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Indie Pop

“è stato bello” chiacchierare con DANU

Non è semplice fare il musicista nel 2021; un sacco di “imprevisti” (di natura socio-culturale, prima ancora che pandemici: basta con questo “alibi” degli effetti del COVID-19 sul settore dello spettacolo, che è in crisi da ben più tempo che due soli anni!) hanno tagliato le gambe prima agli spazi, poi alla creatività: non si può continuare a rastrellare il fondo di un barile che sta esaurendo le sue possibilità rigenerative, ed “uscire a guardare le stelle” ora sembra essere più che mai necessario per ritrovare ispirazioni, stimoli e fiducia. Tutte parole che no, non fanno rima con “pandemia”.

Di certo, tuttavia, in estate non ci si aspetta di imbattersi in un brano che abbia il retrogusto giusto per non stuccare con i soliti “ritornelli” forzati da rime baciate sole/cuore/amore, labbra rosso cocacola et similaria: insomma, non ti aspetti – il 3 agosto – un brano come “è stato bello”, che nonostante il mood estivo non fa sudare brividi freddi anzi, rinfresca con semplicità e con naturalezza senza alcuna forzatura. Il brano si muove su sonorità da Gen Z richiamando un po’ ad Ariete, un po’ a Frah Quintale; rispetto ai precedenti tre singoli di DANU, l’arrangiamento pare più votato ad un minimal che, di questi tempi, aiuta a riportare al centro le parole, che sono calibrate, ben scelte e giuste: una poetica semplice, che aiuta a rimetterci in contatto con l’idea che una bella canzone abbia bisogno di cose vere, e non di voli pindarici arditi o di iperboli pretenziose.

DANU racconta la sua vita in tre minuti di brano che disegnano l’accettazione di una fine che sa svuotarsi di ogni rancore e di ogni rimorso: nel giro di vite che l’esistenza ci regala, non abbiamo tempo per continuare a camminare sui “pezzi di vetro” (De Gregori docet), e a volte le ferite hanno bisogno di non essere più considerate tali per lasciarsi rimarginare; insomma, DANU ci mette il cuore – che va sempre più di moda come “argomento” nelle canzoni, sempre meno di moda nello “scriverle” – e il risultato è un brano elegante, che si farà gustare anche alla fine di quest’estate pandemica.

Ad accorgersene, è stato anche Mister Spotify che, all’uscita del pezzo, l’ha inserito subito in Generazione Z, Scuola Indie e New Music Friday: un buon segnale, questo, anche per il futuro. Anche per noi di Perindiepoi, che con i gusti del colosso svedese spesso ci troviamo in aperto disaccordo.

Detto ciò, lasciamo la parola a lui: buona lettura!

Benvenuto ai nostri microfoni digitali, DANU! “È stato bello” scoprirti con il tuo nuovo singolo, “è stato bello”: ti va di raccontarci un po’ chi sei, e come sei arrivato, ad inizio agosto, a pubblicare il tuo quarto brano?

Ciao! Mi chiamo Daniele, ho 26 anni e vivo a Castelfiorentino, in provincia di Firenze

Ho iniziato a scrivere canzoni circa tre anni fa, un po’ per caso, non è mai stato nei miei pensieri. Mi sono ritrovato a passare un momento buio e ho iniziato a scrivere canzoni come sfogo,  poi ho visto che mi piaceva farlo e che mi dava soddisfazione, così ho iniziato a prenderla sul serio e mi trovo adesso ad aver fatto uscire il quarto singolo. 

Devo ammettere che è un po’ da pazzi far uscire un singolo il 3 di Agosto, l’estate è già satura di pezzi e statisticamente il brano renderà meno, ma ho deciso di non far caso ai numeri e dare retta al cuore, era importante per me far uscire il brano in questa data precisa e l’ho fatto. 

“È stato bello” ha un titolo che, in qualche modo, raccoglie l’intero senso del brano. Sembra che questa canzone sia dedicata sì ad un grande amore, ma che in qualche modo serva quasi più a te per “restituire” ad un ricordo importante la sua giusta dimensione di realtà. Insomma, quanto c’è di terapeutico nella tua scrittura?

Sì, esatto. “è stato bello“ l’ho scritta sia per lei che per me, questa canzone è un po’ la cura che ho dato a quell’amore, che tante volte ho messo in dubbio e ho rischiato di odiare. Scrivere questo pezzo mi ha fatto capire che non posso odiare ciò che mi ha fatto stare così bene per tanto tempo. Le mie canzoni sono nate come terapia, e sicuramente continueranno ad esserlo. Poi ovviamente ci saranno anche altri stimoli che mi porteranno a scrivere canzoni per scopi diversi.

Che cosa vuol dire, per te, fare musica nel 2021? Hai esordito in piena pandemia, la domanda ovviamente non può tenere conto del momento drammatico che stiamo vivendo, e che negli ultimi anni ha messo in crisi l’intero settore di cui fai parte.

Vuol dire fare uscire musica in un periodo  molto saturo, ormai tutti possono fare una canzone e tutti posso caricarla su Spotify, questo ha lati positivi perché realizzare un brano è molto meno costoso rispetto a prima, ma allo stesso tempo, se sei un emergente indipendente devi investire tanto per riuscire a farti notare. Escono migliaia di canzoni tutti i giorni, i brani sono sempre più usa e getta, hanno durata brevissima, questo, collegato anche al difficile periodo attuale fa essere il lavoro del cantautore sempre una continua incognita.

Domanda a doppio taglio, di quelle che rompono gli equilibri; “Playlist Spotify”: trampolini di lancio o strumenti di “direzionamento” del mercato – e quindi, dell’ascoltatore?

Può essere una risposta scontata, ma secondo me siamo nel mezzo;  è vero che certe volte capita che grazie all’inserimento in playlist venga scoperto un artista sconosciuto, però credo che le playlist siano selezionate dal gusto di troppe poche persone, quindi magari non sempre chi merita effettivamente di più ottiene la visibilità della playlist. C’è tantissima bella musica che passa in sordina, e non lo trovo giusto perché gli utenti finiranno per ascoltare quasi sempre gli stessi artisti. Devo dire che però ultimamente forse sta cambiano qualcosa in positivo.

Dacci i nomi di tre artisti (rigorosamente emergenti!) che dobbiamo assolutamente scoprire.

Still Charles, Roberto Jolle e Giuse The Lizia

Ciao! “è stato bello“ rispondere a questa intervista!