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Indie Pop

Intervista a Nicolò Carnesi + Davide Amati

I SANTI è il nuovo singolo di DAVIDE AMATI feat. NICOLÒ CARNESI, in uscita oggi, 9 luglio, per UMA RECORDS PIRATES in distribuzione Sony Music. Questo secondo singolo, insieme a Specchio feat Matteo Alieno farà parte dell’EP in uscita a fine estate, che vedrà quattro canzoni con quattro diverse collaborazioni, svelate una alla volta. In ogni brano Davide ha voluto raccontare una parte di sé, un mood, un suono, un colore che fa parte della sua musica e della sua scrittura.
 
I SANTI è una canzone “suonata”, ricca di momenti musicali dai quali farsi trasportare all’interno di un viaggio dinamico e suggestivo. Introduzione musicale, riff di chitarra, assoli e cambi di scenario improvvisi. Il tutto all’interno della forma canzone con un ritornello da cantare a squarciagola. Il brano è impreziosito dall’interpretazione di NICOLÒ CARNESI, voce inconfondibile e cantautore tra i più apprezzati del panorama. Nel testo si alternano immagini evocative a frasi dirette, taglienti e senza filtri. Nei testi di Davide non c’è mai un’unica chiave di lettura e questa cosa combacia perfettamente con la sua musica.
 
Dopo le prime pubblicazioni (Allunga il passo, Rinascere ogni giorno, Se te ne vai, Lenzuola), in cui il giovanissimo cantautore romagnolo si è presentato al pubblico e ha svelato il suo mondo in cui convivono impertinenti canzoni pop, atmosfere chill e sognanti e malumori universali, DAVIDE AMATI ha contattato quattro artisti, legati alla sua musica da un rapporto di stima reciproca e amicizia, per produrre quattro canzoni che potessero mostrare quattro diversi volti del progetto, che saranno svelati singolarmente, traccia dopo traccia, nei prossimi mesi.

Chi sono i santi a chi fa riferimento il titolo del brano?

Assieme: è stato un flusso di coscienza. Non ho cercato fin da subito un riferimento ma sono partito dall’immagine dei santi come uno sciogli lingua. Un gioco di parole che mi ha dato il la per andare a scrivere la canzone.

Come nasce la vostra collaborazione? Come siete entrati in contatto la prima volta?

Amati: a Nicolò era piaciuta una mia canzone e mi aveva scritto. A distanza di pochi mesi, quando ho deciso di fare questo EP di featuring, ho pensato che “I Santi” sarebbe stato un pezzo nelle sue corde e così è stato. Ci siamo incontrati e ci siamo trovati bene fin da subito.

Che cosa avete in comune musicalmente parlando, e in cosa siete invece diversi?

Amati: ci piace la musica suonata, i cantautori. Nicolò ha un approccio mentale e io muscolare, ci siamo incastrati perfettamente.

Siete stati in grado di influenzarvi? Come?

Carnesi: Nel suonare insieme e nello scambiarci idee in maniera molto spontanea.

Esiste ancora una scena bolognese? Che rapporto avete con la città di Bologna?

Carnesi: Bologna è una città che ti permette di suonare e di incontrarsi tra musicisti e questo permette sicuramente delle contaminazioni che danno il via a delle scene musicali.

x Davide. Prossimi step del progetto musicale?

Per il momento posso dire che usciranno altri due featuring che andranno a completare questo ep.

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Internazionale Pop

Quello che ho capito ascoltando il primo disco di Adelasia

Prendete Malika Ayane, passatele una canna accesa, regalatele tutti gli album di quegli artisti che si sono ispirati a Mac DeMarco e vi verrà fuori Adelasia. Nata dall’unione del nome Adele + Asia, Adelasia è proveniente dall’Italia e non dall’Asia come il nome tende a far pensare. Il suo album uscito da poco, 2021, ha quelle sonorità un po’ pop un po’ psych che fa capire che lei è l’artista perfetta per quegli ascoltatori a cui piace chillare di brutto. No di certo per quei pazzi schizzati che preferiscono rompersi la schiena con il duro lavoro, ‘sti malati di mente folli scellerati. È sicuramente una delle voci femminili più interessanti del panorama italiano, ma anche asiatico se fosse nata in Asia come il nome fa pensare truffaldinamente.

Il suo percorso artistico è iniziato quando una stella è caduta dal cielo una notte di San Lorenzo di tanti anni fa. Vedendola, Adelasia ha espresso il seguente desiderio: “Ti prego stella cadente fammi diventare una stella del cinema”. Purtroppo quel giorno la stella cadente fu piuttosto sorda perché era troppo concentrata a cadere e sentì “Ti prego stella cadente fammi diventare un’asticella del cinema”. Inizialmente le parve un po’ strano come desiderio, ma decise comunque di esaudire quella commossa richiesta. Così una notte Adelasia si svegliò improvvisamente e si accorse di essere diventata un’asticella del cinema, precisamente una barra metallica che poneva un limite di altezza per gli spettatori più alti di due metri e mezzo nella provincia a statuto speciale di Bolzano, dove le persone là sono tutte alte.

