Esce in CD e su tutte le piattaforme digitali, il 9 maggio 2025, il primo EP “Fede” del cantautore orvietano Jack Bellezza, anticipato dal singolo “Attori”, distribuito e promosso da (R)esisto, produzione artistica Michele Guberti (Massaga Produzioni).
Fede è una raccolta di cinque brani che raccontano storie, pensieri, inquietudini, incertezze e desideri. Dal marinaio che sceglie l’amore per il mare, agli attori di tutti i giorni che sono, che siamo, che siete, ai sogni e alle paure segrete, a quel desiderio di avere più fede, solo un po’, così che magari la vita sembri meno pressante e il mondo appaia più leggero alla schiena di Atlante. Fede è un grido, che senti di dover fare quando capisci che c’è qualcosa di sbagliato in questa società, e una preghiera di solidarietà rivolta a chi combatte la propria battaglia contro sé stesso e il mondo intero. La musica in alcuni brani richiama ad aspetti eterei e trascendentali, altre volte è più diretta, per far sì che la melodia accompagni le parole. L’ottima connessione musicale tra i brani è una conseguenza di una scelta fatta in studio e rende l’ascolto dell’EP un ascolto unico e continuo.
L’EP Fede è un insieme di brani che credo rappresentino al meglio non solo il mio pensiero negli ultimi anni – spiega Jack Bellezza – ma anche dubbi, incertezze, speranze, riflessioni interiori sia a livello individuale che sociale. In ogni canzone ho tentato di trasmettere emozioni forti e profonde, mettendo in luce paure e incertezze che mi accompagnano da tempo a questa parte, ma ho anche provato a far capire che la bellezza si può trovare persino nelle difficoltà, e spero che questo sentimento di speranza, filo conduttore dei brani, riesca a trapelare dalle parole e dalla musica, arrivando a chi l’ascolta. Ritengo che il percorso artistico che ho iniziato con la pubblicazione della canzone “La leggenda del marinaio” sia ora più chiaro con l’uscita dell’EP. Sento di avere ancora molte cose da dire e spero che il pubblico apprezzi questa mia sincerità che, con non poco timore, ho cercato di comunicare.
Tracklist: 01 Attori, 02 La leggenda del marinaio, 03 Fede, 04 Il vagabondo, 05 Battiti.
BIOGRAFIA
Jacopo Bellezza, in arte JACK BELLEZZA, nasce a Orvieto il 4 luglio del 1995. Frequenta il liceo classico della sua città per poi trasferirsi a Firenze, dove si è laureato al corso di laurea triennale in Storia, proseguendo il percorso universitario a Bologna, laureandosi in Archeologia e Culture del mondo antico. Attualmente lavora come archeologo libero professionista. La passione per la scrittura nasce già dalle scuole superiori, principalmente poesie e non veri e propri testi. Nei primi anni di università, l’amore per la scrittura unita a quella per la chitarra ha portato alla composizione dei primi brani musicali.Il singolo d’esordio, pubblicato il 16 giugno 2023, è “La leggenda del marinaio” e il 26 aprile 2024 esce il secondo singolo “Il vagabondo”, entrambi distribuiti da (R)esisto, con la produzione artistica Michele Guberti (Massaga Produzioni).Disponibile dal 11 aprile 2025, su tutte le piattaforme digitali ed in rotazione radio “Attori”, terzo singolo del cantautore orvietano Jack Bellezza, che anticipa il primo EP.
CreditiRegistrato e mixato da Michele Guberti presso il Magiari Studio di FerraraProdotto da Michele Guberti e Jack BellezzaDistribuito e promosso da (R)esisto Distribuzione Link
Anticipato dai singoli “Le parole giuste” e “Estate”, esce in CD e su tutte le piattaforme digitali, il 06 maggio 2025, “Nāga” nuovo e quarto disco della band bergamasca SuMo (abbreviativo di Sugarcandy Mountains), management e promozione Alka Record Label, prodotto da Michele Guberti (Massaga Produzioni).
“Nāga” nella tradizione indovedica rappresenta una popolazione semidivina metà uomo e metà serpente. Il serpente in particolare simboleggia la mutazione, il cambiamento e lo scorrere all’Interno del corpo dell’ energia kundalini che dà vitalità all’essere.Nel nuovo EP i SuMo mettono in risalto questa metamorfosi del loro suono che come il serpente Nāga striscia tra i brani che lo compongono, cambiando pelle alla band con una veste nuova e accattivante.Gli arrangiamenti si fanno più ricchi di fiati, i testi si evolvono da sentimenti istintivi e primitivi in temi via via più alti e spirituali. I fitti intrecci tra le voci dei cantanti Oscare e Jaya strizzano l’occhio al soul e all’RnB per un risultato più pop ma sempre di forte impatto energico e danzereccio.
Nāga è per noi qualcosa di nuovo, un cambiamento radicale – spiega la band – soprattutto nel modo di scrivere e pensare le nostre canzoni. La collaborazione con Michele Guberti è stata un’esperienza rivelatrice che ci ha introdotti ad un nuovo modo di lavorare e che ha cambiato in maniera sostanziale il nostro suono facendoci allontanare dalle origini ska e punk rock per la ricerca di una musica riconoscibile secondo uno stile propriamente SuMo.Abbiamo mantenuto le contaminazioni di vari generi come l’RnB, il blues e il rock, trovando però una formula musicale più coerente rispetto al passato. Speriamo vivamente che il nostro entusiasmo per il nuovo Ep “Nāga” riesca ad essere trasmesso ai nostri ascoltatori e che questo lavoro apra le porte ad un nuovo pubblico più ampio ed a tanti concerti in tutta Italia.
