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Dado Bargioni completa il puzzle con l’ultimo pezzo mancante

In questo mondo di regole folli e dinamiche fuori da ogni logica, questo venerdì è arrivato Dado Bargioni che fanculo a tutti ha pubblicato un album e un singolo lo stesso giorno. Cioè capiamoci, non un album con una focus track no, proprio un singolo (copertina e tutto bello pronto su Spotify) e un album, Il pezzo mancante. Non ho capito perchè e per come, ma trovo questo un piccolo gesto anticonformista, contro ogni dettame e regola: e non so neanche se è per sfregio, per genio o un innocente azione da boomer, ma lo trovo comunque una bellissima rivoluzione romantica, tutto insieme, tutto subito, in modo che sia tutto lì, pronto, in modo da conoscere in toto Dado Bargioni, nessun pezzo mancante.

Dado Bargioni quindi fa un disco pop, ma che di pop non ha nulla (a partire dalle modalità prima citate). Dado Bargioni fa un’autobiografia musicale dove convivono l’amore, tutta la consapevolezza delle cose che cambiano, tutta una vita che vive in un disco. Qui dentro c’è l’urgenza di raccontarsi, di mostrarsi così, esattamente come si fa alle cena di famiglia che poi si concludono in psicoanalisi di gruppo, dove riemergono vecchi rancori senza rabbia. Ogni tanto vorrei che mio padre avesse la voglia di fare un disco (e verrebbe sicuramente più brutto di quello di Dado), per vivermelo così, di una sincerità disarmante, e allo stesso in modo leggero, senza drammi ma con un abbraccio musicale in undici tracce (+ un pezzo mancante uscito come singolo, chissà se è da intendere veramente così).

Dado Bargioni mi sa di casa, di quelle giornate che prendevo l’autobus infinito e poi si facevano quelle mangiate incredibili con gli zii di giù, dei nipoti che non mi ricorderò mai come si chiamano, e poi pure mio nonno, che per una volta riusciva a uscire di casa senza borbottare. Poi si finiva tutti a giocare a carte, tra una scala e una scopa, qualcuno diceva qualcosa di triste, che veniva notato poco ma che poi rimaneva negli anni. Il pezzo mancante è un po’ così.

Rimandi beatlesiani (si dice così? Reminder per il futuro: non usate nomi per le vostre band che non possono essere coniati come aggettivi, anche se siete i Beatles), ritmiche complesse e piccoli lumi di chi sa suonare ma non ne fa sfoggio, sperimentazione pop che si risolve in brani “semplici” che non sono semplici per niente. Dado Bargioni si è messo in gioco e mi sembra di conoscerlo, come uno di quelli che ho battuto a scala quaranta un Natale lontano, mentre cercava di distrarmi raccontami la storia delle sue mille vite.

Per ritrovarsi.

CM