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Gli YNGST presentano il palinsesto della loro 95.9 FM

95.9 è il titolo del nuovo singolo degli Yngst. Un brano che prende da generi come lo shoegaze, il grunge e l’emo per creare un sound sporco e aggressivo ma capacissimo di generare un ritornello orecchiabile. 95.9 è una radio fittizia che il cantante, Noah, tirava in ballo durante le prove in saletta, ma abbiamo chiesto alla band di delineare un piccolo palinsesto per 95.9 se fosse una vera radio -forse un po’ sui generis. Ecco cosa ne è uscito!

5 min di puro jazz con K

Chilling mentre ti fumi una canna. È mattina, non hai certo voglia di metterti a spadellare o a fare le pulizie in casa, o qualsiasi altra attività che preveda l’alzarsi dal divano. Accendi 95.9 FM, accendi una canna ed entri nel chill con il jazz selezionato dall’attento DJ K. Oggi K propone questo pezzo.

Good Morning Vietnam

Stai tutto fatto di domenica mattina dopo che ti sei spaccato nel weekend. Serve qualcosa che ti faccia iniziare la giornata in maniera tranquilla senza farti venire ancora più mal di testa di quanto tu non abbia di già. Good Morning Vietnam ha la selezione musicale perfetta per questi momenti, con brani delicati ma on point come questo.

Fuori dal colon. Consigli nutrizionali con il Dr. Stefanini

Devi mangiare ma sei celiaco e non sai che cazzo farti. Ci pensa il Dr. Stefanini a consigliarti su tutti i tuoi dubbi e le tue ansie fisico-medico-mentali, anche a colpi di musica. Siccome gli argomenti possono essere spinosi, il Dr. Stefanini sa che ci vogliono pezzi di un certo livello di fotta.

Up All Night

Sei in macchina mentre vai alla serata e ti devi caricare. Ti sei ripreso, in qualche modo, dai bagordi del weekend e sei pronto a uscire di nuovo. Sei preso bene e vuoi ascoltare qualcosa che ti faccia venire voglia di spaccare tutto anche se stai andando al baretto di quartiere dove i clienti sono il settantanovenne Gianfranco al quarto bianchino della serata e una tavolata di maranza che urlano fastidiosamente. Up All Night ti mette addosso lo stesso la carica con pezzi come questo.

Fuma / Prega / Ama

Sei alla serata e vuoi solo tornare a casa a chillare e fumarti una canna. Che fatica uscire, soprattutto se la serata è una merda. In questo momento ti manca il divano di casa tua, odi tutte le persone che hai intorno e alla radio senti i Brutalismus 3000: è 95.9 FM, baby.

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Le 5 cose preferite degli In June

“Work in progress” è il nuovo singolo degli In June, un primo passo di avvicinamento verso il prossimo disco della band, romana di nascita ma internazionale per vocazione, molto amata soprattutto in ambienti di rock alternativo. Ecco le loro cinque cose preferite!

Gli animali

Tutti e tre condividono la passione e il rispetto per gli animali e la natura. Dan ama le passeggiate con la sua cagnolina Amy, passeggiate che più di una volta hanno ispirato i testi delle sue canzoni. Pierpaolo non vede l’ora di tornare a casa dal suo adorato Sirio, un gattino nero trovatello molto dispettoso! Mara ama le tartarughe.

Il cibo orientale

Educati ad una cucina raffinata dalle capacità culinarie di Pierpaolo, a cena gli In June vanno a mangiare spesso e volentieri  in ristoranti orientali, di cui amano sia il vibe che il gusto esotico. 

I concerti

Sicuramente i concerti sono la cosa preferita di tutti e tre. Non solo farli ma goderseli tra il pubblico! A volte anche intraprendendo dei viaggi impegnativi pur di vedere i loro artisti preferiti.

I videogiochi

Gli In June, specialmente Pierpaolo trascorrono spesso il loro tempo liberi sui videogiochi. Li accomuna l’amore per The Last Of Us.

Le montagne

Nonostante Mara e Pierpaolo provengano dalla Calabria, nota per le località marittime e Daniela sia nata e cresciuta in una città caotica come Roma, tutti e tre  amano l’odore e le atmosfere dei boschi di montagna.    

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Le 5 cose preferite di Ambradea

“Statue di cera” è il nuovo singolo di Ambradea, giovane artista piuttosto fantasiosa, che a marzo pubblicherà il proprio nuovo disco, “esSenza”. Le abbiamo chiesto quali siano le sue cinque cose preferite: ecco le sue risposte. 

Londra

La mia seconda casa anche se manco da un po’. Ci andai per la prima volta per una vacanza studio a 13 anni. Da lì me ne sono innamorata così tanto che nel 2009 mi ci sono trasferita per un po’. Adoro l’odore di fast food per le strade, i pub in legno scuro, le case in stile vittoriano, e il mood soprattutto. Mi si smuove sempre qualcosa dentro ogni volta che metto piede in quella città. Se fossi una città sarei Londra. Probabilmente in una vita passata ero il migliore amico di Charles Dickens.

