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Elettronica Indie Internazionale Pop

Il lockdown secondo Hesanobody

Esce venerdì 30 aprile 2021 il nuovo singolo di Hesanobody per Street Mission Records (etichetta londinese distribuita da [PIAS]). Si tratta del primo nuovo estrato dal nuovo e conclusivo capitolo della trilogia di EP iniziata con The Need To Belong e The Night We Stole The Moonshine, in uscita quest’estate. Il progetto solista di Gaetano Chirico torna con il suo inconfondibile cantautorato electro-pop di respiro internazionale. The Necessary Beauty è un risveglio dopo una serie di sogni e incubi, un ritorno alla realtà che ritrova il protagonista a fare il punto della sua vita, confrontandosi con domande retoriche, inutili, che rischiano di ingigantirsi intralciando il suo cammino, una preghiera fragile per ritrovare una via che rendiamo inconsciamente impervia, auto-sabotandoci.

Gli abbiamo chiesto come ha passato il lockdown!

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Sto passando questo periodo sforzandomi di renderlo il più normale possibile. La mia routine non è cambiata tantissimo, “semplicemente” molte cose che prima facevo di persona, adesso son costretto a farle da casa davanti ad un computer e qualsiasi serata con altre persone, che sia fuori o a casa, deve terminare entro un certo orario. È di sicuro alienante, anche per una persona che ama molto stare a casa come me. Più che altro a seconda del momento mi capita di vivere male e con fastidio l’impossibilità di scegliere, di avere alternative.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale? 

Li ha di certo rallentati parecchio. Già l’anno scorso ero pronto a pubblicare un singolo in primavera, ma le chiusure, le limitazioni e l’incertezza hanno bloccato qualsiasi cosa, facendomi ripensare a tutto il mio nuovo lavoro. Mi auguro in meglio!

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

Chiuso in casa, per fortuna non da solo come molta gente. Con la mia ragazza ci siamo accodati alle innumerevoli persone che hanno deciso di darsi alla panificazione, ma solo dopo aver lottato per settimane alla folle ricerca del lievito.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

‘The Necessary Beauty’ è sostanzialmente una preghiera. Un’esortazione a non lasciarsi sopraffare dalle aspettative che noi stessi e gli altri riponiamo sul nostro percorso di vita, a non auto-sabotarci cercando risposte alle domande sbagliate. Ho iniziato a scriverlo nel maggio del 2019, dopo di che l’ho lasciato sedimentare fino all’estate scorsa, quando sono riuscito a trovare la veste definitiva grazie all’aiuto di Federico Ferrandina, il produttore della traccia.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa?

Non aver paura di abbracciare familiari e amici, ma son fiducioso si tratti solo di pazientare ancora per poco.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Quest’estate nella mia città natale Reggio Calabria. Ho passato diverse di serate pseudo-normali e senza limitazioni dettate da coprifuoco. Non vedo l’ora si possa tornare a farlo.

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Internazionale

Il lockdown secondo Henna

Esce venerdì 23 aprile 2021 Au Revoir, il nuovo singolo di Henna.
Vi presentiamo la cantautrice valtellinese ma di stanza a Milano, tra i 16 finalisti della nuova edizione di Musicultura, con un nuovo capitolo che ci porta nel suo personalissimo mondo subacqueo dove le influenze del cantautorato indie si contaminano di elementi di folklore e di sonorità più vintage. Questo brano è un viaggio on the road in Europa, tra Francia, Italia e Germania, con il cuore spezzato e una salvifica autoironia, che diventa spesso la nostra migliore amica.

Au revoir è un brano nato per scherzo e alla fine è davvero uno scherzoso modo di dire che stai bruciando dentro. A volte mi viene difficile spiegare le cose per come le sento davvero, in questo caso il modo migliore per esorcizzare mi sembrava portare il concetto all’esatto opposto: ci avrei sicuramente pianto e quindi mi metto nella condizione di riderci su. Posso dire che l’ironia è un’amica bestiale.

