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Kolè mi ha portato in giro sui tetti di Roma

Dopo l’esordio con “Your Mouth”, e il successivo singolo “Red Fruits” torna l’atipica cantautrice romana classe 1993 che si lascia influenzare da Radiohead e Portishead, Moltheni e Afterhours, ma anche da Quantic Soul Orchestra e Fela Kuti. Un mix unico che ci porta nel territorio inesplorato all’interno di un esperimento sussurrato ed elegantissimo tra trip hop, funk e nu soul. “Kolé” è il suo disco di debutto. 

Abbiamo fatto un giro per Roma, città dove abita, con lei e le foto di Simone Pezzolati.

Che rapporto hai con la città di Roma?

Sono molto legata a Roma, è la mia città. Amo le sue contraddizioni nonostante spesso mi lascino perplessa. È una città bellissima ma, così pare, impossibile da amministrare con puntualità.

Se fossimo nuovi in città, dove ci porteresti?

Sicuramente sul lungo Tevere, dà la misura del carattere della città molto più che il Colosseo secondo me, poi al cimitero acattolico di piramide per i monumenti, le statue e il verde, poi a villa Sciarra, al gazometro nel quartiere ostiense e infine al parco degli acquedotti.

Quali sono i luoghi che più credi abbiano a che fare con il tuo disco?

Per All the things penso ad un viaggio che feci in Polonia, nonostante il testo non sia direttamente ispirato a quello nel mio immaginario questa canzone appartiene a quel posto e alle sensazioni che mi ha lasciato. Red Fruits appartiene al quartiere Capannelle a una gita al lago di Albano e a racconti riguardo una Sicilia per me lontana ma in quel momento vicina. Pink leaves non saprei, alla mia vecchia casa e ai pomeriggi di studio intensivo, a un certo tipo di concentrazione. Your mouth al mare, quello vicino tovajanica, a delle passegiate fatte verso sera nei quartieri limitrofi.

Ci sarà presto un seguito del tuo EP di debutto?

Sì, è previsto un album.

Quali sono i tuoi riferimenti musicali in Italia?

Ce ne sono molti più o meno distanti dal mio mondo. Non tutti questi ascolti hanno influenzato direttamente le mie produzioni. Sicuramente ho ascoltato fino a morire i Verdena, lo stesso ho fatto con gli Afterhours, Moltheni e Cristina Donà. Poi il teatro degli orrori e molto altro.

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Comunicato stampa

Kolè pubblica il suo primo disco omonimo

Esce venerdì 25 giugno “Kolé”, il disco omonimo di debutto dell’artista di Roma.

Dopo l’esordio con “Your Mouth”, e il successivo singolo “Red Fruits” torna l’atipica cantautrice romana classe 1993 che si lascia influenzare da Radiohead e Portishead, Moltheni e Afterhours, ma anche da Quantic Soul Orchestra e Fela Kuti. Un mix unico che ci porta nel territorio inesplorato all’interno di un esperimento sussurrato ed elegantissimo tra trip hop, funk e nu soul. “Kolé” è il suo disco di debutto. 

La musica mi accompagna da sempre, non ho mai pensato fosse qualcosa di diverso dalla mia esistenza o un fatto ancillare, da apprendere. Lo scorso giugno mi sono laureata in magistrale in filosofia, mia altra stella polare. Grazie alla storia della filosofia e della musica medievale ho approfondito alcuni aspetti della musica bizantina antica e del canto gregoriano (ascolti: Marcel Pérès, e riproposizioni composizioni di Ildegarda di Bingen) ereditando soprattutto il gusto per l’armonizzazione delle voci. (Kolé)

BIO:

