’età di 13 anni, poi con il passare del tempo ho approfondito meglio l’argomento e ho cominciato a scrivere per conto mio

Cosa vuoi trasmettere con i tuoi pezzi

Me stesso, vorrei far conoscere il mio mondo alla gente in modo sincero e schietto

“JENNIFER” è il tuo nuovo brano, cosa significa per te questo pezzo?

E’ una canzone importante per me, che ho voluto far uscire nonostante non sia un brano “alla moda”, una canzone che parla del coraggio di andare avanti nonostante le difficoltà.

Cosa stai preparando, invece, per il futuro?

Tanta musica nuova e magari qualche live per far ascoltare le mie canzoni

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Jacopo Nutz debutta con il singolo Mezzo bicchiere

Una cruda descrizione del presente: tacere per non avere problemi è davvero la soluzione? Jacopo Nutz debutta con Mezzo bicchiere, singolo prodotto e registrato dallo stesso Jacopo, dalle sonorità brit pop e dal testo dai forti connotati sociali. Il cantautore fiorentino si interroga sul parallelismo tra aspettative e realtà con l’immagine del bicchiere che viene visto sempre mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda delle circostanze e del modo di interpretare i fatti.

Abbiamo chiesto a Jacopo di rispondere alle nostre domande:

Ciao Jacopo, di cosa parla il tuo nuovo singolo Mezzo bicchiere?

Il brano è essenzialmente una riflessione sulla quotidianità e su quanto essa venga influenzata dalle aspettative nostre e degli altri. In questo senso la nostra ricerca continua della felicità non rispecchia una felicità reale, ma un’idea creata per giustificare gli sforzi e le azioni che compiamo.

Chi ha realizzato il video e come si collega alla canzone?

Il video è stato realizzato da Mario Albanese Pereira, regista veramente bravo, che è riuscito ad estremizzare il concetto della canzone in una chiave ironica un po’ Tarantiniana. Se la chiave del pezzo è la quotidianità, il lavoro e la società, il video affronta in maniera surreale queste situazioni estremizzandole. Tutto questo ha reso il video molto più dinamico.

È il tuo singolo di debutto e anticiperà il tuo primo Ep, come mai hai scelto questo brano per presentarti e cosa dobbiamo aspettarci dall’ep?

Ho scelto questo pezzo come esordio perchè era uno dei miei preferiti, ma anche perchè aveva un sound elettronico, ma anche abbastanza aggressivo. L’Ep si basa molto sulla componente elettronica che si unisce a quella suonata, nel disco infatti troviamo pezzi “tosti” come mezzo bicchiere, ma anche pezzi più intimi, sempre però arrangiati in questa forma ibrida tra l’elettronico e il pop/rock. Poi in fondo c’è anche una bonus track piano e voce.

Hai prodotto diversi artisti, cosa ti convince di un artista affinché tu decida di lavorarci insieme?

Di base vivo il mio lavoro come produttore/arrangiatore con l’obiettivo di creare una comunicazione con chi ascolta, ho sempre molto rispetto del testo e cerco di far sì che la musica accompagni le parole creando una storia. In questo senso per me è importante che il modo di comunicare di chi canta o scrive le canzoni sia affine con il mio modo di arrangiare e produrre, in modo da fare sì che la storia funzioni, in questo senso devo dire che arrangiare e produrre pezzi scritti da me è stata un’esperienza molto impegnativa, anche psicologicamente

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A tu per tu con Beatrice Pucci

Abbiamo ascoltato il nuovo singolo (il primo) di Beatrice Pucci, cantautrice classe ’98 che ha esordito con “Figli”, brano che spicca fra le uscite del weekend riuscendo a farci dimenticare, almeno per il tempo di un fine settimana, la desolazione che ci circonda: no, non è certo uno di quei brani che si lascia “masticare” facilmente (e ben venga!), quindi preparate le “mascelle uditive”; noi, per aiutarvi nel districare i significati del progetto, abbiamo fatto qualche domanda all’artista stessa. Buona lettura!

Beatrice Pucci, oggi esordisci con “Figli”: quanto hai “cullato” questo esordio, e come ti senti oggi, all’alba della tua prima pubblicazione?

