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Indie Pop

Francesco Pintus resta “Fuori fase” e fuori casa

Nato in Calabria, cresciuto in Campania e vive in Veneto, stiamo parlando di Francesco Pintus, cantautore che ritorna nel mondo della musica indipendente con il suo nuovo singolo “Fuori Fase”, fuori dal 4 giugno.

Il testo nasce da mille domande che affollavano la testa dell’autore in un momento particolare della sua vita, e altrettante sono quelle che gli abbiamo posto. Non perdetevi le risposte!

Ciao Francesco! Sappiamo che non ti piace darti con dei nomi che non sono i tuoi, come i nomi d’arte, ma non possiamo fare a meno di chiederti quali sono le cose che ti mettono fuori fase!

(ride ndr) Ottima partenza! È un concetto molto variabile. Si può essere fuori fase per un motivo in particolare che ti ha creato quella sensazione o per una situazione generale in cui si sta galleggiando. Ti stupirò dicendoti che adesso non mi sento così fuori fase, proprio nel momento in cui scrivo. Più in generale mi mette davvero fuori fase l’incongruenza tra quello che faccio e quello che penso vorrei fare, non penso esista concetto più semplice.

Fuori fase” è anche il titolo del tuo singolo desordio, un singolo che avanza per domande, come nasce dunque lidea del testo?

Nasce proprio per dare concretezza a delle domande che, nel periodo in cui ho scritto la canzone, mi frullavano per la testa. Scrivo spesso quello che penso per centrare meglio le cose, guardarle nero su bianco aiuta, si sa. Quindi il testo era, in realtà e all’inizio, un elenco di domande che mi stavo ponendo e che ogni giorno appuntavo sulle mie note. Poi, come capita delle volte, ho intravisto qualcosa di musicale e ho iniziato a lavorare sulla canzone.

Andando invece alla parte musicale, come è avvenuta invece tutta la parte di produzione del singolo con Fabio Grande e Pietro Paroletti?

Lavorare con Fabio e Pietro è stato interessante e soprattutto super formativo, per chi come me lavora anche alle produzioni dei brani. Sono arrivato in studio con dei provini suonati interamente a casa e da lì siamo partiti, per me era fondamentale partecipare al processo di produzione: volevo suonare personalmente il mio disco (insieme a loro) ma avevo bisogno di una mano vista la mia poca esperienza in studio e così è stato.

C’è un genere” musicale che idealmente riporti anche nella tua musica o la creazione musicale resta totalmente spontanea?

La produzione del singolo è avvenuta contestualmente alla produzione di tutto il mio primo disco, che ancora non so bene quando uscirà, ci vorrà del tempo immagino.

No, in fase di scrittura non ho mai vincolato le canzoni a un qualsiasi tipo di genere o categoria. Preferisco la scrittura spontanea, lasciando magari spazio alle mie influenze musicali in maniera più diretta quando lavoro alle produzioni. Poi credo sia fisiologico che anche nel processo di scrittura confluiscano un po’ di ascolti ossessivi che ho avuto e che ho, ma lascio che arrivino naturalmente.

Lasciaci con tre brani che sono nella tua playlist del momento e che dovremmo assolutamente ascoltare!

Purtroppo, faccio fatica a ragionare per brani e ahimè non ho una playlist personale, quindi vi lascio i tre dischi che sto ascoltando in queste settimane: Xo – Elliot Smith, Zeno – I Quartieri, Smoke ring for my halo – Kurt Vile

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Indie

Blue è il colore primario di Boetti

A una settimana dall’uscita del loro primo album “BLUE“, abbiamo intervistato i Boetti, duo adrenalico e rockettaro che ci racconta nel dettaglio il loro nuovo progetto.

Ciao Boetti, benvenuti! Presentatevi a chi ancora non vi conosce, magari proprio attraverso un’opera dell’artista Boetti!