 Fare colazione 

Non sto scherzano se dico che la mia giornata cambia in base a se faccio o no colazione. Anche in base al tipo di colazione. Da anni ormai la mia è composta da due fette di pane tostato con burro e marmellata, latte e caffè. Se mancasse almeno una di queste cose a casa potrei uscire alle 3 di notte e cercare un supermercato aperto per averle la mattina dopo. Per me quello è il momento più bello della giornata, quello in cui sono da sola e penso. La mente fresca mi fa rimpicciolire quei pensieri giganti che ho fatto la notte prima e tutto si ridimensiona. Ah, la marmellata è sempre, rigorosamente, ai frutti rossi.

 Dipingere

Dipingere è un’altra delle passioni che mi porto dietro da quando sono piccola. Mi è sempre piaciuto disegnare cose astratte principalmente. Sono molto simbolista e cerco sempre di trasformare un concetto in immagini. Credo che un’immagine sia in grado di smuoverti qualcosa dentro, come la musica d’altronde. Dipingo quando sono ispirata e soprattutto quando ho bisogno di schiarirmi le idee. Faccio molta attenzione ai dettagli e quando lavoro su progetti musicali, anche l’immagine deve avere la sua parte. Soprattutto nelle copertine e nei videoclip. Spesso disegno qualche schizzo prima di formulare un’idea. Poi lo passo al mio team che si occupa di elaborarla ed esaltarla al meglio per come la ho pensata. 

Il bicchiere di vino delle 18:00

 Non importa in che paese mi trovi, con chi sia o dove sia, ma dalle ore 18.00 in poi devo bere un bel bicchiere di vino che scioglie tutte le tensioni avute durante la giornata. Questa regola dell’orario me la sono data durante la pandemia in cui si era perso un po’ il senso del tempo e rischiavo di confondere la mattina con la sera. Da lì ho deciso che dalle 18.00 in poi potevo dare il via alle danze. La mia mente si attiva in tardo pomeriggio, sono decisamente più nottambula che mattiniera. La sera la mia creatività triplica, sono più sensibile alle emozioni e con un bicchiere di vino, buono e rigorosamente bevuto in calice, riesco ad enfatizzare il tutto e lasciarmi andare alla creazione. 

I byopic

 Mi piace prendere ispirazione dalle storie della gente. Mi piace ascoltare le storie, vedere come i protagonisti riescano a cambiare le cose, come chi ha chiaro un obiettivo venga attirato sempre di più dal desiderio di renderlo reale. Mi piacciono le storie di rivalsa, le storie di chi prende la vita di petto, di chi la cambia anche a cinquant’anni. Mi piace scoprire i diversi processi che portano le persone a realizzare i loro sogni. Questo genere di film, se fatto bene, mi lascia sempre qualcosa su cui riflettere e alimenta sempre di più le mie convinzioni sul “tutto è possibile”. Mi lascia la scia per giorni interi.

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Cosa c’è nella camera di LSKA

Venerdì 2 febbraio 2024 è uscito per Record Y su tutte le piattaforme digitali “Ephemeral“, il nuovo disco del progetto LSKA già anticipato dal singolo “Solid State Spirit“.

Un album che è nato in un periodo di grande cambiamento e che riflette la ricerca di uno spazio sicuro in cui potersi abbandonare. Tutti i brani sono stati composti in pochissimo tempo, ma sono frutto di riflessioni durate anni sulla ripetizione, l’astrazione e l’inserimento di elementi casuali nel processo di composizione. La scintilla che ha permesso alla macchina di rimettersi in moto è stato l’invito a partecipare esattamente un anno fa alla rassegna di musica sperimentale Deragli presso il Caracol Olol Jackson di Vicenza che non potrò mai ringraziare abbastanza.

Noi, come spesso accade, eravamo curiosi di conoscerlo meglio, e ci siamo fatti invitare a casa sua. Ecco cosa ci ha mostrato!

Un “santino” di Franco Battiato, mio nume tutelare e mito assoluto, comprato da un laboratorio artistico vicino a piazza Bellini a Napoli.

La mia amata moka che resiste all’assedio di cialde e macchine espresso e mi aiuta a trovare la lucidità.

Vivo a contatto con i computer fin dall’infanzia, in tempi in cui non era così scontato. Sono stati per me fonte di grande divertimento e stimolo per la mia curiosità vorace: ci ho giocato, li ho smontati e rimontati, li ho fatti impazzire in tutti i modi possibili. Sono diventati il mio lavoro per un certo periodo e possono essere una schiavitù e un’enorme fonte di stress. Allo stesso tempo mi permettono di esprimermi creativamente con la musica e non solo. Quando mi chiedono: “Che strumento usi?”, a volte rispondo semplicemente: “Il computer”.

La lettura è il mio spazio sicuro. Amo i libri non solo per il testo ma anche per le loro forme e consistenze. La mia compagna e io ci siamo trasferiti nella nuova casa da più di un anno e non abbiamo ancora una libreria e quindi gran parte dei libri giace tristemente negli scatoloni. Questa cosa ci fa soffrire entrambi, ma attendiamo di trovare quella giusta.

Il mio consuntissimo zaino: sempre pieno e pesante all’inverosimile, inseparabile compagno di tutti i miei spostamenti in giro per i teatri di mezza Europa. Ho sempre molta ansia, prima di partire. Per questo c’è sempre qualche cosa in più “perché non si sa mai”.

