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Pop

Le 5 cose preferite di Giuseppe D’Alonzo

Disponibile su tutte le piattaforme digitali “Fantasmi di carta”, il nuovo album di Giuseppe D’Alonzo. Un disco con un sound blues rock accompagnato da testi cantautorali e profondi.

“Fantasmi di carta” è un viaggio alla ricerca di ciò che davvero conta. L’amore, l’arte, la natura e tutto quello che ci riporta in contatto con chi siamo nel profondo. Giuseppe D’Alonzo ha dedicato questi brani all’arte e in particolare agli artisti, trasformandoli in figure in grado di salvarci dalla mediocrità. In fondo è proprio nell’arte, che sia dipinta o musicale, che l’uomo ha sempre trovato se stesso e una via di fuga.

Il disco è composto da sedici brani legati da un fil rouge melodico, ma ogni pezzo riesce a mantenere la propria essenza differenziandosi dagli altri. Abbiamo dei brani più cantautorali come “Parlare di me, parlare di te”, “Cenere” e “Perduto nel tempo”.Interessante è la title track uno dei pezzi più ritmati con un rock intenso e intrigante. A questi si alternano brani più pop come “A piedi nudi” e “La crudeltà”. Tra i pezzi più frizzanti troviamo “Gravità” e “Ecce Homo”.

Noi come sempre non abbiamo resistito e gli abbiamo chiesto quali fossero le sue cinque cose preferite, ecco com’è andata!

Il Legno

È un materiale che mi ha sempre affascinato, e mi è sempre piaciuto a pelle.

Ha delle proprietà straordinarie, ci dona calore, resistenza, vibrazioni, atmosfera, bellezza, insomma è il materiale che preferisco e tra gli oggetti in legno che adoro ovviamente ci sono le chitarre Acustiche che, nel mio piccolo, colleziono.

Viaggiare

Da sempre una delle cose che preferisco fare e il motivo per cui guadagno soldi è per poterli spendere in viaggi. Abbiamo un pianeta meraviglioso e una sola vita a disposizione…affrettatevi.

Gli Agapornis (Pappagalli inseparabili)

Amo gli animali in genere, ma con questi pappagallini ho una certa affinità, ci capiamo “al volo”

A parte gli scherzi secondo me sono spesso sottovalutati come animali domestici, invece sono dei giocherelloni, vivacissimi, curiosissimi e tenerissimi esserini che si legano all’uomo in un modo molto particolare, ovviamente devono poter uscire dalla gabbietta, altrimenti non prendeteli.

La cucina libanese

Amo la cucina mediterranea ma la Libanese cattura il mio palato da diversi anni ormai.

I Motel americani

Non chiedetemi perché ma dei tanti viaggi negli Stati Uniti una delle cose che ispirano la mia musica sono proprio i motel on the Road. Per me è ancora un mistero ma li sogno spesso, mi vengono in mente quando ascolto musica Country, hanno ispirato tanti miei brani. Sono fortemente evocativi.

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Comunicato stampa

Marta Lucchesini firma la colonna sonora del film “Sul sentiero blu” di Gabriele Vacis

É disponibile da lunedì 9 gennaio su tutte le piattaforme di streaming digitali la colonna sonora di “Sul sentiero blu”, prodotto da Indyca, distribuito da Wanted Cinema, e diretto da Gabriele Vacis.

A firmare la colonna sonora (edita da New Lanark Film and Music) è la compositrice Marta Lucchesini, nota anche come cantautrice con lo pseudonimo Marat. Dieci tracce che raccontano l’avventura di un gruppo di giovani con autismo e dei loro educatori e medici che hanno camminato per 200 km in 10 giorni lungo la via Francigena per dimostrare e dimostrarsi che la gestione delle difficoltà e delle emozioni è possibile.

Marta Lucchesini, le cui canzoni sono già state sincronizzate in Tv Series di successo come Christian, Il Cacciatore e Non Mi Lasciare, collabora da due anni con il compositore Giorgio Giampà con il quale ha firmato la colonna sonora del film Netflix italiano più visto dalla nascita della piattaforma ad oggi “Il mio nome è vendetta” e quella del documentario di Sabina Guzzanti “Spintime”, presentato al Festival di Venezia nel 2021.