La disperazione iniziale per la sua condizione divenne ad un certo punto rassegnazione: era diventata un fottuto oggetto di metallo, cosa mai poteva succederle? Non aveva gambe, non aveva braccia, era bloccata con delle viti, mannaggia. Si era abituata all’idea oramai. Poi accadde l’impensabile: cinema chiusi in tutto il mondo per l’emergenza pandemica, non avrebbe mai visto più nessuno lì dentro e non avrebbe più esercitato la sua funzione per chissà quanto tempo, quindi si disperò nuovamente appena capì che era diventata un fottuto e inutile oggetto di metallo. Una tragedia.

Le lacrime di quei giorni echeggiarono tra le sale vuote del cinema di Bolzano e furono talmente disperate che le immagini delle locandine presero vita. Come in Una Notte al Museo, esatto. Un impietosito Ezio Greggio uscì dalla locandina di Lockdown all’Italiana e si diresse verso quelle urla di pianto disperate chiedendosi “È lui o non è lui? Cerrrrrrto che è lui” pensando di ritrovare Enzino Iacchetti in overdose da coca tristissimo e tritatissimo. E invece no, non era lui, ma Adelasia, l’asticella del cinema che piangeva. Adelasia si calmò non appena vide Ezio Greggio. Ezio Greggio non si fece tante domande, però rimase molto incuriosito da quella barra metallica parlante.

“Ti prego Ezio Greggio aiutami a scendere da qui” ed Ezio Greggio ubbidì, vivamente colpito. Una volta raccontata la sua storia, Adelasia gli chiese di aiutarla per farla ritornare una persona vera ed Ezio Greggio le disse che lo avrebbe fatto volentierissimo. Così, aggrappata da Ezio Greggio, Adelasia venne portata fuori dal cinema. Direzione: l’ospedale. Il piano era quello di farsi collegare al sistema neuronale di un cadavere per riacquisire le capacità motorie di una persona vera. Ce la faranno i nostri eroi?

Purtroppo no, perché Ezio Greggio una volta uscito dal cinema venne investito da un camion e Adelasia rimbalzò sull’asfalto fino a conficcarsi su un cumuletto di terra poco fuori dalla strada. Nessun umano sarebbe mai passato di lì, le macchine procedevano troppo veloce. Ezio Greggio morì sul colpo e sparì con una nuvoletta di vapore espirando con un delicatissimo “Ciao Amici di Striscia…”, mentre Adelasia rimase conficcata per sempre su quel cumuletto di terra. Da allora, ogni volta che il vento la colpisce, produce un suono soave che da asticella del cinema l’ha fatta diventare un’asticella della musica. Fu così che iniziò ufficialmente il suo percorso artistico.

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Pop

Caspio ci consiglia 5 brani atipicamente estivi

Esce giovedì 10 giugno 2021bilico, il nuovo singolo di caspio (tutto rigorosamente minuscolo), fuori per Le Siepi Dischi e in distribuzione Believe, qui caspio manda un chiaro messaggio intergenerazionale: non sprecate la vita sull’orlo di un baratro.

In “bilico” c’è una coppia – giovane o vecchia, poco importa – che non riesce a risolversi, che non riesce ad uscire dal loop delle dinamiche che la stanno avvelenando piano piano. Verrà il momento di prendere una decisione, ma un affetto malato ritarda la scelta. Di giorno in giorno, di anno in anno, fino, quasi, ad odiarsi, a non riconoscersi più. Tutto l’amore che c’è stato e che ancora si percepisce in lontananza, tutta la reciproca conoscenza (“Oggi è un’altra domenica / non t’è piaciuta mai”) si è trasformato in un gorgo di sentimenti negativi da cui sembra impossibile uscire. Recriminazioni, colpevolizzazioni, bugie diventano le caratteristiche di una coppia che non sa affrontare la sfida della solitudine. E qui interviene la voce dell’autore che libera, che lascia andare, cadere, perché a volte l’unica soluzione è quella di buttarsi nell’oscurità di un futuro che non puoi sapere come sarà. Ma che potrebbe anche essere migliore. Perché poi quello che conta è affrontare, sempre e comunque. Scontrarsi con le proprie idee, con gli effetti delle proprie scelte. Buttarsi nel vuoto, se ciò serve a cambiare qualcosa.  Precipitare per ritrovare se stessi.

Visto che ci stiamo avvicinando sempre di più alla fine delle vacanze, gli abbiamo chiesto 5 brani atipicamente estivi.

Ho scelto, con non poca fatica, le mie cinque canzoni atipicamente estive. Le ho scelte perché pur non essendo frizzantine, allegre, solari, come il periodo richiede, sono legati a momenti e situazioni che, invece, lo sono eccome.

GINEVRA – Metropoli
Scoperta durante il primo concerto post-lockdown. Se, quindi, ero già contento di sentire di nuovo musica dal vivo, scoprire questa ragazza piena di talento, in una sera di fine estate, in mezzo ad un vigneto, mi ha fatto ritrovare la fiducia nell’umanità.

The National – Quiet Light
A luglio 2019 ho assistito all’ultimo concertone dal vivo pre-pandemia. I The National sono forse il mio gruppo preferito, quindi, quando li ascolto, sono contento come quando a giugno c’è ancora la riga del sole, sul mare, alle dieci di sera.

Niccoló Fabi, Max Gazzè – Vento d’estate
Nonostante il titolo, è la canzone più atipicamente estiva che ci sia. Parla dell’estate in un modo nuovo: le caratteristiche tipiche che fanno dell’estate la stagione più felice e spensierata, in Vento d’Estate, diventano i suoi difetti.

