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Le 5 cose preferite di Luca Salmaso

“Ossa” è il nuovo singolo di Luca Salmaso, cantautore brianzolo dalle sonorità dark acustic. “Ossa” anticipa la pubblicazione del nuovo disco “Draghi fama e fango”, che si preannuncia come un concept album che parla di un nuovo inizio dopo lo zero, attraverso storie vissute personalmente e da persone vicine in questi anni post covid.

Noi gli abbiamo chiesto di raccontarsi attraverso le sue 5 cose preferite!

LA CUCINA

Amo cucinare, amo andare a mangiare in ristoranti particolari e non, dalle trattorie dei camionisti ai ristoranti stellati e amo la cucina in generale di tutto il mondo, la cucina è un po’ il cuore della casa, la sacralità della tavola e la ricchezza di significati antropologici dell’alimentazione ne ha fatto un luogo di intensa vita sociale e comunitaria, il camino nelle case di campagna era sempre il centro della vita familiare: ci si scaldava, si cucinava, si recitava il rosario, si parlava, si ascoltavano le storie dei nonni, insomma la cucina è tanto per me, è convivialità, è come dice Borghese un atto d’amore.

I VIAGGI

Il viaggio di per se è una cosa che ha sempre fatto parte della mia vita, ho avuto una vita “rock’n’roll” e fin da bambino sono stato fortunato ad avere dei genitori che non si sono mai stazionati su un luogo ma hanno sempre voluto vedere posti nuovi e scoprire, ho avuto l’opportunità di viaggiare molto per piacere ed a volte l’obbligo per lavoro ma sempre con quel ansia buona del viaggio e la voglia di vivere il luogo in cui mi trovavo e scoprire le abitudini e comportamenti del luogo.

LA MUSICA

Si è banale e scontato per un musicista ma non potrei viverne senza, anch’essa ha sempre fatto parte della mia vita sin da bambino, qualsiasi cosa faccio ha sempre un sottofondo ed una colonna sonora, è una delle 5 cose che riesce ancora ad emozionarmi e farmi venire la pelle d’oca.

FARE E DISFARE

Non riesco mai a stare fermo, devo sempre fare qualcosa, dormire la reputo una perdita di tempo e ne avrò tanto per farlo, “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita” diceva Confucio ed io nel momento in cui sento il peso del “lavoro” cambio.

I RIBELLI EDUCATI

Non quelli che accompagnavano Celentano “anche se non mi dispiacciono” ma i ribelli, gli anticonformisti, coloro che vogliono cambiare le cose e non si accontentano, i matti che vedono le cose come vogliono loro fregandosene dei giudizi altrui, chi coltiva la propria personalità, a chi le proprie tradizioni, le origini, le usanze, i costumi e la cultura, le valorizza per costruire il futuro, chi vive non semplicemente per il fatto che sta respirando “citando Neruda”, tutto questo con il massimo rispetto per chi la pensa in maniera differente che forse è questo il vero fulcro della ribellione.

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rock

Le 5 cose preferite degli Slow Rush

Cuori infranti, ginocchia spezzate e tante sigarette. Emersi dalla vibrante città di Vicenza nel 2020, gli Slow Rush nascono dal concetto visionario di Eva Trappolin. Il loro incantevole Alternative Rock racconta di avventure mistiche, incontri karmici e amori tragici. A Novembre 2022 esce “Faker”, il primo singolo autoprodotto che debutta nella playlist editoriale All New Rock di Spotify.

Slow Rush è un progetto di Eva Trappolin (voce, chitarra), Yari Ricco (batteria), Daniel Albiero (basso) ed Enrico Muraro (chitarra).

In occasione della recente uscita del loro primo ep “Quiet Lies, Loud Talks”, abbiamo provato a conoscere meglio i ragazzi della band facendoci raccontare qualcosa sulle loro passioni.

