Dopo la pubblicazione dei singoli Stomachion e A fondo, la cantautrice bresciana (ma trapiantata a Milano) si svela in una nuova e intima live session, più disturbante e sincera che mai, e ci regala anche l’inedito Cosa è cambiato?. QuiCranìa (con lei sul palco Sidi e Vito Gatto), fragile come le lampadine che la sovrastano, ci porta direttamente nel più freddo degli inverni e si conferma essere una delle voci più interessanti della scena underground che seguono quest’estate atipica.
Cranìa nasce in Val Camonica, tra le montagne della provincia di Brescia, e si trasferisce nell’hinterland milanese, dopo la laurea in musicologia del 2017. In seguito all’esperienza ad “Attico Monina” a Sanremo, ad ottobre 2020 esce il primo singolo, Stomachion, apripista di un progetto cantautorale dark a tinte alternative, ambient ed elettroniche. È reduce delle audizioni live di Musicultura 2021, dove ha presentato altri inediti.
Ecco cosa ci ha raccontato!
Perché questa nuova live session che hai realizzato con Sidi e Vito Gatto è il modo migliore per conoscerti?
ASC, il nome della live, mostra la mia dimensione più intima perché mette in gioco non solo l’udito, ma anche la vista. È, quindi, un’esperienza sensoriale più completa: una chiave per entrare nel mio mondo.
Che importanza ha per te la musica live per un progetto musicale?
Penso che i concerti siano la parte più nuda e senza filtri di un progetto musicale. Qui mi mostro nel modo più libero possibile, grazie anche alla presenza di Sidi e Vito, che non sono semplici musicisti, ma ne sono parte integrante.
In che modo questa live session è un nuovo inizio per te?
Rispetto a “Stomachion” ed “A fondo”, così come lì ascoltate, ASC è uno step avanzato di sperimentazione: dodici minuti circa di tre brani suonati in un unico respiro, con code ed intro che si mescolano le une con le altre. La versione di “Cosa è cambiato?”, brano presentato alle audizioni live di Musicultura 2021, è un inedito. Un regalo 🙂
Com’è stata la tua estate? Quali sono i luoghi che ti hanno fatto compagnia in questo periodo?
È stata un’estate di lavoro, di presa coscienza ulteriore di me stessa e della mia direzione. Ho viaggiato tra le montagne della mia Val Camonica, Milano ed il mare dell’Abruzzo. Con un po’ di sadness, mi auguro di raccogliere il tutto per affrontare al meglio ciò che arriverà.
Un piccolo sogno? Avere di fronte a sè una band, una di quelle che ci hanno accompagnato durante i nostri viaggi in autubus e passeggiate verso l’ennesima lezione che non avremmo seguito, una band che privatamente e a comando ci può deliziare con un brano suonato solo per noi. Lo hanno fatto i Diletta la scorsa domenica 19 settembre durante L’Isola che non c’è @ Villa Guardia (CO), qui infatti la band lombarda si è esibita sul palco come una qualsiasi band di provincia, e poi sono stati anche una sorta di lettore mp3 vivente: un banchetto, delle sedie e delle cuffie, una band a tua completa disposizione per un concerto privato solo per te, che lì davanti puoi indagare, incrociare sguardi e, ovviamente, fare richieste. Un ottimo e intimo modo di prepararci all’uscita del loro album di debutto dal titolo Sacro Disordine, in uscita proprio oggi. Finalmente è completamente svelato il mondo del duo lombardo, tra cantautorato ed indie pop: un disordine inevitabile e sacrosanto che è comune a tutti.
Speriamo per noi (ma non tanto per loro) che altre band copino quest’idea, perchè noi musicofili non vediamo l’ora di mettere da parte i soldi per poterci dedicare i brani delle nostre band underground preferite.
I Diletta sono un duo nato nel 2019 da un’idea di Jonathan Tupputi, voce e chitarra, e Andrea Rossini, tastiere e arrangiamenti. Da un primo approccio rock i due amici approdano a un sound più intimo e sperimentale avvalendosi prima della collaborazione di Desirée Bargna ai cori e al violoncello e successivamente di Simone Bernasconi al basso. La loro idea musicale trova compimento nel primo EP “Sacro Disordine” grazie al produttore Luca Urbani (ex Soerba, con all’attivo collaborazioni illustri fra cui Bluvertigo, Alice, Garbo e tanti altri), che dona ai Diletta quel tocco elettro-pop che stavano cercando. “Sacro disordine” concretizza il primo anno di attività passato tra prove e live nei locali del comasco, con 6 canzoni inedite, rigorosamente in italiano, a metà tra l’indie-pop elettronico e il cantautorato più intimo. La band, sostenuta da una campagna crowdfunding lanciata sulla piattaforma Ulule, ha ultimato i lavori nell’autunno del 2020 e ha pubblicato di recente i primi due singoli “Capita” e “Povera città” disponibili su tutte le principali piattaforme musicali.