Phoebe Bridgers – Garden song
La sensazione che mi trasmette è quella che precede l’estate. Potrebbe essere la canzone del mio personale maggio, quando tutto si prepara ad esplodere.

Foals – Exits
Consumata la scorsa estate, è stata la colonna sonora del risveglio. In termini assoluti.

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Indie Internazionale Pop

Quello che ho capito ascoltando il primo album di Neverbh

Non ho saputo resistere e ho fatto un track by track del primo disco di Neverbh.
zero miracoli è il nuovo album di Neverbh, in uscita il 21 maggio per UMA Records, in distribuzione Sony Music Italy. È stato anticipato dai singoli: moon, vai o resti, ehi dimmi e byebye (feat Tamì) e ora insieme agli altri inediti si presenta come un racconto, ogni canzone è una fotografia di un momento preciso ed è associata a un simbolo, uno storytelling visivo oltre che cantato. Questo disco rappresenta l’ultimo anno di crescita e di ricerca dell’artista veronese, dove ritornelli pop, venature elettroniche e sonorità lo-fi esaltano la sincerità del suo songwriting: autentico, sussurato e delicato.
 
 “zero miracoli ha un doppio significato. Da un lato, quando qualcosa finisce non puoi aspettarti che torni indietro, non devi appenderti con ossessione a un miracolo, ad un ritorno. Quel che avevi è stato perso, e devi andare avanti, nel bene e nel male. Dall’altro, nella vita devi combattere per prenderti i tuoi sogni. Non puoi aspettarti che accada il miracolo. Devi stringere i denti e lottare. Il senso è che spesso credere ai miracoli è limitante, perché ci porta ad avere poca fede in noi stessi, ci sediamo e speriamo che le cose accadano. Invece siamo noi a farle accadere.” Neverbh


Neverbh – nome che sta per Never Boycott Heinz, proprio perché il ketchup dell’Heinz è proprio bono – è un giovane appassionato di salse della marca americana Heinz. Nella vita fa anche l’artista, ma questo aspetto passa in secondo piano: ha provato a far combaciare le due cose e infatti ha pubblicato un album, Zero Miracoli, per sottolineare la pochezza e l’aridità della vita senza salse Heinz. “Ti ho scritto una canzone dimmi che ne pensi”, termina così il primo brano riferendosi al suo panino con mostarda Heinz. Magari i panini potessero parlare, eh.

[ Intro ]

Nella canzone successiva c’è questo rapporto difficile con i prodotti di questo noto marchio, sottolineando come quando Neverbh se ne va dalla sua hamburgeria di fiducia lui comunque pensa sempre a loro, alle salsine Heinz. Anche quando torna a casa, o sulla luna, lui comunque pensa a loro.

[ Moon ]

“La vita un po’ ci odia ma soltanto quando è giorno, che di notte siamo luce che colora questo mondo” qua invece sottolinea che la corretta consumazione della salsa barbecue è preferibile di sera perché durante il giorno può dare acidità. Inoltre, è un po’ affranto qua perché non sai mai se scende o no la salsina dalla bottiglietta: se premi non scende e quindi spesso è giusto arrabbiarsi con questo packaging maledetto che separa il loro amore.

[ Vai o Resti ]

Non a caso, se nel brano precedente Neverbh si incazzava perché non capiva se la salsina scendeva o no dalla bottiglietta, in questo nuovo brano c’è una terribile consapevolezza: la fine della salsina Heinz. Lo struggimento dell’artista si sente tanto, è un grido di dolore che fa un sali e scendi emozionale velocissimo e che purtroppo non può essere fermato ma solo affievolito con parole dolci di ricordo.

[ Ho Pianto Un Fiume ]

Con la canzone successiva, il ricordo diviene nostalgia. “Giuro che mi manchi un po’”, e cos’altro potrebbe dire per affievolire un dolore così atroce, mesto e privato? La perdita di una persona cara fa meno male rispetto alla sensazione che si prova quando finisce la maionese Heinz: questo è quello che cerca di dire Neverbh.

[ Manchi un Po’ ]

Dopo la fase della tristezza, c’è la fase della rabbia. Come è possibile che se ne è andata senza avvertire? Era piena la bottiglietta fino a due giorni fa! Questo è quello che ha pensato l’artista, potevano anche mettere un sensorino sulla bottiglietta che lo avvertisse della dipartita a breve, e invece no. Finita così, senza dire nulla, senza neanche un messaggio, niente.

[ Dirupo ]

Passano i giorni e passa il dolore, la rabbia e tutto il resto. Ormai le salsine Heitz sono un lontano ricordo: adesso c’è una nuova fissa, il digestivo Brioschi. Lui sì che poteva far passare quell’acidità di stomaco causata proprio dalle salsine Heitz. Talmente in fissa che ora Neverbh voleva dire “Never Brioschi’s Hopeless”. Dio mio come è tutto più bello senza quelle merdose salsine Heitz.

Però… Però quel vuoto dentro rimane. E si fa sentire.