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Intervista in anteprima con i Miqrà

Abbiamo intervistato la band siciliana Miqrà, un progetto affascinante che mette la poesia e la bellezza al centro di tutto. Il loro ultimo singolo arriverà a fine Febbraio in concomitanza con il loro secondo album. Li abbiamo intercettati in anteprima e questo è il risultato della nostra chiacchierata!

Ciao ragazzi, benvenuti cominciamo subito col dirvi che abbiamo apprezzato il vostro sound ed il vostro nuovo singolo. Ci piacerebbe però ripercorrere un po’ la vostra storia dall’inizio. Chi siete!?

Ciao, grazie. Questa nuova esperienza discografica è, per noi, una grande scommessa. Noi siamo a tutti gli effetti un collettivo musicale, fatto di anime che orbitano attorno ad un nucleo fisso di quattro teste lontane anni luce tra loro.

Dopo gli anni della musica live negli ambienti underground siciliani, nasciamo discograficamente nel 2018 con il disco “Ultimo piano senza ascensore”, poi sono seguiti anni indecifrabili fatti di partecipazione ai festival e di riconoscimenti, con la produzione di alcuni singoli (Futuro – Ti sveglierò in Aprile – Aretusa), ma con la costante sensazione di attesa per qualcosa di più grande. Così abbiamo passato l’ultimo anno chiusi in studio a registrare un nuovo disco, per trovare qualcosa che racchiudesse i nostri diversi universi e raccontasse i chilometri percorsi negli ultimi anni.

Le parole sono molto importanti nella vostra musica, pensate che ci sia poco spazio per la poesia e per gli artisti come voi visti i tempi? A chi vi ispirate maggiormente?

Le parole sono fondamentali nel nostro mondo musicale, nasciamo con l’idea di provare a raccontare storie in musica. La comunicazione cambia, lo ha sempre fatto nella storia, trovando il modo più diretto ed efficace ad arrivare a quante più persone possibili, ecco, nel nostro caso il numero di persone da raggiungere ci interessa poco, proviamo a far provare qualcosa alle persone a noi affini.

Come se, a tutti gli effetti, si trattasse di una forma musicale di “affinità elettiva”. Per cui credo che lo spazio alle parole ci sia sempre, forse in modo diverso, perché i grandi numeri raccontano di “tormentoni” da ascoltare quasi lobotomizzati, però, se si ha la pazienza e la cura di cercare, si possono scovare molte realtà interessanti da un punto di vista della narrazione. Ognuno di noi, individualmente, ha tante tendenze di ascolto che spesso si rispecchiano nella stesura dei brani, però proveniamo da mondi diversi per cui, onestamente, è difficile individuare una fonte d’ispirazione.

C’è sicuramente parte del mondo cantautorale, ma strizziamo l’occhio anche alle sonorità ruvide fatte da muri di suoni.

Parlateci di com’è nata “La catastrofe in me”.

Nasce dalla paura di farsi male, da quella tendenza fatalmente troppo umana di ricercare delle forme di dipendenze. Dal bicchiere a cui ci si aggrappa la sera, fino alla più insidiosa di tutte, la dipendenza da altri esseri umani. Ma, attenzione, non è affatto una critica alle dipendenze di questo genere, perché il ruolo giudicante non spetta di certo a chi fa musica, quelli come noi hanno il ruolo di provare a raccontare sensazione più o meno forti, più o meno vere.

E tutte le vicende umane, anche le più complesse, possono portare a vivere, a far sentire vivi. Per cui questo brano è come quel dolore che, senza spiegartene il motivo, ti trasmette una sensazione di piacere.

Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo album? Quali le differenze significative col primo?

Il punto di vista dal quale raccontiamo tutto è sempre lo stesso, quello dei personaggi sullo sfondo, delle storie nascoste in piena vista. Però musicalmente parlando abbiamo voluto osare, provando a crescere e metterci in gioco, approcciando seriamente componenti di elettronica e soprattutto di parti orchestrali registrare dal vivo da una piccola orchestra che ha suonato solo per noi. Quindi ci saranno sonorità diverse, per alcuni versi più complesse ma, forse, troverete anche qualche brano totalmente “nudo” nel disco.

Cosa farete appena il vostro disco sarà pubblicato? Avete in mente un giretto per la penisola?

Si, stiamo lavorando proprio in questi giorni all’organizzazione di un tour in giro per lo stivale. Del resto la cosa che più fa sentire vivo un musicista è proprio la musica live.

Seguirete Sanremo? Pensate che un giorno possa dare spazio ad artisti come voi?

Per il bene della nostra salute mentale non viviamo nella stessa casa, per cui non saprei dirti se tutti lo vedremo. Di certo qualcuno lo farà, chi per la musica, chi per il fantasanremo e qualcuno magari perché, così come per le partite dei mondiali, ci si ritrova ad assistere. Negli ultimi anni l’universo musicale del Festival si è diversificato parecchio, allontanandosi dallo standard storico, approcciandosi invece a realtà sempre diverse tra le quali qualcuna proveniente dal mondo della musica alternative, quella dei musicisti formatisi in giro per i live club di tutta Italia.