Ecco cosa abbiamo scoperto:

Gatti

Potremmo dire di aver sviluppato “un’ossessione” per i gatti. La nostra chat su WhatsApp contiene un album fotografico dei nostri mici (soprattutto Enrico, che ha un problema). Nel gruppo Instagram, invece, è diventato un archivio di reel e fusa. I gatti sono anche una parte attiva nella nostra band: Camillo, il gatto di Yari, è presente sulla copertina del nostro primo singolo “Faker” ed è stato il volto (o muso? O mascotte?) dei primi stickers Slow Rush. In sala prove, ci danno il benvenuto due cose: il calendario dei gattini e un Maneki Neko, noto anche come “gatto della fortuna”. Interessante da notare è che, secondo uno studio condotto alla Carroll University del Wisconsin, chi convive con un cane è più predisposto ad essere felice, ma lo sapevate che chi preferisce la compagnia di un gatto è più intelligente?

Il fuoco

Quando lo osserviamo, possiamo sentire la sua energia avvolgerci. Ci affascina, ma spesso rischiamo un incendio per colpa di Daniel. Tra accendini ed incensi siamo in costante pericolo. Il fuoco sembra una liberazione: spezza le catene dell’ordinario grazie alla dopamina, quella piccola molecola che ci fa sentire vivi. Quando vediamo il fuoco, il nostro cervello si accende in una sinfonia. Nelle nostre canzoni e nei nostri video, il fuoco è un protagonista silenzioso ma potente. È l’energia che ci spinge avanti. Cerchiamo solo di non finire definitivamente nella piromania, grazie.

Pizza

Gli Slow Rush sono accomunati da una passione: la pizza. Non importa dove ci troviamo o quale sia il contesto, ma cosa rende la pizza così speciale per noi? È come un vecchio amico che ci accoglie a braccia aperte. Non importa se siamo felici o tristi, la pizza è sempre lì per noi. È un amore incondizionato, come una melodia che non smette mai di suonare.

Tuttavia, c’è un problema che ci tormenta: il glutine. Eva ha i suoi demoni (celiachia e diabete), ma la pizza è troppo buona per rinunciarvi. È molto più di un semplice cibo. È un’armonia che ci unisce come amici e musicisti. Chissà, forse un giorno scriveremo una ballad sulla pizza senza glutine!

Il Pastificio Vicenza

Protagonista dell’80% dei nostri pranzi è il Pastificio in Via Cengio 50 a Vicenza. Dopo le prove del sabato mattina, ci dirigiamo quasi sempre lì e, ovviamente, nel menu è presente la pasta senza glutine! Seduti al tavolo ci sentiamo a casa. Il personale del Pastificio è sempre gentile e sorridente. In quel momento, un po’ ci dimentichiamo dello stress della settimana. Mangiare con il sorriso è garantito. Il Pastificio è più di un ristorante: è un luogo di comfort e gioia. Il nostro rituale del pranzo, dove il cibo e l’ospitalità si fondono in un’esperienza diretta indimenticabile.

Sala prove

La nostra sala prove, situata nei sotterranei di Vicenza, è più simile a un bunker che a una stanza. È indubbiamente il luogo in cui passiamo più tempo insieme. Dal 2022 è diventato il punto di ritrovo generale per qualsiasi appuntamento degli Slow Rush.

Oltre alle prove può tranquillamente trasformarsi in un confessionale, un bar, uno studio di registrazione o persino in una tabaccheria. In due anni, molte cose sono cambiate al suo interno e anche nel gruppo. Abbiamo spesso travolto l’ordine e lo spazio delle cose, aggiungendo e togliendo pezzi per creare quella che, se pur piccola, è la nostra sala prove. Questo spazio è un po’ il cuore della band. Non sarà la prima né l’ultima sala prove, ma porta con sé un pezzo di storia, discussioni, gioie e anche molti gossip. Qui prendono vita i brani e le idee malsane che ci portiamo appresso ogni giorno. A proposito, Yari nelle sedute estive cerca di rinchiuderci dentro per registrare.

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Indie rock

Il singolo d’esordio dei SEQUOIA è un inno alla transitorietà

“Autunno ’91” è il malinconico singolo d’esordio dei SEQUOIA, il nuovo quintetto alt-rock prodotto da Matteo Cantaluppi. Un inizio davvero promettente.