[ Calmo – Bye Bye ]

Neverbh sottolinea spesso nei suoi brani come le cose che capitano per caso alla fine si rivelano essere sempre quelle più belle, come gli capitò di rivedere di sfuggita i fagioli Heinz, con la salsina al pomodoro… Dio mio Heinz, quante facce hai? L’approccio timido sugli scaffali del supermercato diviene amore verace una volta a casa. Si è riaccesa la fiamma: fagioli sul forno a microonde, fagioli sul lavandino, fagioli sul tavolo, fagioli sul letto. E tutto questo solo per riassaporare una nuova salsina Heitz, che riempie la pancia e riempie il cuore. Da allora Neverbh tornò con il suo nome originale, Never Boycott Heinz, conscio del fatto che quell’amore sarebbe durato per sempre questa volta.

[ Ehy, Dimmi – Miracoli ]

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Elettronica Internazionale Pop

Quello che ho capito ascoltando il primo album di Lena A.

Ho ascoltato il primo disco di Lena A. e ne ho parlato, traccia dopo traccia, un po’ come viene a me.

Esce venerdì 7 maggio 2021 per Uma Records e in distribuzione Sony Music il primo album di Lena A. dal titolo Nuove Stanze. Un nuovo capitolo definitivo per la cantautrice napoletana che rinnova ancora una volta la sua collaborazione con il produttore Giovanni Carnazza. Benvenuti in un mondo elettronico e malinconico, dove rabbia e amore spesso sono la stessa cosa.

Sono nuove queste stanze, eppure sono sempre esistite. Soltanto che prima avevo gli occhi bendati e non le avevo mai viste: ora le ho davanti e finalmente posso scegliere io di che colore dipingerle. Sono stanze dalle pareti ancora bianche, metri quadri della mente, contenitori di emozioni. Sono le Nuove Stanze di cui scrive Montale; sono i luoghi fisici in cui ho vissuto in questi tre anni: Napoli, Roma, Zaragoza, Santiago; sono il percorso di prime volte che ho tracciato nero su bianco; sono il manifesto della mia salvezza. Dentro Nuove Stanze ci sono sette sguardi diversi, sette identità, sette storie: dal giudizio altrui che piega l’io e lo condanna ad una maschera sociale, alla libertà che dà senso ad ogni azione. Un disco incentrato sull’identità, sull’io e su quanto sia necessario imparare a conoscersi per vivere tra la folla senza disperdersi. Anni fa sembrava impossibile raccontare tematiche come la scelta, la sessualità, la rivalsa di essere donna, la socialità scandita dai media, ma oggi è la quotidianità in cui sono immersa: ho voluto scrivere e cantare cosa hanno visto i miei occhi in questi ultimi anni e mesi, costruendo intorno un universo musicale elettronico ma allo stesso tempo cantautoriale.

Italo Calvino su Il Barone Rampante parla di un giovane ragazzo di origine altolocata che un giorno si stanca della sua famiglia, della sua vita, del suo mondo e decide di passare il resto dei suoi giorni appeso agli alberi. Molti pensano che sia una storia inventata, ma in realtà quello che ha scritto Calvino corrisponde al vero in quanto tutto ciò è stato vissuto e trascritto da una ragazza di nome Alessandra, soprannominata Lena A., divenuta fedele compagna di viaggio di Cosimo, quel Barone Rampante, per un lungo tratto del suo vagare. Calvino non ha fatto nient’altro che ricopiare di pari passo parte dei trascritti di Lena A. e abbellirli aggiungendo personaggi e contesti.

[ Granada ]

Conosciuto sugli alberi di Olivabassa, Lena A. era tra gli esiliati spagnoli costretti a vivere sugli alberi incontrati dal Barone. Calvino sul libro l’ha chiamata Ursula evidenziando quanto lei e Cosimo fossero sincronizzati e innamorati per il semplice fatto che entrambi vivevano sugli alberi. Per motivi narrativi ha deciso di farla apparire per poche pagine, ma in realtà da quell’incontro loro due stettero insieme per molto tempo. Tutto quello che sappiamo su di loro è grazie anche a brevi poesie che lei scriveva per descrivere quello che lei provava.

[ Giugno ]

Una delle poesie più belle parla di quella spensieratezza che loro due hanno sviluppato in quel nomadismo di albero in albero. Non c’era giorno in cui i due si facessero forza, anche perché entrambi alla fine scelsero di stare lontano dalla loro famiglia per creare un mondo loro, una libertà diversa e più matura. Più stavano insieme e più quel rapporto si solidificava: era come se ci fosse una terza persona tra i due, un qualcosa nato dal loro amore, una sorta di personificazione che spiritualmente gli faceva compagnia giorno e notte.

[ Pineta ]

Non riuscirono a quantificare quel tempo insieme, ma in quella solitudine reciproca era prevedibile che a un certo punto arrivassero anche i primi litigi, che non erano nient’altro che il risultato di scelte non condivise: percorsi sbagliati tra i rami degli alberi per scelta o di uno o dell’altra, la disubbidienza nel mangiare un cibo che non doveva essere mangiato, la ribellione nei confronti della conoscenza scaturita dall’esperienza singolare di entrambi. I cosiddetti alti e bassi che ci sono in una coppia, solo che poi quegli alti e bassi viverli sopra a dei rami hanno un sapore tutto diverso, più intenso. L’infelicità in quel contesto può essere pericolosa, mina l’istinto di sopravvivenza.