I DILETTA SONO:
Jonathan Tupputi, aka Jonnyboy, chitarra e voce riccioluta.
Suona per diletto da quando alle medie lo zio lo avvicinò alla chitarra, a De Andrè, Bennato e Pink Floyd. Ama la pizza e i film d’animazione. Nella vita seria è educatore in una comunità per minori.
Andrea Rossini, aka Il Maestro, tastiere e percussioni.
In adolescenza batterista, scopre in seguito la magia di creare suoni con synth e supporti hi.tech. Abile compositore di paesaggi sonori e di hummus di ceci memorabili. Di professione videomaker.
Darte torna con il nuovo brano “belli come prima” scritto e prodotto con Mameli, dopo i buoni riscontri del singolo “Calzini” e l’esperienza del Deejay one Stage di Radio DEEJAY.
Il brano inserito nelle playlist editoriali di Spotify e Apple Music, parla di un amore e di un’estate che fa un po’ da terzo incomodo tra due che si ritroveranno a settembre con nuove consapevolezze. Marco Ravelli (Pinguini Tattici Nucleari, Iside) ne ha curato mix e master.
Darte ci racconta qualche curiosità in questo video:
Darte (Carmelo Irto) cantautore di origini calabresi classe ’96. E’ al CET di Mogol che matura consapevolezze musicali e scopre il cantautorato italiano come fonte di ispirazione. Vive a Milano da tre anni: “Quella di venire a vivere in questa città è stata una scelta che rifarei altre mille volte”. Ed è proprio la città meneghina ad essere al centro della sua scrittura “Mi piace riportare aneddoti di vita quotidiana, quello che vedono i miei occhi e sentono le mie orecchie a volte, un po’ per caso, le ritrovo tra i testi delle mie canzoni”. Arriva nel 2019 il suo primo singolo “La NASA” seguito dai brani “Ti Va” e “Calzini” inserita nelle playlist editoriali di spotify “New music friday italia” e “Scuola Indie“. Partecipa al Deejay On the Stage di Radio Deejay in apertura di Mahmood, Noemi e Carl Brave a Riccione.
DOPO SATURNO, TRA L’ABISSO E IL COLLASSO: UN EP, UN VIAGGIO NOTTURNO TRA LE CONTRADDIZIONI DEL NOSTRO VIVERE
Dopo il loro debutto dal vivo in apertura a Scarda, i Dopo Saturno pubblicano l’EP d’esordio dal titolo Tra l’abisso e il collasso, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Cinque canzoni dalle atmosfere minimali con al centro le contraddizioni della società contemporanea. Synth e chitarra acustica dominano gli arrangiamenti volutamente spogli per dare risalto a testi densi di significato e di spunti di riflessione. Un progetto che si inserisce perfettamente nel panorama indipendente e cantautorale odierno senza ammiccare a sonorità in voga nelle radio ma che punta sull’autenticità della proposta, su un’identità artistica già molto delineata e su un obiettivo preciso: rivendicare l’importanza di un’estetica notturna, vagamente esistenziale all’interno dell’indie italiano.
La Band ha risposto alle nostre domande in questa intervista.
– Ciao ragazzi, il vostro è un progetto davvero interessante. Da cosa deriva la scelta di un sound così minimale? Il sound è stata una naturale conseguenza dovuta alla nostra formazione, in due gli strumenti sono pochi ma questo ci consente di far risaltare i testi che per noi sono essenziali. Quello che volevamo assolutamente evitare era seguire il sound del momento, le tastiere anni ’80 e i suoni “catchy”, avrebbero stonato con il messaggio dei testi.
