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Post-Punk

Le 5 cose preferite Moonlabyte

R.E.C è il nuovo singolo dei Moonlabyte, formazione romana che propone un modern metal fresco ed internazionale. Tra riferimenti ai Linkin Park ed immagini generate dalla AI, noi abbiamo chiesto ai ragazzi di descriverci le loro 5 cose preferite.

America

Per Moonlabyte è stata sicuramente la fonte principale delle ispirazioni musicali. Da sempre siamo stati investiti dalla musica Nu-Metal, Alternative e Metalcore proveniente da oltreoceano e questo ha fatto si che la nostra comunicazione e la nostra scrittura venisse fortemente plasmata dai canoni del sound made in USA. Ad oggi è per noi gratificante ricevere feedback positivi da quel lato del mondo o sentire chi ci ascolta paragonarci a band che ammiriamo, come Linkin Park o Deftones, anche solo con frasi come “Sembrate davvero un gruppo americano”.

Intelligenza Artificiale

Il nostro marchio di fabbrica e forse il nostro lato più controverso. Sin dagli albori abbiamo sfruttato le nuove tecnologie nel mondo dell’IA, legata alla generazione di immagini, per rendere l’esperienza Moonlabyte un qualcosa di unico e sempre rinnovabile. Le avventure che raccontiamo vengono rese possibili anche grazie all’IA che ci permette di indirizzare il racconto nella direzione che più preferiamo. Senza alcun limite, fatta eccezione per la nostra immaginazione, siamo in grado di rendere immagini, musica e video una storia fruibile in più formati. Anche se qualcuno ancora storce il naso.

Distorsioni

Il suono più melodioso e perfetto che esista è distorto. Che provenga da una chitarra, un synth o dalla voce stessa, è sicuramente il momento che ci fa più emozionare di una canzone. 

Ma il Centro di Comando Moonlabyte non la pensa proprio come la sua band, quindi stiamo imparando a dosarle nel modo giusto.

Live

Il momento più importante, dove tutti i nostri lavori prendono vita. Ogni momento del processo creativo Moonlabyte è pensato in funzione della performance dal vivo, se saremo o meno in grado di presentare sul palco l’idea che abbiamo in mente e quale può essere la formula ottimale per far sì che il nostro pubblico venga rapito totalmente dall’esibizione. Rappresenta il momento più emozionante, quello che aspettiamo con più trepidazione così da poterci ricaricare dell’energia del pubblico o meglio dei passeggeri dei nostri viaggi, ma anche una prova del nove importante per capire come migliorare ed arricchire il nostro show.

Lo Spazio

L’ambiente naturale per Moonlabyte, ciò che evoca e che rappresenta, nella sua grandezza e mistero, fa da sfondo ai nostri racconti e qui la nostra band intrattiene i passeggeri dei nostri viaggi intergalattici. Senza limiti ed ancora quasi totalmente sconosciuto è una perfetta allegoria al nostro rapporto con la scrittura: in costante evoluzione e alla ricerca di nuovi suoni ed ispirazioni per arricchire le nostre nuove produzioni.

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Post-Punk

Le 5 cose preferite dei Fernandhell.

Si chiama “Extraordinary” ed è il nuovo singolo dei Fernandhell., la band punk rock capitanata da Livio Montanarese, storico membro e fondatore dei The Peawees. Noi ne abbiamo approfittato per chiedergli le loro 5 cose preferite.

R.E.M.

Decisamente più di una “cosa” preferita, loro sono la vera colonna portante di tutto il mio percorso musicale. Conosciuti ad inizio anni ’90 con “Losing My Religion” (come credo quasi tutti i miei coetanei), e prontamente detestati per sovraesposizione, li ho poi scoperti veramente quando, qualche anno più tardi, il mio negoziante di dischi di fiducia mi ha quasi obbligato a comprare il vinile di  “Life’s Rich Pageant”, dicendomi “mi ringrazierai”. Beh, lo faccio ogni santo giorno da quel lontano 7 Aprile 1994. I R.E.M. hanno completamente stravolto il mio modo di vivere e concepire la musica; Sono il mix perfetto di melodia, poesia, energia ed eleganza. Ho provato ad omaggiarli pubblicando un pezzo dal titolo RAPID.EYE.MOVEMENT., appunto. Spero di esserci riuscito.

WOODY ALLEN

Sono molto legato alla figura di Woody Allen, principalmente per due motivi: in primis, mi ha insegnato ad affrontare la vita con ironica rassegnazione, ovvero prenderla per quello che è e riderci sopra. Poi, il suo “Provaci ancora, Sam” è stato per me fonte di illuminazione, soprattutto in età adulta: da eterno ragazzo  insicuro tendevo a mascherarmi per essere accettato dalla società.  Era un vero gioco di ruolo, dove interpretavo delle parti più disparate che potessero essere congeniali ai miei scopi, e puntualmente risultavo inadatto, quasi ridicolo, proprio come il caro Sam. E poi, sempre come lui, d’un tratto ho capito che dovevo essere solo ed unicamente  me stesso, ed ho trovato enorme piacere nell’esserlo.  D’altronde “Non vorrei mai far parte di un club che contasse tra i suoi membri uno come me”.