Le abbiamo chiesto di raccontarci il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?
Non sono grande fan della routine eppure questo periodo mi ha portata nel loop. Un boomerang di situazioni, posti, persone, pasti, bevande, parole e canzoni. Niente serate, niente live, niente nuove persone con cui scambiare conversazioni sul senso della vita durante serate senza aspettative, niente. La fortuna vera è stata Musicultura: mi ha dato la possibilità di fare una cosa che aveva la parvenza di un viaggio e di suonare dal vivo in un teatro (concetto praticamente utopico ad oggi), questo si che è stato un privilegio.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale? 
Diciamo che l’infame è arrivata nel momento in cui dovevo (teoricamente) entrare a bomba nel mondo del lavoro, dopo gli anni di studio e il diploma, dopo aver passato il momento terribile di transizione in cui capisci che è finita la pacchia ed è arrivata l’ora di prendere la bici e pedalare ero veramente pronta per partire, avrei voluto fare tanto, adrenalina, progetti e idee a mille; direi che ci troviamo nella situazione perfetta per usare il modo di dire “mi ha messo i bastoni tra le ruote”. Però adesso il bastone l’ho congedato e pedaliamo.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?
Mi sento fortunata per essere rimasta bloccata a casa mia in Valtellina con i miei genitori e mia sorella. All’inizio ricordo che, non sapendo le tempistiche perché proprio non conoscevamo questo grande mostro, la vedevo come una sfiga l’essere rimasta lontana da Milano. Invece mi sono goduta la mia famiglia come non succedeva da anni, ci siamo ritrovati tutti e quattro insieme sotto lo stesso tetto come prima ed è stato un regalo preziosissimo. Ho lavorato molto durante il primo lockdown, in tutta quella tristezza e paura io potevo lavorare alla mia musica senza la pressione del tempo che passava, potevo permettermi di riprendere in mano delle cose che avevo lasciato al caso ed è stato un momento anche per dedicarsi a delle attività che non facevo da un po’ per questioni di priorità, come dipingere, ricamare e studiare per curiosità.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?
Au revoir è una canzone d’amore, l’ho scritta a fine 2016 in realtà. Ci sono le canzoni della buonanotte e questa ad esempio è la canzone del malocchio, e allora perché dico “canzone d’amore”? (domanda auto-posta nella domanda). Perché il narratore (aka io) è nella fase del cuore spezzato in cui gliele vuoi augurare tutte, che poi alla fine non è mai vero, ci si fa un po’ grossi per reggersi in piedi, però quello è stato un mio gioco per mandare via la sofferenza di quello che per me è stato un innamoramento particolare, un gioco che non voleva manco essere una canzone ma un esercizio di terapia che poi è diventato il mio primo singolo.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa? 

Ora mi mancano i contenuti. Mi sento privata della mia libertà (come tutti) a causa di questo stile di vita, io amo scrivere le canzoni, è proprio una cosa naturale e il fatto che io mi stupisca spesso delle cose, dalle più piccole alle più grandi è un tassello importante per il mio approccio alla scrittura. Ora ho poco da dire, poco da raccontare perché non succede un accidenti. Eppure mi sforzo ma tutto quello che scrivo ora proviene da un ricordo preso in prestito dal passato, non che mi dispiaccia perché comunque l’ho sempre fatto, ma ora non posso scegliere di scrivere di me nel 2021 perché questa pandemia mi ha mangiato le esperienze.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Se devo essere sincera non riesco a ricordare come fosse, pensare che questa estate non c’era il coprifuoco mi sembra assurdo. Ci siamo talmente tanto abituati a questa vita che quella vera sembra un ricordo offuscato. Il che è terribile. So solo che quando sarà finito tutto quanto non voglio vedere casa mia per qualche giorno.

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Indie Pop

Il lockdown secondo Florilegio

Florilegio è la creatura musicale di Matteo Polonara.
Inizia il suo progetto cantautoriale nel 2015, girando con le sue prime canzoni tra Marche ed Emilia-Romagna. Si stabilizza a Bologna, dove è immerso nella costante ricerca di sé e di una propria dimensione. Matteo scrive per connettersi con il pianeta Terra, perché da sempre è timido e introverso. Le sue storie sono autobiografie sentimentali, costruite con immagini dense e sguardi non convenzionali.

Dal 2016 collabora con il Mataara Trio, trio di supporto live e in studio, con cui ha tessuto le giuste ambientazioni per le sue storie. Si ritrovano a suonare un po’ dappertutto, tra bettole e festival, ricevendo anche riconoscimenti nazionali e condividendo il palco con band come 99 Posse, Fast Animals and Slow Kids, Olly Riva & the SoulRockets, Veeblefetzer.

A Marzo 2019 esce “Nella Vasca o Nel Giardino di Fianco?”, disco d’esordio autoprodotto registrato presso lo studio “Produzioni Fantasma” e uscito per Revubs Dischi, anticipato dai singoli “Sirene” e “La Partenza”. La canzone “Muto.”, tratta dal medesimo disco, viene scelta dai Modena City Ramblers, per comparire nel lato B di uno dei vinili della collana Sonda Club, indetta dal Centro Musica di Modena.

Nel 2021 Matteo sceglie di lasciare alle spalle il passato, abbandonando il suo nome e cognome, per tramutarsi e rigenerarsi. Da qui nasce Florilegio, una ragnatela di suoni e parole tessuta con la collaborazione del Mataara Trio e Pierpaolo Ovarini con cui attualmente sta producendo e registrando il suo nuovo lavoro presso il Nufabric Basement Studio.

Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Ciao! Cerco ogni giorno di tenermi il più impegnato possibile. La mia routine consiste nel cercare di non avere una routine precisa. Dallo scoppio della pandemia ho cercato di far fruttare il meglio possibile questo tempo sospeso. Principalmente suono, scrivo, studio, leggo, creo cose, cerco di nutrire e dare libero sfogo alla mia fantasia e creatività. Questo periodo mi è servito per prendermi del tempo, per pensare e ripensare a me e alla mia vita, diciamo riorganizzarmi. Nell’ultimo anno ho anche ripreso gli studi all’Università e dello strumento. Inoltre, ho per le mani diversi progetti di natura musicale differente, alcuni hanno già visto la luce, altri si realizzeranno nei prossimi mesi.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale?

Considera anche solo il fatto che sono nato il 29 febbraio, il mio compleanno c’è ogni quattro anni e l’anno scorso non l’ho potuto nemmeno festeggiare in grande stile! A parte gli scherzi, appena prima dello scoppio della pandemia ero riuscito a chiudere un minitour di una decina di date sparse per l’Italia, mi ci ero impegnato molto per organizzarlo e avrei suonato in città dove non sono nemmeno mai stato: ovviamente tutto perduto. Senza contare che, in ogni caso, ha rallentato più o meno qualsiasi cosa che ho fatto, e le cose che non ha rallentato le ha rese più complesse. Ma mi ha dato molto tempo per pensare, per riflettere e capire davvero quali sono le cose importanti. In realtà, dal punto di vista emotivo e personale, questa pandemia mi ha fatto crescere molto, mi ha fatto capire in profondità molte di me e di ciò che mi circonda.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

Escludendo il mondo fuori che andava in frantumi, ho un bellissimo ricordo della primissima quarantena. È stato un momento molto divertente e creativo: vivo con la mia ragazza in un monolocale minuscolo in centrissimo a Bologna, ci siamo divertiti a improvvisare ogni giorno come se fosse un’avventura! Sarà perché era una cosa nuova e che non si sapeva bene quanto sarebbe durata… c’era una sorta di curiosità. Inoltre, mi è servita per avere uno stacco dalla realtà che mi circondava. “Tende” nasce proprio anche da questo: dal fatto che molto spesso non riesco a stare al mondo e mi sento un alieno, una persona difficilmente adattabile alla società. Perciò, la prima quarantena mi è servita anche per riprendere un attimo fiato. Molto diversa, invece, questa seconda ondata che è stata molto più stancante e nociva.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

In realtà no. “Tende” l’ho scritta quando ancora non immaginavamo nemmeno che una pandemia globale stesse per irrompere nelle nostre vite e che le stesse per travolgere in modo drastico, credo fosse Dicembre o Gennaio 2020. “Tende” è un invito rivolto a me stesso a lasciarmi vivere, a buttarmi di più, a essere più leggero. Spesso penso tanto, troppo, prima di fare qualsiasi cosa e anche mentre la sto facendo, in questo modo poi spesso perdo di vista il momento e l’istante. Il brano è un auto-esorcizzarmi. Ho un animo molto fragile e sono per natura estremamente empatico e misantropo, non è sempre molto semplice vivere così. Quindi diciamo che è un autoinvito a vivere di più, a credere di più in me stesso e in quello che faccio. A chiudere gli occhi e lasciarmi trasportare dal vento. È per dirmi di smetterla di auto criticarmi per ogni cosa e vedere sempre tutto nero, o comunque più scuro di quello che è davvero. Le tende sono anche una metafora dei miei occhi, come se mi dicessi: “guarda oltre ciò che vedi”.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa?

Non mi ricordo più com’era vagare sotto i portici di Bologna la notte. Perdersi tra un giorno e quello dopo. Vedere le cose con la luce del buio che è molto più affascinante. Insomma, vivere alla luce della luna, che preferisco a quella del giorno. Oltre a questo, mi manca suonare per qualcuno, non importa dove o come, ma è proprio la sensazione che stai suonando e c’è qualcuno a poca distanza da te che è lì e ti sta ascoltando. È lo stare sopra, sotto, dietro, di fianco a un palco (e le birre dopo concerto!). Inoltre, vorrei fare un bel viaggio immerso nella natura, vedere le stelle sul prato, andare a teatro e al cinema. Niente mi riempie di più il cuore.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Onestamente così su due piedi no. Ma meglio così… significa che è stata una bella serata se non la ricordo!

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Indie Pop

Il lockdown secondo i Diletta

Esce oggi venerdì 23 aprile 2021 Capita, il primo singolo dei Diletta.
Venite a conoscere l’atipica pop band di Como che, reduce dalla compagna crowdfunding lanciata per ultimare i lavori del primo disco di prossima uscita Sacro Disordine, ci conduce per mano e con un’intro di chitarra nel mondo sconosciuto dove le cose, quelle che cerchiamo di programmare e controllare ogni giorno, spesso capitano e basta, senza una regia, senza un motivo: e così capita…

Le cose importanti nella vita, quelle belle e quelle meno belle, capitano così, senza preavviso e senza effetti speciali. Il brano “Capita” racconta di come la vita non sia un set cinematografico e di come le persone ricerchino ostinatamente un pò di magia tra la banalità del quotidiano e il desiderio di essere amati.