– L’idea dei Dopo Saturno è nata grazie alla web serie Khabum, nel disco c’è una canzone nata da questo esperimento? “Crollare”, il quarto pezzo dell’ep, inizialmente era solo una parola scritta su un bigliettino. Per approcciarci alla scrittura in italiano siamo passati attraverso questo “gioco”, la sfida di scrivere canzoni partendo da un titolo scelto un po’ dal caso, un po’ dal nostro subconscio. Col tempo ci siamo staccati da questo metodo ma è stato un punto di partenza fondamentale.
– Quali sono i temi principali del vostro Ep?Il temaricorrente è la critica, una critica sia verso se stessi (“Un lato poetico”, “Crollare”, “Dietro nuove trincee”) che verso la società (“Sea of Tranquility”, “Tra l’America e il Messico”). Mettersi in discussione sia come individui che come parti di un insieme più grande è importantissimo, soprattutto oggi che siamo chiamati a combattere tante sfide: ansie, cambiamenti climatici, depressione, consumismo, perbenismo di facciata. Ci siamo dentro tutti ed è giusto porsi dei quesiti in merito.
– L’idea del videoclip di Sea of Tranquillity Il video parte da un concetto molto semplice, mostrare i danni di un consumismo sfrenato. Da una parte troviamo Marco circondato da pacchi regalo colorati, dall’altra Riccardo che viene sepolto dalla spazzatura. Sono due facce della stessa medaglia: le cose inutili delle quali ci circondiamo sono le stesse che buttiamo via e che finiscono per inquinare il pianeta nel quale viviamo. Ovviamente è il tema principale della canzone, in cui immaginiamo un futuro distopico nel quale l’umanità continua a ripetere su un altro pianeta gli errori che hanno portato alla fine della Terra.
– Quali sono le nuove trincee al giorno d’oggi? Le nuove trincee sono luoghi apparentemente sicuri ma che finiscono per inchiodarti lì. Ognuno ha le sue trincee, ma in ogni caso sono vicoli ciechi che portano a chiudersi in sé stessi e a perdere il contatto con la realtà. Meglio uscire allo scoperto, magari ci si prende qualche pallottola ma il dolore ci ricorda sempre che siamo vivi.
– Quali sono i rimedi per salvarsi dall’abisso e dal collasso? La noia è il rimedio più comune. Spesso ci rinchiudiamo dentro a una routine che ci permette di mettere il pilota automatico e andare avanti senza pensare troppo. Altri rimedi sono l’arte, per qualcuno è lo sport, per altri è il cibo oppure il sesso. Tutto ciò che sospende la percezione di sé aiuta a non guardare dell’abisso e e non collassare nelle proprie paure.
– Nel disco ci sono tanti riferimenti a diverse parti del mondo, siete dei viaggiatori e qual è stato il viaggio che vi ha segnato maggiormente? Marco: per me il viaggio che più mi ha segnato è stato quello in Thailandia. Vedi una cultura totalmente diversa dalla tua, ho parlato con persone provenienti da ogni angolo del mondo. Mi sono ritrovato in un luogo fuori dall’ordinario all’interno di un viaggio in cui non avevo tappe prefissate, è stata una bella avventura. Riccardo: il mio viaggio più bello è stato in Marocco e anche io sono stato colpito da una cultura profondamente diversa. Profumi, usanze, ideologie: per la prima volta mi sono sentito un viaggiatore più che un turista.
I Dopo Saturno sono Riccardo Betti e Marco Lompi, un duo alternative-pop chitarra, voce e synth di Borgo San Lorenzo, in provincia di Firenze. Nati nella calda estate del 2018 in un fresco seminterrato nascosto tra le colline toscane. Dopo una prima esperienza con la band My Light Bones, durata sette anni con 3 ep e un significativo numero di live soprattutto a livello regionale, la molla che ha fatto scattare di nuovo la scintilla è stata la visione della web series Kahbum e la sfida di replicare l’esperimento di mettere in musica un flusso di coscienza sulla base di titoli sorteggiati. Tra l’abisso e il collasso è il loro EP d’esordio ed è stato anticipato dai singoli Un lato poetico e Sea of Tranquility, rilasciati durante l’estate.
“Lambrooklyn” è il nuovo singolo di Mico Argirò, e da poco ha pubblicato anche il nuovo video. Noi affascinati dalla sua musica e dal nuovo contenuto, non potevamo far altro che intervistarlo subito. Non perdetevi il nostro incontro, buona lettura!
Ciao Mico, benvenuto! Complimenti per la tua ultima canzone, “Lambrooklyn”, sei soddisfatto?