STEFANO BENNI

Credo di aver letto quasi tutto ciò che ha scritto il caro “Lupo”, autore che ho conosciuto in tenerissima età: a sette anni infatti, scuriosando in camera di un mio zio, ho notato una copertina assai bizzarra, formata da figure strane e colorate, che riportava il titolo “Stranalandia”…. Era la storia di due naufraghi che approdano su un’isola insolita abitata da un buffo indigeno e da strani animali con nomi come “pappagatto” e “topo cagone” o simili. C’era anche un alfabeto del posto ed una numerazione tutta sua, il che mi ha fatto letteralmente impazzire. Da lì ho cominciato a seguirlo, trovando in “L’ultima lacrima” (in particolare l’episodio chiamato “Coincidenze”) e in  “Di tutte le ricchezze”  due veri e propri tesori.

LA CUCINA

Altra mia grande passione e fonte di ispirazione! Sono sia una buona forchetta, che un discreto “preparatore di pietanze” (cuoco mi sembrava oltremodo eccessivo..). Ogni qual volta se ne presenta l’occasione, cucino qualcosa di stuzzicante accompagnandolo, ovviamente, con buona musica in sottofondo e del vino, o della birra. Mi piace abbinare ciò che preparo ad un adeguato sottofondo, anche se trovo particolare piacere poi nel sentire la musicalità prodotta dall’acqua che bolle o da qualcosa che frigge. Io e Marco (mio chitarrista) siamo anche ottimi pizzaioli ed è frequente scambiarci foto delle nostre “creature”. Siamo due veri maniaci dell’impasto!! ah ah

GIROVAGARE PER MOSTRE E MUSEI

Poter ammirare una collezione, una mostra o un museo è ciò che di più bello e stimolante io possa desiderare. Ogni qual volta se ne presenta l’occasione partecipo con trasporto, sia essa una mostra pittorica o fotografica. Ne traggo grande ispirazione, incendiano la mia fantasia e mi spronano a creare qualcosa di bello a mia volta. Recentemente Escher ha dato il “La” ad alcune frasi di un mio futuro pezzo, ed un’altro in lavorazione è totalmente riferito ad una mia intera giornata passata in mezzo ad opere d’arte.

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Indie Intervista Pop Post-Punk

FEBBRE dopo i LAMETTE riparte con SOTTOZEERO

SOTTOZERO” è il primo singolo di FEBBRE, progetto solista di Cristian Pinieri dei LAMETTE distribuito da Universal Music Italia. Il brano parla di una coppia di ragazzi con approcci differenti alla vita. Il ragazzo affronta le sue paure come fossero una sfida da superare, la ragazza è limitata dalle sue ansie e dai suoi mostri che la rendono prigioniera di se stessa. Il sound mescola suoni grunge, con synth ed elettronica, e le top line sono influenzate da una attitude “sangue giovane”, che però riesce a dare spazio anche a contaminazioni urban. 

Abbiamo chiesto a FEBBRE di rispondere alle nostre domande:

1. Ciao FEBBRE benvenuto sul Perindiepoi ci racconti come è nato questo progetto e come mai la scelta di questo nome d’arte

Ciao ragazzi, il progetto è nato in maniera molto naturale, avevo un po’ di demo da parte, un giorno confrontandomi con il mio produttore Alessandro Landini abbiamo capito che era arrivato il momento di pubblicare. E il nome in realtà deriva dal titolo di una di queste demo, il file si chiamava solamente febbre.wav, come nome mi piaceva e quindi ho scelto di utilizzarlo.

2. Sottozero è il singolo apri pista del tuo progetto solista, ci parli un po’ di questo brano? Come mai questa scelta di ripartire da solo?

Il brano nasce da una demo chitarra voce nei miei memo vocali, un giorno stavo facendo session con mio produttore ed abbiamo adattato la demo che avevo ad uno dei beat che stavamo cercando di chiudere in quei giorni, è stato così naturale come processo che ho scelto di utilizzare questo brano come apripista per il mio progetto. La scelta di ripartire da solo nasce principalmente da un’esigenza artistica, nell’ultimo anno è nata in me la voglia di mettermi in gioco, di avere pieno controllo del mio progetto e della mia musica, affrontare questo percorso mi è sembrata la cosa più naturale da fare.

3. Rispetto alle sonorità del progetto Lamette non abbiamo potuto fare a meno di notare uno spostamento verso delle sonorità più pop punk, quali sono le tue influenza musicali? con quali artisti ti piacerebbe collaborare?