Per cui, se la direzione si confermerà questa, non mi sorprenderebbe vedere il panorama dell’underground ricavarsi sempre più spazio sul palco dell’Ariston.

Vi ringraziamo per la vostra disponibilità e vi chiediamo di salutare i nostri lettori con qualcosa di originale! Stupiteci!

Più che stupirvi a parole o con frasi ad effetto, essendo presuntuosi, siamo sicuri che lo faremo con il nostro nuovo disco. Per cui restate nei paraggi, arriva a breve. A presto!

Presalva il singolo qui: https://music.imusician.pro/a/FccSkB5L

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“Una vita qualunque” è il nuovo video di Kiesa

UNA VITA QUALUNQUE è il nuovo video di KIESA, una potente rappresentazione visiva del coraggio nel fronteggiare le sfide quotidiane con una narrativa intensa ci conduce in un viaggio emotivo attraverso la complessità delle vite comuni.

Il videoclip, con la regia di LAURA BAGLIERI, inizia con immagini suggestive di ambienti familiari, la fotografia cattura l’essenza delle esperienze di ognuno, la storia complicata che racconta è intrisa di momenti difficili, si svolge sullo schermo con una sequenza di scene che rivelano la forza interiore di fronte alle avversità. 

La regia, curata nei dettagli, cattura l’essenza del messaggio di KIESA, evidenziando la necessità di attribuire un significato profondo alla vita e alle relazioni familiari.

Il video alterna scene di KIESA che esegue il brano con intensi momenti di narrazione visiva. Le immagini si muovono fluidamente, seguendo il ritmo della musica e accentuando l’atmosfera elettro-pop del brano. La scelta di ambientazioni dinamiche, che variano tra paesaggi urbani e momenti intimi, contribuisce a rappresentare la pluralità di vite quotidiane unite dall’esperienza umana.

BIO

Nato nel 2002 a Caltagirone in provincia di Catania, OMAR MEJRI, in arte KIESA, unisce le sue radici miste con un padre tunisino e una madre italiana. Sin da giovane, è catturato dall’arte e dalla musica, a 8 anni l’incontro con una chitarra scatena la sua passione musicale e a 9 inizia a scrivere poesie, crescendo sperimenta il freestyle improvvisando rime su ritmi affinando il suo talento attraverso collaborazioni con altri artisti. 

Nel 2017 registra FUGA DAL MONDO, una traccia di storytelling che incita a trasformare la battaglia interiore in un cambiamento positivo e pubblica alcuni singoli. Nel 2022 entra nel NO FACE STUDIO CATANIA, l’incontro con ERMANNO FIGURA (produttore e sound engineer) e LAURA BAGLIERI (art director) rivoluziona il suo stile mescolando la sua grinta e la scrittura coinvolgente con suoni analogici ed elettronici. Il risultato è il nuovo progetto artistico che ha fatto il suo debutto il 22 settembre 2023. Il 12 gennaio 2024 esce il singolo “UNA VITA QUALUNQUE” che afferma le sue intenzioni con decisione.

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Cosa c’è nella camera di Galapaghost

É uscito giovedì 11 gennaio 2024 il nuovo singolo del progetto Galapaghost, l’alter ego musicale del musicista e songwriter di Woodstock Casey Chandler, attualmente residente nelle valli sopra Torino, un progetto stratificato e complesso che, tra le altre cose, ha composto le musiche per “Il Ragazzo Invisibile” di Gabriele Salvatores e contribuito alla promozione della serie Netflix “Tredici“.  Il nuovo brano, dal titolo “Trapeze” è stato scritto quasi tre anni fa, quando Casey viveva ancora in Colorado, (ed è un brano che ci introduce al mondo di “Peach Fuzz“, un nuovo disco in uscita quest’anno): una di quelle canzoni registrate mille volte, lasciata in sospeso e ripresa dopo l’acquisto di una chitarra nuova, una Godin stupenda. 

Noi, per conoscerlo al meglio, siamo stati a casa sua, ed ecco cosa ci ha mostrato.

Registratore a microcassetta

Questo registratore è tra le cose più preziose che ho. È tutto quello che ho usato per registrare il mio ultimo EP ‘Overlook’. Ha un fascino quasi magico e genera un suono unico, inimitabile dai plug-in, un effetto che mi piace soprannominare “no-fi”.

Zaino Invicta

Questo è il mio zaino preferito. Apparteneva a mia moglie quando era piccola negli anni ’90, e per fortuna ne ha avuto grande cura. Lo porto sempre con me in tutti i miei viaggi e a ogni concerto dove suono. Non mi è ancora capitato di trovare lo stesso zaino in giro, né in Italia né in qualsiasi altra parte del mondo. Mi hanno anche proposto di comprarlo per 50 dollari! Ero in un parcheggio, ad Austin (Texas) e ho rifiutato immediatamente!

Dipinto di Hugh Speier

Questo è il mio quadro preferito. Non l’ho ancora appeso in casa perché sto cercando il posto perfetto e definitivo. Si tratta di un’opera del padre del mio migliore amico Jasper. Mi ha dato la possibilità di sceglierla dalla sua collezione d’arte quando avevo 18 anni e, da quel momento, l’ho sempre portata con me nei miei viaggi. Anche Jasper è un artista straordinario e ho scelto uno dei suoi quadri da usare come copertina del mio nuovo EP ‘Peach Fuzz’.