Tracklist: 01 Estate, 02 Le parole giuste, 03 Tantrica, 04 Istinto gagliardo, 05 Igloo, 06 Brivido diverso
I SuMo sono una band fatta di tanti strumenti e tante idee che confluiscono in una musica coinvolgente e energica, che fa ballare e divertire. Nati a Bergamo nel 2009 sull’onda dello ska, si sono col tempo contaminati di rock blues e pop creando un mix esplosivo tra le armonie distorte della sezione ritmica e le melodie dei fiati su cui spiccano le voci potenti di Oscar e Jaya. All’attivo più di 200 concerti e 3 album, presto in uscita il nuovo Ep dal titolo Nāga, realizzato in collaborazione con Alka Record Label di Ferrara.
Crediti
Registrato e mixato tra il Natural HeadQuarter Studio ed il Magiari Studio di Ferrara da Michele Guberti Prodotto da Michele Guberti e SuMo Mix e master VDSS Recording Studio Promozione e management Alka Record Label
Con il loro nuovo singolo “Madre” i The Snookers raccontano quanto il troppo amore possa essere soffocante. E se con loro duetta Edda, il risultato è ancora più deflagrante. Nell’intervista qui sotto, ci parlano di questo e molto altro.
Dai primi singoli pubblicati nel 2022 ad oggi non vi siete mai fermati. In tre anni due dischi, una partecipazione a Musicultura, ed ora questo nuovo brano, Madre, con Edda. Come state vivendo tutto questo?
Siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto negli ultimi tre anni. Ciò che ci rende più contenti non è la quantità di materiale pubblicato ma la maturità che riteniamo di aver raggiunto soprattutto nel periodo tra il primo album “L’universo si arrende a chi è calmo” e il secondo “Una famiglia normale”. Speriamo che questa crescita si possa sentire anche dall’esterno.
Non è stato sempre facile, sono stati anni formativi in cui abbiamo lavorato su noi stessi per scrivere di temi che ci toccano in prima persona. Non sono mancati periodi di frustrazione che ci sono sembrati un’eternità, ma abbiamo ottenuto risultati che ci soddisfano e ci motivano a continuare su questa strada.
Passiamo subito a Madre. Da dove scaturisce l’esigenza di parlare di un rapporto così burrascoso? Esperienze personali?
Crediamo che il tema che trattiamo in “Madre” sia molto condivisibile e ci appartiene in quanto figli. L’indipendenza e la libertà di intraprendere un proprio percorso di vita non sono sempre scontati. Anche noi abbiamo dovuto dimostrare alle nostre famiglie che con la musica vogliamo fare sul serio e loro fortunatamente si sono fidati, ma non tutti hanno la fortuna di avere sostegno e comprensione nello scegliere una vita che i genitori non hanno mai preso in considerazione.
Ci piace pensare che le nostre canzoni possano aiutare o fare compagnia a qualcuno che si rivede in quello che scriviamo e magari suscitare sentimenti o cambiamenti.
In che modo avete collaborato con Edda? Vi siete visti di persona, passando tempo in studio insieme, o è stato tutto processato a distanza?
La collaborazione è nata grazie a Davide Lasala di Edac Studio che, avendo lavorato con Edda nelle registrazioni di “Stavolta come mi ammazzerai?”, gli ha inviato la nostra canzone. “Madre” ci è sembrato il brano più adatto per lui sia per il tema che per le sonorità e ne abbiamo avuto la conferma quando Edda ci ha mandato dei messaggi in cui era entusiasta di cantarlo con noi.
Non ci siamo visti di persona, ha cantato nel suo studio a Milano, ma ci siamo scambiati qualche video messaggio. E’ stato un onore per noi lavorare con un artista che ammiriamo tanto.
Troveremo Madre dentro al progetto Esplosi, che possiamo definire un patchwork di tante cose ma tutte ben unite fra di loro. In che modo nasce un lavoro di questo tipo, che si discosta molto dal classico concetto di disco?
Quando a febbraio siamo andati in studio a registrare nuove canzoni volevamo evitare che finissero nel dimenticatoio dopo una settimana dalla pubblicazione.
Abbiamo costruito una narrazione attorno a queste canzoni inserendole in quattro diversi EP arricchiti da 20 versioni demo, live o pre-produzioni di brani dei nostri primi due album.
Il concetto di “Esplosi” nasce dalla decostruzione delle canzoni che abbiamo sezionato come si fa con i macchinari nei disegni esplosi.
L’idea di base è quella di valorizzare attraverso la stampa fisica dei CD la musica “solida” e l’arte grafica. Pubblicheremo i singoli online, ma tutto il resto del materiale sarà esclusivo della copia fisica che è già possibile acquistare su Bandcamp o scrivendo direttamente a noi sui canali social.
Qualche parola sul vostro team che vi supporta da sempre, Edac…
Siamo entrati in Edac Studio la prima volta nel 2019. Volevamo fare un EP di brani in inglese che si trovano ora all’interno di “Esplosi”. Davide Lasala e Andrea Fognini hanno saputo valorizzare le canzoni, da subito abbiamo fatto tesoro dei loro consigli e ci siamo trovati dal punto di vista umano. Da quel momento abbiamo collaborato con loro per tutti i nostri progetti e si può dire che ormai Edac Studio sia una famiglia per noi.