In realtà le mie influenze musicali sono svariate, riesco veramente a variare dall’hip-hop fino al cantautorato, e ovviamente alla base di FEBBRE c’è la voglia di richiamare le sonorità e l’attitudine di ciò che mi ha influenzato nella prima età adolescenziale, ovvero tutta la scena pop punk californiana. Se Dovessi scegliere al momento un artista con cui collaborare probabilmente direi Rose Villain, sono del parere che sia una delle artiste più forti e versatili nel panorama attuale.

4. Oggi fare musica per un emergente è diventato sempre più difficile, considerate le dinamiche legate al mondo dello streaming e del digitale, come vivete voi musicisti tutto questo? Quali pensi possano essere le mosse migliori per riuscire a ritagliarsi uno spazio tra le tantissime proposte?

Penso che la cosa migliore da fare per ritagliarsi un proprio spazio sia essere se stessi e credere in ciò che si sta facendo, il tempo e la costanza penseranno al resto

5. Domanda di rito cosa dobbiamo aspettarci da FEBBRE in futuro ?

Sicuramente quest’estate mi potrete trovare in giro per i live, ed in generale per tutto quest’anno abbiamo intenzione di pubblicare tanta musica.

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Post-Punk rock

Le 5 cose preferite degli Hornytoorinchos

Gli Hornytoorinchos hanno pubblicato il loro nuovo disco “Non aspettatevi granchè”. Noi gli abbiamo chiesto quali sono le loro 5 cose preferite!

Alberto Angela

In lui è coltivato il gene della sapiosessualità, cultura e sex appeal miscelati in uno spettacolare esemplare di homo sapiens. E’ il protagonista del nostro singolo e brano di apertura del disco.

Gli ornitorinchi

Animaletti incredibili, non si capisce se siano talmente evoluti da allattare dopo aver deposto uova o se per lo stesso motivo siano invece una specie involuta. Sono bellissimi e ci siamo ispirati a loro per il nome della band.

Le fantasie sessuali

Un mondo fantastico fatto da centinaia di variabili sorprendenti e incredibili. Abbiamo dedicato due brani del nostro disco a questo mondo meraviglioso, “La Savana” e “Mucca Rimming”. Inoltre la protagonista del nostro ultimo videoclip è Mistres Lady Demonique una dominatrice professionista, i suoi racconti ci hanno affascinato.

Woman and man playing domination games in bed together

La Patafisica

E’ la scienza dell’assurdo e delle soluzioni immaginarie. La destrutturazione della scienza, il bizzarro a cui ci ispiriamo per comporre ogni pezzo, nessuna regola, nessuna logica, nonsense, ironia e immaginazione. Inoltre adoriamo la fisica della patata.

Greta Thumberg

Altra protagonista di un nostro brano, personaggio estremamente affascinante, idolo della masse e bandiera della generazione Z. Gira il mondo e combatte le sue battaglie insieme a milioni di giovani, noi ci chiediamo per quale motivo sia sempre arrabbiata. Abbiamo provato e rispondere con il nostro brano.

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Comunicato stampa Post-Punk

Fuori ora “Salta l’intro” dei BRX!T

Nato da un incontro artistico con Bianco, “Salta l’intro” è il singolo d’esordio dei BRX!T, fatto di un suono più impattante, più grezzo e istintivo, con liriche cantate in italiano.

Un brano coinvolgente e impetuoso, nato dopo una lunga riflessione dei membri della band sul pulsante più famoso del mondo. Il testo, che incalza l’ascoltatore con riflessioni e provocazioni, si srotola su un tappeto di chitarra con sfumature punk, mentre basso e batteria fanno crescere la tensione, che esplode nell’inciso, in cui si sprona lo spettatore a saltare, pogare e dimenticarsi tutto.

I BRX!T sono un quartetto garage-rock torinese nato dall’evoluzione del progetto Fratellislip, band ispirata al brit-rock inglese, e che con quel nome hanno pubblicato già due EP.

