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Comunicato stampa

“Termini per una resa” è il nuovo disco di La Classe Dirigente

“Termini per una resa” è il meraviglioso esordio discografico della rock band catanese La Classe Dirigente (ex Nadiè) disponibile per Vrec Music Label nei formati CD e LP Limited Edition (numerato e autografato).  

Il disco è stato anticipato dai singoli “Conosci te stesso” e “Pronti inconsistenza via”. Dieci brani nel complesso dove la  band si apre con poesia ad un pop rock intenso e sofisticato, coadiuvato da un’orchestra d’archi in diversi brani. I  riferimenti vanno ai primi Coldplay o agli Stairsailor, comunque verso quel rock inglese di inizio secolo dal sound  intramontabile. Ma sono soprattutto i testi a cura del frontman Giovanni Scuderi a vincere per immediatezza e profondità  raccontando una Sicilia ancora viva culturalmente e musicalmente. Un piccolo gioiello da ascoltare e riascoltare. Merito  anche della produzione artistica del compianto produttore discografico Toni Carbone (Denovo, Luca Madonia, Mario  Venuti) avvenuta prima della sua improvvisa scomparsa nel 2023 salvo poi essere ultimata nei dettagli da diversi  professionisti guidati dal produttore artistico Roberto Vernetti (La Crus, Delta V, Casino Royale e moltissimi altri).  

La Classe Dirigente è una band rock di Catania nata nel 2024 dalle ceneri dei Nadiè, formazione attiva dal 2005. La  formazione rimane invariata formata da Giovanni Scuderi (voce), Alfio Musumeci (batteria), Gianpiero Leone (basso),  Francesco Gueli (chitarre). Il classicismo dei primi anni 90 si fonde alle liriche d’autore, creando una commistione di  generi che spazia da Battiato ai Wilco, da Fossati agli Elbow, da Benvegnù ai Mercury Rev. Nel 2011 esce il primo disco  (a nome Nadiè), “Questo giorno il prossimo anno”, autoprodotto. Disco molto tenue, introspettivo che si aggiudica i favori  della critica. Nel 2017 esce il secondo album, (a nome Nadiè) “Acqua alta a Venezia”, (Terre Sommerse/La chimera  dischi). Disco rabbioso, dai toni dissacranti, accolto benevolmente dalla critica. Nel 2025 esce il loro album d’esordio a  nome La Classe Dirigente, dal titolo “Termini per una resa” a cura dei produttori Toni Carbone e Roberto Vernetti.  

TRACKLIST: 1 Pronti inconsistenza via; 2 Conosci te stesso; 3 Il giorno di un altro; 4 Il tuo mondo 20×20; 5 Salutarsi; 6  Conosco bene il karate; 7 Di lunedì; 8 Mai abbastanza; 9 L’ultima lezione; 10 Francesco ha abbandonato. 

1. Pronti inconsistenza via. ”L’inconsistenza è la malattia della vita”, racconta Giovanni Scuderi, voce e chitarra del  gruppo. “Quella non vissuta, che non lascia traccia. L’inconsistente non si espone, non prende posizione. È amico di tutti  e di nessuno, e quando capita di festeggiarlo, lui è sempre assente. Ma nessuno se ne accorge”. Il brano è uno sguardo  tagliente su un atteggiamento diffuso nella società: il non esporsi mai, il non scegliere, il restare immobili mentre il mondo  si muove. Il tutto incorniciato da un sound che alterna momenti energici e passaggi più rarefatti, creando un equilibrio tra  impatto emotivo e ricerca melodica. 

2 Conosci te stesso. Il brano è un invito alla riflessione e alla ricerca del proprio io, lontano dalle logiche di conformismo  che spesso dominano la società. Giovanni Scuderi, voce, chitarra e principale autore del gruppo, lo definisce come un  inno all’anticonformismo: «Abbiamo voluto proporre un viaggio interiore, in cui ogni cosa si riflette nella coscienza  dell’individuo. Un modo per dire: smetti di farti omologare, trova te stesso». Il risultato è un singolo che mescola liriche  intense a un arrangiamento musicale ricercato, impreziosito da un’orchestrazione che aggiunge una dimensione epica al  brano. 

3 Il giorno di un altro. Il giorno di un altro è un brano che parla della disillusione. La morte vera è l’imitazione della vita.  Non avere un pensiero critico, uniformarsi soprattutto quando si vive la vita degli altri, croce e delizia di molte esistenze.  “Tu dici che è Gospel ma poi è soltanto una chiesa…”, una riflessione a guardare più a fondo e capire che ognuno di noi  viene al mondo per fare l’esperienza in prima persona senza mai demandare. La morte è sempre un giorno sbagliato, è il  giorno di un altro. 

4 Il tuo mondo 20×20. Il brano parla di un rapporto dove vince la quadratura, la visione limitata di uno dei due  protagonisti. Affrontare i problemi, avere le risoluzioni con una visione ridotta e deformante e, spesso, il motivo principale  di rottura. Non avere l’elasticità di capire e definire, trovare soluzioni a largo respiro, prendersi il giusto tempo, scoprire il  sesso per coprire l’amore, avere attenzione solo per le proprie cose, del proprio mondo. Tutto cosi stretto, compatto,  come le casette ikea, il nuovo mondo, 20×20, in sconto. 