Siamo un duo, veniamo da Prato. Damiano è penna, voce e chitarra; Meti batteria. Ci piacerebbe lasciarci descrivere da “Alighiero E Boetti”, perché rappresenta il senso di doppio interiore (ma anche di unità binaria) che caratterizza questo progetto. Boetti è un feticcio, un’entità che racchiude entrambi e attraverso la quale possiamo esprimere cose che da soli, come singoli individui, altrimenti non saremmo riusciti ad esprimere. In più si tratta di un’opera visiva, ma che è costituita solo da parole (di qui l’importanza che diamo al testo); una tela realizzata in Persia, dalle ricamatrici e artigiane dei tappeti, e una parte del nostro DNA viene proprio da lì, dall’oriente.

Il 28 maggio pubblicate finalmente il vostro primo album, il vostro umore è ancora blue?

La gioia che stiamo provando, almeno quella potenziale, è qualcosa davvero di inimmaginabile. Ma purtroppo siamo delle persone che ancora non riescono a godersi il “qui e ora” di certi momenti. Questo disco è la base da cui ripartire subito alla conquista dello step successivo. Dentro di noi siamo sempre in viaggio.

Ma andiamo più nello specifico: qual è la motivazione che si trova dietro alla scelta del titolo?

Tutte le canzoni di questo album rappresentano momenti di dolore, fallimento e frustrazione. È una cosa di cui non avevamo troppa coscienza durante la scrittura, ma che abbiamo realizzato praticamente alla fine dei lavori. Per questo, nonostante abbiamo provato a creare una sorta di altalena musicale-umorale anche nella scelta della tracklist, alla fine ci è venuto naturale definire i pezzi per identità e non per differenze.

Qual è secondo voi la canzone che meglio rappresenta l’anima del disco?

Forse “Boetti blue”. È quella che chiude il disco, l’ultima che abbiamo registrato, l’unica che abbia quella consapevolezza complessiva di cui sopra. Rappresenta un po’ la chiusura del cerchio: il suono diventa frastuono, la voce un urlo.

Ora che i concerti sembrano essere possibili, avete già fissato qualche data in cui potremmo venirvi ad ascoltare?

Stiamo lavorando duramente al calendario estivo, anche se sappiamo (e speriamo) di poter guardare con più fiducia al prossimo autunno inverno. Sicuramente non mancherà qualche anteprima, ma per scaramanzia non diciamo nulla. Dita incrociate e aggiornamenti da seguire sui nostri canali social.

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Indie

Videointervista a Federico Cacciatori

Veste di colori” è il nuovo singolo di Federico Cacciatori, artista che cerca di svestirsi, tramite la sua musica di tutti quei pregiudizi e apparenze di cui spesso ci si appropria quando non si riesce ad essere sé stessi nel mondo.

Un singolo strumentale, che sembra essere stato scritto per un film, diventa la perfetta colonna sonora per raccontare la storia di un cambiamento, di una svestizione (se vogliamo) dalle maschere e del raggiungimento invece di una consapevolezza che soltanto quando si riesce ad essere autocritici si può effettivamente raggiungere.

Ma lasciamo che sia l’autore stesso a presentarsi, nell’intervista qui sotto, e a presentarci quella che è la sua nuova uscita che vi consigliamo caldamente di ascoltare, magari ad occhi chiusi e cercando di immaginarsi in luoghi lontani dalla propria routine.

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Indie Pop

“Falchi” è la matrioska di emozioni dei MOCA

Falchi” è la nuova canzone dei MOCA, uscita il 7 maggio per La Clinica Dischi è pronta a farci ballare con la speranza di poterlo fare non solo nelle nostre camerette ma anche dal vivo.

In attesa di poterli vedere cavalcare quanti più palchi in Italia, noi gli abbiamo rivolto qualche domanda!

Ciao ragazzi benvenuti! Il 7 maggio ritornate con un nuovo singolo “Falchi” vi va di presentarcelo?

Certo! Falchi è un pezzo che parla di una storia andata male, una quiete dopo la tempesta che ti permette di realizzare ciò che prima non riuscivi a cogliere, in fondo anche i falchi non riescono ad orientarsi quandoc’è burrasca.