Il Pittore

Questo è il testo della canzone ‘Il Pittore’, scritto a mano dal padre di mia moglie per me, quando non riuscivo a trovarne una copia online. È stata la prima cosa che ho appeso alla parete del mio studio. È stato proprio lui a introdurmi al gruppo canoro ‘Il Piccolo Cantiere’ e al loro canale YouTube, di cui sono diventato un grandissimo fan. La loro interpretazione di questa canzone è uno dei pezzi musicali più belli che abbia mai ascoltato.

Chitarra Godin

Ho comprato questa chitarra su eBay dopo averla provata per la prima volta ad un concerto sulla spiaggia di Ravenna la scorsa estate. Un fonico molto gentile e disponibile mi aveva lasciato usare la sua chitarra per il concerto, era dello stesso modello della mia ma marrone. Me ne sono innamorato e ho dovuto comprarla. Dopo aver passato diversi giorni a cercarla su internet, sono riuscito a trovare l’unica al mondo in questo tono di grigio, quindi l’ho acquistata e me l’hanno spedita direttamente dal Giappone.

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Ferrillo presenta in Italia “BeBe”, brano con 200mila stream

Ferrillo porta i suoi successi in Italia presentando il singolo “BeBe”. L’artista, molto popolare in Sud America, ripresenta il suo brano di punta.

Melodie urban frizzanti, un sound ipnotico su cui è impossibile rimanere immobili. Questa è “BeBe”. Una canzone che parla di sensualità e amore. Un pezzo leggero che lo si può ascoltare in estate come in ogni giornata in cui si vuole mettere in stop i pensieri.

“BeBe” è stata scritta a Medellín, Colombia, e poi registrata a Miami. Si tratta quindi di un brano dal sapore intercontinentale che porta con sé i suoni tipici del Sud America.

Il pezzo uscito ad agosto si è fatto subito notare entrando nelle playlist editoriali di Spotify come “Top Song Panama” raggiungendo i 200mila streams.

Ascolta su Spotify: https://open.spotify.com/intl-it/album/22qIEYZXXobZ0KhiRypfbm

https://www.facebook.com/luferrillo

https://www.instagram.com/luferrillo

Biografia

Luigi Ferrillo, in arte solo Ferrillo, è un artista di Milano classe 1993. Cantante e compositore fa della sua passione un vero e proprio mestiere. Melodie frizzanti, suoni tra pop e reggaeton che conquistano le masse.

Ferrillo nel 2018 viene premiato come miglior artista urban di Milano e successivamente si è trasferito in Colombia. Qui perfeziona il suo sound e continua a crescere come artista. Nel 2019 presenta il suo singolo “Peligrosa” e presenzia due volte al Festival Latinoamericano, il più grande festival di musica latina in Europa.

Singolo dopo singolo Ferrillo conquista la sua fetta di pubblico. Nel 2023 pubblica il singolo “BeBe”.

Ora Ferrillo vuole riportare la sua musica anche nella sua terra Natale, l’Italia.

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Leonardo Visioli: 6 canzoni in 6 birre

Leonardo Visioli è un chitarrista e cantante proveniente da Casalmaggiore (CR), diplomato al Conservatorio Arrigo Boito di Parma. Dopo anni di esperienze live con vari progetti musicali Leonardo Visioli decide di intraprendere un percorso solista che nel novembre 2022 lo porta a pubblicare “Musa Rosa”: un concept EP autoprodotto che comprende 4 brani composti con la collaborazione di alcuni colleghi del conservatorio tra cui Pablo Caroleo che insieme a Leonardo ha seguito le riprese in fase di registrazioni. L’EP “Musa Rosa”, sancisce l’inizio della collaborazione con l’artista Camilla Bozzini Garzi, che ad oggi continua a curare la parte visuale del progetto. Tra il 2022 e il 2023, Leonardo porta dal vivo il suo EP assieme ad altri brani inediti. Nell’ottobre 2023 Leonardo Visioli pubblica il singolo “Simposio Moderno”, autoprodotto. Nel novembre 2023 Leonardo entra nella famiglia di Risorgiva Dischi, microetichetta di base a Casalmaggiore. Oltre al percorso solista, Leonardo è voce principale dei Koomari.

Il 14 dicembre è uscito su tutte le piattaforme digitali il nuovissimo singolo “Musica nella stanza”. Il progetto è stato sponsorizzato da Mad One, birrificio artigianale anch’esso con base a Casalmaggiore. Prendendo spunto da questa originale comunione, abbiamo dunque chiesto a Leonardo di portarci a fare un giro al Mad One e, tra malto e decorazioni natalizie, abbiamo scoperto qualcosa di più tanto sulla genesi dei suoi pezzi quanto su suoi gusti in fatto di birra. Ecco cosa ci ha raccontato durante questo percorso di degustazione multisensoriale: scopriamo 6 brani di Leonardo Visioli attraverso gli aromi di 6 birre Mad One.