5 Salutarsi. Il brano si rivolge alla fine di una storia che ha come epilogo la cosa più ovvia, il saluto. Ci sono molti modi di  salutarsi.. dopo aver rifatto un letto, da perfetti sconosciuti, salutarsi per cognome, alla stazione quando non c’è più  emozione per un sentimento che è svanito. Ma soprattutto, il saluto è la sostituzione di un vecchio passato un nuovo  futuro, nei sentimenti, nell’amicizia, nel modo di comprendere le relazioni. Una rinascita, nel bene e nel male. 

6 Conosco bene il karate. Chi attacca si difende. È una massima psicologica nei rapporti. Il karate nasce come un’arte  marziale di difesa, una metafora sui rapporti che spesso subiscono i colpi bassi di rinfacciamenti, orgoglio e prese di  posizione. Il colpo sotto la cintura è una chiara simbologia della mancanza dei modi, i veri pilastri di una relazione. 

7 Di lunedì. Lunedi è il primo giorno, il giorno dove ricomincia il quotidiano, la routine. Ed è proprio in questi frangenti che  si sente di più una mancanza. Mi hai lasciato di lunedi dove tutto ricomincia da Te, dalle speranze, dalle convinzioni che  tutto sembri immutabile, l’amore per sempre. Ma non è cosi, bisogna sempre essre malleabili ai cambiamenti, anche i più  dolorosi, anche i più impensabili.  

8 Mai abbastanza. Il brano parla di un sentimento non ricambiato, dove da una parte c’è la voglia di darsi  completamente, incondizionatamente, mentre dall’altra c’è il totale disinteresse. Nonostante tutti gli sforzi, quello che si fa  per l’altro non è mai abbastanza. Abbandonare gli amici, cambiare casa, modo di vestire, annullarsi fino a scomparire. 

9 L’ultima lezione. L’ultima lezione è una sentenza. Non tutti arriveranno preparati all’ultima lezione. Nell’ultima lezione  non ci saranno maestri, non ci sono posizioni, svaniranno convinzioni e strutture culturali, ma resterà il dubbio, l’unica  cosa di cui ti puoi fidare. Il dubbio è la fonte principale di una certa evoluzione personale. In mezzo alle distorsioni  materiali di vite messe in pausa, vite con solo la presenza, c’è sempre chi invece è arrivato ad una consapevolezza che  l’ultima lezione è uno specchio di se stessi.  

10 Francesco ha abbandonato. Il brano affronta il suicidio di una ragazzina, realmente accaduto. Cambia il nome, al  maschile, per rispetto e per depistare la sorgente e l’origine, ma non il senso profondo del dramma dell’inadeguatezza  alla vita. Francesco ha abbandonato la chat della vita, dove ogni giorno c’è chi viene aggiunto e chi abbandona.  La troppa vita ha vinto su Francesco che finisce caduto e dimenticato nel tempo, mentre è proprio la vita, beffardamente,  a tenersene il ricordo.  

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Internazionale

Bastiano: il manifesto della fragilità che sfida la decadenza culturale

Con Punti che si uniscono, uscito il 20 gennaio 2025, Bastiano — nome d’arte di Luca Bastianello — firma un esordio che sorprende per autenticità, delicatezza e profondità emotiva. Un album che scava dentro, senza alzare mai la voce, e che trova la sua forza proprio nella scelta di raccontare il fragile invece del roboante.

A prima vista, Bastiano potrebbe facilmente ingannare: i lunghi dreadlock e l’aria da viaggiatore controcorrente evocano subito mondi legati al reggae, ai centri sociali, a un immaginario ribelle e festoso. E invece Punti che si uniscono prende una direzione opposta, tutta interna, quasi timida. È un disco che parla a bassa voce, che invita ad ascoltare, non a saltare. Un lavoro che costruisce uno spazio intimo dove l’apparenza si sgretola per lasciare posto alla sostanza.

Questo disco è, in fondo, un manifesto per i timidi.
Per chi fatica ad accettare i propri difetti, per chi si sente fragile, per chi si sente solo in un mondo che ci vuole vincenti, impermeabili, forti a ogni costo. Bastiano offre invece una visione diversa: quella di una fragilità che non è debolezza, ma risorsa; che non è vergogna, ma una forma possibile di verità. Questo senso di discrezione e autenticità si distingue ancora di più se si guarda al contesto sociale e culturale in cui Bastiano è cresciuto. In Veneto, negli ultimi anni, si è consolidata una scena musicale molto coesa, a tratti forse anche esclusiva, costruita su appartenenze forti. Bastiano sembra scegliere consapevolmente di rimanere ai margini di queste logiche: il suo è un percorso personale, slegato dalle etichette di scena, un cammino che privilegia la ricerca interiore piuttosto che il posizionamento identitario.

Otto tracce raccontano le “umane deviazioni” e i “luoghi di distrazione”, come li definisce l’autore stesso: piccoli e grandi momenti in cui ci si perde, si cambia rotta, si cerca un altro modo di essere. Il titolo stesso è una metafora di questi percorsi imprevisti che finiscono per dare forma, retrospettivamente, a un disegno che prima sembrava incomprensibile.