[ Non Sono Roma ]

E infatti da quei litigi il rapporto non si riprese più. Troppo fu la voglia del Barone di tornare a vagare in solitaria e troppo fu il dolore di lei dopo aver compreso quella consapevolezza. Lena A. se ne stava rendendo conto, descrivendo quella personificazione del loro rapporto non più come un qualcosa di vivo e di solare ma come una sorta di cadavere che entrambi si stavano trascinando e che stava divenendo un peso. Un peso troppo pesante da sopportare. E fu così che le loro strade si divisero.

[ Ecco La Tua Femmina – Adesso Cera ]

Lena A. ritornò dai suoi familiari che erano finalmente riusciti a tornare in Spagna senza più il peso dell’esilio e Cosimo fece la stessa cosa, anche se purtroppo venne a conoscenza della morte del povero padre. Poco dopo l’accaduto, ebbe una nuova storia con una sua vecchia fiamma, Viola, ed è come se a quel punto Lena A. non fosse mai esistita. Lena A. lo venne a sapere anni dopo, con il cuore infranto, quando ormai lui non c’era più, mentre lei per tutto quel tempo non aveva fatto altro che aspettarlo osservando gli alberi.

[ Occhi verdi ]

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Indie Pop

Quello che ho capito ascoltando il nuovo album di Dimeglio

Si pensa che il termine “di bene in meglio” sia stato creato da un linguista lombardo dopo aver ascoltato l’album d’esordio di Di Meglio, “Il Mio Divano”. Infatti, la prima cosa che ha pensato è stata “non c’è meglio di Di Meglio” e da lì ha cercato una locuzione adatta per la sintassi italiana per poter esprimere questo mood. Una volta trovata la frase adatta, l’ha diffusa usandola in contesti casuali in momenti diversi: urlandola in un pub mentre si sgranchiva in maniera falsa la schiena dopo aver giocato a biliardo, in autostrada davanti al casello con una persona fisica riferendosi a quanto fosse bello scambiare due chiacchiere con qualcuno mentre dietro di lui si formava una fila chilometrica, ma anche in maniera sarcastica dopo aver pestato prima una cacca di cane lungo Corso Como di Milano e poi una cacca di umano verso Famagosta lo stesso giorno.

La vita può essere piene di sorprese, così come per quel linguista lombardo che dopo l’ultimo episodio gli andò sempre peggio: un tizio con il monopattino elettrico gli ha sfasciato un braccio che già si era rotto precedentemente mentre sfrecciava sul marciapiede e un quarto d’ora dopo una macchina gli è passata sopra un piede mentre stava per attraversare la strada; andando in ospedale con un taxi, sfrecciando per essere curato il prima possibile, ha tamponato una vecchietta in motorino e si è beccato pure un dolorosissimo colpo di frusta mentre tassista e vecchietta incolumi; una volta arrivato in ospedale tritatissimo ha dovuto aspettare 5 ore e 50 minuti in sala d’attesa al pronto soccorso. Nonostante tutto, usava comunque il termine “di bene in meglio” alla fine di ogni situazione, fino a quando il sarcasmo divenne disperazione.

Dopo le dovute analisi, durante una tac per accertare eventuali fratture ossee, gli è stato ritrovato un aggeggio di metallo lasciato sul suo avambraccio durante l’operazione subita anni prima per risistemargli l’arto che si era già fracassato. Mandato in urgenza in un’ala dell’ospedale per la rimozione, erroneamente gli hanno operato l’altro braccio spappolandogli dei muscoli fondamentali durante la ricerca dell’aggeggio. Riuscirono a toglierglielo successivamente, ma da quell’operazione rimase storpio. Nonostante tutto, usava comunque il termine “di bene in meglio” seppure la disperazione fosse ormai diventata arrendevolezza.

Zoppicante, sfasciato e più di là che di qua, il linguista tornò a casa qualche giorno dopo con la raccomandazione da parte del medico che lo ha seguito di riposare per almeno un mese. Così fece sul suo divano e ciò lo indusse a pensare a come la sua vita fosse cambiata radicalmente da quando iniziò a usare quel maledetto termine. Lo corresse e si disse che la locuzione più adatta da usare in quei contesti in realtà era “di male in peggio”.

In pieno delirio per la sua condizione di malato con poca possibilità di movimento, riascoltò l’album di Di Meglio ma stavolta all’incontrario e ci scovò in messaggio dell’artista rivolto proprio a lui in cui diceva di incontrarlo alle 7 di sera ad Abbiategrasso il giorno seguente. Era tutto programmato, lo sapeva che le sue sfortune non potevano essere casuali o dipendere semplicemente dalle parole “di bene in meglio”. E così fece, si presentò puntuale per vedere se poteva risolvere i suoi guai grazie a lui, ma Di Meglio quel giorno aveva di meglio da fare e non si presentò. “Di male in peggio”, venne da pensare al povero linguista, ma al solo pensiero di quelle parole si sentì un po’ meglio.

foto di Simone Pezzolati

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Pop

Piccoli Bigfoot mi ha portato in giro per Milano

Esce lunedì 21 giugno 2021 (in distribuzione Artist First) il primo EP di PICCOLI BIGFOOT dal titolo Tra Bergamo e il Far WestEcco il capitolo definitivo del cantautore senza volto che gioca con gli stereotipi in mescolando folk e punk e indaga sull’identità di chi, nell’ultimo complicato periodo, si è un po’ perso. 