GENESIS (pils) – Musica Nella Stanza

Genesis, la mia birra preferita, una classica pils che Mad One produce con maestria! Il colore paglierino e la schiuma persistente viaggiano in sintonia con “Musica nella stanza”, un ritornello leggero e dal profumo mielato che nelle strofe ha un retrogusto amarognolo ed erbaceo che induce di più̀ all’introspezione.

BEVR’ n’ BIR (Italian grape ale) – Paravento

Cuore di tradizione, dalle nostre parti si dice che “bevr in vin” allunghi la vita dell’uomo: significa versare un bicchiere di Lambrusco nei Marubini (una pasta ripiena tipica della mia zona, il Cremonese. Sono simili a quelli che in altre regioni vengono chiamati agnoli, tortellini o cappelletti). Mad One aggiunge alla sua birra il mosto di Lambrusco tipico delle nostre zone come se fosse un piatto di marubini, creando un crossover incredibile di tradizioni e sapori. Allo stesso modo in “Paravento” descrivo un mondo idilliaco, che nel ritornello fa riferimento a un “chiodo fisso che non corre, ferma il cuore e lo rapisce” proprio come le nostre tradizioni fanno con i nostri cuori. L’altra analogia è che in “Paravento” si parla di “carezze o schiaffi va bene uguale”, ecco la Bevr’n’Bir fa la stessa cosa: una birra rossa con sentori di vino ma che passa tra le note maltate delle birre Mad One e termina con un dolce sapore di frutti rossi, tutto buonissimo, una carezza! Ma con uno schiaffo di 7.2% gradi alcolici, enjoy ma responsabilmente.

HOME (weiss/helles) – Simposio Moderno

Avete presente quando dite: “dammi una bionda”? Quella bionda è la HOME!
Avete presente quando chiedete: “suonamene una bella rock”? Quella rock è “Simposio Moderno”. La Weiss è Home per Mad One tanto quanto il rock è casa per me: in questo brano escono le influenze rock che sono le mie radici musicali più importanti.

LOCHTRIP (ipa) – Ballo Liquido

“Ballo Liquido” si trova nel mio EP Musa Rosa, prima uscita da solista, auto-prodotto da me e Pablo Caroleo, uscì il 25 novembre 2022. Il brano parla di una figura a noi estranea, che arriva da un altro pianeta, che precipita sul nostro e si lancia con noi in un “Ballo Liquido”. Un attimo effimero di libertà, uno piccolo squarcio di momenti perfetti portati da un extraterrestre che non vogliamo vada più via. E quando se ne va chissà se tornerà. La Lochtrip è l’entità esterna che viene da un altro pianeta… Avvicinando il bicchiere si è subito travolti dal suo profumo, il sapore è una valanga di aromi che parte dai frutti tropicali fino ad arrivare ad un amaro intenso.

PAINT IT BLACK (stout) – Brilla

“Brilla” è l’ultimo brano presente nell’EP Musa Rosa ed è proprio una bella stout: anima rock decisa e di carattere. La Paint It Black è una birra che si presenta nera e profonda nel bicchiere. Al naso arrivano note di caffè, crema al cacao e note tostate. “Brilla” è un brano molto distorto che parla di giochi di sguardi, di profumi, di corpi che si stringono e che insieme brillano. La Paint It Black può sembrare scura ma ha lo splendore e il profumo di una birra dal cuore rock n roll

MARCH HARE (marzen) – 0578

0578 è un brano evocativo, che ci fa tornare in mente tante cose belle che abbiamo provato. Proprio come la March Hare ci fa apprezzare tanti aromi che ci ricorderanno: nocciola, crosta di pane, noce e uva passa e altri. Nella seconda strofa parlo di un “tramonto rosso fuoco” e di canzoni che dal buio illuminano un colle intero. La March Hare è proprio questo: può essere il vostro tramonto rosso fuoco, dato il suo colore ramato, o la birra che, bevuta al buio su un panchina a chiacchierare con una persona a cui vogliamo bene, può̀ illuminare la serata e un colle intero.

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10 album italiani che forse vi siete persi nel 2023 (e che dovreste recuperare)

Siamo ormai al termine dell’anno, tempo di tirare le somme, delle playlist di fine anno, delle classifiche e di cose del genere che noi però non faremo. Quella che segue non è una classifica, una condensa del meglio di un anno che non abbiamo capito, ma un invito a recuperare qualche disco della scena indipendente, che forse vi siete persi e che potrebbero essere molto utili per riempire le cuffie durante le giornate vuote delle vostre giornate natalizie. Cominciamo?

“Come closer” dei Petra Von Kant

Quello dei Petra Von Kant è un disco di quelli che forse potreste condividere con vostro padre, quel padre rockettaro che non ha ancora Spotify, che vi faceva ascoltare i Litfiba in macchina e che ha ancora in camera tutti quei dischi progressive della vecchia guardia con quelle copertine discutibili. I Petra Von Kant, con un nuovo esordio che avvia una strada parallela al progetto dei Venus In Disgrace, esordiscono a fine ottobre con l’album “Come closer” (fuori per Lost Generation Records). Niente singoli, pochi fronzoli, niente scelte di marketing, solo la musica, come si faceva una volta. Musica che spesso non basta, tant’è che probabilmente ve li siete persi. Forse, potreste sfruttare qualche macchinata con papà o quello zio virante a sinistra, che era stato fan degli Area, per mettere su questo disco e far vivere così questa pulsante scena romana dark, oscura, intensa, che si ritrova nei localini fumosi e negli studi arrangiati a casa, e che non è mai troppo uscita dagli anni Ottanta.