Abbastanza. Tanto a livello di diffusione e consensi e questa cosa mi onora, ma forse avrei desiderato più contatto umano, più confronto sui contenuti, più profondità. Oggi invece si galleggia sulla superficie, mi fa piacere che il pezzo stia surfando, ma preferirei immersioni nei fondali.
Quando hai scritto la canzone?
Tra ottobre e novembre del 2020, periodo di zone rosse nel quale evadevo il coprifuoco per il solo desiderio di farlo.
Quale credi sia la novità che porti nel panorama musicale?
Questa è una domanda complessa. Io credo che ultimamente nella mia musica ci siano tanti elementi di novità: la fusione tra musica acustica ed elettronica nella cornice della musica d’autore, tematiche molto contemporanee, ma non per forza di moda e nel pensiero dominante, un approccio minimale che mischia tante influenze, il fatto stesso che analizzi tutto ciò che mi capita o che vedo attraverso il filtro unico dei miei occhi e della mia sensibilità. Non sono cose nuovissime, non ho inventato delle ali per volare alla Leonardo, ma ho uno stile personale nel rapportarmi alla musica e al mondo, credo sia difficile trovare qualcosa di uguale a me su Spotify.
Non dico migliore, ma uguale.
Quando hai iniziato a fare musica?
Ho iniziato molto presto, da ragazzino, con la chitarra nella mia cameretta, da lì alle prime canzoni il passo è stato breve e da quelle ad oggi è stato insieme un’eternità e un battito di ciglia.
Dove ti immagini suonare i tuoi pezzi live?
Sto suonando spesso dal vivo, per fortuna, e lo sto facendo nei contesti più disparati e diversi: dai palchi grandi con lo spettacolo elettronico (insieme a Biagio Francia) fino ai localini, dalle situazioni in acustico alle presentazioni fino agli house concert. Non credo di avere un luogo ideale per suonare, non mi interessa tanto il luogo, quanto l’incontro con le persone, il collegamento attraverso il microfono della mia anima a quella di ogni singola persona sotto il palco.
Fuori Roma Milano è il nuovo brano di Mattia Fortebuono, un singolo malinconico che racconta cosa ha lasciato quel treno e quella pazza storia d’amore.
“Ogni giorno circolano più di 380 treni in Italia ma quel regionale Roma Milano era speciale, non era un semplice viaggio da una città all’altra. In quella tratta è nato l’amore, si è evoluto, è scoppiato, ha fatto scintille e poi si è sgretolato lasciando soltanto rumore, lo stesso rumore di un treno che corre, ti passa accanto e se ne va in un attimo”.
Il brano scritto da Mattia Fortebuono e prodotto da Antonio Condello si immerge nel contesto musicale indie pop proponendo un sound fresco e diretto.
Mattia ci ha raccontato quale curiosità in questa intervista:
Mattia Fortebuono, classe 1999, è un cantautore di Reggio Calabria. Il primo incontro con la musica è stato a 8 anni iniziando lo studio del pianoforte e successivamente della chitarra. Da qualche anno, spinto dal bisogno di raccontarsi, intraprende lo studio del canto presso l’AMCM del Maestro Franco Dattola e parallelamente si avvicina alla scrittura affiancato dal Maestro Antonio Condello.
Dopo la recente esperienza a Deejay On Stage, Giovanni Casadei in arte sonogiove pubblica oggi venerdì 1 ottobre per Formica Dischi il primo singolo del suo nuovo progetto musicale dal titolo Aquilone. Un pezzo indie-pop dalle sfumature lo-fi che vede la produzione di Alberto Melloni e che ci parla dell’immortale concetto d’amore.
sonogiove è Giovanni Casadei, classe ’95, di Rimini. Il progetto è nato nell’effettivo nel 2020. Giovanni ha già un progetto sotto un altro nome, all’attivo da anni che lo ha portato ad avere il proprio piccolo bagaglio di esperienza. Da un anno si cimenta invece in questo progetto totalmente in italiano, basato sull’uso della chitarra classica arpeggiata, mischiando indie, pop, e lo-fi. È seguito dal produttore di Riccione Alberto Melloni. A ottobre 2021 esce col suo primo singolo con Formica Dischi. Recentemente ha partecipato a Deejay On Stage (Radio Deejay), essendo uno dei 40 artisti selezionati che si è esibito a Riccione. sonogiove ha l’esigenza di parlare con le sue canzoni, di comunicare cio che pensa e che vive, in chiave pop agrodolce. Aquilone è il suo primo singolo e parla del concetto di amore presente in ogni persona, e anche se si prova a schivarlo o a sorpassarlo, una forza gravitazionale tira la persona verso questo concetto.
