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Fragilità e speranza nel nuovo disco di Robi: recensione

“Carezze” è il nuovo album di Robi (Roberto Ballauri), uscito in digitale lo scorso 11 aprile ed è uno di quei dischi che non cercano di stupire con effetti speciali, ma ti arrivano piano piano, con delicatezza, come suggerisce il titolo. Robi ci offre un lavoro leggero e consapevole al tempo stesso, un lavoro in cui ogni brano sembra custodire un frammento di vita reale, raccontato con sincerità e senza filtri.

La prima cosa che salta all’orecchio è la produzione: curata senza essere invadente. C’è un rispetto profondo per la voce, per gli strumenti che accompagnano senza sovrastare. In questo equilibrio si sente chiaramente il lavoro di squadra con Kevin Mancardi e Davide Tagliapietra, che hanno saputo valorizzare l’intimità delle canzoni senza snaturarle.

Tematicamente, “Carezze” è un viaggio tra fragilità e speranza. Robi scrive e canta come se stesse parlando a un amico, con quel misto di malinconia e voglia di sorridere che tutti, in qualche modo, conosciamo bene.

In un mondo musicale spesso urlato, “Carezze” è un sussurro che si fa sentire. È un disco che ti entra dentro con dolcezza, ma lascia il segno. Un invito, forse, a restare autentici, anche quando sembrerebbe più facile fare il contrario.