Reduce dalla pubblicazione del suo ultimo ep “Tempesta e calci” (ad aprile per Le Siepi Dischi, come Marat), in “Sul Sentiero Blu”, Marta Lucchesini percorre parallelamente la strada della musica per film intrecciando temi strumentali e canzoni in una colonna sonora che si muove tra sussurri ed esplosività. Lucchesini è ora al lavoro alla colonna sonora del documentario messicano “Imposters”, ha prestato la sua voce alle musiche di Giorgio Giampà per la Tv Series Disney+ “The Good Mothers” e sta preparando il suo nuovo disco come Marat.

SCOPRI IL DISCO SU SPOTIFY: 
https://open.spotify.com/album/1SSNnq2UQ84L3VRiwJcsQD?si=1TEnpRUmSwCLbG_F7HdeFw
 




Mix: Dario Giuffrida
Violino: Gabriele Campagna
Editore e Label: New Lanark Film and Music


BIO:

Marta Lucchesini, compositrice, cantautrice e polistrumentista, nasce a Monterotondo (Roma) nel 1995. Il suo percorso intreccia il mondo delle canzoni con quello delle colonne sonore, dove l’uso della voce si fonde con la sperimentazione su tantissimi strumenti diversi.

Dopo essersi laureata, nel 2020, al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma in “Composizione per la musica applicata alle immagini”, debutta al Festival del Cinema di Venezia 2021 con il docufilm di Sabina Guzzanti “Spin time – Che fatica la democrazia!” firmando la colonna sonora originale insieme al compositore Giorgio Giampà, con il quale lavora anche nel ruolo di assistente da due anni. Altre colonne sonore originali: “Sul sentiero blu” (2022), “Ugo, storia di una piccola grande idea” (2022) e, appena uscito, prodotto da Netflix, “Il mio nome è Vendetta”.

Ha all’attivo due EP: “Le Facce” (2017) e “Tempesta e Calci” (2022). Dopo il diploma (2017) a Officina Pasolini porta il suo progetto live in tutta Italia con più di 100 concerti fatti e tantissime partecipazioni a concorsi. Nel 2019 vince la Targa Tenco per il miglior Disco a Progetto con il collettivo Adoriza.

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Comunicato stampa

“Una notte più lunga” è il nuovo singolo di Kublai, in uscita il 30 gennaio

É in uscita lunedì 30 gennaio 2023 in distribuzione Artist First “Una notte più lunga“, il nuovo singolo del progetto solista di Teo Manzo, Kublai, e primo capitolo di un nuovo EP previsto per questa primavera. “Una notte più lunga” segue l’album omonimo d’esordio del 2020, e ci accompagna nuovamente verso l’universo onirico – urbano del cantautore di Milano: venature elettriche e psichedeliche si intrecciano alle parole e creano un baratro per l’ascoltatore. Non parliamo qui di un abisso minaccioso, ma di un vuoto che occupa spazio, che completa, che informa. 
 

L’attesa, la sospensione, la precarietà che la canzone ci chiede non sono più insopportabili, e il nostro paradosso è – infine – contemplabile.

Kublai 


Kublai è un disco nuovo, ma fuori dal tempo […], è un ibrido tra canzone d’autore ed elettronica, con echi di progressive. È cantautorato progressive, se vi piace la definizione.” (Rolling Stone)

“Cos’altro si può dire di quest’esordio? Un piccolo grande capolavoro, arte a trecentosessanta gradi, poco altro da aggiungere per qualcosa che è in grado di coniugare istanze artistiche e letterarie con talento e originalità. Perfetto.” (Rockit)

KUBLAI SU SPOTIFY: http://spoti.fi/3GtksUo


BIO:

Il primo omonimo album di Kublai (2020) prende le mosse dalla collaborazione fra Teo Manzo, autore dei testi e delle musiche, e Filippo Slaviero, che ha curato produzione, registrazione e mixaggio, oltre a essere coautore delle musiche. Le registrazioni sono avvenute a Milano, presso Il Vicolo Studio dei fratelli Slaviero, Hit Factory Studio di Nicolò FragileAdesiva Discografica di Paolo Iafelice. Masterizzato presso La Maestà Mastering da Giovanni Versari.