Ph: Leonardo Vecci Innocenti
Styling: Leonardo Vecci Innocenti & Marquis
Editing & Ad: Camilla Matteuzzi

Queste le parole con le quali la band milanese presenta la canzone:
«La storia di un autunno di trent’anni fa. I fuochi, le castagne, la disintegrazione dell’Unione Sovietica ed un mondo che inizia a non saper più distinguere i Wojtila dai Gorbaciov.»

Puoi ascoltare il brano qui:

BIO

SEQUOIA si radica nel profondo terreno della tradizione della musica d’autore italiana, robusta nera corteccia dell’alternative rock e forti rami dal persistente fogliame punk.

Il progetto SEQUOIA nasce dalla volontà di riscoprire le radici della canzone d’autore italiana attraverso un affascinante crocevia tra il suono alternative rock anni ’90 e il cantautorato classico.
Il risultato, guidato dalla sapiente produzione di Matteo Cantaluppi, è un disco che sublima una poetica che sa essere al tempo stesso cruenta e raffinata, dolce e amara, vita e morte.

Contatti

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Fonte: Costello’s Records

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Indie Intervista rock

“Credo che le favole non siano la vita reale”: intervista a Marinelli

Si intitola “Felici e Contenti” ed è il nuovo singolo firmato da Marinelli per l’etichetta Manita Dischi: un brano questo che unisce rock e cantautorato raccontando anche la bellezza delle cose che giungono al termine senza però lasciarsi abbattere.

Noi lo abbiamo intervistato.

Ciao, benvenuto! Come prima domanda di riscaldamento ti chiediamo di presentarci il tuo nuovo singolo “Felici e contenti”, pubblicato lo scorso 14 dicembre!

Ciao! “Felici e contenti” è un brano che racconta la storia di una fine, come mi piace dire. Racconta di quelle sensazioni che, a posteriori, provi nel riguardare il percorso che ha portato ad una rottura, vissuta inconsapevolmente, e che solo dopo, hai la forza di analizzare, rileggere, per cercare risposte che spesso non vengono date. È stato per me, come spesso mi accade con la musica che scrivo, anche un modo per esorcizzare ed elaborare un momento importante.

Il titolo del nuovo singolo evoca inevitabilmente la conclusione di una favola, quanto hai imparato che il vivere felici e contenti non può far parte della vita reale?

In realtà, credo che le favole non facciano parte della vita reale. Ma la felicità si, assolutamente. Non esiste il vissero “PER SEMPRE felici e contenti”. Ma si può vivere felici e contenti. Si può condividere un percorso di vita insieme a qualcuno e farlo con queste emozioni. La disillusione dopo qualcosa che non è andato bene, non deve togliere comunque lo spazio all’illusione che possa risuccedere, e non farci perdere la voglia di tendere a ricreare qualcosa di bello che ci renda ancora per un po’ felici e contenti.

Come la tua formazione in Filosofia insieme a quella in Marketing influenzano il tuo approccio alla musica e alla creazione artistica?

Il mio percorso di studi in Filosofia, se non nelle tematiche, mi aiuta molto nella scrittura per la necessità che ho sempre di cercare di utilizzare parole che non siano sempre scontate e a volte addirittura possono sembrare fuori contesto in una canzone pop. Diciamo che la costante ricerca di migliorarmi, di scrivere in modo diverso, mi accompagna e non so se anche questo è dato dagli studi fatti, anche dalla diversità e cambiamento avuti nella mia formazione.

Se ti chiediamo di scegliere quali sono stati i tuoi 3 album fondamentali, quali sceglieresti e perché?

Questa è la domanda più difficile di sempre!!! Sono tantissimi gli album che mi hanno segnato e formato, che mi hanno anche ispirato spesso. Quando ne devi scegliere così pochi, di solito lo fai col cuore perché alcuni album hanno più importanza di altri per un legame che ci portiamo dietro soprattutto perché spesso sono i primi ascoltati. Ma ti direi:

1) La batteria, il contrabbasso eccetera di Battisti
2) Plastic Ono Band di Lennon
3) Grace di Jeff Buckley

Ci sono progetti per il futuro?