Musicalmente, Bastiano si muove su coordinate cantautorali, con arrangiamenti essenziali ma mai spogli. La produzione, curata insieme ad Alberto De Rossi e con il contributo del batterista Alessandro Lupatin, costruisce una veste sonora morbida e coerente, capace di dare respiro ai testi senza soffocarli. Tra i brani più significativi, “Stampalia” apre l’album come un piccolo manifesto, con suoni che si allargano in orizzonti sonori lievi; “Il monologo” si presenta invece come una riflessione acustica, rapida e sincera, mentre “Dimmi cos’è” sorprende con orchestrazioni più ricche e strutture sonore sovrapposte. “Falangi“, infine, usa il pianoforte e un senso drammatico della progressione musicale per costruire un climax emozionale che resta impresso.

Il risultato è un disco che non rincorre mode, né algoritmi, ma si affida all’empatia, all’ascolto e alla sincerità. Un lavoro che nella cultura musicale contemporanea — dominata dalla velocità, dalla superficialità, dalla necessità di piacere a tutti i costi — non trova né mercato né spazio.

E proprio per questo, Punti che si uniscono è importante: perché resiste, e resistere oggi è già un atto politico. Fare un disco così, fragile e autentico, è scegliere di andare controcorrente, di opporsi a un sistema che premia solo chi urla più forte o si vende più velocemente. È affermare che esiste ancora spazio per la lentezza, per l’introspezione, per la cura, in un mondo che vorrebbe tutto immediato, omologato, dimenticabile.

Bastiano firma così un debutto che non chiede di essere consumato, ma accolto.
Un piccolo atto di coraggio, che parla a chi non si rassegna a vivere in superficie.
Un disco che, silenziosamente, fa politica: la politica gentile e radicale di chi crede ancora nella forza delle emozioni vere.

LV

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Pop

Tra nostalgia e contemporaneità: come Moretti, con “nomi cose città”, costruisce un ponte tra Pavese e la nostra frenetica routine

Con nomi cose città, uscito il 18 aprile 2025 per Bradipo Dischi, Moretti firma il suo secondo lavoro discografico, confermando il talento di un autore capace di coniugare l’eredità dei grandi cantautori italiani con una sensibilità tutta contemporanea. In nove tracce, Moretti costruisce un universo narrativo che intreccia ironia e malinconia, leggerezza e profondità, in un equilibrio raro da incontrare oggi, in questi nostri giorni frenetici, dove i numeri e il successo spicciolo dei social ci costringe ed essere immediati, diretti, spesso banali, a costo della viralità di qualche secondo.

https://open.spotify.com/intl-it/album/3s70TnX7QD3kOP7ko2xhBC?si=SxiadSXxSMuil4BKVnX9SA

Fin dalle prime note è evidente il suo dialogo ideale con maestri come Roberto Vecchioni e Lucio Dalla (innegabile e apprezzata influenza): dai primi eredita la densità letteraria dei testi, dai secondi la capacità di raccontare storie personali trasformandole in emozioni universali. Ma nomi cose città non si limita a guardare al passato: è un disco profondamente radicato nel presente, nei nostri caffè solitari e nostalgici, nelle case dei fuori sede, nella solitudine intellettuale di chi si rifugia nella musica, capace di parlare la lingua di una generazione che ha perso ogni certezza ma che continua a cercare autenticità, bellezza, verità – in piccoli bagliori, come è questo disco..

Il linguaggio di Moretti è infatti diretto, quasi colloquiale, e riesce a rendere vivi anche i riferimenti più colti. Gli arrangiamenti sono volutamente essenziali: chitarre, qualche tocco di fiati, pochi effetti. Ogni suono sembra scelto con la cura di chi sa che l’emozione autentica nasce spesso dallo spazio vuoto, dal silenzio lasciato respirare. La produzione è calda e asciutta allo stesso tempo, analogica, coerente con il messaggio del disco: in un’epoca di perfezione artificiale e sovra-produzione digitale, Moretti preferisce un suono che si sporca, che traballa, che accoglie, che vive.

In questo senso, Moretti agisce come un moderno Pavese: racconta l’inquietudine, il bisogno di autenticità, la solitudine esistenziale che animava lo scrittore piemontese, ma lo fa con strumenti e sensibilità contemporanee. Come negli hipster di oggi, nella sua poetica si avverte la nostalgia di un passato forse mai esistito davvero, un culto del vissuto, dell’imperfetto, del non immediatamente consumabile. Non è un caso che anche tutta l’estetica visiva del progetto sia stata pensata per sottolineare questa coerenza: tutte le fotografie ufficiali di nomi cose città sono state scattate in analogico. Una scelta che va oltre il semplice stile vintage, diventando una dichiarazione d’intenti: cercare il vero, accettare il tempo dell’attesa, restituire dignità all’immagine imperfetta, lontana dai filtri e dalle patinature digitali.

In questo percorso di autenticità e indipendenza, Bradipo Dischi si conferma il compagno di viaggio ideale. L’etichetta milanese, lontana ancora una volta dalle logiche degli algoritmi e dalle ossessioni dei numeri che sembrano dominare la Milano musicale contemporanea, accoglie e sostiene un progetto che non chiede di essere consumato rapidamente, ma di essere ascoltato, vissuto, metabolizzato.

Tra i brani, spicca “Cesare“, uno dei singoli, omaggio delicato e struggente a Cesare Pavese. Un arrangiamento misurato, un sax che graffia senza sovrastare, parole che sanno essere leggere e pesanti allo stesso tempo: è forse il manifesto perfetto di un disco che non ha paura di mostrarsi fragile, complesso, profondamente umano.