Da cosa nasce l’idea di associare una storia d’amore proprio ad un uccello rapace come il falco?

La metafora è nata da sé con la stesura del ritornello, ci piaceva l’immagine di una zanzariera come vincolo per un volatile e abbiamo pensato al falco.
Questo rapace, oltre a detenere vari record all’interno del mondo animale, è spesso ritenuto anche un animale nobile, un po’ come il sentimento più inflazionato della musica pop.

In un post di Instagram scrivete che “Falchi” nasconde una storia travagliata: vi va di raccontarci il lavoro di produzione che c’è dietro a questo singolo e come ne siete riusciti a venire a capo?

“Falchi” è una matrioska, in origine erano due pezzi che avevano il solito mood e banalmente, avevano a che fare con l’amore.
Entrambi i pezzi però ci sembravano avere dei problemi, funzionavano a sezioni per così dire, se in uno ci convinceva il ritornello, così non era per la strofa e viceversa.
Una sera poi, quasi per scherzo, davanti a due bottiglie di vino e una chitarra abbiamo provato a fondere i due pezzi e ci siamo accorti che funzionavano benissimo insieme!
Poi siamo passati al lavoro in studio in cui è stata aggiunta tutta la magia che oggi potete tutti ascoltare.

Sappiamo che siete soliti coverizzare molte canzoni di artisti che fanno parte di La Clinica o di Revubs, ma se potesse scegliere con chi duettare in un prossimo singolo, chi scegliereste?

Si, ci piace rendere omaggio ai nostri amici, siamo una bella famiglia e quando ci vediamo in sala, oltre che ai nostri brani, spesso suoniamo alcuni pezzi dei nostri compari.
Di nomi quindi se ne potrebbero fare tanti, ma se ne dovessimo scegliere uno vi diremmo Frambo, uno degli ultimi entrati nella famiglia Clinica, ma che da subito ci ha attratto con le sue sonorità, magari ci scappa qualcosa in futuro, chi può dirlo!

Credo che voi siate una di quelle band che se su Spotify riesce ad avere un impatto emotivo molto positivo, dal vivo riuscite a trasmettere una grinta ancora più palpabile: se i tempi ve lo permetteranno avete già in mente delle prime date per i live?

È la componente che manca tutt’ora e che noi reputiamo la nostra linfa vitale.
Siamo sicuri che tutti ormai vogliano tornare a calcare palchi, e noi non siamo da meno.
Stiamo preparando ormai da mesi il nostro spettacolo e se la situazione di questa estate ci permetterà di suonare, noi saremo pronti!

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Comunicato stampa

“Generiche domande” è il nuovo singolo dei Veivecura

Esce venerdì 14 maggio il nuovo singolo dei Veivecura dal titolo “Generiche domande” per l’etichetta Hummingbird Muzik.

Immediatamente siamo catapultati in un film, o almeno questa è la sensazione che abbiamo provato noi quando abbiamo ascoltato per la prima volta il singolo: tanti piccoli elementi descritti nel modo giusto al momento giusto. Quasi come una ripresa minimalista ma selettiva alla Truffaut anche il duo partenopeo riesce a regalare una tale attenzione e cura per i dettagli: un maglione che non sai lavare, gli occhi grigi, la mamma in cucina che canta una canzone anni Ottanta. Il tutto accompagnato da un tappeto sonoro che non crea soltanto uno sfondo, ma intesse il racconto come se fosse progettato per un film.

La sperimentazione musicale de Le Notti Bianche dunque sembra continuare, e singolo dopo singolo, quella di “Una canzone che ti piace tanto” sembra avere tutte le caratteristiche per non passare inosservata. Un brano bedroom pop dalle contaminazioni pop cantautorali sono la combo perfetta per un singolo chill ma allo stesso tempo esplosivo.