Pian piano il team si è ampliato, abbiamo trovato un grande aiuto in Mattia Mascolo per la promozione e Andrea Compagnino che ci immortala nei suoi scatti sopra e sotto il palco.
Negli anni abbiamo avuto il piacere di creare anche un legame con MilkIt Film Studio di Marcello Perego che ha curato la regia del video di “Guai”, “Guarda come il tempo vola” e “Rachele”.
Esplosi vi terrà occupati ancora per qualche mese, poi pensate di fermarvi un po’ avete già in testa nuovi traguardi?
In realtà abbiamo già voglia di lavorare al terzo album. Stiamo suonando tanto per il piacere di farlo e per capire in che direzione vogliamo andare. Stiamo sperimentando nuovi suoni e scrivendo di temi che non abbiamo ancora toccato nella speranza di creare qualcosa di nuovo, ma al momento è ancora presto per parlarne.
A partire dal 9 maggio, con il concerto al Detune di Milano con i Dirty Noise e Fitza, avremo un po’ di live che ci porteranno su diversi palchi nel corso dell’estate che annunceremo prossimamente sui nostri canali social.
In un’epoca in cui la musica è ovunque e accessibile in ogni momento, orientarsi tra le infinite proposte è diventato quasi un lavoro a tempo pieno. Ogni giorno piattaforme come Spotify, Bandcamp e YouTube ci propongono centinaia di nuove uscite, playlist aggiornate, debutti promettenti e ritorni attesi. Una ricchezza straordinaria, certo, ma anche una fonte crescente di confusione. Come distinguere ciò che davvero merita attenzione da ciò che è solo rumore di fondo?
In questo mare sonoro in continua espansione, la scena indipendente continua a offrire riflessioni autentiche, sperimentazioni coraggiose e una libertà creativa rara nel panorama mainstream. È proprio qui, lontano dai riflettori più abbaglianti, che spesso si trovano le voci più sincere, le idee più fresche e le storie più vere.
Abbiamo quindi deciso di fare un po’ di ordine, selezionando 10 uscite recenti che ci hanno colpito per originalità, forza emotiva o semplicemente per quella scintilla che rende un brano memorabile. Un piccolo faro in mezzo alla marea digitale, per aiutarti a scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che magari non sapevi di stare cercando.
Tra le prime uscite che hanno catturato la nostra attenzione, c’è senza dubbio il nuovo singolo di Amado: “Lucciole e ninfee”. Italo-brasiliano di nascita e di spirito, Amado fonde nella sua musica mondi solo in apparenza lontani: la malinconia introspettiva del cantautorato italiano incontra il respiro caldo e sensuale delle sonorità sudamericane, dando vita a una poetica personale, intima e luminosa. In questo brano, la sua doppia anima emerge con chiarezza: “Lucciole e ninfee” è una ballata notturna, sospesa tra luce e ombra, sogno e osservazione.
In un momento storico in cui progetti come i Selton — che avevano fatto del dialogo tra Brasile e Italia la loro cifra — sembrano in una fase di silenzio o trasformazione, e in cui lo sguardo della nuova scena musicale italiana si concentra sempre di più sull’identità locale e sulla ricerca etnografica (come fanno Massimo Silverio o Daniela Pes), è bello vedere qualcuno uscire dai confini senza per forza allontanarsene troppo. Perché se è vero che l’aria e i ritmi del Sudamerica attraversano la musica di Amado, è altrettanto vero che il legame con l’Italia — e con la sua Liguria in particolare — rimane fortissimo. Quasi che il viaggio, per lui, non sia una fuga ma un ritorno arricchito.
Woodstock Festival by Ralph Ackerman (1969)
Un’altra uscita da non perdere arriva dai Not My Value, che con l’EP “dream – side a” inaugurano un progetto dal respiro ambizioso e dall’anima stratificata. Il titolo lascia già intuire una struttura narrativa: questo primo lato del “sogno” è solo un frammento di un discorso più ampio, che promette sviluppi futuri. Il duo gioca su atmosfere oniriche, tra shoegaze dilatato, elettronica emotiva e un certo post-rock in chiave italiana. Ma non c’è nulla di derivativo qui: la produzione è pulita, attenta, quasi cinematografica, e la scrittura sa essere diretta anche quando si muove tra simboli e stratificazioni.
Il sogno, per i Not My Value, non è evasione ma uno spazio fragile e profondo in cui cercarsi.“dream – side a” è un piccolo viaggio che si ascolta tutto d’un fiato, ma che invita a ritornarci, perché sotto la superficie morbida si nascondono vibrazioni sottili, frasi lasciate a metà, richiami da decifrare. Hanno un respiro internazionale, e non stupirebbe vederli affermarsi fuori dai confini italiani prima che qui. Siamo certi che un giorno li acclameremo “dalle retrovie”, quando faranno successo altrove. Ma noi che amiamo la musica possiamo portarci avanti e sostenerli già da ora — con convinzione.
Woodstock Festival by Ralph Ackerman (1969)
Il titolo è semplice ma eloquente: About Dreams, il nuovo album del compositore Alberto Mancini, è un viaggio strumentale che esplora le pieghe più delicate dell’immaginazione. Composto da una serie di brani che si muovono tra minimalismo pianistico, suggestioni ambient e trame neoclassiche, il disco ha un respiro sospeso, quasi cinematografico, che trasporta l’ascoltatore in una dimensione di quiete e contemplazione. Ogni pezzo sembra raccontare un sogno diverso — non nel senso esplicito del termine, ma come stato interiore: fragile, mutevole, necessario.