Con nomi cose città, Moretti dimostra di essere una delle voci più interessanti e necessarie della nuova scena cantautorale italiana. Non per capacità di inseguire le mode, ma per quella, ben più rara, di costruire ponti solidi tra tradizione e presente, restituendo alla canzone d’autore il suo valore più autentico: quello di raccontare la vita, senza scorciatoie.

LV

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Pop

Pellegatta ci regala un disco libero, sfacciato, personale e profondamente necessario



Con Orbita, uscito il 7 marzo 2025, Pellegatta firma un’opera che conferma la sua maturità artistica e prende una posizione netta: la musica – soprattutto quella fatta dalle donne – può (e deve) essere libera dalle dinamiche di mercato. È un disco che osa, che non chiede il permesso di esistere, e che proprio per questo colpisce e convince. Pellegatta è così: che non si inserisce in nessuna scena pre-esistente, che non si associa a nessun giro, a nessun locale, a nessun precedente, questo disco è un fulmine a ciel sereno, violento e improvviso, che va ascoltato prendendo un respiro profondo, e che non assomiglia a niente che sta circolando attualmente.

Prodotto da Paolo Iafelice e distribuito da The Orchard, Orbita è un concept album che esplora la trasformazione, il cambiamento e l’imprevisto. Le sonorità si muovono tra strumenti acustici e influenze elettroniche, espandendo la forma-canzone con naturalezza e modernità. Il cantautorato di Pellegatta non è per questo anacronistico: è radicato nella tradizione, ma parla con la lingua del presente, con i synth che ci avvolgono e ci conducono come se un’amica, Pellegatta, ci accompagnasse per mano nella sua vita.



È un disco profondamente personale, che ti dà l’impressione di conoscerla davvero. Ascoltando Orbita, si entra nel suo mondo interiore con discrezione ma senza filtri. Ogni brano è un frammento di vissuto condiviso, un invito a guardare da vicino, senza paura. 

In un panorama musicale che spesso impone alle donne di aderire a canoni precisi – estetici prima ancora che sonori – Orbita è un gesto di rottura. È l’opposto del percorso, ad esempio, di cantautrici come Annalisa, che hanno scelto una svolta pop e un’immagine più sexy per ottenere maggiore visibilità. Pellegatta invece dimostra che si può essere femminili e libere senza doversi per forza sessualizzare, e che l’autenticità è una forma potentissima di forza.

E proprio questa autenticità è un atto politico. In un mondo che ancora tende a silenziare, addomesticare o modellare l’espressione femminile secondo logiche commerciali, Orbita sceglie un’altra via: quella della libertà, della complessità, della voce piena. È un gesto artistico, ma anche sociale e culturale, di rivoluzione timida.

Le collaborazioni con Sara Velardo (chitarre) e Francesca Sabatino in arte LAF (cori), unite all’artwork curato da Giulia Tondelli e alle fotografie di Enrico Maria Bertani, costruiscono un universo coerente e curato, dove ogni elemento è parte di un racconto unitario, quella di Pellegatta, con la sua urgente autobiografia musicale.

Orbita è un disco necessario, lo ribadiamo, per chi cerca nella musica verità, libertà, intimità. È la prova che un altro modo di fare cantautorato – più umano, più diretto, più libero – è non solo possibile, ma urgente.

LV

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Comunicato stampa

“Fuoriquota” è il nuovo album di LUCA PLOIA

LUCA PLOIA: “Fuoriquota”il terzo album del cantautore   
Ospiti:GATTO PANCERI, ERMINIO SINNI, SUPERDOWNHOMEe l’omaggio a Giorgio Gaber autorizzato dalla Fondazione Gaber. 

“Fuoriquota” è il terzo album del cantautore bresciano Luca Ploia: undici canzoni inedite su CD e LP (con bonus track e sorprese)  che spaziano in maniera istrionica tra il pop ed il jazz, tra il rock ed il blues, con testi ironici e divertenti, ma anche carichi di sentimenti ed emozioni per il cantautore dell’amor cortese.   “Fuoriquota” è un gioco di parole ben rappresentato nell’intero artwork del progetto dove Ploia veste i panni di un pilota d’aereo per trasportarci nel suo mondo ora ricco di colore e luce (il colore bianco è dominante)  in contrapposizione al precedente album “Nato nel medioevo” dove era predominante il colore nero in linea con il concept del titolo. Nel disco tanti ospiti d’eccezione: a partire dal noto cantautore Gatto Panceri nel brano “Lunatico’o”, il cantautore toscano  ma romano d’adozione Erminio Sinni in “Notti insonni” (vincitore della prima edizione di “The Voice Senior”), i Superdownhome (artefici di un rural blues dal sapore internazionale) in “Ha ragione la vecchia”. In quattro brani del disco spiccano gli arrangiamenti dell’Orchestra del Cinema di Roma, diretta dal maestro Richy Rossini,che ha eccezionalmente accompagnato il cantautore bresciano.

Ultima curiosità: l’omaggio a Giorgio Gaber in “Vengo a prenderti stasera” con un sampler originale, concesso grazie alla Fondazione Giorgio Gaber, estratto dalla celebre “Torpedo blu”.  Registrato al MacWave Studios di Brescia da Paolo Costola, mixato e masterizzato da Lorenzo Cazzaniga all’Alari Park di Cernusco sul Naviglio. L’intero album è prodotto da Antonio Giovanni Lancini (co-autore di tutti i brani e anche arrangiatore)e Paolo Salvarani.  

