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Perchè non capiremo il nuovo album di Andrea Poggio (che è anche troppo bello)

Quello che ha pubblicato Andrea Poggio questo venerdì non è solo un disco ma un piccolo mondo a sè, e per noi che ormai siamo schiavi di algoritmi e inserimenti in playlist forse non è un disco comodo: non è collocabile, perchè troppo intellettuale per Indie Italia, troppo sofisticato e tranquillo per Rock Italia, troppo maturo per Fresh Finds e tanto altro. E questo solo se consideriamo le playlist più celebri su Spotify, ma potremmo andare avanti all’infinito a. sondare ogni posizionamento editoriale possibile sugli store digitali, e non ci sarebbe una casa adatta a quello che è “Il futuro” di Andrea Poggio.

E siamo qui, come in quella situazione che è “Parole a mezz’aria“; probabilmente il pezzo più rappresentativo del disco: la pioggia estiva in città, la settimana del Miami (si dice proprio che siamo al 24 maggio, nel testo del pezzo), e noi innamorati persi ad aspettare quella ragazza che comunque non. è più nostra, mentre i nostri amici sono in coda al Magnolia. Non è proprio così ovviamente, ma è così che ci piace pensarlo. Andrea Poggio, complice la sirena Adele Altro che non tarda ad ipnotizzarci, ci porta nel suo mondo dove solitari personaggi urbani viaggiano su tastiere e ritmi in battere. Paolo Conte, Franco Battiato, ma anche i Devo, gli Sparks e quella placida follia di chi è una rockstar senza mai spettinarsi, di chi non si espone mai troppo, rimanendo abbottonato nella canzone d’autore. “Il futuro” è una bellissima scatola che contiene un immaginario à la Twilight Zone, case americane colorate tutte uguali, un’apocalisse imminente, un po’ cinismo e tanta bellezza che forse non capiremo mai. Perchè in realtà il problema di fare una recensione di questo disco, è che ci sentiamo costretti a trovare riferimenti, a pressare e incastrare una visione (quella del futuro) nei canoni, quelli delle playlist che dicevamo, che in realtà qui appaiono già più che superati.

E tra le stradine di Milano, voliamo fino in Sudamerica, nelle metropoli dove invasa il mercato, dove c’è un silenzio come per incanto. Questo disco è per i viaggiatori, per chi non conosce i nomi di chi suona al Miami, di chi non riesce a stare al passo con le nuove uscite, per chi è introverso e non riesce facilmente a dire ti amo. E noi non diremo che Andrea Poggio lo amiamo, ma diremo sicuramente che lo seguiamo nel futuro dipinto con gli acquerelli, che non lo capiamo troppo, ma solo perchè siamo ancora nel passato (tendenzialmente in coda al Miami).

RM