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Il lockdown secondo Florilegio

Florilegio è la creatura musicale di Matteo Polonara.
Inizia il suo progetto cantautoriale nel 2015, girando con le sue prime canzoni tra Marche ed Emilia-Romagna. Si stabilizza a Bologna, dove è immerso nella costante ricerca di sé e di una propria dimensione. Matteo scrive per connettersi con il pianeta Terra, perché da sempre è timido e introverso. Le sue storie sono autobiografie sentimentali, costruite con immagini dense e sguardi non convenzionali.

Dal 2016 collabora con il Mataara Trio, trio di supporto live e in studio, con cui ha tessuto le giuste ambientazioni per le sue storie. Si ritrovano a suonare un po’ dappertutto, tra bettole e festival, ricevendo anche riconoscimenti nazionali e condividendo il palco con band come 99 Posse, Fast Animals and Slow Kids, Olly Riva & the SoulRockets, Veeblefetzer.

A Marzo 2019 esce “Nella Vasca o Nel Giardino di Fianco?”, disco d’esordio autoprodotto registrato presso lo studio “Produzioni Fantasma” e uscito per Revubs Dischi, anticipato dai singoli “Sirene” e “La Partenza”. La canzone “Muto.”, tratta dal medesimo disco, viene scelta dai Modena City Ramblers, per comparire nel lato B di uno dei vinili della collana Sonda Club, indetta dal Centro Musica di Modena.

Nel 2021 Matteo sceglie di lasciare alle spalle il passato, abbandonando il suo nome e cognome, per tramutarsi e rigenerarsi. Da qui nasce Florilegio, una ragnatela di suoni e parole tessuta con la collaborazione del Mataara Trio e Pierpaolo Ovarini con cui attualmente sta producendo e registrando il suo nuovo lavoro presso il Nufabric Basement Studio.

Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Ciao! Cerco ogni giorno di tenermi il più impegnato possibile. La mia routine consiste nel cercare di non avere una routine precisa. Dallo scoppio della pandemia ho cercato di far fruttare il meglio possibile questo tempo sospeso. Principalmente suono, scrivo, studio, leggo, creo cose, cerco di nutrire e dare libero sfogo alla mia fantasia e creatività. Questo periodo mi è servito per prendermi del tempo, per pensare e ripensare a me e alla mia vita, diciamo riorganizzarmi. Nell’ultimo anno ho anche ripreso gli studi all’Università e dello strumento. Inoltre, ho per le mani diversi progetti di natura musicale differente, alcuni hanno già visto la luce, altri si realizzeranno nei prossimi mesi.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale?

Considera anche solo il fatto che sono nato il 29 febbraio, il mio compleanno c’è ogni quattro anni e l’anno scorso non l’ho potuto nemmeno festeggiare in grande stile! A parte gli scherzi, appena prima dello scoppio della pandemia ero riuscito a chiudere un minitour di una decina di date sparse per l’Italia, mi ci ero impegnato molto per organizzarlo e avrei suonato in città dove non sono nemmeno mai stato: ovviamente tutto perduto. Senza contare che, in ogni caso, ha rallentato più o meno qualsiasi cosa che ho fatto, e le cose che non ha rallentato le ha rese più complesse. Ma mi ha dato molto tempo per pensare, per riflettere e capire davvero quali sono le cose importanti. In realtà, dal punto di vista emotivo e personale, questa pandemia mi ha fatto crescere molto, mi ha fatto capire in profondità molte di me e di ciò che mi circonda.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

Escludendo il mondo fuori che andava in frantumi, ho un bellissimo ricordo della primissima quarantena. È stato un momento molto divertente e creativo: vivo con la mia ragazza in un monolocale minuscolo in centrissimo a Bologna, ci siamo divertiti a improvvisare ogni giorno come se fosse un’avventura! Sarà perché era una cosa nuova e che non si sapeva bene quanto sarebbe durata… c’era una sorta di curiosità. Inoltre, mi è servita per avere uno stacco dalla realtà che mi circondava. “Tende” nasce proprio anche da questo: dal fatto che molto spesso non riesco a stare al mondo e mi sento un alieno, una persona difficilmente adattabile alla società. Perciò, la prima quarantena mi è servita anche per riprendere un attimo fiato. Molto diversa, invece, questa seconda ondata che è stata molto più stancante e nociva.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

In realtà no. “Tende” l’ho scritta quando ancora non immaginavamo nemmeno che una pandemia globale stesse per irrompere nelle nostre vite e che le stesse per travolgere in modo drastico, credo fosse Dicembre o Gennaio 2020. “Tende” è un invito rivolto a me stesso a lasciarmi vivere, a buttarmi di più, a essere più leggero. Spesso penso tanto, troppo, prima di fare qualsiasi cosa e anche mentre la sto facendo, in questo modo poi spesso perdo di vista il momento e l’istante. Il brano è un auto-esorcizzarmi. Ho un animo molto fragile e sono per natura estremamente empatico e misantropo, non è sempre molto semplice vivere così. Quindi diciamo che è un autoinvito a vivere di più, a credere di più in me stesso e in quello che faccio. A chiudere gli occhi e lasciarmi trasportare dal vento. È per dirmi di smetterla di auto criticarmi per ogni cosa e vedere sempre tutto nero, o comunque più scuro di quello che è davvero. Le tende sono anche una metafora dei miei occhi, come se mi dicessi: “guarda oltre ciò che vedi”.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa?

Non mi ricordo più com’era vagare sotto i portici di Bologna la notte. Perdersi tra un giorno e quello dopo. Vedere le cose con la luce del buio che è molto più affascinante. Insomma, vivere alla luce della luna, che preferisco a quella del giorno. Oltre a questo, mi manca suonare per qualcuno, non importa dove o come, ma è proprio la sensazione che stai suonando e c’è qualcuno a poca distanza da te che è lì e ti sta ascoltando. È lo stare sopra, sotto, dietro, di fianco a un palco (e le birre dopo concerto!). Inoltre, vorrei fare un bel viaggio immerso nella natura, vedere le stelle sul prato, andare a teatro e al cinema. Niente mi riempie di più il cuore.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Onestamente così su due piedi no. Ma meglio così… significa che è stata una bella serata se non la ricordo!