BIOGRAFIA
Luca Ploia è un cantautore nato nel Medioevo (1969) a Brescia. Dopo aver studiato canto, pianoforte, teatro ed aver compiuto mille lavori, lascia la musica in secondo piano per sviluppare l’arte della pasticceria. Coltiva da sempre una passione per le canzoni italiane avendo sempre come riferimento il “Festival della canzone di Sanremo”. Dopo un primo album autoprodotto “Bellissimo” (2016) continua a scrivere canzoni e melodie abbozzate fino al 2019 quando conosce Paolo Salvarani (produttore) e Antonio Giovanni Lancini (arrangiatore e produttore), con i quali inizia una collaborazione per la realizzazione di un progetto che lo caratterizzi e che ne esprima la sua vera essenza. Nasce così “Nato nel medioevo” pubblicato nel novembre 2021 e da cui sono estratti quattro singoli, “Buongiorno amore”, “La felicità è una questione di spazio”, “Proibito svanire” cantato in coppia con Stefania Martin e “Il mio grido per te”. Nel novembre 2023 pubblica il singolo “Ha ragione la vecchia” con ospite speciale la band ‘rural blues’ dei “Superdowhome”.     A maggio 2024 esce il nuovo singolo “Tra le stelle della città” con l’Orchestra del Cinema di Roma. Nel luglio 2024 pubblica “Mangio disperato” terzo estratto dal nuovo album “Fuoriquota”. Il quarto singolo è “La tua danza segue il sole” mentre “Fuoriquota”, oltre alla versione CD e LP, sarà su tutti i portali digitali dal 21 febbraio 2025

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Intervista

I leimannoia rompono il silenzio (e qualche tabù): intervista

Con il loro secondo singolo “Tuo Padre”, i leimannoia scardinano con ironia feroce e groove i tabù più resistenti della borghesia italiana. Tra spritz e giarrettiere, il pezzo è una fotografia disturbante e divertita di quelle verità che si annidano nei silenzi familiari, nei bar di provincia e nei salotti troppo ordinati per essere sinceri. Ci hanno raccontato come nasce la loro dissonanza musicale, perché la provincia non è solo sfondo ma coprotagonista, e cosa succede quando il nonsense incontra il teatro dell’assurdo. Spoiler: il delirio è appena cominciato.

Avete scelto un tappeto musicale radiofonico, quasi spensierato, per un testo che invece affonda le mani nella sabbia sporca. Quanto vi diverte questa dissonanza? Pensate sia anche un modo per dire che la musica leggera può trattare temi “pesanti”?

La dissonanza nasce dall’unione di idee che appartengono ad ognuno dei componenti della band. Crediamo che uno dei “superpoteri” della musica sia proprio quello di permettere di associare un mood musicale a testi che “canonicamente” verrebbero accompagnati in maniera diversa. Quindi perché non sfruttare questo potenziale?

C’è una forte atmosfera “provinciale” nella canzone, fatta di bar, rituali ripetitivi e verità mai dette. Cosa rappresenta per voi la provincia italiana? È solo sfondo o vero e proprio personaggio?

Ci piace molto prendere spunto da situazioni di vita quotidiana, e spesso ci troviamo a descrivere scene che ci fanno molto ridere. Questa dimensione per noi è necessaria nella scrittura di tutti i brani.

La produzione è molto curata, eppure la voce mantiene un tono volutamente grezzo, sporco, quasi strafottente. Come lavorate questo contrasto in studio? È una decisione che nasce da pancia o da testa?

Intanto grazie mille. In fase di scrittura in studio non ci mettiamo dei paletti, spesso e volentieri succede che si intreccino idee musicali/testuali di ognuna delle teste di questa band. Quindi inizialmente direi che è una decisione di pancia, a cui vengono associate decisioni di testa in fase di chiusura del pezzo.

Tra i versi emerge anche una figura femminile che “non ci crede ma spera in lui”. Quanto c’è di sentimentale, sotto tutta questa provocazione?

Questa strofa vuole far vedere l’altro della medaglia della situazione descritta nel pezzo. È importante che tutti i personaggi all’interno di un nostro brano abbiano il loro spazio per esprimere idee, pensieri ed emozioni in merito alle situazioni che stanno vivendo.

Tra funk, punk, indie e hip-hop: se doveste inventare un nome per il vostro genere musicale, che nome gli dareste? E cosa non potrà mai mancare in un pezzo dei leimannoia?

Il nostro nome nasce come risposta per chiunque ci chieda che genere di musica facciamo; noi rispondendo educatamente diciamo “lei m’annoia”. In un nostro pezzo non può mancare la commistione di diversi generi accostata a storie prese dalla vita quotidiana dei contesti che viviamo.

Immaginate questa canzone portata su un palco, in forma teatrale. Che tipo di scena sarebbe? Minimalista, esagerata, comica, tragica? Chi interpreterebbe il padre?

Innanzitutto vorrei conoscere il regista scellerato che decide di riprodurre il brano in chiave teatrale. Scherzi a parte, credo ci divertirebbe molto questa situazione. Onestamente non riesco a non pensare ad una riproduzione in stile teatro dell’assurdo, mi viene in mente “Waiting for Godot” di Samuel Beckett, ad esempio.