CREDITS BRANO

Testo: Lorenzo Lesina

Musiche e arrangiamenti: Davide Barbieri, Alessio Ferrara, Gabriele Ferrara

Voci: Lorenzo Lesina

Cori: Davide Barbieri

Chitarre: Gabriele Ferrara

Basso: Davide Barbieri

Batteria: Alessio Ferrara

Registrato e mixato da: Luca Vergano

Masterizzato da: Daniele Mattiuzzi 

Prodotto da: Alberto Bianco

BRX!T  

I BRX!T (“Brexit”, la “e” è cieca) sono un quartetto garage-rock che nasce nel 2021 dalla periferia torinese, il cui credo è trovare nella sporcizia sonora un messaggio limpido da trasmettere. La loro storia inizia nel 2017 sotto il nome di Fratellislip, quando Gabriele e Alessio Ferrara (chitarra e batteria), Lorenzo Lesina (voce) e Davide Barbieri (basso) iniziano a scrivere canzoni ispirandosi ai sound tipici del brit-rock in lingua inglese. La band inizia a militare nella scena torinese tra il 2018 e il 2020 pubblicando due EP ottenendo vari riconoscimenti come le aperture a Fadi, Mr. Rain e, nel settembre del 2021, Samuel (Subsonica) a Ritmika.
Nei due anni successivi (2020-2022), il gruppo ha sentito l’esigenza di cambiare pelle, di ricercare un suono più impattante con liriche in lingua madre decidendo quindi di percorrere un nuovo percorso artistico. Per queste ragioni, nel medesimo anno la band inizia a lavorare con Alberto Bianco (Levante, Niccolò Fabi) che segna la direzione artistica del loro primo album dal titolo “Vivere di Nascosto”. L’incontro artistico con Bianco permette alla band di far emergere nelle 8 tracce un sound grezzo e istintivo che spazia dal post-punk britannico degli IDLES e dei Fontaines D.C all’alt-rock dei Verdena, dagli stacchi ritmici dei Biffy Clyro alle sonorità sognanti dei The War on Drugs con liriche in lingua italiana.


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Indie Post-Punk

Cosa c’è nella camera di Luca Gemma

É uscito giovedì 30 giugno 2022 per Adesivadiscografica “Nè santo nè killer“, il nuovo singolo di Luca Gemma. Un nuovo capitolo che è il secondo brano, dopo “Sul precipizio” (pubblicato a fine aprile), ad anticipare il nuovo album che uscirà a settembre. È un pezzo lunare e un po’ marcio in cui un basso distorto, un piano elettrico ostinato e le percussioni minimali della strofa sfidano gli archi distesi, la chitarra acustica e un beat elettronico creato da Paolo Iafelice – che ha mixato il disco – sul ritornello. La canzone si regge su questa tensione che si scioglie in una coda strumentale in cui il fischio prende il posto della voce: quello è il duello finale! 

Sì, perché “Né santo né killer è un duello tra il buono e il brutto e cattivo che convivono in (quasi) ognuno di noi, è un’anima divisa in due che si ricompone solo grazie alla musica e alla natura, magnifiche e ‘inutili’ cose nell’era dell’utile, con il loro potere salvifico. Perché, come dice il ritornello, ‘la nostra più grande fortuna è stata l’idea di chiudere nelle canzoni violenza e paure’, in attesa della ‘grazia che fiorisce quando meno te lo aspetti’. 

Noi come sempre, abbiamo approfittato per fare un salto a casa sua!

‘Everybody’s gonna need a ventilator’ è la frase che chiude le strofe di ‘Ventilator blues’ dei Rolling Stones, da ‘Exile on Main Street’. È un mantra fuori moda e fuori tempo nell’era dell’aria condizionata, ma non per me, perché LA PALA SUL SOFFITTO DELLA CAMERA DA LETTO è l’oggetto più prezioso in questa stagione a Milano.I’m gonna need a ventilator!

Questo PIANOFORTE Römhildt Weimar è un vecchietto tedesco di 102 anni ma ha un suono da ragazzo, squillante e profondo. È lo strumento musicale che più ho voluto e l’ho trovato da un restauratore di Milano che l’aveva acquistato da un anziano nobiluomo con la passione del gioco d’azzardo che gli aveva portato via quasi tutto. Era l’ultima cosa da vendere in un appartamento ormai svuotato, mi disse. Spero gli abbia portato fortuna.

Questalibreria affollata, come si vede, contiene un sacco di cose belle e importanti per noi in questa casa. Ma lascio la ribalta a ELVIS, un regalo della mia compagna, perchéin fin dei conti (he) has (never) left the building!

Poi c’è un antico BANCO DA FALEGNAME dei primi del 900 appartenuto a mio nonno Pietro e al suo laboratorio a Prati, a Roma, a suo figlio Sergio, fratello di mia madre, anche lui ebanista, poi arrivato ai miei genitori e a mio padre che lo ha restaurato e ripulito e infine a me, a Milano. Su quel tavolo io c’ho fatto un sacco di musica e di canzoni. Quel legno ha un gran bel suono!

CHI è il nome di questa LAMPADA di Artemide degli anni 60 che mi lega e mi rimanda alle tante case in cui ho vissuto con mia sorella e i miei genitori tra Roma, Ivrea, Karlsruhe in Germania e Milano, resistendo a mille spostamenti e traslochi.