Tra Bergamo ed il far West ci sono un sacco di maschere pirandelliane, di trappole della quotidianità, di desideri di scappare e di cambiare identità per ritrovare se stessi, in un mondo fatto di slogan, violenze verbali, frustrazioni e stress.

Per l’occasione, mi sono fatto portare in giro per Milano e mi sono fatto raccontare qualche cosa in più.

Partiamo con una presentazione di stampo classico: chi sei, da dove vieni, come descriveresti il tuo progetto artistico a chi ti scopre per la prima volta?

Ciao sono Piccoli Bigfoot, un cantautore mutante folk punk. Sono un personaggio mitologico, mezzo uomo e mezzo bigfoot, la mia identità è segreta, indosso una maschera e vengo dalla provincia di Bergamo. Il mio obiettivo è mangiare i palchi.

Parliamo un po’ del tuo background musicale: quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato e quali sono state le esperienze maggiormente rilevanti nel corso della tua formazione?

Le mie influenze principali sono il punk rock e i cantautori. Potrei azzardare iniziando con dirti: Rino Gaetano, TARM, The Clash, Zen Circus.. ma rischierei di andare avanti all’infinto.. Effettivamente ogni singolo ascolto potrebbe avermi influenzato, in qualche modo… Riguardo alle esperienze rilevanti, una volta ho fatto un concerto, in una bar sperduto in Val Brembana, davanti a due muratori che mi davano le spalle bevendo un amaro. Probabilmente non gliene fregava niente della musica ma io ce l’ho messa tutta lo stesso. L’altra quando ho aperto a Brescia i Tre Allegri Morti in una Latteria Molloy SOLD OUT.

Sono state entrambe esperienze incredibili in cui ho imparato tantissimo.

Come dovrebbe essere secondo te un live perfetto?

Quando persone sconosciute cantano le mie canzoni durante un concerto.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro della scena musicale in Italia?

La scena musicale è molto florea. Ci sono un sacco di band di tutti i tipi che meritano e che mettono passione, voglia e condivisione. Parlo della scena che non sta sotto i riflettori, quella scena musicale tutta da scoprire, che ti devi andare a prendere, perché non arriverà mai lei da te. Che è la scena che conosco meglio, in fin dei conti. Poi c’è la scena più mainstream che tende ad essere, più o meno, tutta uguale, con canzoni romantiche tendete al noioso. Ma non ne so molto, ci sarà sicuramente chi si salva. Poi son gusti ovviamente…

Come è nata l’ispirazione per Tra Bergamo ed Il Far West e qual è la situazione ideale per ascoltare questo tuo disco?

“Tra Bergamo ed il Far West” è arrivato strada facendo. Sicuramente è stato influenzato dalla pandemia. Infatti ho aggiunto “La più bella che c’è” una sorta di fotografia della lotta al covid, nata durante la prima distruttiva ondata, che c’è stata a Bergamo. La situazione ideale per ascoltare questo disco è indubbiamente… adesso! Su dai ascoltalo!!! SUBITO!! 😉 😉 😉

Qual è il tuo rapporto con la città?

Vivo in provincia di Bergamo, la città per me è un momento di svago. Ci vado ogni tanto per passare le serate nei miei posti preferiti, per una birretta e un concerto. Grazie mille ragassssss, Ascoltatemi su tutti dispositivi di mondo umano!

Le foto sono di Simone Pezzolati, @lab.731

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Indie Pop

Le 4 cose preferite di Sara Loreni

Il 25 giugno esce EROTICAMENTE, il nuovo singolo di SARA LORENI pubblicato da Uma Records.
Dopo Le buone notizie, singolo uscito nel 2020, la performer, producer e cantautrice – da molti ricordata come la ragazza con la loop station e la erre rutilante tipica della sua città, Parma – torna con un nuovo brano. Un inno alle donne, un invito a credere di più in sé stesse e ad andare oltre i pregiudizi, dandosi valore e smettendo di inciampare nei giudizi degli altri. Questo è il significato del singolo di SARA LORENI, libera, spregiudicata e seducente come le notti estive.
 
In EROTICAMENTE un’elettronica allo stesso tempo audace ed elegante racconta di sessualità e solitudine vissute da un punto di vista femminile, svincolato da cliché ed etichette, lasciando l’ascoltatore in sospeso proprio sul più bello: “ma dopo un orgasmo è tutto più…”

Ecco quali sono le sue cinque cose preferite.


Universo Franco Battiato
Non è una cosa, non è solo un artista, non è solo un essere umano. Franco Battiato è un universo. L’ho amato incondizionatamente dai 3 anni in avanti, quando ho ascoltato per la prima volta “Cuccurucucù”. Questo amore è cresciuto ad ogni frammento di comprensione e fascinazione che ho potuto aggiungere studiandolo e ascoltandolo. L’ho conosciuto durante le prove con l’Orchestra Toscanini e Anohni, ricordo la sua grazia, la bonarietà delle pacche sulle spalle ai musicisti, ma senza troppa indulgenza, mentre chiedeva “Scusate, chi è che sta suonando il mibemolle?”.