Ora che avete messo sul tavolo una narrazione così potente e disturbante, dove vi porterà il prossimo passo? State già lavorando a qualcosa che spinga ancora oltre i vostri limiti (o quelli dell’ascoltatore)?

Direi che il delirio è appena cominciato, stiamo lavorando, purtroppo per voi, ad altri pezzi che non vediamo l’ora di farvi sentire.

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Indie Pop

Cosa c’è nella camera di GIONATA

Con “Voglio sorridere un po’”, Gionata torna con un brano che è grido e carezza allo stesso tempo.

In bilico tra fragilità e rabbia trattenuta, il cantautore lucchese scava nell’inquietudine generazionale, cercando nella sofferenza una chiave di lettura per capirsi meglio. Il ritornello è una richiesta estrema di sentirsi vivi, mentre l’arrangiamento essenziale e sincero, nato tra le mura di casa, rafforza l’intimità del pezzo.

Per conoscerlo meglio, abbiamo deciso di farci invitare a casa sua, e ci siamo fatti raccontare la storia di qualche suo oggetto.

Negli ultimi 7 anni ho cambiato 4 città e quasi 10 case. Trasloco dopo trasloco, ho imparato a lasciarmi indietro molti oggetti, rinunciando alla loro presenza nella nuova casa in cui andavo ad abitare. Alcuni, però, mi hanno accompagnato – e probabilmente mi accompagneranno – in ogni nuova dimora in cui prendeva vita il mio piccolo mondo. Oggetti che semplicemente decorano l’ambiente, altri di svago, oltre agli strumenti musicali. Più che un “cosa c’è nella mia stanza” dunque, è un “cosa mi porto dietro quando trasloco”.

Game Boy Advance SP con Pokémon Rosso Fuoco e Verde Foglia

Un’ossessione da cui non riesco a liberarmi, tanto è che mi porto dietro anche un quadretto di una scena memorabile dei primi titoli della saga.

Sebbene conosca a memoria questa perla videoludica, puntualmente risale in me la voglia di iniziare una nuova partita, formando nuovi team e cambiando il nome del personaggio.

Un oggetto che mi aiuta a mantenere la fanciullezza viva in me, una parte che custodisco e curo, poiché mi aiuta a sognare e mi riporta agli anni in cui il problema più grande era aver perso un Charizard al livello 100 durante uno scambio con amici.

Ho rilasciato anche una canzone su YouTube durante la pandemia, Game Boy. Parla dell’amore per la mia infanzia e di come a volte la vita da adulti sia una rottura di palle, concetto che ritorna anche in un’altra mia canzone, a cui sono molto affezionato, Torno subito.

Telecamera a mano Panasonic

Una telecamera che comprai in passato, quasi 10 anni fa, quando suonavo nei Violacida, la mia precedente band.

La comprai per documentare le registrazioni del disco a Ferrara, da Fusaroli.

Fa schifo, non registra nemmeno in HD, ma è sempre stata un oggetto importante per me, che sono tendenzialmente un tipo timido e introverso. È di grande aiuto perché mi permette di rompere le palle alle persone e creare un pretesto per chiacchierare (il più delle volte aiutato da un modesto livello di sbronza).

È così che ho stretto gran parte dei legami a Roma, città in cui ero totalmente da solo e facevo fatica a costruire rapporti. Alcuni mi mandavano a cagare, ma la maggior parte di loro mi vogliono bene e rivedere quei momenti magici è emozionante.

Action Figures

Voglio ancora credere che di notte, quando vado a dormire, i giocattoli prendano vita e parlino tra di loro, come accade in Toy Story, il primo film d’animazione che entrò nella mia vita e mi folgorò totalmente.

Me ne porto sempre dietro alcuni e attualmente la squadra è composta da:

  • il sempre presente Woody (del film sopracitato), anche attore del videoclip di Oceano, secondo singolo estratto del mio primo disco
  • Yoshi, il dinosauro di Super Mario (sto in fissa con i dinosauri, in passato ci scrissi pure una canzone )
  • Stan, il mio personaggio preferito di South Park, cartone animato per adulti che ha formato il mio senso critico nei confronti della società
  • Squirtle, questa è una new entry che mi è stata regalata qualche mese fa, avrei preferito Charmander ma non diteglielo che altrimenti ci resta male. Comunque anche Squirtle è figo eh

Le città invisibili di Italo Calvino

Libri, libri, libri.

Vabbè, un po’ scontato, ma non potevo non inserire almeno un libro negli oggetti che mi porto dietro.

Ogni volta faccio fatica a scegliere quale libro portare e quale lasciare nella libreria a casa dei miei e Le città invisibili è uno di quei titoli che ho sempre avuto con me, perché nasconde tante storie che possono essere lette da tanti punti di vista.

Un’opera eterna che, secondo me, risulta nuova a ogni lettura.

Le mie chitarre

Come ultimo oggetto avrei potuto inserire il quaderno dei disegni con varie penne, matite, gomme ecc ma mi sembra più doveroso omaggiare le uniche due chitarre che mi accompagnano più di 15 anni.