Per il futuro ci sono sempre progetti, altrimenti non guarderemmo al futuro, ci saremmo arresi. In questo momento il progetto principale è quello di finire di scrivere i brani per il nuovo EP in uscita a febbraio, anzi, forse sarebbe corretto dire di SMETTERE di scrivere visto che ho già in cantiere abbastanza brani per un album intero!

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rock

L’ossimorico e rivelatorio disco d’esordio dei Dena Barrett

Abbiamo scoperto i Dena Barrett al loro esordio, qualche mese fa, con “Hallooween”, e non potevamo di certo non dedicare alla band toscana una manciata di righe necessarie a confermare quanto di buono era già emerso all’ascolto dei primi singoli: “Immobili a ballare” è un debutto che farà parlare di loro per qualità e quantità artistica grazie ad una track list di nove brani capace di raccontare lo smarrimento generazionale di un intero popolo di trentenni in cerca di nuovi centri di gravità permanente.

Il disco d’esordio dei Dena diventa così un manifesto collettivo che in una manciata di minuti disegna i confini di un disagio storico-culturale che sembra definire, per negazione, i tratti emotivi di una collettività persa nelle proprie insicurezze: ogni canzone diventa così una ferita aperta che aspetta di essere sanata attraverso una ricerca d’amore che, in “Immobili a ballare”, passa spesso la violenza vista come strumento di azzeramento di tutto ciò che precostituito e preconfezionato.

Brani come “Usami” e “Criminale” raccontano con delicatezza pop la forza erosiva di schemi di pensiero capaci soltanto di limitare le nostre libertà, i singoli pubblicati tracciano invece il filo rosso di una narrazione che vuole essere volutamente provocatoria ed esplosiva, attenta a non filtrare alcun tipo di messaggio ma piuttosto renderne efficacemente il livello poetico attraverso una calibrata scelta di parole e immagini.

La figura femminile occupa uno spazio importante all’interno di un disco che, nella sua contemporaneità, non poteva certamente prescindere da determinate narrazioni ma soprattutto dalla necessità di modificarle: la donna diventa così specchio e allo stesso tempo silenzio assordante per uomini in cerca di protezione e affetto, anche laddove la dimensione relazionale sembra avviarsi a pieghe patologiche in linea con le dinamiche del nostro secolo brutale.

Un disco quindi che racconta l’attualità attraverso il richiamo a linguaggi e stili capaci di raccordare il rock alternativo degli anni anni anni 90 con la migliore scuola d’autore italiana: un melpot riuscito che conferma l’attitudine degna di nota di una band da non perdere d’occhio.

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rock

Tra i Clash e il Belpaese c’è il porto sicuro di LEHAVRE

Vi piace la musica che sale dalle cavità della terra, ricordando ai vostri piedi come si fa a tenere il ritmo? Il suono lontano di mille esplosioni nel cielo di Londra, mentre da un’auto che passa si sente l’eco del primo disco dei Clash? Vi piace pensare che anche il rocker più duro può nascondere un cuore tenero?

Allora, non avete altro da fare che sintonizzarvi sulle frequenze dei LEHAVRE, neonato progetto campano con non poca gavetta alle spalle e una forte necessità di correre dietro ad un tempo che fugge: “Come i Clash” è il biglietto da visita di una band che non puoi perdere di vista.

Ciao, LEHAVRE! Partiamo dalle domande semplici: da cosa deriva il vostro nome d’arte?

La ricerca del nome è l’aspetto che ci ha tormentato di più. A un certo punto c’erano le canzoni, c’era il progetto intero e persino un live alle porte, ma mancava il nome. Poi è arrivata l’illuminazione. Un film di Aki Kaurismäki, un gioco da tavolo, un porto sicuro, una squadra di calcio che in modo rocambolesco raggiunge la serie A francese. Erano tutti segnali. Alla fine quel nome, così musicale e imponente, era sempre stato sotto i nostri occhi.