Il Cesena Calcio e la passione che ho da quando sono piccolo, poiché di metà famiglia cesenate, giocare a calcio anche con gli amici mi piace molto.
La mia sala prove in campagna costruita con gli amici nel 2016, luogo di tanti periodi, persone e abitudini diverse della mia vita. In questo posto ho scritto e registrato diverse cose.
La chitarra classica nera che ho a casa, distrutta, rotta in due pezzi più volte e poi ricucita, avrà 40 anni.
Il kebab a fine serata, ho anche scritto una canzone sul Kebab!
Il mare d’estate, quelle giornate da cazzeggio con amici al mare, dove non pensi a niente.
Di Marco Scaramuzza avevamo già avuto modo di parlare qualche tempo fa, quando aveva consegnato all’etere il suo secondo singolo “Rosa” a poche settimane di distanza dall’esordio con “Cuore di plastica”.
Già allora, ci era sembrato di aver davanti un ragazzo speciale, e se vogliamo diverso da quelli che siamo abituati ad incontrare sui rotocalchi dell’indie nazionale; Marco, in effetti, ha qualcosa di estremamente vintage non solo nella musica che propone (che si ancora saldamente ad una certa tradizione autorale che, come tutte le cose belle, è destinata a non passare mai di moda), ma sopratutto nell’approccio al modo di fare musica.
Sì, perché nell’era della perfezione geometrica di sezioni auree testo-musicali ad appannaggio dei dosaggi giusti di esperti ragionieri discografici, nel secolo avaro delle riproposizioni seriali di altrettante riproposizioni seriali, nel marasma di anonimato che ad ogni venerdì di uscite rinnova la sua (poco) eletta schiera di nuovi volontari all’oblio, Marco si erge con la serenità del totem su tutto un panorama di illusi e disillusi della musica e della discografia facendo quello che gli riesce meglio: essere sé stesso, nudo e crudo (a tratti, anche fin troppo crudo!), e facendosi alfiere di un popolo invisibile (ma presente) che lotta silenziosamente per proporre un’alternativa a tutto questo rumore.
“Gli Invisibili” è un disco che fa pensare, e questo è forse il suo più grande merito. Non è un lavoro impeccabile, sia chiaro: certe cose, e Marco forse lo sa, potevano essere curate meglio in fase di produzione, ma è innegabile che il sentimento di forte urgenza e necessità che il lavoro comunica sin da primo ascolto convince l’ascoltatore ad affezionarsi a tanta convincente imperfezione.
Volete una prova? Ascoltatevi “Libero”, e arrivati al ritornello capirete che per Marco di regole non ne esistono. Se poi avete voglia di farvi mandare in tilt il cervello, la parabola de “L’orto” è quella che fa per voi: più vite raccontate ed intrecciate come matrioske nel giro di valzer di un brano denso, ammaliante e avvolgente.
Insomma, non lasciate che Scaramuzza resti invisibile. Per noi, non lo è già da un po’.
Esce venerdì 24 settembre 2021 SCOPRIRE, il primo disco degli AMORE PSICHE, un nuovo capitolo del progetto nato a Milano nel 2018 come canale espressivo per la dolcezza e la nonviolenza. Scoprire ci svela finalmente il mondo degli Amore Psiche, già anticipato dalla title-track, il secondo singolo Dolce Illusione e il più recente Mostrati Fiera. Questo disco è un invito a lasciarsi andare, a conoscersi di più, ad accogliere anche le sorprese, a scoprirsi, e a scoprire gli Amore Psiche.
La voce di una cyborg immaginaria accoglie nel primo brano dell’album e accompagna chi ascolta in atmosfere folk- rock attraverso incertezze e strade difficoltose, verso un orizzonte da scoprire, come il titolo. Ogni brano avvolge come un sentimento caldo e porta alla poesia delle piccole cose, alla riflessione che guida verso se stessi e il mondo in continuo mutamento, da assaporare con ritmo lento.
Abbiamo portato anche loro al cimitero Monumentale di Milano, per far loro qualche domanda.
Come state vivendo Milano in questo periodo di rinascita? Da quanto tempo non venivate al Cimitero Monumentale di Milano?