Una canzone che ti piace tanto” è la canzone che presuppone una dedica, alla persona a cui vogliamo bene, a nostro fratello o nostro cugino. “Una canzone che ti piace tanto”, e questo Le notti Bianche lo sapevano sin dall’inizio, (perchè sono stati furbi a scegliere il titolo) è proprio quella canzone che se prima ti piace tanto, finisci poi per innamoratene e a cantarla fino allo sfinimento.

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Indie

La libertà unica di Giulio Cazzato

La mia sola libertà” è il nuovo disco di Giulio Cazzato, disponibile dal 6 maggio. Un insieme di canzoni intime attraverso le quali il cantautore svizzero di origini salentine racconta il suo mondo. Abbiamo voluto approfondire con lui.

Ecco cosa ci ha raccontato.

Ciao Giulio e benvenuto su Perindiepoi. Come prima cosa ti chiediamo di presentarti ai nostri lettori.

Ciao a tutti! Sono un cantautore-chitarrista di origini salentine e residente in Svizzera da diversi anni. Il mio percorso musicale inizia nel periodo adolescenziale, prendendo lezioni di chitarra e poi proseguendo da autodidatta. Sin da subito la necessità di scrivere e comporre è forte. Con il susseguirsi degli anni maturo molta esperienza in ambito live, tra festival e concerti come chitarrista di blues e rock band, collaborando con moltissimi artisti. Parallelamente compongo e registro delle demo, cimentandomi anche sull’apprendimento di altri strumenti. La ricerca sonora ed il mondo analogico mi ha sempre affascinato. Qui l’amore per la musica del periodo anni 70’, la world music e tutte quelle note che si tramutano in emozione.

La mia sola libertà è il tuo nuovo disco. Ricollegandoci al titolo: cos’è per te la libertà?

La libertà nasce nel momento in cui si è padroni di se stessi. La libertà per me è assumere il controllo della propria esistenza. La immagino come una Highway nel bel mezzo di un deserto ed io in sella ad una Harley. La moto è la musica, il mezzo con il quale posso assaporarla in tutto il suo splendore.

In queste canzoni c’è molto della tua vita. Ascoltandole ci sembra di percepire il tuo caleidoscopio emotivo. Parli della tua adolescenza, dell’amore, c’è un pizzico di amarezza ma sul finire anche molta positività per il futuro. Come sono nati questi brani?

È vero dentro c’è il mio mondo, le mie passioni, i miei alti e bassi e tutto quello che la musica riesce a trasmettermi. Sono brani nati durante tutto questo percorso di attività musicale. La musica è sempre stata un’amica, confidente. E’ un album dedicato interamente a lei, al suo modo semplice di consolarmi.

Il sound è un mix di rock, blues ma anche pop. Il segreto di questa ricetta dove risiede? Il lavoro di produzione come è stato?

Non penso ci sia un vero e proprio segreto, è importante saper cogliere il meglio da ogni genere che si ascolta o si suona negli anni, dargli un’impronta personale e tanta freschezza. Negli arrangiamenti dei pezzi c’è anche ovviamente il lavoro e l’esperienza dei produttori Davide Lasala ed Andrea Fognini di Edac Studio di Fino Mornasco(CO) che sono riusciti ad estrapolare il meglio, senza cambiare il mio stile ed il sound che avevo in testa.

Un brano in particolare ci ha colpiti: Estate torna in fretta. Hai detto di averlo scritto durante il lockdown dell’anno scorso. Quanto ti è servita la musica in quel momento?

Come sempre è stata di grande aiuto. Un periodo non facile per tutti, a me è servito per spronarmi, a distogliere e proiettare la mia mente su altro, su quello che amo, la musica. Da qui la decisione di mettere insieme un po’ di canzoni scritte in questi anni, scegliere quelle più significative per dare vita a questo album.

A un anno da quel periodo ma con la pandemia non ancora finita che progetti hai per questa estate con la tua musica?

Di sicuro per quest’estate non riuscirò a portare in giro queste canzoni, aspetteremo l’inverno o l’anno prossimo per qualche concerto. In questo periodo mi dedicherò a provare con la mia band, ed a creare un buon spettacolo ed il live in sé.