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Elettronica Pop Post-Punk

Cosa c’è nella camera di Decrow

Esce venerdì 17 giugno 2022 in distribuzione Believe Digital “Cuore Aperto“, il nuovo singolo di Decrow ft. yuks. Primo capitolo atipicamente estivo, energico e dalle sonorità pop-punk, questo brano segue il precedente singolo “Laser”  e ci riporta nel mondo sopra le righe delle feste notturne e dei dopo sbronza. “Cuore aperto” parla di una relazione d’amore tossica sull’orlo della fine in cui le ansie date dalla paura di perdere l’altro causano il batticuore e affanno.

Noi come sempre abbiamo deciso di fare un salto a casa sua, ecco cosa ci ha mostrato.

Questo scaccia sogni è stata una delle cose più fuori di testa che mi sia mai venuta in mente. Era un periodo che soffrivo di incubi e una mia cara amica che a differita mia crede al soprannaturale mi aveva regalato questo bellissimo scacciasogni. Ovviamente la situazione non migliorava. Poi una volta durante un videoclip avevamo legato delle lamette a un filo e io ero stato rapito dal rumore che facevano le lamette sbattendo tra di loro. Quindi tornato a casa ho fatto un po’ di fili con legate le lamette e le ho attaccate allo scaccia sogni. D’ estate il rumore delle lamette quando lo scacciasogni veniva mosso dal vento per me era ipnotico e mi faceva dormire come un bambino.

Un po’ scontato ma ci tengo tantissimo: ho questo armadio da una vita veramente. La cosa bella è che dall inizio ci attacco adesivi solo se lo stiker che ci sto attaccando mi ricorda una cosa fica della serata in cui ho rimediato L’ adesivo. Quindi ci sono adesivi che non c’entrano niente con la mia persona ma se sono venuto in possesso di quell adesivo per un motivo x che mi ricorderò per sempre quello stiker si merita un posto sul mio armadio. Direi che di momenti indimenticabili ne ho avuti. Pensa che faccio la stessa cosa con i tatuaggi. Non mi tatuo cose belle, ma cose che mi ricordano il momento in cui mi sto tatuando e perché.

Le casse che mio padre mi ha regalato ormai 10 anni fa. A sua volta lui ci ascoltava la musica quando era ragazzo. Hanno 50 anni forse ste casse. Per me sono importanti perché le guardò e penso che tutta la musica che hanno ascoltato loro spero di riuscirla ad ascoltare anche io nella mia vita. Mio padre è un grande ascoltatore di musica. Si sente veramente tanti generi e queste casse lo hanno seguito per gran parte della sua vita e secondo me seguiranno anche fra parte della mia.

Questo è uno dei quadri più belli realizzato da mia madre secondo me. A lei neanche piace tanto infatti la attaccato al bagno. Invece a me piace perché consapevole del fatto che rappresenta una angoscia, una tempesta, o dei capelli ricci che non vogliono stare al proprio posto se vuoi, Comunque qualcosa di caotico e frenetico, a me mette tranquillità. Lo guardò e mi sento a casa. Fa bene guardare un po’ di caoticità esterna quando ne hai tanta dentro di te ahahah

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Post-Punk

Le 5 cose preferite dei Ragazzi del Massacro

I Ragazzi del Massacro tornano con un nuovo disco, “Juvenile Street”. Un lavoro dal sapore Noir che ci riporta indietro nel tempo sino agli inizio degli anni ’80. Per conoscerli meglio ci siamo fatti dire quali sono le loro 5 cose preferite.

MILANO

la città che ci ha accolto e che ci dà ispirazione, occasioni per creare e dove vorremmo che le occasioni live per le band indipendenti fossero più sviluppate.

In quanto motore di tante cose in Italia, non sarebbe male fosse anche un incubatore di proposte meno mainstream. Per il set fotografico del nuovo album abbiamo scelto proprio panorami della zona milanese dove proviamo dove abbiamo cominciato e dove facciamo musica.

LIVE

Inteso come musica suonata per creare un canale con il pubblico. Musica Live che è in sofferenza in questo periodo ma che speriamo torni a essere protagonista. “Juvenile street” la tille track è stata registrata praticamente in ambito live, anche se in studio proprio per mantenere l’immediatezza di un brano nato in soli pochi giorni.

NOIR MILANESE : DERIVAZIONE DEL NOME DEL GRUPPO

I ragazzi del massacro è il libro di Scerbanenco ambientato a Milano e ambientato proprio in zona Piazzale Loreto dove viviamo, proviamo e che soprattutto io come cantante della band ho sempre vissuto. Noise of the bombs è un brano che racconta proprio della vita ai margini in periferia, dove le bombe non sono solo quelle che cadono in guerra e la strada diventa un campo di battaglia.

IL VINTAGE

Inteso come attitudine, come sound, attitudine perché poco social poco avvezzi agli strumenti tecnologici per promuovere la musica, fare vinili e dischi come prima scelta, infatti abbiamo scelto di stampare New kind of Sex e Big one in formato 45 giri, In modo che anche i Dj underground possano metterli in scaletta.