Cavalli
Amo tutti gli animali, sono una super fan del regno animale in ogni sua declinazione, tuttavia ho un amore speciale per i cavalli. Forse perché ho cavalcato a livello agonistico dai 9 ai 18 anni e questo mi ha permesso di creare un contatto privilegiato con questi esseri leggiadri. Nel disco che uscirà in autunno c’è un tributo a Millo, un cavallo davvero speciale che mi ha permesso di
diventare campionessa juniores e che mi ha insegnato cos’è la lealtà. E tante altre cose. Andare a correre al mare la mattina presto e poi fare il bagno. Da quando è arrivata la scodinzolante Gina nella mia vita, il mio bioritmo è molto cambiato: da
essere notturno che ero mi sono ritrovata a dormire nella stessa fascia oraria di quando facevo le elementari. E devo ammettere che non mi dispiace affatto. Ho scoperto anche che mi piace correre la mattina molto presto, soprattutto al mare e, quando ancora non c’è nessuno in spiaggia, fare il bagno. Mi piace tantissimo.


Cucinare vegetale per gli altri
Lavorando con una materia impalpabile come la musica talvolta sento il bisogno di concretezza e matericità, forse è per questo che adoro cucinare. Soprattutto per gli altri, perchè se condividi il pasto con le persone a cui vuoi bene è tutto più buono e saporito. Cucinare con prodotti vegetali mi rilassa molto e mi porta a sperimentare in un campo dove il gusto e la vista diventano
protagonisti, inoltre è un’attività che risponde bene a quell’ancestrale bisogno di “pastrocchiare”.


“Io e Annie” di Woody Allen
Non so quante volte l’ho guardato. È il film che guardo quando sono triste. E riesce sempre a farmi ridere.

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Indie Pop

Francesco Danny Martines ci consiglia 5 film per il weekend

Esce venerdì 4 giugno 2021 il singolo di debutto del cantautore Francesco Danny Martines dal titolo Made in America, fuori per Supersugo Dischi. Entrate in questo nuovo mondo di un pop oscuro e cinico, per tutti quelli che hanno vissuto almeno una volta un amore di provincia, per chi è stato solo per tanto tempo, e per chi si mette a confronto (perdendo, ovviamente) con Robert De Niro.

E a proposito di cinema, ecco i 5 film che non dovreste perdervi secondo lui.

Her

Una delle storie d’amore più belle e attuali (complimentoni al genio Spike Jones) che io abbia mai visto in un film , con un Phoenix fantastico che interpreta alla grande il personaggio di Theodore Twombly, al quale penso di assomigliare un bel po’ per attitudine e comportamenti. Mi chiudo spesso dentro di me e sono una persona abbastanza introspettiva oltre che emotiva. Come lui poi, amo scrivere lettere alle persone a cui voglio bene, non mi frega se oggi è demodé. È una cosa che mi piace fare

Il postino

Beh… C’è Massimo Troisi, un puro per eccellenza, ed io amo la gente pura. Ho scelto questo film perché, tra le cose che più mi colpiscono (a parte il candido amore di Mario verso Beatrice) c’è il fatto che Mario passa un sacco di tempo a parlare di poesia con il poeta Neruda. E sapete una cosa? Io cerco questa gente nei bar di provincia ma non la trovo mai. Solitamente si parla soltanto delle vite degli altri, di calcio, culi, tette, soldi, lavoro, etc etc. Nessuno parla di poesia e se devo essere onesto, questa cosa mi rattrista un po’.

The Truman Show

Adoro Jim Carrey e il suo modo di interpretare Truman Burbank. È uno dei miei film preferiti. film che mi ha formato sia in maniera positiva che leggermente negativa… Positiva perché anche qui, mi piace questo personaggio così amabile e gentile verso tutti, e negativa perché a volte ho paura di vivere in un Truman show tutto mio (sarò forse paranoico?😱😆)

La mia vita con John F. Donovan

Illuminante questo film. Tempo fa mi chiedevo quale potesse essere il confine tra la persona e l’artista. Questo film di Xavier Dolan cerca di raccontare in una maniera molto intima e profonda la questione… Consiglio alla grande!

Il grande Lebowski

Non mi stanco mai di rivederlo. Cult pazzesco. Lebowski è un altro di quei personaggi a cui mi ispiro un po’ nella vita di tutti i giorni (anche se so che non c’è poi tanto da esserne orgogliosi in fondo 😆)

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Indie Pop

“è stato bello” chiacchierare con DANU

Non è semplice fare il musicista nel 2021; un sacco di “imprevisti” (di natura socio-culturale, prima ancora che pandemici: basta con questo “alibi” degli effetti del COVID-19 sul settore dello spettacolo, che è in crisi da ben più tempo che due soli anni!) hanno tagliato le gambe prima agli spazi, poi alla creatività: non si può continuare a rastrellare il fondo di un barile che sta esaurendo le sue possibilità rigenerative, ed “uscire a guardare le stelle” ora sembra essere più che mai necessario per ritrovare ispirazioni, stimoli e fiducia. Tutte parole che no, non fanno rima con “pandemia”.