Una è una chitarra classica marcissima da 20€ su cui ho appiccicato con la colla vinilica frammenti di vecchi cd frantumati: con questa ho scritto la quasi totalità delle mie canzoni.

L’altra è l’unica chitarra elettrica che ho mai avuto, acquistata nel 2009 (che è anche il titolo di una mia canzone): una fender Telecaster messicana. Non sono un tipo materialista, ma se dovesse succedere qualcosa a questa chitarra perderei una parte importante di me. Non la lascio mai incustodita quando vado in giro a suonare.

Bonus: il pianoforte

Dai, concedetemi un sesto oggetto.

Per me è un simbolo importante perché mi aiuta a ricordarmi che il tempo è una fregatura e non esistono “momenti giusti e momenti sbagliati” per fare le cose.

Già a 19 anni volevo imparare a suonare il pianoforte ma il tempo passava e mi ripetevo che ormai era troppo tardi.

All’età di 23 anni un anziano signore (un cliente, ai tempi lavoravo come imbianchino nella ditta di mio padre) si mise a ridere quando gli raccontai questo mio pensiero, prendendomi in giro poiché trovava sciocco pensare che fosse troppo tardi.

Il suo modo ironico di dirmi una tale realtà cambiò radicalmente la mia vita: quella sera stessa cercai sul web un’insegnante di pianoforte e la mattina dopo iniziai la prima lezione, percorso durato più di 3 anni (poi mi trasferii a Milano).

Iniziai anche l’università e dissi a mio padre che non volevo fare l’imbianchino, ma che i miei sogni erano altri.

L’unico oggetto che rimane in casa dei miei genitori (perché, ovviamente, non posso portarmi dietro), e che mi ricorda che posso fare quello che mi pare.

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Comunicato stampa rock

“Daimon” è il nuovo disco dei NUOVO DISORDINE MONDIALE

Pubblicato il 28 febbraio su tutti i portali digitali il disco “Daimon” dei NUOVO DISORDINE MONDIALE su etichetta Vrec Music Label (anche in versione vinile da collezione distribuito Audioglobe). Il disco della band romana è stato anticipato dai singoli C.E.S.E.” (con Luca Romagnoli dei Management),“Genesi”, “Perché non hai paura?”, “Mi piace davvero” e “Girasoli”. 

Dal genio produttivo di Giulio Ragno Favero (Teatro Degli Orrori), i NUOVO DISORDINE MONDIALE promettono un disco per rivitalizzare il rock italiano.  “DAIMON” si muove tra esoterismo e citazioni bibliche  unendo  l’aggressività dell’elettronica al rock più spinto e malato. Ospite speciale del disco è Luca Romagnoli, voce dei Management (del Dolore Post Operatorio) che ha scritto e cantato il testo di “C.E.S.E.”. Le copertine sono tutti disegni originali ricchi si simbolismo a cura di LORENZO DE LUCA

“Daimon” è il secondo album dei Nuovo Disordine Mondiale, disponibile esclusivamente in formato vinile autografato dalla band, numerato a mano in sole 200 copie. La produzione artistica è stata affidata a Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Teatro Degli Orrori, Zu) che ne ha composto anche le musiche e ne ha ben definito i tratti Teatro Degli Orrori, Salmo, Fabrizio De Andrè, Tool. 

Un pugno allo stomaco, una vera bomba di rock psichedelico e frastornante con testi in italiano estratti da una sorta di “bibbia moderna”. 

I Nuovo Disordine Mondiale (precedentemente NDM) sono una band Alternative Rock italiana della provincia di Roma. Si formano nell’autunno del 2012 con Aldo Onori (voce e chitarra), Giulio Colletti (batteria) e Valerio Pistilli (basso) a cui si aggiunge successivamente il chitarrista Giulio Scipioni. Il loro primo album autoprodotto è “All’Inferno” (2018) dal quale estrapolano tre singoli con video: “Io e te all’inferno” (MuseX), “Kofi” e “Alice nel paese degli orrori”. Nel 2020 iniziano la collaborazione con Giulio Ragno Favero (Il Teatro degli Orrori) che porta alla pubblicazione dell’EP “Non so se avete presente” (Maninalto) da cui sono estratti i singoli “Indieota”, “Elettroshock” e “Cattiva madre”.  Nel 2022 pubblicano una loro cover del brano “Un Giudice” di De André. Sempre nel 2022, dopo l’uscita di Valerio Pistilli dal gruppo, tornano in studio insieme a Giulio Ragno Favero, che li porterà a scrivere e registrare l’ancora inedito album “Daimon”. Questo darà un importante cambio di rotta al genere musicale della band, pur mantenendo le attitudini di base che li caratterizzano da tempo. Nel 2024 terminano i lavori di “Daimon”,e gli NDM  firmano un contratto con VREC per la pubblicazione dell’album con il nuovo nome di NUOVO DISORDINE MONDIALE.

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Comunicato stampa

“Fragolina di campo” il primo album di Tommaso Seconi

Esce in CD e su tutte le piattaforme digitali, il 21 marzo 2025, il primo album “Fragolina di campo” del cantautore teramano TOMMASO SECONI, anticipato dal singolo “Già domani”, distribuito e promosso da (R)esisto.