In un tempo dominato dalla parola, dalla sovra-narrazione e dai concerti “fast food” da un’ora risicata a Milano, imparare ad ascoltare musica strumentale è quasi un atto radicale. Per questo teniamo spesso a consigliare musica di ogni genere, anche questa, in pagine che non sono meramente indie. Ascoltare un disco come questo significa stare, restare, ascoltare senza appigli didascalici, lasciarsi attraversare da emozioni che non hanno nome. Per chi è cresciuto con l’indie-pop e l’ansia del ritornello memorabile, About Dreams può essere una piccola rivoluzione: come iniziare a meditare, costringersi dolcemente a stare nel presente, dentro se stessi. E Mancini, con grazia e rigore, ci offre proprio questo spazio.
Woodstock Festival by Ralph Ackerman (1969)
Con Black Lemonade, Galapaghost ci conduce in un mondo fragile, saturo di contrasti eppure incredibilmente coeso. L’EP — il suo lavoro più recente — è una raccolta compatta ma intensa di brani che alternano elettronica malinconica, beat ipnotici e melodie sussurrate, mantenendo sempre un equilibrio elegante tra accessibilità e sperimentazione. Qui il pop è solo un riferimento, un punto di partenza da cui scostarsi per cercare nuove forme di narrazione musicale.
Originario di Woodstock, con un background musicale e culturale molto diverso dal nostro, Galapaghost riesce però a toccare corde universali. La sua musica ci ricorda che dolore e grazia umana parlano la stessa lingua ovunque — basta accompagnarli con una chitarra. Anche nei momenti più cupi — come in Doomscrolling, uno dei titoli più espliciti — la scrittura resta misurata, quasi pudica. Galapaghost non grida, ma suggerisce. Non ti indica la direzione, ma ti accompagna. E in un periodo storico in cui tutto deve essere spiegato, etichettato, dichiarato, questa scelta di delicatezza suona come un atto di coraggio.
Dopo una lunga pausa, Riccardo Gileno torna con un nuovo EP che ha il sapore di un viaggio personale e silenziosamente coraggioso.From Beginning to End è un ritorno intimo e necessario, che si snoda attraverso sei brani delicati ma densi, costruiti con la calma e l’urgenza di chi ha qualcosa da dire — ma non ha bisogno di alzare la voce. La voce calda di Gileno, quasi sussurrata, si muove tra folk acustico e songwriting introspettivo, con un tocco internazionale che non cerca effetti, ma verità.
È un disco che parla di cose semplici e complesse allo stesso tempo: il passare del tempo, l’idea di casa, le attese, gli addii. E lo fa con una produzione minimale, quasi pudica, che lascia spazio al silenzio e all’imperfezione. Perché va bene anche fare musica che non cerca di imitare nessuno, che non vuole ingraziarsi algoritmi o classifiche. A volte serve solo esporsi, mostrarsi fragili e sinceri — sia con le parole, che con i suoni. In un panorama sempre più costruito, questo è già un atto politico.
“Cherry Heart” è il secondo album di inediti della rock band capitolina Electric Cherry dopo l’esordio omonimo del 2021.
Un disco di dieci brani tra cui spiccano i singoli “Anyway you want”, “Slower” e “Quarantine” con il prezioso featuring del cantante e bassista romano Andrea Ra. I brani del disco spaziano dall’hard rock classico di “Seclusion” al rock più mainstream di “Roallercoaster Love”, dall’alternative di “Wipe it out” al blues rock di “Slower”, passando per l’energia incalzante del singolo di lancio “Anyway you want” e la power ballad “Cherry Heart”, che dà il titolo all’album.
La band racconta principalmente di riscatto e malinconia, di amore che muta in amicizia, di voglia di reagire a una chiusura mentale, sociale, fisica che gli eventi del passato recente hanno portato prepotentemente alla ribalta, in maniera dura e precisa. Le registrazioni dell’album e la produzione artistica sono a cura di Alessandro Forte (Pepperpot Studio, già produttore di Aiello, Galeffi, Scrima).
Gli Electric Cherry sono formati da Cristian Ferrara (voce, chitarra), Alessandro Santucci (chitarra, tastiere, cori), Stefano Sforza (basso, tastiere, cori) e Giorgio Spila (batteria), Dopo esperienze individuali nella scena indipendente romana e in cover band, nascono gli Electric Cherry che già nel 2021 pubblicano il disco omonimo “Electric Cherry”: registrato in pandemia contiene i singoli “Right or Wrong” e “Fly Away from This”. Nel 2022 accedono alla fase finale delle audizioni Sony Music e si classificano tra le prime nove band, ottenendo un articolo su Rolling Stone Italia. Registrano la cover Don’t Stop the Music di Rihanna e partecipano alla finale di Sanremo Rock all’Ariston. Concludono le registrazioni del nuovo album sotto la produzione di Alessandro Forte. A marzo 2025 firmano con Vrec per l’uscita del secondo disco, “Cherry Heart”.
“Termini per una resa” è il meraviglioso esordio discografico della rock band catanese La Classe Dirigente (ex Nadiè) disponibile per Vrec Music Label nei formati CD e LP Limited Edition (numerato e autografato).