Ciao, ho imparato ad essere zen riguardo la pubblicazione e riguardo il fatto che per la prima volta nel mondo esca la mia musica. Si passa molto tempo a ponderare e riflettere ma poi bisogna gettarsi nell’avventura, al momento la vedo in questo modo. “Figli” secondo me ha seguito il giusto iter di crescita, 6-7 mesi.

Ti va di raccontarci un po’ di te? Chi sei, da dove vieni e quando hai cominciato a scrivere canzoni, ad esempio.

Sono Beatrice, in questo momento ho 23 anni, vengo da Civitavecchia, una città che ha il mare di fronte a sé e alle sue spalle colline e boschi. Ho cominciato a scrivere a 14 anni, il motivo esatto non lo so, probabilmente perché le cose nella mente di un’adolescente sono amplificate a un livello incredibile.

E questo brano? C’è qualche aneddoto, qualche “motivo” preciso che ti ha portato a scrivere “Figli”?

L’aneddoto più vivo nella mia mente riguardo il momento in cui ho scritto questa canzone è questo: era l’una di notte e non riuscivo a dormire, non volevo proprio perché sentivo che dovevo fare qualcosa, così faccio quello che fanno tutte le persone che non riescono a dormire… ho guardato la tv ma ho finito per annoiarmi, poi ho preso la chitarra e ho scritto “Figli”.

Nella canzone, sembri alludere alle canzoni e alla musica come unici strumenti capaci di cambiare le cose, o meglio, di resistere al cambiamento e allo sfacelo del tempo. Abbiamo colto nel segno?

Le canzoni sono specchi dell’interiorità di chi ascolta quindi assolutamente sì, c’è del vero!

Tra l’altro, la data decisa per l’uscita del tuo disco “Le colline dell’argento” (prevista per giugno 2022) stupisce per velocità di pubblicazione. Sembra che tu avessi una gran fretta di pubblicare il risultato del tuo lavoro: ti va di spiegarci un po’ come sono state realizzate, e in quali tempi, le registrazioni del tuo disco d’esordio?

Le canzoni sono state scritte e registrate tra marzo e settembre del 2021, ma diciamo che l’idea di una pubblicazione era già in atto dal 2020, anno in cui ho cercato di capire come collegare alcune cose tra loro da un punto di vista tecnico e non solo. Le registrazioni sono avvenute in casa mia, perché è un modo in cui mi trovo a mio agio, senza avere fretta di dover fare tutto velocemente.

Prima di salutarci, prova a consigliarci un film che, a tuo parere, si sposa alla perfezione con l’atmosfera di “Figli”.

“Stoker” di Park Chan Wook.

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REA: RESPIRO È IL PRIMO BRANO DOPO LA PARTECIPAZIONE AD AMICI

Respiro è il nuovo singolo di Rea, la rivelazione del pomeridiano di Amici, e il primo brano pubblicato dopo essere uscita dalla scuola di Maria De Filippi. Su un sound accattivante dominato dalla chitarra elettrica e dai synth si innesta la voce della giovane cantautrice bolognese che mostra un lato più intimo della propria scrittura, senza rinunciare all’orecchiabilità e a una melodia di facile presa. Un testo che racconta del bisogno di aiuto quando si affronta un cambiamento, di sguardi che si incrociano, dell’empatia come elemento fondamentale per acquistare fiducia nei confronti dell’altro. Un brano da dedicare a chi ha le spalle larghe per proteggerci quando siamo in balia degli eventi e non siamo in grado di decidere da soli, da ascoltare con le cuffie al massimo quando si passeggia per le strade deserte nel cuore della notte.  Respiro farà parte di un concept album, la cui uscita è prevista per l’estate.

Abbiamo chiesto a REA di rispondere alle nostre domande:

Ciao Rea, quali sono le cose che più di tutte ti fanno respirare cioè ti mettono in pace con te stessa?
Beh diciamo che sono una persona che non sta mai ferma quindi le uniche cose che mi mettono in pace con me stessa sono i momenti in cui ho raggiungo un obiettivo che mi ero prefissata.