Così TOMMASO SECONI presenta il lavoro discografico: L’album “Fragolina di campo” nasce nel periodo del covid e successivamente lavorato, dove approfittando del periodo di estrema lentezza e silenzio l’artista abruzzese riversa su carta e note tutta la velocità e fugacità della vita vissuta. Un modo di vivere al quale si fatica a non esserne vittima, che lascia poco spazio per le relazioni che sono “il miglior investimento della vita”. Le relazioni in tutte le sue sfumature, senza escludere quella con se stessi, sono il tema centrale del disco. 

Le canzoni che scrivo, principalmente la faccio per me e successivamente la condivido – dichiara il cantautore – sarei molto contento se nell’ascoltare l’album qualcuno possa in qualche modo prendere uno spunto di riflessione o possa sentirsi partecipe della mia narrazione di vita.

Tracklist: 01 Fragolina di campo, 02 Il bambino che ero, 03 Incantevole, 04 Dagli occhi tuoi, 05 La chiquita, 06 Sé e solo sé, 07 Persone d’arte, 08 Già domani, 09 Racchiuso in una conchiglia

Bio

TOMMASO SECONI, cantautore teramano, nasce nel contesto musicale, in quanto in famiglia vi erano diversi musicisti tra cui suo padre, dal quale ha assorbito maggiormente la passione per la musica, che si è dimostrata un ottimo metodo per gestire e consapevolizzare le emozioni. La musica prende spazio dentro di Tommaso come terapia, entrando dentro e uscendo su carta, così ha iniziato a scrivere canzoni e la possibilità di formare nel 2015 una band, con cui gli ha dato modo di fare notevoli esperienze e di guardare e formarsi sul mondo dello spettacolo musicale, con la possibilità di conoscere e di condividere il palco con vari artisti del genere folk rock, come la bandabardò, ex Ratti della Sabina, alla Bua, nobraino ecc. Con il passare degli anni e dopo il trasferimento a Bologna il gruppo giunge al termine, dando all’artista il coraggio per intraprendere un progetto da solista.

Disponibile dal 28 febbraio 2025 su tutte le piattaforme digitali ed in rotazione radio “Già domani”, il nuovo e quarto singolo, che anticipa il primo album “Fragolina di campo”, distribuito e promosso da (R)esisto. 

Crediti 

Registrato e mixato da Davide Grotta

Prodotto da Tommaso Seconi e Davide Grotta

Master a cura di Davide Bombanella

Pubblicato e promosso da (R)esisto Distribuzione

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Comunicato stampa

“SPAZI VETTORIALI” è il nuovo album degli AUGE


La rock band fiorentina Auge disponibile il nuovo album solo su CD e LP da collezione “SPAZI VETTORIALI”

L’album sarà su tutti i portali digitali dal 14 marzo 2025.

E’ finalmente disponibile in versione CD e LP (autografato da collezione) il nuovo album della rock band fiorentina degli Auge intitolato “Spazi Vettoriali” (su etichetta Vrec/Audioglobe). 

Sugli store digitali si trovano i due singoli e videoclip “Firenze” e “Lei” mentre ufficialmente l’intero album sarà disponibile solamente il prossimo 14 marzo 2025.

“Spazi vettoriali” è stato prodotto da Flavio Ferri (Delta V, Gianni Maroccolo) già al lavoro con la band nel precedente disco, ed è il secondo di una trilogia ideata dalla band: mentre il precedente lavoro era dedicato ad esplorare le contraddizioni che rendono avvincente tutto ciò che è umano (“In purgatorio”, 2022), ad essere indagata è ora la multiforme varietà degli spazi entro i quali l’umano si muove. Icaro è la figura emblematica di questo dinamismo inesausto, irrequieto e coraggioso raffigurato nella splendida illustrazione realizzata da Sara Vettori, bassista della band e nota illustratrice: sulle sue ali chi desidera porsi all’ascolto può tessere il proprio personale viaggio attraverso l’ordito dei dieci vettori sonori che ci sono offerti e così sondare altrettante dimensioni nelle quali si dipana la nostra esistenza. Icaro non teme di attraversare spazi vasti e complessi quali la storia, la città, l’alterità, il sentimento.

Il progetto auge nasce a Firenze nel 2019 dall’incontro tra Sara Vettori (basso, già nei  4 user only, Eva nice trip,Vowland) , Matteo Montuschi (chitarra già con Anhima e Vowland)) e Mauro Purgatorio (voce, synth e programmazioni addizionali già voce dei Zogarten, RadioRahim, Loopcide, The Leeleegroovers) ai quali successivamente si aggiunge Riccardo Cardazzo (batteria, già Bobby Tumultuous e collaborazioni varie come Diaframma, Il Silenzio del mare). Il debutto sulla scena musicale avviene nel 2020 con l’EP “Magnetic Domain” (Contempo Records): sei tracce in inglese la cui produzione certifica il collante artistico della band. Nel 2021 il trio elabora il proprio percorso attraverso una urgenza condivisa che li porta alla preziosa collaborazione con  il produttore e musicista Flavio Ferri con il quale realizzano il loro secondo lavoro, questa volta in italiano, “IN PURGATORIO” (Vrec/Audioglobe) da cui vengono estratti i singoli e video “Tu sei me”, “Cadendo” e “L’avvento”. Nel 2024 lavorano sempre insieme a Flavio Ferri al secondo capitolo della trilogia “Spazi vettoriali” in uscita nel 2025 su CD e LP anticipato dai singoli e videoclip “Firenze” e “Lei”.

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