Per l’occasione, abbiamo chiesto a ciascuno di loro come ha passato il lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

JONATHAN  Pappe, pannolini, ninna nanna, lavoro e Diletta. Mi ritengo fortunato. Di professione sono educatore e non ho mai smesso di andare al lavoro. Inoltre sono diventato papà a settembre 2020 e questo (oltre alle famose notti insonni) mi sta regalando una gioia preziosa che supera l’angoscia per la pandemia. 

ANDREA Mi sveglio e aspetto che papà Jonathan mi porti la pappa e mi cambi il pannolino..poi brevissimo power nap e via al lavoro!

DESIREE Premettendo che sono abbastanza allergica all’ultima parola della domanda, le azioni ricorrenti delle mie giornate sono: lo studio universitario (di tecniche del suono), il DILETTO con gli strumenti che so suonare, la riflessione mentale, la comunicazione con gli amici, la creazione di nuova musica col mio computer. Insomma, nel mio sacro disordine, penso che non me la passo poi male!

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale? 

JONATHAN Sicuramente il progetto Diletta ha risentito di questa pandemia. Mi mancano le prove con i miei compari e mi manca suonare dal vivo. Speriamo di recuperare a breve. 

ANDREA Avevo in mente di aprire un chiringuito sulla Milano-Meda…che scherzo! Ahahah! Nessuno.

DESIREE Sicuramente mi è dispiaciuto passare alla DAD con l’accademia che frequento. Ho capito la bellezza del vivere la scuola più da vicino, scambiarsi conoscenze e condividere l’esperienza con i compagni di corso… sto sperando molto nel prossimo anno, che possa essere almeno un po’ differente.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

JONATHAN Mi ricordo l’irrequietezza e nello stesso tempo un senso di stordimento per qualcosa di assurdo/impensabile che stavamo vivendo. 

ANDREA Ricordo benissimo il senso di spaesamento: si può uscire o non si può uscire?

DESIREE Ricordo il mio compleanno verso fine marzo 2020. Mamma mi ha fatto una torta in casa e per quanto avrei voluto fare festeggiamenti esplosivi, ho vissuto momenti di felicità dati dalla semplicità e l’amore.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

JONATHAN Ho scritto Capita nel novembre del 2019. Ero a casa di mia mamma in compagnia di mia sorella che a tavola ci rivelò di essere incinta. Il suo modo naturale di dircelo, tra una forchettata di pasta e l’altra, mi ha colpito e da lì è scaturita la canzone il cui senso sta proprio nel dire che spesso le cose importanti capitano così, senza preavviso.

ANDREA Jonathan ha scritto Capita nel novembre del 2019, se non sbaglio. Mi pare fosse a casa di sua mamma, in compagnia di sua sorella. E così è nata Capita.

DESIREE Capita parla di qualcosa che ci accomuna tutti, qualcosa di così astratto ed essenziale che è forse difficile da esprimere in parole. È un inno alla bellezza dell’attimo e fa riflettere sulla valenza che possiamo dare ai diversi attimi che appunto ci capita di vivere.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa? 

JONATHAN La spensieratezza, il cinema, i concerti, ma ultimamente anche i DPCM di Conte…sono un nostalgico 

ANDREA I concerti con Conte: troppo occupato a scrivere DPCM, dice. Ma io lo so che con Mario ci esce 🙁

DESIRÉE I concerti (sia con la band, sia quelli da spettatrice), le serate fuori, avere molte più opzioni per riempire il tempo libero.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

JONATHAN Emmm…. no

ANDREA Sì. 

DESIREE Chissà cosa ho mangiato ieri… ahahah No, non ricordo…

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Internazionale

Il lockdown secondo Metcalfa

Esce martedì 23 marzo 2021Siolence (titolo che viene dall’incontro tra “silence” e “violence”), il disco di debutto di Metcalfa, già anticipato dal singolo Missing. Si tratta del mondo oscuro del progetto solista di Metello Bonanno, primo esponente della hybrid music, che viene finalmente svelato, che presenta un suono che mischia elettronica, influenze jazz, atipiche soluzioni timbriche e ritmiche: SIOLENCE, un incontro tra le parole “silence” e “violence”. La scelta di questo titolo vuole tradurre in parole quello che succede all’interno del disco e le sensazioni che, si spera, possa suscitare nell’ascoltatore. Attimi di pura quiete affiancati ad elementi più ruvidi, in modo da creare un interessante connubio sonoro.