POST-PUNK

Il genere da cui attingiamo maggiormente il nostro stile, i brani simbolo sono “She Doenst’ wanna come back” e After Midnight, di chiara matrice garage ma che spaziano in influenze rock and roll e  energia punk.

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Internazionale Post-Punk

Le 5 cose preferite dei Viboras

I Viboras hanno recentemente pubblicato il nuovo disco “Eternal” (Ammonia Records). Un lavoro che sprigiona energia da ogni nota e che piacerà a tutti i fan del punk rock ma anche a chi nella musica ricerca la carica giusta per affrontare la vita. Abbiamo chiesto loro di dirci quali sono le 5 cose che preferiscono.


Rancid

Tutto inizia da loro o meglio tutto inizia ancora da loro. Non hanno inventato il punk ma hanno fatto in modo che il meglio dell’attitudine si combinasse con la modernità e il rispetto per il passato. Per noi restano un punto di partenza sempre attuale, il primo trittico della loro carriera ci ispira ancora oggi, se ascoltate bene tra le tracce di Eternal li troverete sicuramente


Animali

Molti dei nostri pezzi parlano di amicizie sincere e a volte perdute. Molti di questi amici sono i nostri amatissimi animali, esseri che hanno sempre molto da insegnare ai bipedi. Inoltre come band e singoli sosteniamo alcune associazioni senza scopo di lucro che difendono animali in gravi difficoltà e oggetto di violenza spesso per il triste uso che si fa in vari modi dei loro corpi.

Tatuaggi

Ci caratterizzano, in particolar modo i traditional, al punto che da sempre ne facciamo uno stile di vita. Non li abbiamo solo sulla pelle ma anche  nelle nostre canzoni. Fiori, figure sacre, spine, serpenti, cuore e sangue sono tra le nostre figure ricorrenti. Per noi rappresentano tutta la sofferenza ma anche la rivalsa che si può avere nei confronti di una vita che ti ripaga solo se ci credi fino in fondo. Scrutate la copertina di “Bleed Eternal” (vinile che unisce i due ep) disegnata da Irene mentre ascoltate “My Fate” e capirete.


Dal Tramonto all’alba

Un film che ci ha segnato. Un concentrato di tamarraggine in cui ci identifichiamo completamente a partire dalla bifasicità della storia. Un concentrato di Pulp, vampiri e mariachi incazzati. La track portante del film (ricordate l’entrata di Salma Hayek) di Tito & Tarantula completa una storia in cui ci vediamo a pieno. Viboras e Dal tramonto all’alba? Ma certo!

Maculato

Ma quanto ci piace, sta bene ovunque! Calze, tracolle, giacche, chitarre e tutto ciò in cui si può inserire. Ovviamente rigorosamente falsissimo perché come si è già dedotto siamo animalisti convinti. Stranamente non lo abbiamo mai usato per un artwork, probabilmente sta bene ovunque ma non su una cover…o forse si. Si vedrà!

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Post-Punk

Il ritorno dei Gomma

Lo scorso maggio sono usciti i primi due singoli del nuovo album dei Gomma, Guancia a Guancia e Iena. All’inizio della pandemia, Ilaria, Giovanni, Matteo e Paolo, con un post su Facebook, annunciavano di voler trasformare il periodo buio che stavamo vivendo non in delle performance in streaming o dei messaggi motivazionali, ma in un’opportunità per riflettere, scrivere e reagire creando nuova musica.

E’ così che è nato il loro ultimo album, Z***** C****** (spoiler di Paolo!), che, come anticipano già i primi due pezzi, sarà sincero, violento, maturo e più ragionato nella scrittura e nelle emozioni che lo hanno influenzato rispetto a Toska e Sacrosanto.

Guancia a Guancia è un pezzo che ci urla in faccia la brutalità della realtà, quella delle abitudini di tutti i giorni, accostata alla paura e allo scetticismo del periodo in cui è nato l’album. Iena è pieno di rabbia e chitarre esplosive e, in un grido di insofferenza e di aiuto, Ilaria sembra chiederci: ‘ma voi vi fidate della realtà? E come fate?’.

Anche il video di Guancia a Guancia, diretto da Joseph Di Gennaro e Gianluca Fatigati, mette al centro la percezione del tempo, delle emozioni, della realtà, dei ricordi e lega tutto questo alla tecnologia, con un esperimento che affida all’intelligenza artificiale la rielaborazione di tutti i videoclip già pubblicati dalla band.

Abbiamo parlato con il gruppo post-punk casertano di questo video, del nuovo album, del loro Sud, della musica e di alcune particolari sensazioni e loro ci hanno regalato un bel po’ di riflessioni interessanti.