Nel pezzo parli di cambiamenti, nella tua vita quale pensi sia stato il più grande?
Sicuramente Amici è stato un grossissimo cambiamento non tanto per la durata dell’esperienza quanto per la consapevolezza che ho raggiunto stando là dentro.Prima di entrare avevo tantissimi dubbi sul mio futuro. Non che questi siano magicamente spariti anche perché ho diciott’anni ma sicuramente un percorso del genere mi ha portata a chiedermi veramente cosa voglia fare nella mia vita senza più farmi influenzare da quello che gli altri magari si aspettano da me.

Raccontaci una tua giornata tipo!
Mi sveglio (e già meno male) poi solitamente Studio qualcosa (teoria per la patente o qualche materia scolastica) poi solitamente dopo pranzo vado in studio. Il pomeriggio è diviso in due momenti: quello in cui mi dedico alla preparazione dei live quindi provo i pezzi e poi il momento in cui vado avanti con la realizzazione dell’EP.Spesso inoltre mi dedico anche ad altre attività del mio progetto come l’ideazione di una copertina, di un videoclip ecc.Ah e non scordiamoci delle lezioni di canto fondamentali!!

Sei un’appassionata di cinema, i tuoi tre registi preferiti?
Spero di non essere vessata per i miei gusti ma sul podio ci sono Wes Anderson, Bertolucci e Tarantino.
Ci racconti qualcosa in più riguardo alla copertina di Respiro?
Una volta finito il pezzo avevo già chiara in mente l’immagine della copertina.In essa è presente una scia di luce che doveva rappresentare la materializzazione del respiro.Per rendere questo effetto ben visibile ho scelto uno sfondo nero in quanto faceva decisamente contrasto con pelle, capelli e outfit. È stato difficile ottenere questo effetto in quanto per la realizzazione della foto sono stati utilizzati tempi molto lunghi disposizione non semplicissimi da usare.

Adesso dopo questo singolo cosa dobbiamo aspettarci da te?
Tra non molto uscirà un altro singolo e poi un EP a inizio estate!! Il 15 maggio lo presenterò in anteprima al Locomotiv Club di Bologna, vi aspetto!

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Le cinque cose preferite dei Regione Trucco

I Regione Trucco sono una band di Ivrea composta da Umberto d’Alessandro (chitarra e voce), Andrea Re (tastiera, synth, un sacco di altre cose), Manuel Pozzo (batteria, sample pad) e Massimo Notarpietro (basso). “Linguette” è il loro nuovo singolo uscito il 15 aprile per Amarena Records e distribuito da Ada Music Italy che anticipa il nuovo album di prossima uscita. Il brano, che arriva dopo il primo album con la produzione artistica di Cosmo, parla di come la natura umana, nel costante sforzo di dare senso alle cose, talvolta sia estremamente razionale e, in altri casi, ricerchi invece le risposte nei modi più goliardici o scaramantici, come nelle linguette delle lattine della Coca Cola.

Abbiamo chiesto alla band di scegliere 5 oggetti per raccontarsi

La bottiglia di vino

Fedele compagna, sempre presente in sala prove e nell’home studio dove facciamo le preproduzioni. Aiuta a sviluppare la creatività e a mantenere conviviale e rustico il clima che contraddistingue la nostra band. 

Pedal Board

La prima Pedal Board di Umberto: durante uno dei primi live in cui Umberto usava solo la chitarra acustica e aveva solo il pedale dell’accordatore abbiamo ricevuto le critiche dei tecnici di palco, i quali ci hanno detto che era poco professionale presentarsi con un pedale “sfuso”. Quindi per ovviare a questa carenza di professionalità Umberto ha preso una scatola di legno di quelle che contengono le bottiglie di vino e ne ha ricavato una pedal board. Oggi ne ha una vera, ma questa è rimasta in sala prove (può sempre servire).

La “Cabina”

La “Cabina” per registrare le voci: opera di alta ingegneria del suono, costruita con pannelli di legno, rivestiti da lana di roccia. Porta costruita con coperta militare originale della seconda guerra mondiale ereditata dalla nonna di Umberto. Il risultato della qualità delle registrazioni delle voci per le preproduzioni è stato sinceramente sorprendente.