Raccontateci qualcosa di voi, in modo da far scoprire ai nostri lettori chi siate. Come nasce il progetto?

Mentre tutti scrivevano canzoni in cameretta noi, impossibilitati ad uscire per il lock-down, non avevamo nulla da dire. Se non vivi non scrivi. Quando tutto è tornato alla normalità l’urgenza di scrivere canzoni è stata troppo forte, quindi io e il batterista (Marco e Lorenzo) abbiamo raccolto i cocci del precedente progetto (Kafka Sui Pattini) e abbiamo formato un gruppo nuovo, accogliendo a bordo un altro Marco. Per rispondere alla tua domanda, il progetto nasce in modo eruttivo: dovevamo buttare fuori quello che avevamo covato silenziosamente per due anni.

Avete uno stile che fonde il pop punk dei primi duemila con un ottimo gusto retrò: quali sono i vostri principali riferimenti musicali?

Arctic Monkeys per sempre. 

“Come i Clash” esplicita un approccio che sembra volersi fare manifesto: come nasce la canzone? E perché avete deciso di partire proprio da qui?

Niente ti descrive meglio di ciò che ami. E ciò che ami lo omaggi. Come i Clash è una dichiarazione d’amore, oltre che di intenti. Quale miglior modo di presentarsi al mondo se non dire “hey, ecco dove voglio arrivare ed ecco come ho intenzione di riuscirci” mentre alzi il volume della distorsione.

Sembrate però allo stesso tempo dei romantici, oltre che dei “dinamitardi”… dobbiamo aspettarci anche ballad più malinconiche, dai vostri futuri passi discografici?

Sicuramente, probabilmente non saranno ballad nel senso canonico, ma i prossimi singoli affronteranno tematiche più introspettive. 

Grazie del vostro tempo e a presto! Vi vedremo dal vivo, prima o poi?

Più prima che poi.

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rock

Le 5 cose preferite de LA SANTERIA

“Via con me” è il nuovo singolo della punk rock band veneta La Santeria e cover del celebre brano di Paolo Conte.

Noi gli abbiamo chiesto di raccontarsi attraverso le loro 5 cose preferite!

La produzione musicale di Terenzio Zardini

Il primo posto va certamente alla produzione artistica di Terenzio Zardini. È un compositore non molto conosciuto ma di altissima qualità. Pensate che spazia dalla musica sacra – pre e post conciliare – a quella folkloristica veronese, mantovana e sarda. E insomma, abbiamo molti bei ricordi legati ai suoi brani, sia personali che proprio di gruppo. Ad esempio, ricordo che nell’estate 2022 abbiamo suonato ad una festa in piscina e a seguire ci siamo occupati anche del dj-set buttando su solo opere di Zardini. È stato un fottuto successo.

Francoforte sul Meno

Al secondo posto, be’, ovviamente Francoforte. Nessuno se la caga mai, ma invece è una città piena di vita e di contraddizioni. Da quando la Kaiserstraße è stata pedonalizzata è una figata girare per il centro e fermarsi nei pub a bere birra. È comunque difficile da descrivere l’atmosfera che si respira in città. Bisogna andarci.

Lo snooker

Be’ niente, quando gioca O’Sullivan ci troviamo a casa di qualcuno con panini alla porchetta e birra a guardare le sue magie. Non c’è niente di più esaltante. Cioè dico l’avete mai visto? Con quella sua faccia da cazzo non gli daresti due lire e invece è capace di fare il 147 più veloce della storia. È pazzesca la sua calma e la sua precisione.

Il Football americano

Il Football Americano è un po’ come il punk. È spettacolare e violento. In Italia non lo guarda nessuno, ma è una figata.

Joe Burrow, Nick Brossette, Zeke Walker, SELU vs LSU at Tiger Stadium, September 8th 2018, Tammy Anthony Baker, Photographer

David Foster Wallace

Sta al quinto posto ma dovrebbe stare al posto zero. Tipo fuori gara, una cosa così. Perché non poteva mancare l’autore che, in un certo senso, ha forgiato la nostra poetica. E non solo quella. Anche il modo di pensare e di considerare le cose. Non c’è molto da dire, andatevi a leggere qualche suo libro e capirete.