Nata a Roma (classe 93) la musica la accompagna da sempre, non ha mai pensato fosse qualcosa di diverso dalla sua esistenza o un fatto ancillare, da apprendere. Grazie alla storia della filosofia e della musica medievale ha approfondito alcuni aspetti della musica bizantina antica e del canto gregoriano (ascolti: Marcel Pérès, e riproposizioni composizioni di Ildegarda di Bingen) ereditando soprattutto il gusto per l’armonizzazione delle voci. Cresciuta ascoltando Radiohead, Portishead, Jeff Buckley, Elliott Smith, Aphex twin e, per il panorama italiano Moltheni, Afterhours, Verdena, Cristina Donà, negli anni dell’università la sua attenzione e il suo interesse si sono concentrati nello studio del canto jazz (in particolare Esperanza Spalding, Anita O’day, Billie Holiday, Chet Baker), sino ad approdare al soul e al nu soul (con particolare riferimento a Erykah Badu, Hiatus Kaiyote, D’angelo, Quantic Soul Orchestra, Fela kuti). Ne esce un’esplosione di elegante trip hop e funk con delicate contaminazioni jazz che cerca di concentrare in 5 pezzi le influenze maggiori dei suoi ascolti. 

Instagram: www.instagram.com/_ko_le/

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Indie Internazionale Pop

Il lockdown secondo Kolè

Esce il venerdì 23 aprile 2021 Your Mouth, singolo di debutto di Kolè.  Un esordio che ci trasporta nel mondo onirico dell’atipica cantautrice romana classe 1993, che si lascia influenzare da Radiohead e Portishead, Moltheni e Afterhours, ma anche da Quantic Soul Orchestra e Fela Kuti. Un mix unico che ci porta nel territorio inesplorato all’interno di un esperimento sussurrato ed elegantissimo tra trip hop, funk e nu soul. Your Mouth è il primo capitolo di un EP di 5 pezzi di prossima uscita.

Kolè ci ha raccontato il suo lockdown.

Come stai passando questo strano periodo, qual è la tua routine?

Cerco di definire per ciascuna giornata una tabella di marcia, non troppo fitta, di modo da continuare a coltivare le mie attività anche se secondo nuove e particolari modalità. Cerco ogni giorno di camminare per almeno un’ora e di tenermi in contatto con le persone a me più care. In particolare ho iniziato a sfruttare il tempo serale come momento per igienizzare la mente e lasciarle un respiro e ritmo più dilatato per poter coltivare senza fretta ciò a cui non riesco a dedicarmi durante il giorno e che coi ritmi passati mi vedevo costretta a procrastinare o lasciare incompleto.

L’arrivo della pandemia ti ha sconvolto qualche piano? Quale? 

Sicuramente sì. A cominciare dal non aver potuto concludere il mio percorso di studi “live”, non ho potuto salutare degnamente il mio ateneo e celebrare con momenti di festa degli avvenimenti importanti. A parte questo ho assistito all’inevitabile deroga di alcune prove concorsuali, come è naturale che sia.

Te la ricordi la primissima quarantena? Come la passasti?

La trascorsi a suonare, studiare e allenarmi. Odio l’attività fisica ma mi accorsi che per qualche strano meccanismo alchemico mi rendeva felice, le endorfine suppongo. Il fattore non trascurabile che funse da jolly fu il fatto che dovevo concludere i miei studi in filosofia partorendo una tesi sperimentale, attività che grazie al cielo mi ha tenuto molto impegnata.

Di cosa parla il tuo ultimo singolo? L’hai scritto nell’ultimo anno?

Your mouth è un singolo che ho composto un paio di anni fa, nel 2019, in un periodo dove avvertivo una forte esigenza espressiva che volevo concretizzare senza farmi troppe domande sullo schema in cui farla confluire. È un pezzo molto semplice dai toni shoegaze dove emerge una certa purezza nel modo di vivere e sentire le cose, è una specie di poesia d’amore profondamente sentita ma al contempo leggera.

Cosa ti manca più di qualsiasi cosa? 

La musica dal vivo, le ragioni sono molteplici e lascerò spazio all’immaginazione di ciascuno. Di certo sentirmi libera fuori casa, intendo dire poter vivere le esperienze senza dovermi chiedere se sono le 22 o se posso spostarmi fino a x. È un esercizio che mi rende difficile rilassarmi e vivere con spensieratezza alcuni avvenimenti.

Ti ricordi ancora l’ultima serata che hai fatto post 22.00?

Sì. Anche se al momento è più il ricordo di una precisa sensazione piuttosto che di una serata specifica.