Il posacenere

Indispensabile nell’home studio, in sala prove e in qualunque luogo sia presente Andrea. Non sappiamo se l’intenzione sia quella di ricreare l’atmosfera fumosa dei jazz club americani anni 50, ma il risultato è sicuramente molto simile. Diciamo se un giorno dovessimo mettere in vendita l’attrezzatura del nostro home studio non potremmo accompagnarla con la classica dicitura: “utilizzata sempre in ambiente non fumatori”. 

La finestra

La natura che entra nella stanza: è una componente concreta sempre presente nei luoghi dove scriviamo, arrangiamo o registriamo. Non potremmo mai farne a meno. Siamo cresciuti tutti in mezzo al verde e senza ci mancherebbe l’aria. Probabilmente se andasse di moda saremmo un gruppo country!

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Musica che profuma: a spasso con Marsali nel suo giardino di canzoni

Bella storia, quella di Marsali: spalle rese robuste da una frequentazione riuscita di canzoni e ascolti belli, da anni di scrittura e di testi lasciati nel cassetto prima di trovare la via espressiva giusta al fianco di un produttore capace, Nicola Marotta, che ha saputo restituire alle parole di Rebecca la giusta densità emotiva attraverso una “visione” d’insieme che in “Bouganville“, l’EP d’esordio dell’autrice pescarese, si fa sentire eccome.

Nella melina dei cinque brani dell’EP è praticamente impossibile non rimanere invischiati e coinvolti: c’è qualcosa, nelle parole di Marsali, che non può che ricordare i tempi di un’infanzia perduta, di una famigliarità con le piccole cose del quotidiano che sembra essersi sempre più persa tra i rumori di metropoli tentacolari, di strade che non hanno uscita ma solo entrata.

Insomma, nell’Ep di Marsali ci sono motivazioni giuste e sufficienti per fermarsi un attimo, riflettere sul presente e capire quanto ci mancano tante cose che credevamo essere superate, se non addirittura perse, e invece continuano a guardarci dallo spioncino degli anni, ricordandoci che – sotto certi punti di vista – non si cresce mai.

Bentornata su Perindiepoi, Marsali! Allora, partiamo dalle cose importanti: da poco hai pubblicato il tuo disco d’esordio, “Bouganville”. Perché proprio un EP, e non un album?

Ciao Perindiepoi! Beh per un’artista emergente ad oggi è rischioso anche pubblicare un ep, figuriamoci un album, ma ci tenevo che dopo i due primi singoli ci fosse un prodotto più corposo che potesse rappresentarmi nelle varie sfaccettature. 

“Bouganville” è un EP che sembra avere un profumo tutto suo: a me, personalmente, ricorda l’odore di lavanda della casa al mare dei miei nonni. Ed effettivamente, ascoltando la title-track, tutti questi elementi emergono e mi fanno pensare che alla fine l’aroma di “Bouganville” sia proprio quello. Che profumo hanno, per te, le bouganville?

Che bello! Sono felice che questo EP t’ispiri un ricordo così intimo. 

In verità “le Bouganville fuori alla finestra” (la frase con cui chiudo il disco) sono proprio quelle del giardino di casa di mia nonna e da lì sono partita per costruire tutto l’immaginario del brano e dell’intero disco. 

Quant’è durata la gestazione del disco? Hai lavorato singolo per singolo avendo già in testa la forma dell’EP oppure è stato un “cantiere aperto” fino all’ultimo?

In realtà ci abbiamo messo poco ad avere un’idea chiara di quello che sarebbe stato il disco quindi abbiamo lavorato singolo per singolo lavorando a 360 gradi. 

Dopo “La versione migliore di noi”, “Booking” ti ha anche regalato la soddisfazione di essere inserita tra i nomi caldi delle playlist editoriali Spotify. Insomma, la risposta alla domanda “si può essere indipendenti ed essere notati dagli addetti al settore” sembra essere sì, con te! Qual’è l’ingrediente segreto, secondo te, della riuscita di un progetto indipendente?

Forse non c’è una formula precisa ma credo che l’autenticità e la credibilità di un progetto siano buoni punti di partenza per aspirare ad un viaggio che duri nel tempo.