Ecco come è andato il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?
Guarda, fortunatamente riesco a lavorare un po’ con la sala prove che gestisco presso il CEMM School of Music e con le lezioni di strumento. Inoltre sto lavorando a del materiale nuovo. La mattina alle 7 mi sveglio per allenarmi, il resto della giornata lo dedico alla musica e ai miei
progetti. Cerco di tenermi occupato e lavorare sulla mia autodisciplina.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale?
Bè, sicuramente diverse date che avevo in programma con due progetti sono sfumate nel nulla. Grossi progetti “fortunatamente” non ne avevo, quindi ho evitate uno sconvolgimento particolare da questo punto di vista.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?
La ricordo come un momento estremamente pacifico e per me anche molto edificante. L’ho passata in Toscana, dai miei. Ho continuato a studiare, a migliorarmi, a lavorare su ciò che era meno solido. Non posso assolutamente lamentarmi, in fondo stavo in aperta campagna e c’erano
anche un sacco di animaletti.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?
Ti riferisci a MISSING? L’ho scritto due anni fa, più o meno. In realtà non parla di un argomento unico, è più un insieme di emozioni che provavo, uno stato in cui ero al momento della scrittura del pezzo. Come recita il testo “I am far from Earth, and I like to be lost”, mi sentivo esattamente
in quel modo. Inoltre il testo è un omaggio a un gruppo che ho scoperto molto tempo fa, ma qui la storia si fa complicata.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa?
Suonare live.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?
Una delle ultime è stata quando mi sono mollato con la mia ex. Un anno decisamene allegro, non trovi?

foto di Simone Pezzolati

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Indie Internazionale Pop

Il lockdown secondo Kolè

Esce il venerdì 23 aprile 2021 Your Mouth, singolo di debutto di Kolè.  Un esordio che ci trasporta nel mondo onirico dell’atipica cantautrice romana classe 1993, che si lascia influenzare da Radiohead e Portishead, Moltheni e Afterhours, ma anche da Quantic Soul Orchestra e Fela Kuti. Un mix unico che ci porta nel territorio inesplorato all’interno di un esperimento sussurrato ed elegantissimo tra trip hop, funk e nu soul. Your Mouth è il primo capitolo di un EP di 5 pezzi di prossima uscita.

Kolè ci ha raccontato il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Cerco di definire per ciascuna giornata una tabella di marcia, non troppo fitta, di modo da continuare a coltivare le mie attività anche se secondo nuove e particolari modalità. Cerco ogni giorno di camminare per almeno un’ora e di tenermi in contatto con le persone a me più care. In particolare ho iniziato a sfruttare il tempo serale come momento per igienizzare la mente e lasciarle un respiro e ritmo più dilatato per poter coltivare senza fretta ciò a cui non riesco a dedicarmi durante il giorno e che coi ritmi passati mi vedevo costretta a procrastinare o lasciare incompleto.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale? 

Sicuramente sì. A cominciare dal non aver potuto concludere il mio percorso di studi “live”, non ho potuto salutare degnamente il mio ateneo e celebrare con momenti di festa degli avvenimenti importanti. A parte questo ho assistito all’inevitabile deroga di alcune prove concorsuali, come è naturale che sia.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

La trascorsi a suonare, studiare e allenarmi. Odio l’attività fisica ma mi accorsi che per qualche strano meccanismo alchemico mi rendeva felice, le endorfine suppongo. Il fattore non trascurabile che funse da jolly fu il fatto che dovevo concludere i miei studi in filosofia partorendo una tesi sperimentale, attività che grazie al cielo mi ha tenuto molto impegnata.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

Your mouth è un singolo che ho composto un paio di anni fa, nel 2019, in un periodo dove avvertivo una forte esigenza espressiva che volevo concretizzare senza farmi troppe domande sullo schema in cui farla confluire. È un pezzo molto semplice dai toni shoegaze dove emerge una certa purezza nel modo di vivere e sentire le cose, è una specie di poesia d’amore profondamente sentita ma al contempo leggera.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa? 

La musica dal vivo, le ragioni sono molteplici e lascerò spazio all’immaginazione di ciascuno. Di certo sentirmi libera fuori casa, intendo dire poter vivere le esperienze senza dovermi chiedere se sono le 22 o se posso spostarmi fino a x. È un esercizio che mi rende difficile rilassarmi e vivere con spensieratezza alcuni avvenimenti.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Sì. Anche se al momento è più il ricordo di una precisa sensazione piuttosto che di una serata specifica.