Il disco è stato anticipato dai singoli “Conosci te stesso” e “Pronti inconsistenza via”. Dieci brani nel complesso dove la band si apre con poesia ad un pop rock intenso e sofisticato, coadiuvato da un’orchestra d’archi in diversi brani. I riferimenti vanno ai primi Coldplay o agli Stairsailor, comunque verso quel rock inglese di inizio secolo dal sound intramontabile. Ma sono soprattutto i testi a cura del frontman Giovanni Scuderi a vincere per immediatezza e profondità raccontando una Sicilia ancora viva culturalmente e musicalmente. Un piccolo gioiello da ascoltare e riascoltare. Merito anche della produzione artistica del compianto produttore discografico Toni Carbone (Denovo, Luca Madonia, Mario Venuti) avvenuta prima della sua improvvisa scomparsa nel 2023 salvo poi essere ultimata nei dettagli da diversi professionisti guidati dal produttore artistico Roberto Vernetti (La Crus, Delta V, Casino Royale e moltissimi altri).
La Classe Dirigente è una band rock di Catania nata nel 2024 dalle ceneri dei Nadiè, formazione attiva dal 2005. La formazione rimane invariata formata da Giovanni Scuderi (voce), Alfio Musumeci (batteria), Gianpiero Leone (basso), Francesco Gueli (chitarre). Il classicismo dei primi anni 90 si fonde alle liriche d’autore, creando una commistione di generi che spazia da Battiato ai Wilco, da Fossati agli Elbow, da Benvegnù ai Mercury Rev. Nel 2011 esce il primo disco (a nome Nadiè), “Questo giorno il prossimo anno”, autoprodotto. Disco molto tenue, introspettivo che si aggiudica i favori della critica. Nel 2017 esce il secondo album, (a nome Nadiè) “Acqua alta a Venezia”, (Terre Sommerse/La chimera dischi). Disco rabbioso, dai toni dissacranti, accolto benevolmente dalla critica. Nel 2025 esce il loro album d’esordio a nome La Classe Dirigente, dal titolo “Termini per una resa” a cura dei produttori Toni Carbone e Roberto Vernetti.
TRACKLIST: 1 Pronti inconsistenza via; 2 Conosci te stesso; 3 Il giorno di un altro; 4 Il tuo mondo 20×20; 5 Salutarsi; 6 Conosco bene il karate; 7 Di lunedì; 8 Mai abbastanza; 9 L’ultima lezione; 10 Francesco ha abbandonato.
1. Pronti inconsistenza via. ”L’inconsistenza è la malattia della vita”, racconta Giovanni Scuderi, voce e chitarra del gruppo. “Quella non vissuta, che non lascia traccia. L’inconsistente non si espone, non prende posizione. È amico di tutti e di nessuno, e quando capita di festeggiarlo, lui è sempre assente. Ma nessuno se ne accorge”. Il brano è uno sguardo tagliente su un atteggiamento diffuso nella società: il non esporsi mai, il non scegliere, il restare immobili mentre il mondo si muove. Il tutto incorniciato da un sound che alterna momenti energici e passaggi più rarefatti, creando un equilibrio tra impatto emotivo e ricerca melodica.
2 Conosci te stesso. Il brano è un invito alla riflessione e alla ricerca del proprio io, lontano dalle logiche di conformismo che spesso dominano la società. Giovanni Scuderi, voce, chitarra e principale autore del gruppo, lo definisce come un inno all’anticonformismo: «Abbiamo voluto proporre un viaggio interiore, in cui ogni cosa si riflette nella coscienza dell’individuo. Un modo per dire: smetti di farti omologare, trova te stesso». Il risultato è un singolo che mescola liriche intense a un arrangiamento musicale ricercato, impreziosito da un’orchestrazione che aggiunge una dimensione epica al brano.
3 Il giorno di un altro. Il giorno di un altro è un brano che parla della disillusione. La morte vera è l’imitazione della vita. Non avere un pensiero critico, uniformarsi soprattutto quando si vive la vita degli altri, croce e delizia di molte esistenze. “Tu dici che è Gospel ma poi è soltanto una chiesa…”, una riflessione a guardare più a fondo e capire che ognuno di noi viene al mondo per fare l’esperienza in prima persona senza mai demandare. La morte è sempre un giorno sbagliato, è il giorno di un altro.
4 Il tuo mondo 20×20. Il brano parla di un rapporto dove vince la quadratura, la visione limitata di uno dei due protagonisti. Affrontare i problemi, avere le risoluzioni con una visione ridotta e deformante e, spesso, il motivo principale di rottura. Non avere l’elasticità di capire e definire, trovare soluzioni a largo respiro, prendersi il giusto tempo, scoprire il sesso per coprire l’amore, avere attenzione solo per le proprie cose, del proprio mondo. Tutto cosi stretto, compatto, come le casette ikea, il nuovo mondo, 20×20, in sconto.
5 Salutarsi. Il brano si rivolge alla fine di una storia che ha come epilogo la cosa più ovvia, il saluto. Ci sono molti modi di salutarsi.. dopo aver rifatto un letto, da perfetti sconosciuti, salutarsi per cognome, alla stazione quando non c’è più emozione per un sentimento che è svanito. Ma soprattutto, il saluto è la sostituzione di un vecchio passato un nuovo futuro, nei sentimenti, nell’amicizia, nel modo di comprendere le relazioni. Una rinascita, nel bene e nel male.
6 Conosco bene il karate. Chi attacca si difende. È una massima psicologica nei rapporti. Il karate nasce come un’arte marziale di difesa, una metafora sui rapporti che spesso subiscono i colpi bassi di rinfacciamenti, orgoglio e prese di posizione. Il colpo sotto la cintura è una chiara simbologia della mancanza dei modi, i veri pilastri di una relazione.