Nel 2023, il progetto Kublai torna con un nuovo EP, realizzato con la collaborazione di Mamo, co-autore delle musiche, e la produzione di Vito Gatto. Il nuovo disco è anticipato dal singolo “Una notte più lunga“, ouverture dell’EP, in uscita lunedì 30 gennaio in distribuzione Artist First.

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Internazionale

Colombo riporta in vita Emily Dickson, ed è incredibilmente molto pop

Sembra incredibile ma abbiamo anche noi il nostro James Blake, si chiama Alberto, ma più semplicemente Colombo per Spotify, da Brescia ma itinerante per studiare musica tra Parma e Milano, classe 1994 e gioca con influenze di respiro internazionale per riportare in vita la poetessa Emily Dickinson che ben si intreccia con una voce eterea e giri di piano ipnotici. “Where children strove” non è il primo disco di Colombo, ma sicuramente il primo con feat. dall’aldilà: le parole di Emily Dickinson diventano tutt’uno con un universo malinconico a tinte pastello, che piacerebbe ai fan dei Coldplay.

É sempre soddisfacente e bellissimo quando si inizia l’anno con piccoli dischi del genere, quattro tracce in grado di svoltarti le giornate di pioggia, che sono l’equivalente di una passeggiata solitaria alla Pinacoteca di Brera (cosa che, se non avete mai fatto, vi consiglio assolutamente di provare), che affondano nei pensieri e che è impossibile lasciare andare. Io che ho lasciato che il disco riempisse casa, e si infiltrasse attraverso le tapparelle e i fasci di luce del pomeriggio, con un caffè e le ultime mail di lavoro da leggere, mi sono ritrovato ad ascoltarlo tre volte di seguito: le parole sono immortali, tristi e, oserei dire, universali, e Colombo le fa proprie in una maniera moderna e a tratti anche ironica.

Musicalmente ogni traccia è liberamente ispirata alle melodie di Dvořák (Sinfonia “Dal nuovo mondo”), Chopin (Notturno op.9 n.2), Tchaikovsky (Concerto per pianoforte e orchestra) e Ravel (Concerto in sol). Lui parla di pop neoclassico, e forse, immaginandoci le statue di Canova e culi sodi in marmo, non potremmo che dargli ragione, con la triste consapevolezza che, forse, per fare qualcosa di davvero originale non bisogna che andare a pescare ciò che ci siamo persi nel passato. Nella musica come nella vita, chissà… Quello che so è che raramente un disco mi ha fatto amare l’arte così tanto, a trecentosessanta gradi, con la voglia di scoprire di più, leggere di più, e sicuramente ascoltare di più anche Colombo. Non perdetevelo.

J.

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Elettronica

Sem&Stènn si autodefiniscono eroi, e forse fanno anche bene

Che ormai Sem&Stènn, duo electro-pop divenuto celebre inizialmente per aver partecipato ad X-Factor, durante la stessa edizione dei Maneskin, sono in giro da parecchio. Me li sono ritrovato spesso a scegliere canzoni in serate assurde, di cui mi ricordo poco se non queste eteree figure con, bisogna dirlo, sempre scarpe bellissime. Loro sono il duo della Milano che balla, dei Navigli fino a sera tardi, del Rocket prima del Covid, del Plastic tra la ressa e il sudore. Ci hanno scritto anche un pezzo qualche tempo fa, si chiamava Ho pianto in discoteca, che riassumeva bene come mi sentivo per la maggior parte del tempo: un disastro, senza una vera vita sociale, ma sempre e perennemente in fila per entrare in un club.