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Indie Pop

Il lockdown secondo Francesco Savini

Esce giovedì 15 aprile 2021 Bombe Nucleari, il nuovo singolo di Francesco Savini, fuori per Le Siepi Dischi, in distribuzione Believe Digital. Un brano che si muove dal mito di Narciso alle bombe nucleari. È con un salto temporale quasi kubrickiano che Francesco Savini affronta il testo del suo nuovo singolo, una riflessione sull’odissea nello spazio social in cui il nostro mondo si ritrova immerso ogni giorno. Uno spazio dove le persone diventano sempre più schiave dei social media e degli smartphone, pubblicando e commentando senza spesso dar peso alle parole che si utilizzano. Bombe nucleari è il singolo con cui Francesco Savini inaugura la collaborazione con l’etichetta Le Siepi Dischi e conferma la caratura dell’artista abruzzese nel ruolo di osservatore e cantore della generazione a cui appartiene, già assunto fin dal singolo d’esordio, Maratoneti. “Siamo animali sociali a cui piace stare anche da soli in mezzo alla gente” sono le parole che non a caso aprono il brano e che racchiudono in una sola frase il messaggio del testo.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui, sul lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Ciao amici!! Sto cercando di non pensare che “è uno strano periodo”. Sto scrivendo tanto, pianificando il lavoro, sto continuando a studiare e pubblico canzoni. La mia routine è molto semplice: mi sveglio, colazione con una puntata di qualche serie (perché ho bisogno di almeno un’ora per essere operativo al mattino), poi lavoro/studio e mi alleno prima di pranzo, oppure faccio una passeggiata al mare; poi nel pomeriggio lavoro/studio e dato che alle 21.30 il mio cervello si spegne passo la serata a giocare alla Playstation con gli amici. Devo dire di essermi quasi “affezionato” a questa routine ma dall’altra parte non vedo l’ora di tornare a fare tutte le cose che una volta reputavo “normali”.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale? 

L’arrivo della pandemia aveva sconvolto il mio piano di pubblicare il mio primo singolo a marzo 2020 (che se ci ripenso adesso credo mi abbia fatto anche un favore). Ma più di tutto la pandemia mi ha impedito di lavorare la scorsa stagione estiva e quindi tolto la possibilità di mettere da parte dei soldi da investire nel progetto. Però sto cercando di vedere in questa cosa un lato positivo: mi sono goduto la scorsa estate a pieno e, anche se “anomala”, credo sia stata una delle estati più belle di sempre (parlo per me naturalmente).

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

La primissima quarantena è stata un’esperienza traumatica all’inizio. Ho litigato in continuazione con la mia famiglia dato che mi ero disabituato a vivere con loro (sono 4 anni che vivo a Milano da solo). Poi man mano che le settimane passavano ho cominciato a ritrovare i miei spazi e, in fin dei conti, la seconda metà di aprile l’ho passata sereno e tranquillo. È stato un lockdown molto produttivo: ho scritto molte canzoni, ho finito la tesi, ho giocato tanto a tennis e fatto chiamate interminabili sulle piattaforme online!

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

Il mio ultimo singolo, “Bombe Nucleari”, parla di quanto le nostre vite siano sempre più condizionate dall’utilizzo dei social network e di quanto stiamo diventando incapaci di esprimerci nella vita “reale”. Ho scritto questo brano intorno ad ottobre, quasi parallelamente all’uscita del mio primo singolo “Maratoneti”. Era un periodo in cui dovevo passavo continuamente il tempo sui vari social stando attento sempre alle pubblicazioni per cercare di promuovere al meglio il mio brano (visto che non è possibile suonare). Quindi succedeva spesso che mi interrogavo su quanto tempo effettivamente stessi perdendo invece di scrivere nuove canzoni o lavorare sulla tesi dato che da lì a poco mi sarei laureato. Così è nata “Bombe Nucleari” e parla anche di quante volte ci nascondiamo dietro una tastiera senza pesare le parole senza ricordarci che dall’altra parte c’è un’altra persona.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa? 

Mi manca fare le cose senza dover poi pensare alle conseguenze. Mi mancano gli abbracci, mi manca viaggiare, mi manca sudare all’aria aperta per il caldo e non per delle mascherine che non fanno respirare. Mi rendo conto che tutte le cose che ho scritto si possono fare ad un concerto…

Dio come mi manca andare ai concerti e suonare dal vivo…

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

L’ultima serata che ho fatto post 22.00 è stata a Milano e ricordo che alle 3 di notte eravamo al McDonald’s di Cormano ad ordinare degli hamburger, con i finestrini abbassati e la musica a palla.

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Indie Pop

Il lockdown secondo i Queen Of Saba

Da poco è uscita Chiodo Fisso, una canzone “senza filtri, leggera, disperatamente ironica. Traendo ispirazione dal Soul dei crooner degli anni ‘60, si spinge fino a toccare le soglie della Trap, in un connubio fra R&B e Hip Hop. Il testo irriverente ed esplicito camuffa con spavalderia una dichiarazione d’amore non corrisposto, dando voce a chi in amore è perdente ma con stile”, scrivono i Queen of Saba.

I Queen of Saba sono un duo elettronico, supercompatto ed eclettico di Venezia. Il progetto nasce nel 2019 dall’incontro fra Lorenzo Battistel e Sara Santi. Alieni in un mondo che spinge al binarismo, bianco o nero, vero o falso, lui o lei, i Queen of Saba si inseriscono con colorata irruenza, intenzionati a smantellare i dogmi di genere e a spaziare ed esplorare le infinite sfaccettature dell’arte, della musica, dell’essere.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro, sul lockdown.