7 Di lunedì. Lunedi è il primo giorno, il giorno dove ricomincia il quotidiano, la routine. Ed è proprio in questi frangenti che si sente di più una mancanza. Mi hai lasciato di lunedi dove tutto ricomincia da Te, dalle speranze, dalle convinzioni che tutto sembri immutabile, l’amore per sempre. Ma non è cosi, bisogna sempre essre malleabili ai cambiamenti, anche i più dolorosi, anche i più impensabili.
8 Mai abbastanza. Il brano parla di un sentimento non ricambiato, dove da una parte c’è la voglia di darsi completamente, incondizionatamente, mentre dall’altra c’è il totale disinteresse. Nonostante tutti gli sforzi, quello che si fa per l’altro non è mai abbastanza. Abbandonare gli amici, cambiare casa, modo di vestire, annullarsi fino a scomparire.
9 L’ultima lezione. L’ultima lezione è una sentenza. Non tutti arriveranno preparati all’ultima lezione. Nell’ultima lezione non ci saranno maestri, non ci sono posizioni, svaniranno convinzioni e strutture culturali, ma resterà il dubbio, l’unica cosa di cui ti puoi fidare. Il dubbio è la fonte principale di una certa evoluzione personale. In mezzo alle distorsioni materiali di vite messe in pausa, vite con solo la presenza, c’è sempre chi invece è arrivato ad una consapevolezza che l’ultima lezione è uno specchio di se stessi.
10 Francesco ha abbandonato. Il brano affronta il suicidio di una ragazzina, realmente accaduto. Cambia il nome, al maschile, per rispetto e per depistare la sorgente e l’origine, ma non il senso profondo del dramma dell’inadeguatezza alla vita. Francesco ha abbandonato la chat della vita, dove ogni giorno c’è chi viene aggiunto e chi abbandona. La troppa vita ha vinto su Francesco che finisce caduto e dimenticato nel tempo, mentre è proprio la vita, beffardamente, a tenersene il ricordo.
Con Punti che si uniscono, uscito il 20 gennaio 2025, Bastiano — nome d’arte di Luca Bastianello — firma un esordio che sorprende per autenticità, delicatezza e profondità emotiva. Un album che scava dentro, senza alzare mai la voce, e che trova la sua forza proprio nella scelta di raccontare il fragile invece del roboante.
A prima vista, Bastiano potrebbe facilmente ingannare: i lunghi dreadlock e l’aria da viaggiatore controcorrente evocano subito mondi legati al reggae, ai centri sociali, a un immaginario ribelle e festoso. E invece Punti che si uniscono prende una direzione opposta, tutta interna, quasi timida. È un disco che parla a bassa voce, che invita ad ascoltare, non a saltare. Un lavoro che costruisce uno spazio intimo dove l’apparenza si sgretola per lasciare posto alla sostanza.
Questo disco è, in fondo, un manifesto per i timidi. Per chi fatica ad accettare i propri difetti, per chi si sente fragile, per chi si sente solo in un mondo che ci vuole vincenti, impermeabili, forti a ogni costo. Bastiano offre invece una visione diversa: quella di una fragilità che non è debolezza, ma risorsa; che non è vergogna, ma una forma possibile di verità. Questo senso di discrezione e autenticità si distingue ancora di più se si guarda al contesto sociale e culturale in cui Bastiano è cresciuto. In Veneto, negli ultimi anni, si è consolidata una scena musicale molto coesa, a tratti forse anche esclusiva, costruita su appartenenze forti. Bastiano sembra scegliere consapevolmente di rimanere ai margini di queste logiche: il suo è un percorso personale, slegato dalle etichette di scena, un cammino che privilegia la ricerca interiore piuttosto che il posizionamento identitario.
Otto tracce raccontano le “umane deviazioni” e i “luoghi di distrazione”, come li definisce l’autore stesso: piccoli e grandi momenti in cui ci si perde, si cambia rotta, si cerca un altro modo di essere. Il titolo stesso è una metafora di questi percorsi imprevisti che finiscono per dare forma, retrospettivamente, a un disegno che prima sembrava incomprensibile.
Musicalmente, Bastiano si muove su coordinate cantautorali, con arrangiamenti essenziali ma mai spogli. La produzione, curata insieme ad Alberto De Rossi e con il contributo del batterista Alessandro Lupatin, costruisce una veste sonora morbida e coerente, capace di dare respiro ai testi senza soffocarli. Tra i brani più significativi, “Stampalia” apre l’album come un piccolo manifesto, con suoni che si allargano in orizzonti sonori lievi; “Il monologo” si presenta invece come una riflessione acustica, rapida e sincera, mentre “Dimmi cos’è” sorprende con orchestrazioni più ricche e strutture sonore sovrapposte. “Falangi“, infine, usa il pianoforte e un senso drammatico della progressione musicale per costruire un climax emozionale che resta impresso.
Il risultato è un disco che non rincorre mode, né algoritmi, ma si affida all’empatia, all’ascolto e alla sincerità. Un lavoro che nella cultura musicale contemporanea — dominata dalla velocità, dalla superficialità, dalla necessità di piacere a tutti i costi — non trova né mercato né spazio.