Ci piacciono tantissimo per il loro essere un po’ boomer.

Una (1000Nessuna)” di Miele

E sul finire del 2023 arriva anche l’album d’esordio Miele, quel nome che forse ricorderete da qualche Sanremo passato, ma che ora ha ben poco a vedere con un disco autobiografico, di quei pensieri che hanno voglia di esplodere in musica, e non si vergognano mai di rivelarsi. Miele sembra averci fatto aspettare così a lungo per un suo full legth che, ora che lo abbiamo, c’eravamo ormai dimenticati di lei. Un disco di sussurri, derive rock con quelle chitarre trascinanti, bassi che prendono lo sterno e ci fanno ballare e parole che rimangono impresse. Un disco che funziona, ma che di fatto è un altro esordio dell’underground, di chi ha fatto pace con sé, di chi parla delle donne in modo sfacciato e sincero (e mai come in questo periodo, ne abbiamo bisogno!). Peccato, perchè il percorso di questa giovane cantautrice ce lo eravamo quasi perso, ma siamo ancora in tempo per recuperare questa piccola perla dell’underground.

Arrivato nel momento sbagliato, probabilmente. Ora che anche Maria Antonietta porta i tacchi alti e abbiamo tutti superato i trent’anni o quasi.

“Earth” di Anna Soares

Che musica e sensualità fossero una cosa solo per Anna Soares lo sapevamo già, e lo sapevamo già così bene che forse vi siete quasi persi questo (nuovo, ennesimo) terzo disco dal titolo “Earth” (fuori per Lost Generation Records). Un disco che più che ascoltato, andrebbe vissuto in un club con una rigida selezione all’ingresso: solo affamati di movenze lente, solo chi comunica con giochi di sguardi, solo chi ama il sesso che non si fa mai. Un nuovo disco per il sottofondo delle nostre cene natalizie, quelle tra amici che finiscono fumose sul divano, con le chiacchiere filosofiche e i sentimenti non corrisposti. Anna Soares si conferma una donna pop con un’oscurità esplosiva e contagiosa con un disco che forse perdiamo e confondiamo con gli altri, che sono comunque pubblicazioni abbastanza recenti, ma che non possiamo che apprezzare. Quando ci siamo stufati della banalità, ma non delle feste di Natale, forse potremmo capitare proprio qui.

“Aspettando Ribot” di Roberto Benatti

Ecco che vi abbiamo trovato un altro disco che forse non avreste mai scovato altrimenti. Roberto Benatti è il contrabbassista dell’Orchestra della Scala di Milano, ma quest’anno timidamente è diventato anche un cantautore. L’esigenza è molto semplice, chiudersi in casa a raccontare tutto, chitarra, voce e la complicità di Silvia: tutta la Milano che ha dato tanto, ma da cui bisogna fuggire, l’amore, i figli, il calcio e tutto il resto. Qui dentro c’è molto di De Andrè, ma anche l’urbanità indie di Dente e di quella scena che ci ha fatto compagnia negli anni Dieci. Roberto Benatti arriva qui, silenzioso e sincero, come alla fine di una cena di Natale, con quelle canzoni semplici che si cantano ancora a tavola, e che si assorbono meglio con la pancia piena. Un altro disco contro ogni logica di mercato, che non si associa a nessuna strategia o idea di comunicazione, che esiste nella sua urgenza che non fa neanche troppo rumore.

“Nevermind” di Sete

Un nuovo esordio al femminile, che inizia con ritmiche serrate, a volte vibes à la Mahmood ma senza le pose e le stratificazioni del successo, che ahimè sono inevitabili. Si può fare pop, si può derivare nella scena urban, senza camuffarsi, ma anzi esponendosi come raramente abbiamo visto questo anno. E Sete esordisce così, con un album dal titolo importante come “Nevermind” (fuori per Talento Liquido), lo stesso titolo di un disco dei Nirvana che probabilmente ci ha fatto compagnia in più di un momento buio, ad un disco che forse può avere lo stesso scopo: un manifesto generazionale di ragazze di periferia, che sono stanche, che hanno voglia di ballare, che si rasano a zero e che vivono dicendo non mi importa. La vediamo bene a duettare con Blanco, quando non riempiva gli stadi, con una voce come se fosse la stessa. Il cantautorato ha questa faccia, non possiamo farci niente se non lasciarci trascinare, inquietare, affondare nelle acciacature e vivere i nostri viaggi in metropolitana come fossimo in un club segreto quasi fuori Roma.