Come state passando questo strano periodo, qual è la vostra routine?
In questi tempi matti e disperatissimi (cit.) ci dividiamo tra studio, lavoro e musica. Sara sta frequentando un corso a distanza a Torino e Lorenzo insegna percussioni in una scuola ad indirizzo musicale di Venezia: stiamo transitando verso la quasi normalità cercando di conservare più tempo possibile per completare l’album a cui stiamo lavorando e creare nuova musica. Per fortuna è finito il periodo in cui la nostra routine consisteva in fare pilates, preparare torte in casa e sfondarci di Netflix.

L’arrivo della pandemia vi ha sconvolto qualche piano? Quale?
“Qualche piano” è un eufemismo (risata isterica). Ormai l’abbiamo superata, ma pensiamo ancora con tristezza al tour di date che avevamo organizzato a Marzo-Aprile 2020 nel Triveneto e oltre. Quella è stata probabilmente la mazzata più dolorosa per noi, che viviamo ogni concerto come un’esperienza insostituibile di crescita e scoperta, ai limiti del magico.

Ve la ricordate la primissima quarantena? Come la passaste?
Ce la ricorderemo per un bel po’.
Sara l’ha passata a casa con il gatto truccandosi da Drag King, scrivendo testi e facendo gli addominali con la birra di fianco e Dua Lipa nelle cuffie.
Lorenzo si è ritrovato in una Venezia assolutamente inedita, deserta, surreale. Esiste da qualche parte su Instagram un bellissimo video in cui suona i bonghi davanti alla finestra aperta sul ponte degli Scalzi completamente vuoto.
Come Queen of Saba, comunque, abbiamo continuato a lavorare insieme a distanza, condividendo idee e anche pubblicando due singoli.

Di cosa parla il vostro ultimo singolo? L’avete scritto nell’ultimo anno?

“Chiodo Fisso” è stata scritta a San Valentino 2020 (già parte malissimo) e parla di un desiderio che diventa ossessione, ma senza sfociare nel creepy. Nasce da sentimenti negativi, come la frustrazione per un amore dato a una persona assente emotivamente e fisicamente, e li trasforma in autoironia, sfumandoli con una buona dose di doppi sensi, giochi di parole e scuse. L’abbiamo pensata per chi in amore è dalla parte dei perdenti ma vuole comunque essere sottone con stile.

Cosa vi manca più di qualsiasi cosa?

Fino a un mese fa avremmo detto “salire su un palco”, ma quando il 25 marzo siamo saliti sul palco di Musicultura e ci siamo guardati intorno nel teatro vuoto abbiamo capito che quello che veramente ci manca più di qualsiasi cosa è il pubblico, i nostri amici che cantano le nostre canzoni, la gente che balla.

Vi ricordate ancora l’ultima serata che avete fatto post 22.00?

Lorenzo: Io faccio serata tutte le sere di cosa stai parlando?

Sara: Dipende cosa intendi per serata: se intendi stare fuori fino a tardi con un gruppo di amici e dell’alcool in corpo allora l’ultima volta è stata in concomitanza con il mio compleanno, prima della seconda ondata; se intendi sbocciare dentro anche se fuori sei in pigiama, quoto Lorenzo, tutte le sere.

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Indie Pop

Il lockdown secondo Saera

PRIMA VOLTA è il singolo di debutto di SAERA, moniker della giovanissima cantautrice romana Sara Errante Parrino, in uscita oggi, venerdì 23 aprile, per Sbaglio Dischi (in distribuzione The Orchard). Il sound del brano, curato da Winniedeputa, vive tra la black music, di cui Saera è appassionata da anni, e la nuova scena R&B; una scrittura matura e una voce ammaliante ci trascinano dentro un brano chill e avvolgente.

La cantautrice romana classe 1997 ci racconta i sentimenti di una storia estiva destinata a finire, “non vedo l’ora di mancarti” diventà così la frase simbolo di PRIMA VOLTA, ovvero la nostalgia di qualcosa che era destinata ad andare persa.