Ammetto di aver detto anche un paio di cose brutte su di loro, che sono sempre perennemente alla ricerca del successo, e che i loro pezzi son paraculi, plastici, confezionati apposta per piacere. Il problema è che poi è vero, che i loro pezzi piacciono. E facendomi due conti, devo dire che non è vero che i loro pezzi sono paraculi, perchè facendomi un giro su Scuola Indie, mi sembra inevitabile notare un’estrema voglia di essere alternativi, di candidarsi come gruppo di punta alla festa dell’Unità di Buccinasco, con il mullet, le Dr. Martens basse e i calzini bianchi, e forse anche un Urania tascabile ficcato nella tasca dei jeans. Sem&Stènn, i veri punk di una scena che forse noi pseudo intellettuali di sinistra non ci meritiamo, se ne fottono e arrivano, oggi con un nuovo EP, sfacciato, pop, ballabile, senza giri di parole nè occhiolini ad una scena in declino schiava dell’algoritmo. Eroi, veri e propri.

Bromance è l’ultimo brano che passano alle 5 mattina di un bar di provincia, forse l’unico in zona, dove ci raduniamo tutti a sudare fino a fare schifo. I sentimenti elettronici che frizzano sotto i piedi e ci fanno ballare, sulla cassa dritta (che non sbaglia mai).

Rocky di Mudimbi è la mia personalissima colonna sonora di quando mi sento una merda (spesso) ma comunque mi ritrovo a fare le 4 del mattina in un giorno infrasettimanale, e Mudimbi, dalla tomba dei fenomeni musicali che ci eravamo dimenticati, è una scelta fantastica e particolarmente riuscita. Un po’ come me, che faccio pace con Sem&Stènn. Eroi, il titolo dell’EP pubblicato oggi, giovedì 12 gennaio, sono cinque tracce, e le dedico a tutti noi radical che in realtà sogniamo solo saperci vestire bene e saper portare le scarpe giuste nel locale giusto, fottendocene di chi pensa che siamo dei modaioli paraculo.

Grazie

J.

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Internazionale

“Mondo Peplum” di Torso Virile Colossale, e il rock muscolare epico del futuro

Vorrei davvero, ma davvero tanto, che qualcuno proponga una serata in un cinema, di quelli vecchi e un po’ polverosi in via d’estinzione, dove venga proiettato un Ben Hur con musica dal vivo, rigorosamente necessaria la presenza delle chitarre elettriche. Non che sia una cosa nuova, quella di chiedere a band e artisti della scena alternative di musicare dei film: ricordo con particolare piacere un episodio in cui i Marlene Kuntz suonarono sulle immagini di Signorina Else, degli anni Trenta. Un contrasto che ancora adesso mi mette i brividi. E di questo stesso contrasto vive il mio ascolto di Torso Virile Colossale, il personalissimo e folle progetto del cantautore e compositore Alessandro Grazian, la cui passione per il cinema peplum, genere che consideriamo, tristemente, di serie B, lo ha portato a mettere in piedi uno dei mondi musicali più interessanti della scena alternativa di questi giorni. Giorni dove sembra imperante la presenza sui social, degli algoritmi, delle tendenze, a contendersi quei pochi spazi dalla vita breve.

Ed è qui, che come una sirena, la voce di Rachele Bastreghi in “Estasi a Tor Caldara” ci conduce ipnotica in questo mondo di colonne sonore fantascientifiche. E questa chitarra di “Chi guida l’orgia?” non mi fanno che desiderare ancora più ardentemente di vedere una battaglia epica, tra uomini e scheletri magari, come quella de Gli Argonauti, in compagnia di Alessandro Grazian e di questi suoi sinuosi subbugli.

Mondo Peplum, il nuovo disco e secondo capitolo di Torso Virile Colossale, è, come per il primo disco, in bilico tra musica classica,  la colonna sonora e il rock più muscolare, la cui forza nel farsi apprezzare anche dai miei genitori, che tagliano Torino in macchina a suon de “Il Trionfo”, fregandosene altamente di ciò che è indie e cosa no.

Torso Virile Colossale è solo una finestra su un mondo ampissimo, e fa venir voglia di scoprire, ascoltare e vedere cose nuove. E non credo ci siano molti altri dischi che possono avere questo potere. Ascoltate Mondo Peplum.