La rinascita non é completa per noi se non ci saranno azioni concrete da parte dei governi per scongiurare possibili future pandemie connesse a allevamenti intensivi, distruzione della biodiversitá, inquinamento e via dicendo. Come singoli cerchiamo di ridurre la nostra impronta ecologica, i nostri consumi. Per esempio facendo un giro in bicicletta al cimitero monumentale, come in effetti ha fatto Daniela per accompagnare un amico proprio dopo i lockdown. É un luogo che trasmette grandiositá e pace coi suoi monumenti mistici, e come in tutti i cimiteri si respira l’immensitá.
Quanto il vostro album Scoprire può essere collegato proprio a questo nuovo periodo in cui tutto sembra ricominciare?
L’album vorrebbe portare a riflettere su quanto giá prima era piuttosto ingiusto e poco attento alla natura, ci sono forze che spingono al miglioramento e forze che bloccano sia a livello personale che sociale, é la dialettica del mondo, il disco cerca di mettersi dalla parte del miglioramento, della soluzione e non del problema.
Avete voglia di raccontarci la storia della vostra band? Tutto è iniziato in pandemia, no? Che ne è del progetto musicale precedente da cui è tutto partito?
In veritá durante la pandemia abbiamo registrato, tra un lock down e l’altro, era giá tutto pronto. Il progetto precedente é stato un passaggio necessario a cui siamo molto grati, poi abbiamo scelto di entrare piú profondamente nel nostro stato a prescindere da quanto fossimo alla moda e é nato il disco.
Siete attenti alla nuova scena musicale? Cosa pensate di poter condividere con i nuovi nomi dell’indie italiano?
Cerchiamo di scoprire quanta piú musica possibile ma le uscite sono davvero tante, vorremmo essere un’intelligenza artificiale per ascoltare contemporaneamente 1 milione di dischi. Ci interessano band che non assomigliano a altre band, o insomma non troppo, e in effetti stiamo cercando quelle con cui condividere per esempio un concerto, abbiamo alcuni nomi, per esempio Alessandro Pacini, Gov, Alice Tambourine Lover, sono i nostri nuovi nomi.
Cosa consigliereste a chi non è più nel mood di scoprire?
Di non scoprire piú niente e lasciarsi andare alla deriva, che poi deriva non é mai, per scoprire bisogna fare spazio, quando meno se l’aspetta si troverá in un regno nuovo e sconosciuto, probabilmente accattivante.
Francesco Savini pubblicherà proprio oggi a mezzanotte per Le Siepi Dischi il suo nuovo singolo Equatore. Una canzone che è stata scritta in un periodo complicato dove hanno iniziato a prendere il sopravvento pensieri negativi, in primis l’ipocondria citata nel brano, che si insidia nel cervello proprio nei momenti di maggior vulnerabilità. La canzone ci presenta Francesco alle prese con alcuni metodi “convenzionali” per uscire da questa trappola, come una bevuta di troppo, ma anche con la realizzazione che alla fine per un cantautore la cura migliore resta sempre scrivere testi.
Sfruttando il titolo del brano, ci siamo fatti raccontare da Francesco una canzone per ognuno dei paralleli più importanti della Terra -ricordiamo che, come ci hanno insegnato in geografia alle elementari, i paralleli sono le linee che “tagliano” la Terra in orizzontale (a partire dall’Equatore che infatti ha latitudine 0), mentre i meridiani sono quelle che la tagliano in verticale.
Circolo polare artico
Ilomilo – Billie Eilish. Non so come mai ma è una canzone che ascolterei perso nel ghiaccio ma non immenso. Per questo la ascolterei molto di più al circolo polare artico che a quello antartico.
Tropico del cancro
Una Canzone che non so – Gazzelle. È una canzone che “mi ricorda il Messico”.
Equatore
Ovviamente la mia “Equatore”. Correte ad ascoltarla, domani.
Tropico del capricorno
Shoot to Thrill – AC/DC. Per il parallelo che attraversa l’Australia come non pensare alla più grande Rock Band australiana?
Circolo polare antartico
Antartide – Pinguini Tattici Nucleari. Non potevo farne a meno.
14° parallelo
Passa proprio sopra Roseto degli Abruzzi, il mio paese. Per questo motivo la canzone che ho scelto per il 14° parallelo è la mia “Zenzero”.