Ciao ragazzi! Prima di tutto, come va in questo periodo? Vi eravate resi conto di quante persone erano lì ad aspettare il vostro ritorno?

Paolo: Non lo so in realtà. Almeno io mi sento come se fossimo arrivati all’ultimo boss di un videogame, sconfitto questo c’è una porta che ci conduce su un palco su cui ci siamo noi che suoniamo, e questo pensiero mi rende felice. Spero solo di avere abbastanza pozioni nello zaino per superare senza problemi questo stronzo. Non penso di essermi chiesto quante persone ci siano dietro quella porta, ma spero di rivedere vecchi e nuovi amici.

Ilaria: Ciao, inizia ad andare meglio anche se la paura che crolli tutto c’è sempre, solo sta iniziando a diventare più semplice gestirla. Non credo ne siamo mai stati in grado, abbiamo avuto sempre questo limite è da ammettere.

Giovanni: Alti e bassi. Per ora stiamo ricevendo un sacco di amore, e questo vuol dire che più di qualcuno è riuscito a empatizzare con la nostra musica, ma un vero contatto potrà essere ristabilito solo con i live.

E quindi state già pensando ai primi live post pandemia o aspetterete che si torni alla ‘normalità’?

Paolo: Ci sto pensando costantemente dall’ultimo live che abbiamo fatto, e non ricordo nemmeno dove eravamo. Questo significa che c’è l’esigenza e la voglia di ricominciare. Il nostro non è un live particolarmente compatibile con delle sedie, se ci pensi quando vuoi organizzare una festa la prima cosa da fare è togliere le sedie nella stanza, ma la voglia di salire un palco è troppo grande. Abbiamo bisogno di suonare e di raccontare questa nuova storia alle persone.

Giovanni: Sarà diverso, ma sarà qualcosa.

Non siete tra le band che, da marzo 2020, hanno fatto di tutto per rimanere in contatto con il pubblico, anzi, in un post su Facebook avete chiaramente espresso il vostro punto di vista, nettamente contrario ai live in streaming e ai messaggi di speranza azzardati che le persone si aspettavano. Voi invece vi siete fermati a pensare, avete scritto, avete suonato e siete riusciti a trasformare in musica e testi i sentimenti di quel periodo. Quali sono state le sensazioni e i pensieri che vi hanno guidato?

Ilaria: Ci siamo allenati, o almeno io l’ho vista così. È stato un intenso addestramento alla guerra che stava iniziando. Era il modo più semplice – e anche che ci viene meglio – per combattere, ma è stato anche antidoto e conseguente cura per me, per certi versi.

Giovanni: Non sono ancora riuscito a interpretare questo periodo storico, ne stiamo ancora uscendo e tardo a metabolizzare tutto. Ci eravamo resi conto che l’unica cosa coerente con noi stessi che potevamo fare era fermarci e ripensare al nostro ruolo, o meglio, al ruolo che la nostra musica avrebbe potuto avere in questo momento. Il risultato è stato un disco molto più “politico” – in senso stretto – dei precedenti, forse meno legato a delle esperienze concrete e più vicino ad una sorta di flusso di pensieri e ragionamenti.

Questa scelta ha confermato il carattere emo/punk della vostra band che si riflette nelle vostre canzoni: nessun perbenismo, tanta insofferenza e provocazione. E per voi cosa vuol dire essere punk?

Ilaria: Avere la cresta ed i polsini con le borchie.

Giovanni: Fare quello che vuoi, come lo vuoi tu, ma esser convinti che sia la cosa giusta. Non credo che oggi possa esistere un punk “non ideologico”. Il resto è tutta estetica.

Il risultato di questo ultimo anno è quindi un album pronto per il lancio, sincero, spietato e senza mezzi termini, come i due singoli che lo anticipano. Com’è stato lavorarci in un periodo difficile per tutti e per voi musicisti in particolare? Avete sentito grandi differenze rispetto al lavoro per gli altri due album?

Matteo: Lavorare in un momento come questo è stato sicuramente una cosa nuova per tutti noi. Almeno per quanto mi riguarda, ho avuto molta difficoltà a fare qualsiasi cosa riguardasse la musica, in generale. A darmi la spinta è stato Giovanni, abbiamo iniziato a scrivere a distanza mandandoci dei provini registrati in camera, è stato un ottimo momento per riprendere a scrivere non potendoci vedere. Scrivere in quel momento ed in quel modo ha preso senso, ed è stato piuttosto rapido. La differenza, invece, l’ho sentita perché non avevo mai scritto delle linee di basso con fuori casa l’apocalisse.