“Smarties” è forse il singolo più efficace dell’intero disco, con una spiccata propensione al racconto di un’intimità che ha radici profonde. La tua idea di pop, in effetti, rimane molto legata ad un’introspezione e ad una leggerezza che non cede alla superficialità. Ecco: cosa c’è nel pop di Marsali?

Hai detto bene, per me il pop è tutt’altro che banalità, anzi, è un genere che permette con semplicità ma in modo decisivo di comunicare dei messaggi con linguaggi universali. Nel mio pop vorrei che ci fosse sempre questo: una storia che si fa ricordare.

Domande defaticanti: associa ogni brano di “Bouganville” ad un cibo!

La versione migliore di noi – Spaghetti al pomodoro

Booking – Pop corn

Smarties – Gelato al pistacchio

Non parlo più – Patatine fritte

Bouganville – Cioccolata calda

E se invece dovessi dirci chi vincerà Sanremo nel 2030? Puoi rispondere, ovviamente, “Marsali”!

Beh mi auguro che Marsali lo vinca prima… ahahah!

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Indie Intervista Pop

Tra i vinti dei Nomera: una chiacchiera sugli “Atti Osceni” della band toscana

Il disco dei Nomera è uno di quegli appuntamenti che abbiamo aspettato a lungo: è da tempo che seguiamo la band toscana, e negli scorsi mesi a più riprese abbiamo avuto modo di parlarvi di loro. Poi, un lungo silenzio che (a quanto pare) era più gravido di quanto potessimo immaginare: fatto sta, oggi i Nomera mettono un altro mattoncino essenziale alla costruzione di una casa che non cada al primo vento, ma che riesca piuttosto a farsi monumento di un certo slancio autorale che non teme di mescolarsi con l’elettronica e il rock. Un epopea che ammicca alla letteratura, e rivela la poliedricità di un gruppo giovane, sì, ma in evidente crescita.

Nomera, eccoci qui a parlare di “Atti Osceni”, il vostro nuovo disco. Partiamo dall’inizio: perché “Atti osceni”?

In realtà in origine il tutto sarebbe dovuto essere racchiuso sotto il nome dell’ultimo brano “Il circo dei vinti”.  Quasi tutti i personaggi delle canzoni sembrano essere impossibilitati, appunto, ad una qualsiasi  forma di vittoria, non tanto per colpa della loro abilità nel “gioco”,   quanto più per l’impossibilità di battere il “gioco” stesso. “Atti osceni” invece altro non è che il nome più immediato per indicare le azioni dei “Vinti” che, malinconici, euforici o rassegnati abitano il nostro album.

Ad un primo ascolto del disco, è impossibile non sottolineare una pluralità di stili di scrittura e melodia che rappresenta certamente la cifra stilistica principale di un disco fortemente contaminato. Come vi rapportate alla scrittura? Esistono dei ruoli ben precisi nella vostra band, oppure fate tutto “insieme”?

Il lavoro è corale, sempre. Una canzone magari nasce da un singolo membro del gruppo, ma alla fine passa sotto le mani di tutti. Il prodotto finito è la summa di tutte le idee della band. 

Impossibile, oggi che state festeggiando l’uscita del nuovo disco, non provare un attimo a soffermarci sul passato. Ve la ricordate la prima canzone dei Nomera? Quanto siete cambiati da allora?

Moltissimo. Siamo cresciuti esponenzialmente a livello linguistico, culturale, musicale e tecnico. Siamo passati dall’essere diciottenni che suonavano senza avere ben in testa un’idea, all’essere una band matura e consapevole dei propri punti di forza e dei propri limiti.

Esiste un filo rosso capace di collegare tutti i brani fra loro? Qualcosa che, insomma, stabilisca il concept dell’intero disco?

Direi che di fili ce ne sono molti in realtà: a partire da quello dei primi tre brani, strettamente consequenziali e auto conclusivi a livello narrativo, fino ad arrivare alle azioni, agli “Atti osceni” talvolta, dei personaggi tra finzione e realtà nel disco. Comunque è la sconfitta, la vittoria del gioco sul giocatore, ad tenere in piedi la baracca.

Immaginatevi tra dieci anni. Dove vi vedete?

No comment. Impossibile saperlo ora, ovunque saremo saremo sempre fieri del nostro percorso musicale, di ogni sua singola tappa.