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Elettronica Indie Pop

Guida all’ascolto del nuovo album di Sibode Dj

Non lo so” è il nuovo album di Sibode DJ, pubblicato oggi 7 maggio per l’etichetta romagnola Brutture Moderne.

Sibode DJ finge di non sapere quello che ha tra le mani e che, come un dono prezioso, ci rende con prudenza e apprensione. Abituato com’è a fare della sua musica un rito sacro oltre che una performance artistica, Sibode, sembra un po’ impacciato a farci ascoltare il suo disco soltanto online, eppure, non si tira comunque indietro e sceglie così di farci ascoltare le 12 canzoni che compongono “Non lo so”, album nato tra il salotto di casa sua e i palchi.

Un viaggio introspettivo e psichedelico tra il funk, l’elettro pop anni Ottanta e la psichedelia, a cui noi abbiamo cercato di dare la nostra interpretazione personale.

Si parte con “O.Y.M.P.A.F.L’A.(I).S.D.T.” un acronimo tanto lungo quanto folle, un brano questo che scandaglia le sonorità del funky mixate alle battute di Zed di Scuola di Polizia. Passiamo poi a “Sbagliato o no”, canzone fatta di cori e trombe per ricordarci che tutto ciò che facciamo nel bene o nel male è sempre giusto se lo facciamo con consapevolezza. La corporeità del dolore diventa il motivo alla base del brano dalle vibes molto anni Ottanta “Menomale che (meno bene)”. Con “Suko” scopriamo essere possibile la combinazione dell’elettronica anglosassone alla balera romagnola: un inno non solo alla globalizzazione ma anche a farsi gli affari propri.

Non dimentichiamoci la psichedelia e infatti ecco che arriva “Gli animali della giungla”, brano anche questo ricco di spunti ipnotici e rituali. A questo poi seguono brani più introspettivi e solipsistici in cui ad una prima fase di solitudine segue quella dell’esplosione e della rivoluzione, non solo esteriore quanto piuttosto interiore, che ci fa ballare e gridare come accade in “Grande Felicità” (hit che non vediamo l’ora di ascoltare remixata su tutte le spiagge romagnole).

Speriamo dunque che con questa piccola guida riusciate ad apprezzare anche voi il nuovo lavoro di Sibode!

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Indie Pop

Quattro chiacchiere con Cortese

Michele Cortese è un cantautore salentino e il suo non è un nome sconosciuto al grande pubblico, infatti nel 2008 ha vinto la prima edizione italiana di X-Factor con la vocal band Aram Quartet.

Cortese con le sue canzoni racconta la quotidianità tra amore, inquietudini, passioni e irriducibili sogni dalla prospettiva di un’anima in subbuglio.

Hiroshima è il terzo capitolo di questo nuovo percorso, unacanzone d’amore scritta una mattina osservando la routine della sua ragazza: il suo Huawei rotto, Youtube, una cassa bluetooth e sempre le stesse canzoni anni 80, caffè, trucco, lui che la prende in giro, lei che ride arricciando il naso, lui che le chiede di restare ancora una notte e lei che sembra volerlo ma che poi va via. È venuta fuori come un’urgenza per raccontare quella bellezza che non è mai scontata e che sorprende ogni volta come uno schiaffo in faccia o come una bomba atomica.

L’abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha raccontato!

Ciao Cortese, il tuo nuovo singolo si chiama Hiroshima e la metafora è quella di raccontare l’amore come qualcosa di esplosivo, che quando arriva, non si può più fermare. Come è nata questa canzone?

Ciao! Questa canzone è nata con urgenza, volevo raccontare certa bellezza che con alcuni suoi dettagli quotidiani mi sorprende sempre come uno schiaffo in faccia, come certo amore a cui non ci si può assuefare mai.

Scene di vita quotidiana trasformate in versi, come è strutturato il processo creativo che ti porta a trasformare i pensieri in parole?