M

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Post-Punk rock

Le 5 cose preferite degli Hornytoorinchos

Gli Hornytoorinchos hanno pubblicato il loro nuovo disco “Non aspettatevi granchè”. Noi gli abbiamo chiesto quali sono le loro 5 cose preferite!

Alberto Angela

In lui è coltivato il gene della sapiosessualità, cultura e sex appeal miscelati in uno spettacolare esemplare di homo sapiens. E’ il protagonista del nostro singolo e brano di apertura del disco.

Gli ornitorinchi

Animaletti incredibili, non si capisce se siano talmente evoluti da allattare dopo aver deposto uova o se per lo stesso motivo siano invece una specie involuta. Sono bellissimi e ci siamo ispirati a loro per il nome della band.

Le fantasie sessuali

Un mondo fantastico fatto da centinaia di variabili sorprendenti e incredibili. Abbiamo dedicato due brani del nostro disco a questo mondo meraviglioso, “La Savana” e “Mucca Rimming”. Inoltre la protagonista del nostro ultimo videoclip è Mistres Lady Demonique una dominatrice professionista, i suoi racconti ci hanno affascinato.

Woman and man playing domination games in bed together

La Patafisica

E’ la scienza dell’assurdo e delle soluzioni immaginarie. La destrutturazione della scienza, il bizzarro a cui ci ispiriamo per comporre ogni pezzo, nessuna regola, nessuna logica, nonsense, ironia e immaginazione. Inoltre adoriamo la fisica della patata.

Greta Thumberg

Altra protagonista di un nostro brano, personaggio estremamente affascinante, idolo della masse e bandiera della generazione Z. Gira il mondo e combatte le sue battaglie insieme a milioni di giovani, noi ci chiediamo per quale motivo sia sempre arrabbiata. Abbiamo provato e rispondere con il nostro brano.

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Pop

La dark wave padana di Nebbia, nel suo EP di debutto “Altrove”

Quale periodo migliore di questo, quello dove si avvicinano i pranzi e cene coi parenti, i regali forzati, e le ferie mai godute abbastanza, per rispolverare un po’ di quei dischi che ascoltavamo da adolescenti o che, almeno, io ascoltavo come un pazzo furioso sul punto di farla finita. Quella maglietta dei Joy Division, che ho consumato tantissimo e che ormai non ha un colore definito, ma è tutt’uno con le ondine delle copertina, e che ormai è un pigiama, mi farà compagnia nell’ascolto di questo “Altrove“, l’EP di debutto di Nebbia. Cantautore dichiaratamente di provincia, quella lombarda fatta di scighera, smog e giornate corte, di tristezza tipica di chi ha ascoltato troppo post punk, ma anche di quell’ironia di chi è disposto a pagare 10 euro un gin tonic.

In questo tunnel di synth e ritmi serrati dalla malinconia, Matteo Bonavitacola, questo il nome secolare di Nebbia, ci accompagna per mano nel suo mondo agrodolce di oscurità e luci al neon, con la colonna sonora perfetta per il più fumoso dei locali padani. Qui dentro, mascherato da disco pop, c’è un passato tormentato (chissà se, come molti, anche Nebbia non se la sia passata bene negli ultimi due o tre anni, tra guerre e pandemie), in cui è impossibile non lasciarsi assorbire.

Altrove” è un disco che racconta tutto quello che in qualche modo è altro da sé: le persone, gli amori, i posti da cui si passa. Un insieme di pezzi di vita condensati in un contenitore fatto di synth, atmosfere anni ‘80 e neon tra i capannoni. Un disco dedicato a tutti gli ultimi romantici. Con una nota di merita a “Texas Ravioli”, singolo indiscusso che si fa ballare. E ballare su un brano triste è quanto di più bello possiamo augurarvi per il 2023.

Non perdetevelo.