E proprio per questo, Punti che si uniscono è importante: perché resiste, e resistere oggi è già un atto politico. Fare un disco così, fragile e autentico, è scegliere di andare controcorrente, di opporsi a un sistema che premia solo chi urla più forte o si vende più velocemente. È affermare che esiste ancora spazio per la lentezza, per l’introspezione, per la cura, in un mondo che vorrebbe tutto immediato, omologato, dimenticabile.
Bastiano firma così un debutto che non chiede di essere consumato, ma accolto. Un piccolo atto di coraggio, che parla a chi non si rassegna a vivere in superficie. Un disco che, silenziosamente, fa politica: la politica gentile e radicale di chi crede ancora nella forza delle emozioni vere.
Con nomi cose città, uscito il 18 aprile 2025 per Bradipo Dischi, Moretti firma il suo secondo lavoro discografico, confermando il talento di un autore capace di coniugare l’eredità dei grandi cantautori italiani con una sensibilità tutta contemporanea. In nove tracce, Moretti costruisce un universo narrativo che intreccia ironia e malinconia, leggerezza e profondità, in un equilibrio raro da incontrare oggi, in questi nostri giorni frenetici, dove i numeri e il successo spicciolo dei social ci costringe ed essere immediati, diretti, spesso banali, a costo della viralità di qualche secondo.
Fin dalle prime note è evidente il suo dialogo ideale con maestri come Roberto Vecchioni e Lucio Dalla (innegabile e apprezzata influenza): dai primi eredita la densità letteraria dei testi, dai secondi la capacità di raccontare storie personali trasformandole in emozioni universali. Ma nomi cose città non si limita a guardare al passato: è un disco profondamente radicato nel presente, nei nostri caffè solitari e nostalgici, nelle case dei fuori sede, nella solitudine intellettuale di chi si rifugia nella musica, capace di parlare la lingua di una generazione che ha perso ogni certezza ma che continua a cercare autenticità, bellezza, verità – in piccoli bagliori, come è questo disco..
Il linguaggio di Moretti è infatti diretto, quasi colloquiale, e riesce a rendere vivi anche i riferimenti più colti. Gli arrangiamenti sono volutamente essenziali: chitarre, qualche tocco di fiati, pochi effetti. Ogni suono sembra scelto con la cura di chi sa che l’emozione autentica nasce spesso dallo spazio vuoto, dal silenzio lasciato respirare. La produzione è calda e asciutta allo stesso tempo, analogica, coerente con il messaggio del disco: in un’epoca di perfezione artificiale e sovra-produzione digitale, Moretti preferisce un suono che si sporca, che traballa, che accoglie, che vive.
In questo senso, Moretti agisce come un moderno Pavese: racconta l’inquietudine, il bisogno di autenticità, la solitudine esistenziale che animava lo scrittore piemontese, ma lo fa con strumenti e sensibilità contemporanee. Come negli hipster di oggi, nella sua poetica si avverte la nostalgia di un passato forse mai esistito davvero, un culto del vissuto, dell’imperfetto, del non immediatamente consumabile. Non è un caso che anche tutta l’estetica visiva del progetto sia stata pensata per sottolineare questa coerenza: tutte le fotografie ufficiali di nomi cose città sono state scattate in analogico. Una scelta che va oltre il semplice stile vintage, diventando una dichiarazione d’intenti: cercare il vero, accettare il tempo dell’attesa, restituire dignità all’immagine imperfetta, lontana dai filtri e dalle patinature digitali.
In questo percorso di autenticità e indipendenza, Bradipo Dischi si conferma il compagno di viaggio ideale. L’etichetta milanese, lontana ancora una volta dalle logiche degli algoritmi e dalle ossessioni dei numeri che sembrano dominare la Milano musicale contemporanea, accoglie e sostiene un progetto che non chiede di essere consumato rapidamente, ma di essere ascoltato, vissuto, metabolizzato.
Tra i brani, spicca “Cesare“, uno dei singoli, omaggio delicato e struggente a Cesare Pavese. Un arrangiamento misurato, un sax che graffia senza sovrastare, parole che sanno essere leggere e pesanti allo stesso tempo: è forse il manifesto perfetto di un disco che non ha paura di mostrarsi fragile, complesso, profondamente umano.
Con nomi cose città, Moretti dimostra di essere una delle voci più interessanti e necessarie della nuova scena cantautorale italiana. Non per capacità di inseguire le mode, ma per quella, ben più rara, di costruire ponti solidi tra tradizione e presente, restituendo alla canzone d’autore il suo valore più autentico: quello di raccontare la vita, senza scorciatoie.
Con Orbita, uscito il 7 marzo 2025, Pellegatta firma un’opera che conferma la sua maturità artistica e prende una posizione netta: la musica – soprattutto quella fatta dalle donne – può (e deve) essere libera dalle dinamiche di mercato. È un disco che osa, che non chiede il permesso di esistere, e che proprio per questo colpisce e convince. Pellegatta è così: che non si inserisce in nessuna scena pre-esistente, che non si associa a nessun giro, a nessun locale, a nessun precedente, questo disco è un fulmine a ciel sereno, violento e improvviso, che va ascoltato prendendo un respiro profondo, e che non assomiglia a niente che sta circolando attualmente.
Prodotto da Paolo Iafelice e distribuito da The Orchard, Orbita è un concept album che esplora la trasformazione, il cambiamento e l’imprevisto. Le sonorità si muovono tra strumenti acustici e influenze elettroniche, espandendo la forma-canzone con naturalezza e modernità. Il cantautorato di Pellegatta non è per questo anacronistico: è radicato nella tradizione, ma parla con la lingua del presente, con i synth che ci avvolgono e ci conducono come se un’amica, Pellegatta, ci accompagnasse per mano nella sua vita.