Nella mia scrittura seguo sempre un flusso creativo libero e istintivo: sento l’urgenza di raccontare dei pensieri e automaticamente ne viene fuori una canzone, mi suona in testa una melodia, mi girano per le mani degli accordi e automaticamente mi vengono fuori le parole e le storie giuste per quelle note.

Poi quando riascolto ciò che ho scritto mi affeziono ad una canzone piuttosto che a un’altra e all’occorrenza mi metto a smussare, aggiustare qualcosa qui e là.

Questo è il terzo capitolo di un percorso che hai iniziato quasi un anno fa e che nel corso di questi mesi ti ha portato a pubblicare canzoni che hanno come comune denominatore l’amore raccontato nelle sue sfaccettature. Dopo tutti questi anni di onorata carriera, qual è il segreto per raccontare l’amore senza mai risultare banali?

Credo che al di là dei miei anni di carriera l’amore sia la materia di cui più si è scritto e cantato nella storia della musica, per cui il rischio di risultare banali è sempre dietro l’angolo. Io personalmente conto di evitarlo rispondendo il più possibile a vere urgenze emotive per scrivere d’amore, quindi non prescindendo mai dalla sincerità delle emozioni,  romanzando il meno possibile episodi autobiografici, non cercando mai la frase ammiccante nei testi.

Leggendo le tue dichiarazioni sparse sul web, ho capito che questo tuo nuovo progetto rappresenta quasi una versione 2.0 rispetto alle cose che hai fatto in passato. Raccontaci questa scelta e le motivazioni che ci sono dietro!

Questa scelta non è significato recidere col passato ma neppure continuare un percorso sulla stessa linea. La trovo un’evoluzione/rivoluzione artistica naturale di cui sentivo il bisogno. Da poco più di due anni mi sono sganciato per la prima volta nella mia vita dai miei ascolti più storici inevitabilmente influenti e ingombranti nelle mie scelte da cantautore e ho ascoltato tanta musica nuova che mi ha conquistato, ispirato e dato stimoli e spunti nuovi e diversi rispetto al mio passato.

Tornando indietro negli anni, rifaresti tutto o c’è qualcosa che cambieresti?

Fare un mestiere artistico credo sia una cosa davvero complessa, viviamo una continua crescita, raccogliamo esperienza e maturiamo giorno dopo giorno, per cui guardando al passato ci sono cose di cui vado particolarmente fiero ed altre che avrei voluto fare in maniera diversa se fossi stato più esperto nel momento in cui accadevano.

Siamo molto curiosi di ascoltare il tuo album, quando uscirà? Puoi darci qualche anticipazione?

L’album uscirà ad Ottobre, sarà una sorta di concept sulle diverse sfaccettature dell’amore filtrate dai miei occhi e dalla mia anima, è un disco romantico scritto con un linguaggio colloquiale, un sound che segue il filone dei brani pubblicati fino ad ora e io non vedo l’ora di farvelo ascoltare.

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Indie Internazionale Pop

Intervista transoceanica a Giorgia Giacometti

Scandal” questo il titolo dell’ultimo singolo targato Giorgia Giacometti, artista che ama il visual quanto la musica e il canto come forma espressiva tutta personale. Ma andiamo a svelare pian piano l’artista che abbiamo incontrato nella nostra video intervista.

Giorgia Giacometti è una che non si ferma mai. Idee chiare, carattere da vendere e una mentalità internazionale. Toscana di origine, vola a Miami per studiare e lavorare alla sua musica. Nel 2020 pubblica i primi singoli, “All’Amore” e “Scandal”, iniziando a mettere a fuoco il proprio stile.

Poi vola a Singapore, dove attualmente risiede, e lì produce il singolo “Bandiere bianche”, pubblicato il 26 marzo scorso, nel quale mette maggiormente a fuoco la sua figura artistica, tra urban, pop e contaminazioni. Abbiamo deciso di rivolgerle alcune domande per conoscerla meglio!