Le abbiamo chiesto di parlarci del suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?
Impossibile dire che io la stia passando bene, ma cerco di essere produttiva tutti i giorni. Non studio e non lavoro, diciamo che è un periodo un po’ difficile per stare così tanto tempo da sola con me stessa. La mattina mi sveglio sempre verso le 9 e cerco di allenarmi almeno 3/4 volte alla settimana. Di solito preparo il pranzo e il pomeriggio mi faccio qualche giro in bici al parco, oppure semplicemente una passeggiata. Ovviamente sempre tutto accompagnato da musica di sottofondo e da note registrate sul cellulare. La sera è l’unico momento in cui posso suonare senza dare fastidio a nessuno, poi mi guardo qualche puntata di The Office e, soltanto dopo la camomilla, riesco a prendere sonno e ricominciare le giornate da capo.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale?
Si, la pandemia ha rallentato tutto. Ho conosciuto i ragazzi di Sbaglio Dischi proprio il mese prima della pandemia e ho iniziato a lavorare con il mio produttore quest’estate. Nonostante la situazione, abbiamo sfruttato tutto il tempo possibile per lavorare e siamo riusciti a chiudere tutti i brani.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?
Impossibile scordarsela. Ancora avevo lezioni in Accademia, quindi tra una lezione e l’altra il tempo volava e almeno due/tre giorni alla settimana volavano via. Leggevo tantissimo, dipingevo, prendevo il sole, allenamento come sempre e videochiamate infinite con tutte quelle persone che erano la mia quotidianità.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?
Prima Volta parla di nostalgia. Una relazione che sai che andrà persa, ma che comunque fino all’ultimo cerchi di viverla. L’ho scritta proprio quest’anno, fine estate, circondata dalle mie amiche, chitarra, cicale e un po’ di lacrime. Non potevo trovare momento migliore per tirare giù tutto quello che sentivo.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa?
Palesemente lo spritz a qualsiasi ora con i miei amici, le 5 di mattina in giro per Roma, gli abbracci, le giornate fuori Roma, montagna o mare che sia, i viaggi in Italia e all’estero, i concerti, tutte le serate nei locali qui a Roma che frequentavo, i conoscenti.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?
Partiamo dal presupposto che ho una memoria pessima, diciamo che ero sicuramente o in un locale a sentire qualche live, o in giro con i miei amici.

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Indie Pop

Il lockdown secondo Manfri

Manfri è il progetto solista di Manfredi Grigolo, classe 2000.
Intrepreso nel 2019 quando ho scritto il primo pezzo e gli altri hanno seguito. I miei stimoli alla scrittura arrivano dalla realtà, dalle cose che mi succedono tutti i giorni, mescolo passato presente e futuro all’interno dei testi in una chiave di lettura senza maschere. Non ho intenzione di raccontare nulla al di fuori della verità, la scrittura è il mio modo di comunicare la mia esperienza. Traggo ispirazione da diversi generi musicali, principalmente un mix fra RnB e Soul.

Fragile è un brano che parla della condizione fisica al momento in cui si affronta la separazione da una persona. Nei minuti della canzone si riassume un’intera relazione raccontata fra passato, presente e futuro. Impressioni ed episodi fluttuano all’interno del testo, che non è altro che un flusso di pensieri, lo stesso che pervade la mente al momento della rottura. Manfri racconta vere e proprie immagini che riassumono stralci di vita vera, ora lenta, ora veloce, ora più triste ora più felice, metamorfica. Questo concetto viene anche riassunto dalle atmosfere musicali del singolo, che alternano approcci ritmici ad altri più melodici e fluidi.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?
Come per tutti gli altri penso sia un periodo storico ma anche personale abbastanza particolare, lo studio e la musica mi tengono parzialmente impegnato e quindi in qualche modo le giornate passano. Mi alzo alle 8:20 tutti i giorni, che io abbia lezione la mattina oppure no. Spesso l’università mi tiene abbastanza impegnato in vari progetti. All’una pranzo con mia mamma e a seconda degli impegni organizzo il mio pomeriggio, in genere lo passo a suonare chitarra o piano o a fare passeggiate in giardino. Musicalmente ammetto che è un momento difficile per me, dato che traggo molta ispirazione dal mio vissuto e dalle mie esperienze, e l’essere confinato in casa è molto limitante, dopo cena solitamente guardo qualche film, mi piacciono quelli che hanno un significato profondo (ultimamente mi sono buttato su Dario Argento per esempio).
L’orario in cui vado a dormire dipende principalmente dalla durata del film.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale?
Direi di si, non ho potuto fare live di alcun tipo e le uscite sono slittate, anche lavorare con Kyv per l’uscita di “Fragile” non è stato semplice: essendo io in Toscana e lui in Campania abbiamo dovuto fare tutto via Webcam.


Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?
Penso sia stato uno dei periodi più cupi e complessi per me, ero indeciso sul cosa fare della mia vita, e il non poter fare niente non ha risolto le cose, con la fine del lockdown questo mio stato emotivo è passato.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?
Fragile è un brano che tratta del proprio stato emotivo nel momento in cui si conclude una relazione, è un pezzo relativamente recente, ero sdraiato sul letto quando la melodia del ritornello mi è saltata in mente, stile illuminazione… Il testo l’ho scritto velocemente, che è un bene perché
significa che avevo molte cose da dire, questo pezzo ha rappresentato per me la fine di un periodo privo di ispirazione.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa? 
Sicuramente andare con i miei amici in discoteca; mi manca un po’ tutto, dal pre-serata alla dancefloor fino al post. Vivo in una città relativamente piccola ma la nightlife è molto ben considerata, era anche un modo per evadere, vedere qualche faccia nuova.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?
Probabilmente risale all’estate 2020 ma non mi ricordo con esattezza