È un disco profondamente personale, che ti dà l’impressione di conoscerla davvero. Ascoltando Orbita, si entra nel suo mondo interiore con discrezione ma senza filtri. Ogni brano è un frammento di vissuto condiviso, un invito a guardare da vicino, senza paura.
In un panorama musicale che spesso impone alle donne di aderire a canoni precisi – estetici prima ancora che sonori – Orbita è un gesto di rottura. È l’opposto del percorso, ad esempio, di cantautrici come Annalisa, che hanno scelto una svolta pop e un’immagine più sexy per ottenere maggiore visibilità. Pellegatta invece dimostra che si può essere femminili e libere senza doversi per forza sessualizzare, e che l’autenticità è una forma potentissima di forza.
E proprio questa autenticità è un atto politico. In un mondo che ancora tende a silenziare, addomesticare o modellare l’espressione femminile secondo logiche commerciali, Orbita sceglie un’altra via: quella della libertà, della complessità, della voce piena. È un gesto artistico, ma anche sociale e culturale, di rivoluzione timida.
Le collaborazioni con Sara Velardo (chitarre) e Francesca Sabatino in arte LAF (cori), unite all’artwork curato da Giulia Tondelli e alle fotografie di Enrico Maria Bertani, costruiscono un universo coerente e curato, dove ogni elemento è parte di un racconto unitario, quella di Pellegatta, con la sua urgente autobiografia musicale.
Orbita è un disco necessario, lo ribadiamo, per chi cerca nella musica verità, libertà, intimità. È la prova che un altro modo di fare cantautorato – più umano, più diretto, più libero – è non solo possibile, ma urgente.
LUCA PLOIA: “Fuoriquota”il terzo album del cantautore Ospiti:GATTO PANCERI, ERMINIO SINNI, SUPERDOWNHOMEe l’omaggio a Giorgio Gaber autorizzato dalla Fondazione Gaber.
“Fuoriquota” è il terzo album del cantautore bresciano Luca Ploia: undici canzoni inedite su CD e LP (con bonus track e sorprese) che spaziano in maniera istrionica tra il pop ed il jazz, tra il rock ed il blues, con testi ironici e divertenti, ma anche carichi di sentimenti ed emozioni per il cantautore dell’amor cortese. “Fuoriquota” è un gioco di parole ben rappresentato nell’intero artwork del progetto dove Ploia veste i panni di un pilota d’aereo per trasportarci nel suo mondo ora ricco di colore e luce (il colore bianco è dominante) in contrapposizione al precedente album “Nato nel medioevo” dove era predominante il colore nero in linea con il concept del titolo. Nel disco tanti ospiti d’eccezione: a partire dal noto cantautore Gatto Panceri nel brano “Lunatico’o”, il cantautore toscano ma romano d’adozione Erminio Sinni in “Notti insonni” (vincitore della prima edizione di “The Voice Senior”), i Superdownhome (artefici di un rural blues dal sapore internazionale) in “Ha ragione la vecchia”. In quattro brani del disco spiccano gli arrangiamenti dell’Orchestra del Cinema di Roma, diretta dal maestro Richy Rossini,che ha eccezionalmente accompagnato il cantautore bresciano.
Ultima curiosità: l’omaggio a Giorgio Gaber in “Vengo a prenderti stasera” con un sampler originale, concesso grazie alla Fondazione Giorgio Gaber, estratto dalla celebre “Torpedo blu”. Registrato al MacWave Studios di Brescia da Paolo Costola, mixato e masterizzato da Lorenzo Cazzaniga all’Alari Park di Cernusco sul Naviglio. L’intero album è prodotto da Antonio Giovanni Lancini (co-autore di tutti i brani e anche arrangiatore)e Paolo Salvarani.
BIOGRAFIA Luca Ploia è un cantautore nato nel Medioevo (1969) a Brescia. Dopo aver studiato canto, pianoforte, teatro ed aver compiuto mille lavori, lascia la musica in secondo piano per sviluppare l’arte della pasticceria. Coltiva da sempre una passione per le canzoni italiane avendo sempre come riferimento il “Festival della canzone di Sanremo”. Dopo un primo album autoprodotto “Bellissimo” (2016) continua a scrivere canzoni e melodie abbozzate fino al 2019 quando conosce Paolo Salvarani (produttore) e Antonio Giovanni Lancini (arrangiatore e produttore), con i quali inizia una collaborazione per la realizzazione di un progetto che lo caratterizzi e che ne esprima la sua vera essenza. Nasce così “Nato nel medioevo” pubblicato nel novembre 2021 e da cui sono estratti quattro singoli, “Buongiorno amore”, “La felicità è una questione di spazio”, “Proibito svanire” cantato in coppia con Stefania Martin e “Il mio grido per te”. Nel novembre 2023 pubblica il singolo “Ha ragione la vecchia” con ospite speciale la band ‘rural blues’ dei “Superdowhome”. A maggio 2024 esce il nuovo singolo “Tra le stelle della città” con l’Orchestra del Cinema di Roma. Nel luglio 2024 pubblica “Mangio disperato” terzo estratto dal nuovo album “Fuoriquota”. Il quarto singolo è “La tua danza segue il sole” mentre “Fuoriquota”, oltre alla versione CD e LP, sarà su tutti i portali digitali dal 21 febbraio 2025