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Cosa c’è nella camera di Ali + The Stolen Boy

Da pochissimo è uscito “Garçon Raté”, il disco di debutto del progetto Ali + The Stolen Boy. Un viaggio personale attraverso la visione di Alix, cantautorə e artista cresciutə tra l’Italia e la Francia.

Alix si trasferisce a Parigi in giovane età, e studia letteratura, arti visive, recitazione e danza. Vive a Montmartre in un minuscolo appartamento, alternando mille lavori, mentre esplora lo stretto legame tra musica e performance. Parigi non è una semplice casa: diventa un luogo dove si intrecciano ricerche artistiche, personali e politiche. È da questa intersezione che nascono la sua scrittura e la sua musica. La voce di Elza Soares e Cesaria Evora, il suono di Mayra Andrade e Dino D’Santiago, e il mix musicale di Lisbona lə porteranno poi nella capitale portoghese, dove la sua scrittura si impregna degli incontri fatti con artistə, collettivi queer e attivistə. Tra Lisbona e Londra, scrive canzoni in portoghese, italiano e inglese, canta nei bar e collabora con altrə artistiə.

Noi come sempre ne abbiamo approfittato per fare un salto a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Questa è la mia icona profana, che mi porto nelle varie case in cui vivo. È un ritratto fatto da Peter Hujar, fotografo New Yorkese morto negli anni ’80 di AIDS. Omosessuale, persona con HIV, artista che ha ritratto le comunità trans, queer marginalizzate di New York degli anni ‘70 e ‘80. È stata una delle voci più importanti di artisti e di movimenti che si sono autoprodotti ai margini delle istituzioni, almeno in quelli anni. Insieme a personalità come Divine, Susan Sontag, William Burroughs, David Wojnarowicz e Robert Mapplethorpe, hanno inventato un’estetica che è importantissima per me. Ho preso questa riproduzione in una mostra a Londra quando vivevo lì qualche anno fa. Le fotografie di Peter Hujar hanno un lato bohémien, celebrano la bellezza di chi sta ai margini, sono sfacciate, ironiche, e mai accomodanti. È una poetica che avvicina molto Parigi a New York. 

Ce l’ho sempre vicino alla mia tastiera. Mi ricorda il mio percorso, da autodidatta. Quando compongo nuovi pezzi o suono, è un’estetica che continua a ispirarmi. È un modo per ricordarmi da dove ho imparato a fare musica, a dare un senso a quello che faccio. Le persone che mi hanno insegnato l’arte sono questə artistə 

Questo unicorno fosforescente è legato all’ultima data dell’ultima tournée nel 2019, con un colletivo di performing arts che ho co-fondato a Parigi. Ci siamo regalati questi unicorni fosforescenti prima di scioglere il collettivo. Lo sposto sempre in casa mia, quasi inconsciamente, dalla tastiera, al bagno, in cucina, me lo ritrovo accanto al letto. È una sorta di animale guida che mi accompagna e che è profondamente legato alle persone con le quali ho condiviso anni di ricerca artistica. E poi è troppo carino, no? Brilla un sacco la sera. 

Questa è la cornetta con cavo jack che utilizzo nelle call di lavoro. Odio le earbuds, mi mettono ansia e mi ricordano gli uomini che lavorano nella finanza. Una parte del mio lavoro è la direzione artistica, e con il COVID le call su Zoom si sono moltiplicate, quando parliamo di un videoclip, o parlo con la produzione, o delle residenze di lavoro in studio, o di budget di promozione… io parlo nella mia cornetta leopardata comprata anni fa a Londra. Quando si tratta di business, mi sento più Britney Spears che Steve Jobs.

Monk! La mia relazione segreta. Questo disco di Thelonious Monk è il disco che forse ho ascoltato di più, dall’adolescenza in poi, nei momenti di insonnia, di paura. È un disco che ascolto in assoluta solitudine, e ho bisogno di avere la copia fisica del cd, come un libro. Monk era un personaggio misterioso, un musicista geniale, parlava pochissimo, lasciava suonare la sua musica, la sua improvvisazione. Anche quando sembra che stia facendo le cose totalmente a caso, c’è una scrittura fortissima dietro. Quanto la sua musica e il suo personaggio fossero improvvisate o studiate a tavolino, quanto ci fosse di ironico o di serio, non lo sapremo mai. E questa cosa mi intriga, crea dipendenza. La mia relazione con Monk è molto irrazionale, il mio cervello funziona in maniera quasi jazzistica, ha il ritmo, l’armonia e la dinamica delle sue composizioni. Se il mio modo di pensare e di sentire istintivamente le cose che vivo fosse musica, sarebbe quella di Thelonious Monk. 

La mia Kitty… è una maschera a LED che abbiamo usato nel video di Garçon Raté, uscito a maggio, è un elemento che mi porto dal set. Mi diverte un sacco girare i video dei miei pezzi. Il video di Garçon Raté l’abbiamo girato a Parigi, e c’erano diverse amiche e amici. In alcuni momenti mi sembrava di essere in una delle nostre solite feste a casa di unə di noi, o a un ballo in maschera… stare insieme e divertirsi è molto importante per me. È in queste serate che ho imparato a sperimentare sul mio corpo, a giocare con la mia identità di genere. Nel video di Garçon Raté c’è un po’ questo gioco nello stare insieme. E se in questo momento mi chiedessero in che genere mi identifico, direi LED Kitty.  

Link Garçon Raté – https://www.youtube.com/watch?v=VvXthT3HxIQ