CM

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Pop

I Nolo omaggiano Milano, la città dalle mille luci

Milano d’inverno è una di quelle città che ti consuma, che ti fa scendere zampettando come uno scemo dall’autobus, crepando di freddo. Che ti fa fare le file nei locali, che ti fa schiacciare contro mille sconosciuti ogni giorno in metropolitana, che ti fa spendere quaranta euro per una cena mediocre, e rimane comunque una città da amare. Quella delle cene con gli amici, quella delle ore piccole e degli spiccioli in tasca, quella che ti fa guadagnare tanto e spendere altrettanto. I Nolo, duo del celebre quartiere al nord di Loreto, hanno di recente pubblicato il loro nuovo EP dal titolo Luminia, un omaggio a questa città di luci e contraddizioni incredibili.

Qui dentro troviamo una città ai confini del mondo Occidentale, quella Milano scintillante, la città delle luci che ci circonda fin da piccoli: i neon, i semafori, le metropolitane, le finestre dei palazzi. Per noi nati e cresciuti a Milano sono luci calde, accoglienti e domestiche. Il pop malinconico dei NOLO, diventa un ritratto generazionale per una generazione cittadina che si perde e si ritrova continuamente: una dichiarazione d’amore alla città di Milano. 

Basta questa location suggestiva, che spesso manca ai dischi indie che ritroviamo in ripetizioni violente nelle playlist di Spotify, per farci piacere questo disco. Di un pop dichiarato e sfacciato, che però nasconde quella sofferenza generazionale che consuma, come questo freddo che mi porto dietro fino a casa, in questa città così accogliente e scontrosa. Milano è come la musica dei Nolo, brillante e scintillante, divertente, ballabile, eppure solitaria, triste e scontrosa. Qui dentro ci sono gli sguardi in metropolitana, quelli che ci fanno innamorare, ci sono le chitarre degli anni Sessanta che piaceranno a vostro padre (provate a mettergli questo disco in macchina!), e la produzione di Plastica.

Benvenuti.

CM

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Pop

Chiudere l’anno con le fantastiche visioni di Luca Gemma è la cosa migliore che vi possa capitare

Atmosfere crepuscolari e inquiete. Luca Gemma è tornato dopo una lunga assenza con “Fantastiche visioni“, un nuovo capitolo che arriva dopo una lunga assenza. Un’assenza che ha compreso molti cambiamenti, a partire dal mercato della musica che è diventato Spotify-centrico a una pandemia globale. Cambia tutto, ma certi nomi ritornano con quell’aria eterna e imponente, Luca Gemma è uno di questi, elegante ed imponente cantautore rock tra i più significativi di una scena di cui non sono rimaste che poche briciole. “Fantastiche visioni” è la perfetta compagnia per una serata solitaria, una di quelle dove io mi ritrovo a scivolare sul parquet come uno scemo, un bicchiere di vino in mano e quell’aria spettrale di questi tempi difficili, guanti e sciarpa: tempi duri per noi freddolosi che non riusciamo a vivere con quel massimo di venti gradi in casa.

Fantastiche visioni” è un disco compatto, in questo 2022 bulimico di ascolti frammentati è piuttosto strano. L’immaginario alla Cormac McCarthy è innegabile, chissà se voluto, echi di scenari lontani alla Ennio Morricone, un disco per la fine del mondo. In questa colonna sonora apocalittica, ma non tragica, ci si muove lentamente, toccando scene che vanno dagli anni Ottanta al grande cantautorato italiano, ciò che ci hanno lasciato i songwriter americani con gli stivali a punta e il rock alternative degli anni Novanta in Italia. Luca Gemma, non collocabile, ci regala un disco incredibilmente bello e sentito. Scivolando su questo parquet entro nella testa di Luca Gemma, che scava senza remore e filtri portandoci dai suoi demoni.

Ma di questi tempi dove un disco dura meno di un mese, forse viene difficile trovare 40 minuti per godere di questa piccola meraviglia, in questo slalom di singoloni e playlist, questo disco non vuole neanche competere: si presenta alla festa senza parlare con nessuno, e ad osservare con giudizio tutto ciò che succede nella stanza. Benvenuti nel mondo sbilenco e visionario  di Luca Gemma che non tarderete a riconoscere e ad accogliere, ma vi avviso: sarete da soli.

CM