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rock

Cosa c’è nella sala prove dei Varanasi

É uscito venerdì 20 ottobre 2023 in distribuzione Believe Digital il nuovo singolo del progetto Varanasi dal titolo “Lucy“, un nuovo e definitivo capitolo per la band che nasce dalle ceneri dei Japan Suicide e che ci introduce ad un nuovo album in uscita quest’autunno in collaborazione con l’etichetta I Dischi Del Minollo.

“Lucy” è una musa rock con tratti psichedelici, una donna che avrebbe affascinato Dario Argento con la complicità di chitarre ipnotiche e influenze stratificate che comprendono il cantautorato rock italiano degli anni Novanta e vibes di oscurità post-punk.

Noi volevamo conoscerli meglio, e per farlo ci siamo fatti invitare nella loro sala prove. Ecco cosa hanno tenuto a mostrarci prima di tutto!

La camicia psichedelica di Saverio

Odiata da tutti, ha trovato il suo riscatto (fu vera gloria?) dopo anni di rifuti: eccola dopo l’ennesima faticosa sessione fotografica, colpevolmente approvata dal nostro fotografo Giordano Torreggiani.

Il Nick Cave

Uno dei nostri suoni preferiti del microKORG, al quale torniamo sempre appena un dubbio ci assale mentre componiamo i pezzi. Lo chiamiamo così perché lo usa spesso anche Nick Cave, non lo diciamo ovviamente per metterci in competizione…

Il Twin Peaks

Altro immancabile feticcio sonoro, l’atmosfera che ci fa sentire a casa, per quanto sia una casa stregata: appena un pezzo ci sembra troppo felice corriamo subito ai ripari. Grazie Roland! (E grazie David Lynch e Angelo Badalamenti)

La drone machine

Scatola magica venuta dallo spazio per produrre inquietudini emotive o sacre resurrezioni, la nostra Lady Lazarus è nata così e speriamo che presto la amerete.

Lo spettro della chitarra acustica di Saverio

Quando si registra in studio e si sta per chiudere un pezzo arriva sempre il momento in cui sembra che manchi qualcosa. Mettiamoci la chitarra acustica! Tranne rare eccezioni, rispondiamo che meno è meglio: “meno c’è, meno si rompe” (R.I.P. Richard Benson)

PS
Le maracas
Dal nostro periodo messicano, ispirati e protetti da Jodorowsky, per fare dischi e stare bene, mentre fuori c’è la morte.

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Una sciarpa di fuoco per coprirsi dal freddo della discografia: i Malmö

Conoscete i Malmö? Non ancora? Non vi preoccupate, qui siete nel posto giusto per poter ovviare alle vostre mancanze. Esattamente come abbiamo fatto noi, una settimana fa, all’uscita del loro nuovo singolo “Sciara”.

No, non è esattamente il brano che potete aspettarvi in questi tempi di canzoni e playlist strappalacrime: a noi, qualche lacrimuccia ce l’ha strappata in effetti, ma senza il bisogno di dover cantare nemmeno una parola. Sì, perché i Malmö (che non sono proprio degli esordienti, anzi: di strada e dischi ne hanno già fatti eccome) hanno deciso di lanciarsi in un’operazione complessa e avventurosa, quella che passa attraverso la narrazione strumentale.

Un rischio, nell’era del “deficit d’attenzione”, ma allo stesso tempo il modo migliore per sfidare l’ascoltatore e avvicinarlo a qualcosa di finalmente diverso, di finalmente nuovo. Seppur dotato di un cuore estremamente antico.

Benvenuti sulle nostre colonne, Malmö! “Sciara” è un brano che non ti aspetti, nella densità dei venerdì di pubblicazione: un lavoro che non nasconde un coraggio che sembra voler prendere slancio proprio dall’anomalia di una proposta diversa… come nasce l’idea di un lavoro strumentale?