Paolo: Questa pandemia per quanto abbia massacrato tutti, dal punto di vista compositivo ci ha aiutato. Il fatto che tutto il mondo all’improvviso si sia stoppato, che per un attimo abbia rallentato la sua corsa frenetica, ci ha dato la tranquillità necessaria per poter scrivere. Il cambiamento nella scrittura è stato radicale. Sacrosanto, come Toska, è nato nella nostra sala prove,  z….. c…… (ops, spoiler) è nato attraverso uno scambio di demo su Wetransfer. Giovanni ha imparato ad usare un po’ di programmi per registrare tutto da casa, ci siamo adattati, e devo dire che abbiamo sperimentato un nuovo modo di lavorare insieme che ci è risultato molto produttivo. La parola più usata negli ultimi due anni? Smart w.., no dai non la dico.

“Guancia a guancia/ abitudini a sud”: in che rapporto siete con il vostro Sud?

Matteo: Bene bene, dai, tutto a posto.

Giovanni: Amore/odio. Vivere nella provincia al Sud per molti versi vuol dire convivere con un doppio svantaggio. D’altro canto, questo ti permette di avere una prospettiva più onesta sul mondo, anche e soprattutto quello musicale, nel nostro caso. C’è molta meno attenzione sulla scena musicale ma forse questo ci permette di vivere la creatività in modo più libero e meno forzato.
In Italia il mainstream sembra essere polarizzato tra Milano e Roma: vengono tutti da lì o se ne vanno tutti a vivere lì; noi non ne facciamo parte quindi quella dialettica non mi interessa. Il nostro Sud non è nemmeno quello di Napoli che nella sua complessità raccoglie i caratteri della grande città e del vivere spicciolo allo stesso tempo; se mi guardo attorno vedo la periferia, quella vera; credo che i nostri simili abbiano ancora un forte bisogno di essere rappresentati correttamente.

La copertina dei due singoli, così come i video, completano l’immaginario cupo dei due brani. Avete voglia di parlarci un po’ del progetto grafico? Vi siete affidati completamente a Celine Roberti o lo avete ideato insieme?

Giovanni: L’idea è stata sviluppata insieme. Volevamo qualcosa che rappresentasse brutalmente i sentimenti che hanno guidato il disco, sacrificando tutto il resto: la spersonalizzazione, l’idealizzazione del progresso, la ricerca illusoria di nuove abitudini…

Per questo abbiamo inseguito un’idea che graficamente ricordasse i cataloghi commerciali, le pubblicità, le riviste di design/arredamento. Una bella favoletta che abbiamo bisogno di raccontarci per non morire, per fingere che stia andando tutto bene.

Il video di Guancia a Guancia è stato realizzato in una maniera particolare, la descrizione su YouTube è come un pannello esplicativo di un’opera d’arte contemporanea. La percezione distorta dei ricordi causata dall’uso della tecnologia, di cui magari non ci accorgiamo, narrata nel video, e l’estrema chiarezza con cui invece raccontate il periodo di lockdown nella canzone possono sembrare in contrasto, anche se sono collegate. Com’è nata l’idea di questo accostamento brano/ video?

Giovanni: Guancia a guancia ha un testo molto “esplicito” nel suo messaggio, nonostante l’espediente metaforico. Volevamo qualcosa che visivamente evocasse i sentimenti comuni (almeno a noi) del lockdown evitando però un collegamento ‘diretto’. A volte non parlare di un argomento in un modo unidirezionale è il modo migliore per comunicarne l’essenza, penso ad esempio a come vengono evocati gli orrori del fascismo in “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pasolini.

Quando Joseph (@pepp.irl che ha diretto il video insieme a Gianluca Fatigati, amici di lunga data) ci ha proposto questa idea ci è sembrata subito la scelta giusta: la distorsione del ricordo passato e la nostalgia per un futuro che non hai mai vissuto, le giornate vuote e la percezione del tempo che corre in sensi opposti. Tutto questo alimentato dalla tecnologia che da tempo contribuisce alla “costruzione dei ricordi”. Il gesto automatico di pubblicare una storia su Instagram o di scattare una foto e immortalare un momento e alla fine chiedersi: Ero davvero io? Erano quelle le mie vere emozioni o erano solo le emozioni che ricordo di aver avuto? Ho creato un ricordo fedele o una falsificazione di quel sentimento?

In un’intervista del 2017 affermavate di non voler fare della musica la vostra professione. Avete cambiato idea?

Giovanni: No. Ma forse è meglio chiarirsi. Non voler fare della musica la mia professione non vuol dire che io non sogni di vivere di questo, di dedicare la mia intera vita a questo. Vuol dire piuttosto rifiutarsi di vivere la musica come un lavoro in senso stretto: non vorrei mai dovermi svegliare al mattino e pensare “ok, oggi devo lavorare, devo scrivere qualcosa”.

Scrivere per noi vuol dire aver bisogno di scrivere; è anche per questo che c’abbiamo messo due anni a far uscire qualcosa.

Di Marika Falcone

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