“Limine” dei Macadamia

Se non lo aveste capito, ci piacciono i dischi che non si classificano, che non si riescono a catalogare bene, che brillano di luce propria e non assomigliano a nessuno. Ed è il caso dei Macadamia, che dopo una serie di singoli arrivano al loro “Limine“, un piccolo inno resiliente ad una generazione che si sta disfacendo, e che si rifugia quindi in sonorità psichedeliche e cantautorali della vecchia guardia. É un disco per tutti noi ragazzi che facciamo le tre, ma che rimaniamo bravi ragazzi, che ci fermiamo cauti agli STOP e che Roma non la viviamo mai veramente. Un piccolo disco prudente, al punto giusto, che non osa troppo ma ammicca alle sonorità d’oltre oceano, che ascolta Alex Cameron e Mac DeMarco, ma anche Mina, che attinge alla sessualità estetica di Calcutta, e racconta anche di sè. Un mix cauto, che non esce troppo dai confini, ma che allo stesso è un mix unico che non avevamo mai sentito prima, e che sa di casa. A Natale, soprattutto, ci vuole!

“Invisible Pathways” di Martina Di Roma

E torniamo a Milano, insuandoci in quella scena jazz che da quando il Lume non è più attivo forse abbiamo perso. Noi che da fuori bazzicavamo i localini e le jam session, ora siamo alla Corte Dei Miracoli, una versione pettinata di quel Lume, un centro sociale che ha cambiato spesso sede e che ha lasciato una voragine di nostalgia ovunque sia stato. Una sera di queste, incontriamo Martina Di Roma che presenta dal vivo il suo esordio dal titolo “Invisible Pathways“: una diva timida, un concertino di New York ad occhi chiusi, l’autobiografia musicale ed estetica di un periodo difficile, il carisma raro di chi non cerca di apparire. Martina Di Roma è una perla rara in questo panorama musicale che vive di tormentoni, e che allo stesso tempo vediamo per sempre in questo underground scintillante, ma poco vendibile. Se avete voglia di chiudervi in un pub fumoso, immaginarvi in abiti degli anni Trenta, e lasciarvi trascinare da un piano lungo i tormenti e soluzioni emotive di Martina, siete nel posto giusto. Benvenuti.

“glu” di Guidoboni

Quello di Guidoboni è uno di quei dischi inghiottiti dall’estate, e che prima o poi vengono rigettati, speriamo di esser parte di questo rigetto. Un cantautore da quell’età indefinita, un po’ come Fulminacci e un po’ come Paolo Nutini, un po’ come ciò che servirebbe (servirebbe davvero!) a Sanremo, e un po’ come quelle che vorremmo vedere per sempre nei sobborghi. Guidoboni ha esordito timidamente con “glu”, un racconto di provincia, di amore (e di porno!), con quei dettagli della casa dei suoi genitori, di ritorni in città che non fanno respirare, e tanta nostalgia. Un timbro del genere, in italiano, non l’avete mai sentito, fidatevi. Un disco da imparare a memoria, da urlare in macchina, anche se ovviamente i malcapitati in macchina con noi non sapranno una parola. Un disco quindi, che è moralmente necessario condividere, per urlare meglio.

“No Borders” di Altera Nexa

Non capiamo molte cose: la copertina di un disco sugli store digitali che non riusciamo neanche a decifrare, piccola e lasciata lì su Spotify. Ancora una volta, come era stato per i sopra citati Petra Von Kant, neanche un singolo che potesse accompagnarci in questo momento di alternative jazz che si può ballare. Musica e marketing non vanno d’accordo, ma scovare dischi fighi diventa abbastanza complicato così e, fidatevi, “No Borders” degli Altera Nexa è uno di quei dischi veramente fighi che avreste voluto vi facesse compagnia ancora a lungo, e che invece probabilmente sentite adesso per la prima volta, giusto in tempo per tirare le somme di questo 2023 così stratificato.

Band padovana (quella città che ha partorito Jesse The Faccio ed Ulisse Schiavo), poche ciance, solo la cattiveria di un sax che si arrabbia di malinconia crescente. Un disco strumentale bellissimo, che forse ha solo bisogno di qualche idea collaterale per emergere, magari un feat? Suggeriamo: Pietro Berselli per rimanere in zona, Marta Del Grandi per evadere ma avere a che fare con un’altra amante dei fiati, Deaf Kaki Chumpy per essere in metà di mille sul palco.

“Queer Eleison” della Croce Atroce

Concludiamo questa carrellata di dischi con un album, quello della Croce Atroce, perfetto per spezzare la boria alcolica quando il 25 dicembre sta per volgere al termine. Filastrocche musicali decisamente scorrette, autobiografiche, ritmi scanditi da un rap old school che ci introduce in un’atmosfera surreale e retrò. La Croce Atroce è l’anima del Toilet di Milano: il rossetto marcato, mai stare zitti e quest’esigenza di raccontarsi. Questo è il suo terzo disco, “Queer Eleison“, il nuovo capitolo di una battaglia che affronta qui tematiche di accettazione e religione, dove scuola e famiglia si intrecciano con i vaffanculo più sonori che abbiamo mai detto. Forse a volte è necessario far ascoltare dischi del genere a chi vogliamo comunicare qualcosa di importante, senza drammi, con la normalità di chi ama i tacchi alti e andare al lavoro la mattina senza postumi.

Grazie per questa semplicità che ci fa così ridere, e sentire anche meno soli, tra tutti noi solitari che si perdono nei buchi neri.