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Cosa c’è nella camera di Maëlys

STOCCOLMA è il nuovo singolo di MAËLYS, disponibile da domani 5 ottobre. Il brano apre il sodalizio con Futura Dischi, che continua così a esplorare tutti gli angoli della nuova musica italiana per comporre costellazioni di talenti destinate a brillare a lungo. Il progetto di Maëlys, moniker di Marilisa Scagliola, nasce nel 2017 con forti influenze esterofile che portano a un riuscitissimo debutto in inglese nel 2018 con il debut album Mélange: si aprono le porte di festival come  L’Acqua in Testa Music Festival, il Balcony Tv Fest al Monk di Roma, il Medimex, il Siren Festival, il Panoramica Festival in apertura a Joan Thiele, il Chiù Festival prima di Noga Erez, il Locus Festival come opening di Ghemon.

Stoccolma, così come tutti i nuovi brani del mio progetto attuale (spoiler), sono stati scritti a Bergamo, in una città che non è la mia ma che lo è diventata, tra due case e un trasloco. Probabilmente è proprio questo che mi ha portato ad indagare nella parte più profonda di me: cercare un rifugio e far diventare quel posto casa mia.

Qui sono stata ritratta da un mio caro amico nel bagno di quella che è stata la prima casa in cui ho vissuto quando mi sono trasferita. Ogni tanto mi rifugiavo lì dentro, quando ancora non avevo nessuno strumento lì con me a casa, e cantavo seduta per terra sfruttando la giusta acustica della stanza. Sì, so che sto barando: non è la mia camera adesso e né la mia casa, però ha fatto parte del percorso che mi ha portato a scrivere Stoccolma. 

Queste foto sono l’unica cosa che ho riportato esattamente nella sua forma originale così da come erano a casa vecchia a come sono ora: ordine, spago, nastro adesivo. Foto tutte storte e penzolanti di persone che mi hanno fatto diventare quella che sono oggi e che porto con me ovunque io sia, anche a 900 km di distanza da casa.

Il senso di Stoccolma parte proprio da qui: quando hai vent’anni tu un po’ lo sai chi sei e “sei la somma delle persone che frequenti di più”. Non è facile però capire se la strada che stai seguendo è la strada che fa davvero per te.

Questo angolo di camera mia è il mio preferito perchè è quello che più mi rappresenta: mille libri che ancora non ho letto (alcuni sì, dai) ma che continuo a comprare perché credo fortemente nelle storie altrui, un fico in ceramica che mi ricorda la mia terra regalatomi da una delle mie più care amiche, un promemoria gigante con scritto “Posmotrim” che in russo vuol dire “vedremo” e che è il mio monito personale per ricordarmi di vivere più serena, senza dover per forza avere il controllo su tutto.

E Stoccolma un po’ parla anche di questo: di quando un po’ ti crogioli nella tua condizione di incertezza per la strada che stai percorrendo e, seppur consapevole del fatto che si tratta di una gabbia, ami la tua gabbia come una vittima affetta da sindrome di Stoccolma fa col proprio carnefice.

Questo angolo imperfetto della mia mansarda racchiude tutti gli strumenti che tocco con la mia mano da autodidatta, timidamente, ma profondamente. Sulla mia tastiera uno dei mille quadernetti che ricopro di scritte, scarabocchi, accordi improvvisati e presi ad orecchio: mi piace buttare giù pensieri frammentari e poi ricomporli, mi piace cancellare e riscrivere tutto e lasciare segni neri ovunque. Scrivere sulle note dell’iPhone è certamente più ordinato, ma cancella silenziosamente tutto un vissuto e uno storico che fa parte di me e della mia scrittura.

Sì, sto barando anche con l’ultima foto perché non è la vista da camera mia, ma è la foto che più rappresenta Stoccolma. È l’alba della mia prima mattina di lavoro – un lavoro che non c’entra nulla con la musica: non avevo ancora scritto il pezzo ma non facevo altro che ripetermi “la mia direzione è forse altrove ma mi perdo dentro”.