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Indie Intervista Pop

Se premi play su “Conchiglie” di Beca puoi sentire la voce del mare

Di Beca avevamo avuto modo di parlarvi giusto qualche settimana fa, all’uscita del suo singolo “Aurora”: lo stile genuino e vero dell’artista toscano ci aveva subito conquistato per spontaneità e pathos, regalandoci una buona alternativa ai singoli melensi e tutta plastica del venerdì.

Ovviamente, quando ha visto la luce, qualche settimana fa, il suo disco d’esordio ci siamo presi l’impegno con noi stessi di non perderci l’occasione di potergli fare qualche domanda: abbiamo parlato di “Conchiglie“, il suo disco d’esordio per La Rue Music Records, di amore e del mare di Viareggio; insomma, gli ingredienti sono quelli giusti per una buona chiacchierata.

Ciao Beca, piacere di ritrovarti. Ti abbiamo scoperto qualche settimana fa con “Aurora”, e subito ci aveva convinto il tuo piglio autorale capace allo stesso tempo di ammantarsi di un’ottima spinta melodica e pop. Chi è Beca, per chi ancora non lo conoscesse?

Beca è un ragazzo con una sfrenata passione per la musica, talmente sfrenata che ha avuto la malsana idea di volerla trasformare in un lavoro, e che quindi adesso sta affrontando tutte le difficoltà di un artista emergente. Beca scrive pezzi fortemente autobiografici, segnati indelebilmente da influenze proveniente dalla musica leggera e dal cantautorato italiano.

Come ti avvicini alla musica? Quali sono i primi passi che hai compiuto in questo mondo?

Il mio primo scontro con la musica è avvenuto a undici anni quando ho imbracciato per la prima volta una chitarra. Con questo strumento ho avuto degli alti e bassi durante la mia adolescenza, talvolta l’ho considerata troppo poco. Nonostante tutto però lei è rimasta lì, nel frattempo mi sono appassionato al canto e, infine stanco di relegarmi alle canzoni di altri autori, ho deciso di buttarmi nella scrittura.

Vieni da Viareggio, città musicalmente e culturalmente ricca di progetti interessanti. Come vivi il tuo rapporto con la provincia? Che relazione hai con la scena della tua città, e cosa ne pensi?

Recentemente dalla Versilia sono usciti un sacco di artisti validi soprattutto nel panorama indie. Sono molto fiero del fatto che band e artisti locali, con i quali sono legato soprattutto da un rapporto di amicizia, stiano riuscendo a prendersi delle belle soddisfazioni grazie alla loro musica.

Aurora” aveva già fatto capire al tuo pubblico che il “nuovo” Beca avrebbe dato all’elemento acquatico un valore importante… oggi “Conchiglie” conferma questa sensazione: quanto “mare” c’è, dentro il tuo album di debutto?

Il mare ha un valore centrale non solo nei miei lavori e nel mio lato artistico, ma incide tantissimo anche nella mia quotidianità. Solo la sensazione di sentire la salsedine nell’aria mi trasmette serenità e mi rendo conto di essere a casa.

Raccontaci i brani, passo dopo passo: esiste un filo rosso che li collega e li unisce, a livello concettuale?

C’è un filo conduttore che unisce i pezzi: sono tutti autobiografici, raccontano tutti diverse parti di me – le mie relazioni, le mie sensazioni e i miei percorsi mentali. Nonostante ciò, ho voluto sottolineare fin dalla scelta del titolo dell’album che ascoltarlo è come raccogliere le conchiglie sulla battigia. Certo sono tutte conchiglie, ma ognuna ti colpisce per un particolare (un contesto, una frase) che la rende diversa e speciale di fronte all’ascoltatore.

Hai lavorato con Nicola Baronti: che tipo di collaborazione è stata la vostra? Come vi siete conosciuti e avvicinati?

Ci siamo conosciuti quando venne invitato a fare il giudice al Viareggio Music Festival. Decidemmo di produrre un brano insieme e di lì nacque una collaborazione che dura tutt’oggi: con Nicola mi trovo molto bene e spero di affidare a lui anche i prossimi lavori. È una persona che fa crescere molto, sia a livello artistico che non.

Salutiamoci, ma prima rivelaci cosa farà Beca, ora che i giochi sono fatti!

Ora c’è solo una cosa da fare: suonare il disco live!