Di certo, tuttavia, in estate non ci si aspetta di imbattersi in un brano che abbia il retrogusto giusto per non stuccare con i soliti “ritornelli” forzati da rime baciate sole/cuore/amore, labbra rosso cocacola et similaria: insomma, non ti aspetti – il 3 agosto – un brano come “è stato bello”, che nonostante il mood estivo non fa sudare brividi freddi anzi, rinfresca con semplicità e con naturalezza senza alcuna forzatura. Il brano si muove su sonorità da Gen Z richiamando un po’ ad Ariete, un po’ a Frah Quintale; rispetto ai precedenti tre singoli di DANU, l’arrangiamento pare più votato ad un minimal che, di questi tempi, aiuta a riportare al centro le parole, che sono calibrate, ben scelte e giuste: una poetica semplice, che aiuta a rimetterci in contatto con l’idea che una bella canzone abbia bisogno di cose vere, e non di voli pindarici arditi o di iperboli pretenziose.

DANU racconta la sua vita in tre minuti di brano che disegnano l’accettazione di una fine che sa svuotarsi di ogni rancore e di ogni rimorso: nel giro di vite che l’esistenza ci regala, non abbiamo tempo per continuare a camminare sui “pezzi di vetro” (De Gregori docet), e a volte le ferite hanno bisogno di non essere più considerate tali per lasciarsi rimarginare; insomma, DANU ci mette il cuore – che va sempre più di moda come “argomento” nelle canzoni, sempre meno di moda nello “scriverle” – e il risultato è un brano elegante, che si farà gustare anche alla fine di quest’estate pandemica.

Ad accorgersene, è stato anche Mister Spotify che, all’uscita del pezzo, l’ha inserito subito in Generazione Z, Scuola Indie e New Music Friday: un buon segnale, questo, anche per il futuro. Anche per noi di Perindiepoi, che con i gusti del colosso svedese spesso ci troviamo in aperto disaccordo.

Detto ciò, lasciamo la parola a lui: buona lettura!

Benvenuto ai nostri microfoni digitali, DANU! “È stato bello” scoprirti con il tuo nuovo singolo, “è stato bello”: ti va di raccontarci un po’ chi sei, e come sei arrivato, ad inizio agosto, a pubblicare il tuo quarto brano?

Ciao! Mi chiamo Daniele, ho 26 anni e vivo a Castelfiorentino, in provincia di Firenze

Ho iniziato a scrivere canzoni circa tre anni fa, un po’ per caso, non è mai stato nei miei pensieri. Mi sono ritrovato a passare un momento buio e ho iniziato a scrivere canzoni come sfogo,  poi ho visto che mi piaceva farlo e che mi dava soddisfazione, così ho iniziato a prenderla sul serio e mi trovo adesso ad aver fatto uscire il quarto singolo. 

Devo ammettere che è un po’ da pazzi far uscire un singolo il 3 di Agosto, l’estate è già satura di pezzi e statisticamente il brano renderà meno, ma ho deciso di non far caso ai numeri e dare retta al cuore, era importante per me far uscire il brano in questa data precisa e l’ho fatto. 

“È stato bello” ha un titolo che, in qualche modo, raccoglie l’intero senso del brano. Sembra che questa canzone sia dedicata sì ad un grande amore, ma che in qualche modo serva quasi più a te per “restituire” ad un ricordo importante la sua giusta dimensione di realtà. Insomma, quanto c’è di terapeutico nella tua scrittura?

Sì, esatto. “è stato bello“ l’ho scritta sia per lei che per me, questa canzone è un po’ la cura che ho dato a quell’amore, che tante volte ho messo in dubbio e ho rischiato di odiare. Scrivere questo pezzo mi ha fatto capire che non posso odiare ciò che mi ha fatto stare così bene per tanto tempo. Le mie canzoni sono nate come terapia, e sicuramente continueranno ad esserlo. Poi ovviamente ci saranno anche altri stimoli che mi porteranno a scrivere canzoni per scopi diversi.

Che cosa vuol dire, per te, fare musica nel 2021? Hai esordito in piena pandemia, la domanda ovviamente non può tenere conto del momento drammatico che stiamo vivendo, e che negli ultimi anni ha messo in crisi l’intero settore di cui fai parte.

Vuol dire fare uscire musica in un periodo  molto saturo, ormai tutti possono fare una canzone e tutti posso caricarla su Spotify, questo ha lati positivi perché realizzare un brano è molto meno costoso rispetto a prima, ma allo stesso tempo, se sei un emergente indipendente devi investire tanto per riuscire a farti notare. Escono migliaia di canzoni tutti i giorni, i brani sono sempre più usa e getta, hanno durata brevissima, questo, collegato anche al difficile periodo attuale fa essere il lavoro del cantautore sempre una continua incognita.

Domanda a doppio taglio, di quelle che rompono gli equilibri; “Playlist Spotify”: trampolini di lancio o strumenti di “direzionamento” del mercato – e quindi, dell’ascoltatore?

Può essere una risposta scontata, ma secondo me siamo nel mezzo;  è vero che certe volte capita che grazie all’inserimento in playlist venga scoperto un artista sconosciuto, però credo che le playlist siano selezionate dal gusto di troppe poche persone, quindi magari non sempre chi merita effettivamente di più ottiene la visibilità della playlist. C’è tantissima bella musica che passa in sordina, e non lo trovo giusto perché gli utenti finiranno per ascoltare quasi sempre gli stessi artisti. Devo dire che però ultimamente forse sta cambiano qualcosa in positivo.

Dacci i nomi di tre artisti (rigorosamente emergenti!) che dobbiamo assolutamente scoprire.

Still Charles, Roberto Jolle e Giuse The Lizia

Ciao! “è stato bello“ rispondere a questa intervista!