In verità in entrambi i nostri precedenti album c’era un brano strumentale ed entrambi erano la title track, quindi l’approccio a questo tipo di lavori è sempre stato nelle nostre corde. Siamo assolutamente consapevoli della scelta estrema e rischiosa nel pubblicare un brano strumentale, ma siamo anche molto consapevoli su cosa e chi vogliamo essere e il messaggio che vogliamo trasmettere.

L’evoluzione del brano è magmatica, continua: l’incedere ritmico dell’arpeggio iniziale di perde e si ritrova costantemente, seguito dal continuo sovrapporsi delle parti. Cosa volevate raccontare con questo brano?

É un brano che ha diversi momenti, quello iniziale con le chitarre classiche che riporta un po’ ai mari del Sud fino al finale ossessivo quasi tribale nel quale basso e timpani scandiscono il tempo. E’ il racconto di un’eruzione in tutte le sue fasi, dalla quiete all’esplosione!

Il nome del brano ha un’origine geografica: ce la spiegate?

Sciara (la sciarpa del fuoco) è un luogo dell’Isola di Stromboli dove la lava cola a picco nel mare. Stroboli è uno di quei vulcani che fortunatamente non ha esisti funesti e anzi le sue attività appaiono spettacolari, la contemplazione del pianeta che fa il suo corso.

Dal vivo sarà complesso portare tutta la densità sonora di un lavoro come “Sciara” e, ci immaginiamo, di un potenziale album in uscita. Avete già pensato a come portare in giro il vostro lavoro? Avete intenzione di promuoverlo dal vivo?

Questo brano anticipa l’uscita di un ep, interamente strumentale, dal titolo Zolfo.

Nell’approccio a questo lavoro abbiamo un po’ cambiato rotta, dato che nei precedenti album abbiamo sempre cercato di registrare quello che noi quattro suonavamo dal vivo. Stavolta non ci siamo posti limiti, come per esempio il grosso apporto dei timpani e delle percussioni, ma siamo già a lavoro per adattare e rendere la nuova produzione gradevole ed efficace anche in contesti live.

Malmö, grazie per il vostro tempo: quando sentiremo di nuovo parlare di voi?

Speriamo molto preso, il 20 Ottobre usciranno gli altri 3 brani dell’ep Zolfo e stiamo preparando un live in doppio set. Una prima parte dove suoneremo il nuovo lavoro strumentale e una seconda in cui faremo brani del vecchio repertorio cantato.

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Dena Barrett, l’elemento anarchico della scena nazionale

I Dena Barrett sono uno di quei progetti che sembrano avere alle spalle un percorso di maturazione lungo, fatto di diverse tappe discografiche capaci di dare consistenza ad un brano come “Halloween”, che tutto sembra tranne che un esordio. Sì, perché il gruppo di Viareggio debutta solo oggi sulla scena, ma la maturità del primo passo sembra celare una consapevolezza che viene da lontano: un sound compatto e determinato che gode della mano saggia di Andrea Pachetti (Emma Nolde, Zen Circus…).

Il brano parte con un groove che riesce a creare in modo efficace un crescendo che esplode pian piano, incastrando l’ascoltatore in una climax ben riuscita; l’ansia “positiva” della canzone regala sin dal primo play la sensazione di trovarci di fronte all’immagine sonora riuscita del significato che “Halloween” prova a trasmettere, raccontando il disagio di una generazione in cerca di un nuovo baricentro che possa finalmente regalare, alla pace stagnante del nostro presente, un “elemento anarchico” capace di risvegliare dal torpore le nostre coscienze. 

Il melpot del brano è un mix riuscito di cantautorato e post-rock, epigono rinnovato di un linguaggio che negli anni Novanta ha saputo sfornare grandi capolavori di band come Verdena, Afterhours, Marlene Kuntz e altri, sempre sospesi tra piglio esplosivo e volontà di riflessione poetica.

Insomma, un ottimo debutto che conferma la nascita di un progetto da non perdere d’occhio. E le novità, ne siamo certi, non tarderanno ad arrivare.